Un passo indietro per milioni di donne: la non più libertà sul “birth-control”

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Un colpo ai diritti civili e riproduttivi, in nome di una pericolosa nozione di libertà

Lo scorso venerdì 6 ottobre l’amministrazione Trump ha inferto un altro duro colpo ai diritti civili delle donne esplicitamente, dei gruppi LGBT per le possibili conseguenze, ed indirettamente di tutti i cittadini potenziali vittime di discriminazione.

Il Department of Health and Human Services ha infatti modificato l’”Affordable Care Act” di Obama al fine di garantire il diritto dei datori di lavoro a negare alle proprie impiegate la copertura dei costi per la contraccezione. Ricordiamo che l’ACA è lo statuto federale facente parte del famoso pacchetto ‘Obamacare’, che dal 2012 obbliga i datori di lavoro a fornire alle lavoratrici delle assicurazioni che coprano interamente i costi per una delle 18 tipologie di birth control approvate dalla Food and Drug Administration. Secondo uno studio commissionato dall’amministrazione Obama, l’ACA ha dato accesso a misure contraccettive sicure a 55 milioni di donne, riducendo per più di metà la spesa media in medicinali, ed ha avuto effetti positivi sulla diseguaglianza di reddito e sul numero di aborti. La giustificazione addotta per questo cambio di regole che limita l’efficacia dell’ACA, sarebbe la libertà religiosa degli employers più “pii”, dal momento che queste nuove regole gli permetteranno di vivere secondo le loro convinzioni religiose.

La mossa è in linea con quanto promesso da Trump nel discorso di Rose Garden dello scorso maggio, quando disse “we will not allow people of faith to be targeted, bullied or silenced anymore” e rientra nella strategia populista che mira a consolidare, estremizzare ed attrarre diversi gruppi sociali – in questo caso i gruppi religiosi. Tra le reazioni più immediate ci sono infatti quella del Predicatore del Wisconsin Paul D. Ryan, che ha definito la giornata di ieri “a landmark day for religious liberty”, e quella delle suore cattoliche Little Sisters of the Poor, che si dicono felici di non essere più forzatamente “morally complicit in grave sin’’.

Allo stesso tempo, si sono subito alzate voci dalla giurisprudenza, che ormai è la più solida opposizione al populismo, tra cui quella dell’Attorney General del Massachusetts, Maura Healey, e dell’Attorney General della California, Xavier Becerra, che hanno denunciato l’incostituzionalità delle nuove regole, dal momento che violano il Primo Emendamento che vieta al governo di agire condizionato da una istituzione religiosa.

La cosa più grave di questo cambiamento, è che è solo la prima conseguenza di una mossa ben più grave avvenuta lo scorso giovedì. Il Dipartimento di Giustizia ha dato una nuova interpretazione al divieto di discriminazione sul lavoro in base all’identità sessuale contenuta nel Civil Rights Act del 1964: il governo può ora limitare il libero esercizio della religione solo se per una ‘compelling reason’ e nel modo meno invasivo possibile. Questa interpretazione asseconda i gruppi conservatori che per anni hanno manifestato in nome della loro libertà di assumere e licenziare discriminando in base all’ identità sessuale ed etnica dei lavoratori, pretendendo che tale libertà rientrasse nel diritto all’esercizio di fede religiosa.

Mettendo da parte l’incostituzionalità delle nuove regole per l’ACA e di questa nova interpretazione del Civil Rights Act del 1964, che non ho gli strumenti per giudicare, ritengo queste due azioni un pericolosissimo cambiamento sul piano filosofico. L’indebolimento dell’ACA, che renderà meno scontato l’accesso ai servizi di contraccezione, non soltanto indebolirà i diritti riproduttivi di molte donne – presumibilmente di classi sociali più svantaggiate – ma depoliticizzerà ancora una volta il concetto di sessualità, annullando i progressi del movimento femminista prima e LGBT poi. Il più grande successo di tali movimenti infatti è stato l’essere riusciti a politicizzare, persino per l’opinione comune, la sessualità e l’identità sessuale.

In filosofia, “politicizzare qualcosa” significa sottrarlo al dominio della natura, smettere di considerarlo come naturalmente dato ed immutabilmente condizionato dai meccanismi naturali, e renderlo oggetto di scelta individuale, un costrutto socialmente modificabile. La battaglia femminista per la contraccezione ha politicizzato la sessualità perché ha reso comune l’idea che la riproduzione possa essere oggetto di scelta, controllata e pianificata; il movimento LGBT si batte ancora affinché l’identità sessuale sia percepita dall’opinione comune come una costruzione sociale che l’individuo può sentirsi libero di modificare. Assecondare tramite la promulgazione di leggi più restrittive chi crede che il birth control sia innaturale, a mio parere non significa garantire la sua libertà religiosa, che non sarebbe in alcun modo toccata dalle scelte individuali altrui, ma significa solo annullare il progresso filosofico e sociale degli ultimi 60 anni.

La nuova interpretazione del Civil Right Act offre invece una concezione molto pericolosa di libertà: la libertà di soddisfare una preferenza individuale che concerne un altro individuo. Una legge emanata da un sistema liberale non dovrebbe mai consentire ciò, perché dovrebbe escludere dalla propria lista di diritti quelli che si esercitano su terzi. Consentirlo infatti, aprirebbe la strada a qualsiasi discriminazione purché coerente con la libertà del gruppo sociale che si sceglie di privilegiare.

Mi auguro dunque che gli strumenti giuridici a disposizione blocchino questo processo di arretramento, le cui vittime sono le idee per cui tante persone si sono battute prima, e le persone stesse poi.