La lotta dell’uomo contro la storia

Ambientato tra gli anni ‘70 e un futuro di guerra e distruzione, X-men Giorni di un futuro passato è probabilmente il miglior film tra quelli recenti sulla saga dei mutanti e senza dubbio il più ambizioso. La regia di Bryan Singer, tornato sul tema dopo undici anni dall’uscita del primo X-Men, riesce a gestire alla perfezione i due piani temporali: il film non risulta mai essere confusionario o difficile da seguire, ma, anzi, appare unitario e coerente. La regola dell’acquario (in un film di fantascienza non importa quanto assurde siano le regole della dimensione spazio-temporale, l’importante è che siano rispettate fino alla fine) è mantenuta per tutto il film e questo contribuisce all’armonia dell’opera.

Nel futuro, i mutanti soccombono senza alcuna possibilità di resistenza alle potenti sentinelle, robot creati da Bolivar Trask (Peter Dinklage) appositamente per distruggere la specie mutante. Il professor Charles Xavier (Patrick Stewart) e il suo avversario di sempre Magneto (Ian McKellen) tentano un piano disperato: rimandare indietro nel tempo Wolverine per cambiare gli eventi che hanno portato alla creazione delle Sentinelle e salvare così la specie. Nel passato Wolverine trova il classico spaccato della società americana degli anni 70’ scossa dalla guerra in Vietnam e dalla morte di JFK. All’epoca, il giovane Charles (James McAvoy) è un uomo sconfitto dalla vita, senza poteri e con Hank McCoy, la Bestia (Nicholas Hoult) come unico amico e conforto, mentre Magneto (Micheal Fassbender) è confinato in una prigione di massima sicurezza. Sarà Wolverine a ritrovare i due e a convincerli a collaborare. Tuttavia Wolverine, il macho tutto muscoli e pieno di sé, non ha un ruolo di primo piano. I veri protagonisti sono i due giovani amici-nemici, il loro rapporto contraddittorio e la loro relazione con Mistica, (Jennifer Lawrence) il motore di tutta la storia, alla quale sicuramente poteva essere dedicato uno spazio maggiore.
Il film scorre veloce, la sceneggiatura è ben costruita e gli attori sono eccezionali. Lo stile di Ian McKellen farebbe invidia alla Regina Elisabetta, Micheal Fassbender nei panni dello stesso personaggio da giovane ha lo stesso carisma e portamento, Hugh Jackman è perfetto nel ruolo del supereroe spaccone e l’animo tormentato di James McAvoy tiene davvero incollati allo schermo. Il tutto è condito con stupefacenti effetti speciali che rendono epiche le battaglie tra mutanti e sentinelle, delle vere opere d’arte grafica. In mezzo al turbinio di scontri, esplosioni, inseguimenti, compare il tema che fa da fondo a tutto il film: l’ineluttabilità del tempo e la predestinazione. È possibile invertire il corso della storia? Il tempo è davvero un flusso inarrestabile che scorre verso un’unica direzione come spiegato dalla teoria quantistica enunciata da Hank quando gli sforzi dei nostri eroi appaiono vani? Oppure questo flusso può essere alterato? L’uomo e le sue azioni possono cambiare il corso della storia come sembra credere il giovane Charles?
L’opera di Bryan Singer, degno proseguo del prequel X-Men l’inizio, rilancia definitivamente la saga dei mutanti, un po’ opacizzata dalla fine della precedente trilogia, X-men Scontro Finale, fornendo una risposta a tutte queste domande. Il messaggio finale, portato al pubblico per bocca del giovane Charles, è potente e chiaro. Un messaggio di speranza per l’umanità tutta, normale o mutante che sia.

 

Questo articolo è stato scritto da Davide Masciocchi

 

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