mediterri-amo

“I popoli rivieraschi del Mediterraneo hanno, infatti, che lo vogliano o meno, un comune destino. Essi hanno esercitato una influenza decisiva nel passato della storia dell’umanità.“ – Giorgio La Pira.

Lo scorso 27 settembre è partito dalla Casa del Cinema di Villa Borghese il progetto ‘Mediterri-amo’ del regista Maurizio Scaparro. Sarà un viaggio attraverso la poesia, la musica e l’arte che da sempre non soltanto raccontano, ma plasmano il mediterraneo quale spazio di valori comuni e culture fluide. L’itinerario passerà per Roma, Firenze e Venezia, coinvolgendo di volta in volta studiosi, scrittori, attori, musicisti e artisti rifugiati, con la costante collaborazione dell’UNHCR – l’agenzia ONU per i rifugiati. I proventi saranno infatti utilizzati per il progetto ‘Educate a Child’, che dal 2012 lotta per garantire il diritto allo studio ai bambini rifugiati in Africa, Asia e Medio Oriente, che hanno smesso di frequentare la scuola in seguito al trasferimento forzato.
Il lancio romano del progetto ha visto un susseguirsi di interventi di ospiti dal mondo della cultura e delle istituzioni, che hanno raccontato ciascuno la propria esperienza del mediterraneo, intrecciati a letture interpretate dall’attrice Nicole Grimaudo.

Maurizio Scaparro, molte delle cui opere teatrali sono come perle legate da una rotta mediterranea – La Venexiana, Don Chisciotte, La bottega del caffè, Le mille e una notte per citarne alcune – è intervenuto spiegando il perché delle tappe nelle tre città. Roma è infatti la sua città natale, nonché la città degli artisti; Firenze in onore del politico e sindaco Giorgio La Pira, che ideando i ‘Colloqui Mediterranei’ tra 1958 e il 1964 aveva già colto l’importanza geopolitica dello spazio mediterraneo come punto nevralgico della pace mondiale. Consistevano in quattro incontri internazionali sul dialogo tra le famiglie religiose di Abramo – ebrei, cristiani e musulmani – nel contesto storico della decolonizzazione dell’Africa sub-sahariana, della vicenda arabo-israeliana e della questione razziale in sud Africa. Infine Venezia, città simbolo della cultura teatrale e cinematografica italiana, scelta per il suo ruolo storico come crocevia di culture e lingue.

Francesca Corrao, professore ordinario di lingua e cultura araba presso la LUISS ha invece scelto di raccontare la figura di Sherazad di ‘Le mille e una notte’ quale personaggio emblema del mediterraneo che ama. Sherazad è infatti la donna che è ha domato un femminicida seriale con delle storie, che hanno il potere di far ritrovare l’umanità al più inumano degli uomini, perché favoriscono la conoscenza e l’accettazione dell’altro stimolando un naturale processo di immedesimazione con i personaggi. La professoressa ha inoltre insistito sull’importanza di abbattere false credenze su cui si fonda la cultura eurocentrica, accettando di farsi sorprendere da alcune scoperte inaspettate. La cultura infatti non è a compartimenti stagni, ma è un mare in cui diverse correnti si mescolano fluidamente. Adottando questa prospettiva, ecco che si scopre che certe immagini evocate dai Troubadour provenzali, che passando per i sonetti stilnovisti e risuonando in Cavalcanti hanno plasmato l’immaginario amoroso cui continuano ad attingere ancora oggi i poeti- nonché i cantautori- occidentali, si trovano già in alcuni versi arabi del 700 d.C.; oppure si può persino scoprire che il Principe di Machiavelli, opera che ha posto la base etica della politica occidentale moderna e delle relazioni tra stati-nazione, fu scritto traendo inspirazione anche da trattati sulla condotta dei principi arabi.

È poi intervenuto Stèphane Jaquemet, responsabile UNHCR per il Sud Europa, scoprendo al pubblico l’ uomo che è dietro il ruolo istituzionale. Ha parlato da cittadino svizzero di quello che è il suo mediterraneo: per chi come lui ha vissuto tra le montagne in un paese senza sbocco al mare, il mediterraneo è sempre stata la via di fuga da una prigione naturale, un simbolo di libertà, la componente più calda e fluida di una cultura che si sente a metà tra l’ultimo baluardo del mediterraneo e la tradizione alpina. Passando al proprio ruolo istituzionale, ha accennato alla diminuzione degli sbarchi, lasciando intendere che il retroscena che la consente sta avendo conseguenze negative sui soggetti interessati. Tuttavia vede un elemento positivo in questa circostanza, che spera possa avere sviluppi futuri: la possibilità che la diminuzione degli sbarchi illegali si risolva in un impegno maggiore da parte degli stati europei a costruire vie legali per l’immigrazione.

Igiaba Scego, scrittrice italo somala, ha poi raccontato con entusiasmo la propria esperienza con i bambini della scuola multietnica Pisacane di Roma. Partendo dal suo racconto ‘Prestami le ali’, che ha come protagonisti un rinoceronte in cattività, un bambino schiavo ed una bambina ebrea in viaggio per la libertà tra le principali città d’ Europa del 1700, ha affrontato con i bambini del laboratorio il tema della diversità. Ha riferito con gioia la spontaneità e la semplicità con cui questi Bambini hanno compreso il concetto di diversità come naturale, anzi essenziale, alterità, ed hanno condiviso con passione la ricerca della libertà per i piccoli ‘rifugiati’ della favola.

L’evento si è concluso in tono meno leggero, ma altrettanto speranzoso con il racconto di Syed Hasnain. Rifugiato afghano residente in Italia da 10 anni, ha descritto ancora con forte emozione il proprio viaggio lungo 9 anni, dal momento in cui abbandonò la propria madre per sfuggire alla chiamata alle armi talebana, allo sfruttamento in Pakistan ed in Iran, alla tratta disumana tra la Turchia e la Grecia, fino al classico arrivo in Italia viaggiando sotto ad un tir. Tuttavia anche lui ha concluso con un lieto fine questa storia drammatica: ha ringraziato il pizzaiolo italiano che lo accolse per primo in casa propria, quando non aveva ancora alcuna protezione legale, e si è detto fiero del percorso formativo che ha potuto svolgere dopo aver ottenuto l’asilo, che gli permette di essere oggi un mediatore culturale per chi vive ora le stesse difficoltà che ha superato.
Il messaggio che ci lascia Syed è che la sua storia di sventure si è conclusa a lieto fine, e tante altre storie potrebbero esserlo altrettanto, perché ha finalmente incontrato uomini che hanno riconosciuto l’altro che era in lui, comportandosi da veri esseri umani.
Come ha detto la professoressa Corrao infatti, la definizione di essere umano è una attività, che si può esercitare solo riconoscendosi nell’alterità di chi ci circonda, e che va esercitata per meritare la definizione.
Mediterri-amo: racconti da un confine troppo fluido per essere tale