U2, fra Songs of Innocence e Too Much Controversy

U2

Fra i protagonisti indiscussi della scena musicale delle ultime settimane, loro non possono non spiccare: gli U2 si sono visti al centro di molte chiacchiere e un bel po’ di polemiche.

La band irlandese, capitanata da Paul David Hewson, in arte Bono Vox, è sulla bocca di tutti a causa dell’uscita e della -secondo alcuni- “cattiva” promozione del loro ultimo lavoro in studio “Songs of Innocence”.

Se per caso, una mattina, vi siete ritrovati improvvisamente sui vostri i-Dispositivi l’album già pronto per essere scaricato, state tranquilli perché -no- non avete iniziato a soffrire di sonnambulismo o di chissà quale disturbo della personalità. Si è trattato solo di una trovata della Apple, nata in seguito alla partecipazione del gruppo alla presentazione dei nuovi modelli iPhone.
E proprio da qui si è scatenato il putiferio.

In mezzo ai soliti discorsi di chi li preferiva anni e anni addietro, un argomento che ormai viene riferito a qualsiasi artista che abbia sfornato più di 3 album ed almeno 5 anni di carriera alle spalle, o di chi storce il naso su questa pubblicazione non annunciata (fino a pochi giorni prima la data sarebbe dovuta essere a 2015 inoltrato) che fa tanto “effetto Beyoncé”, spiccano soprattutto le critiche di chi li accusa addirittura di aver violato la privacy degli utenti inserendo contro la loro volontà un “prodotto” -cosa non esattamente vera, dato che appariva soltanto l’opzione per il download- oppure di aver “svenduto” la propria musica, così come è stato fatto presente da artisti del calibro di Ozzy Osbourne, Iggy Pop -che ha fatto ricorso al diritto di poter scegliere quale musica ascoltare- e Patrick Carney, frontman dei Black Keys, forse la voce più coerente del coro, dato che la sua band si è sempre discostata anche da altri servizi, come Spotify, a favore della più giusta e sana circolazione della musica non in streaming.

“Songs of Innocence” è il tredicesimo album degli U2, che si è fatto attendere dopo ben 5 anni di silenzio, fatta eccezione di alcuni singoli, quali “Ordinary Love” o “Invisible”.
Titolo che fa riferimento alla raccolta di poesie di William Blake (non a caso la band ha dichiarato che stanno già lavorando ad una seconda parte, che si chiamerà proprio “Songs of Experience”), vuole essere un ritorno alle origini, anche se non proprio in senso stretto. Sono infatti stati loro stessi a definirlo come “il progetto più autobiografico di sempre”, con brani che musicalmente non sorprendono più di tanto, a parte qualche melodia, riff o utilizzo dei synth degni di nota. Per quanto riguarda tutto il resto non si può che concordare che questo gruppo stia ancora continuando a maturare, in un processo continuo di rinnovamento.

Fra le 11 canzoni, non si può non citare “Song for someone”, un pezzo che nasce con un dolce arpeggio di chitarra, per poi concludersi in un crescendo in grado di trasportare l’ascoltatore nella storia d’amore che viene narrata.

“If there is a kiss / I stole from your mouth / And there is a light / Don’t let it go out”.

Oppure “Iris (Hold me Close)”, una dedica alla madre di Bono, morta quando lui aveva solo 14 anni, passando poi a brani più accattivanti come “Volcano”, fra giri di bassi e chitarre distorte, “Raised by Wolves”o “Cedarwood Road”, dove ancora una volta ricorrono temi politici ed autobiografici, che ci catapultano direttamente nella Dublino dove i quattro musicisti sono cresciuti.

“It was a warzone in my teens / I’m still standing on that street”.

Insomma, nonostante le sollevazioni di internet, questo è un cd più che buono, da scoprire e godersi lentamente, minuto dopo minuto.

Ad aggiungersi al tutto va la loro apparizione al programma “Che tempo che fa”, dello scorso 12 Ottobre, purtroppo in formazione acustica, considerata come un evento clamoroso non solo a livello italiano, ma mondiale, essendosi trattato della prima esibizione live a seguito dell’uscita dell’album (la cui copia fisica è stata disponibile dal 13 dello stesso mese) e di quella avvenuta a fianco di Tim Cook, alla presentazione Apple.

Vedere The Edge imbracciare la chitarra o suonare il piano mentre Bono -oltre alla voce- tira fuori tutto sé stesso in una versione unplugged di “The Miracle (of Joey Ramone)” (tributo al cantante della storica band The Ramones) e “Every Breaking Wave” (una struggente ballad che racconta il mare) sta a dimostrare quanto questa band abbia ancora da regalarci. Pelle d’oca ed occhi lucidi compresi, quelli che forse aveva anche “Mr. Valium” Fazio, alla vista del cantante che sembrava quasi fargli una serenata, con tanto di scarpa sul divanetto bianco dello studio. Poco importa che gli abbia lasciato l’impronta della suola: sicuramente quegli attimi hanno lasciato il segno nel cuore e nella memoria di tutti.

Andrea Morandi, giornalista ed esperto degli U2, in un recente articolo ha scritto “Il disco c’è, bisogna sentirlo però. Non solo ascoltarlo”. Un’espressione sempre buona, qualsiasi sia l’artista a cui si fa riferimento.
Quindi, almeno per una volta, lasciamo fuori le polemiche e diamo spazio alle emozioni che solo la musica, quella bella, è in grado di darci.

“I woke up at the moment / When the miracle occurred / Heard a song that made some sense / Out of the world / Everything I ever lost / Now has been returned / In the most beautiful sound I’d ever heard”

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