lifestyle – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Thu, 22 Feb 2018 10:08:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png lifestyle – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 FSTD: lo street style made in Italy http://www.360giornaleluiss.it/8835-2/ Tue, 19 Sep 2017 12:04:58 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8835 Probabilmente vi sarà capitato di vedere le foto del suo profilo Instagram, o di leggere i suoi divertenti tweet. Oppure lo avete già conosciuto in qualche scavo archeologico, o avete già letto qualche “pezzo” del suo blog. Lui è Jacopo Fiorentino, 25 anni, archeologo, esperto viaggiatore, creativo. Dopo aver terminato gli studi ha deciso di

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Probabilmente vi sarà capitato di vedere le foto del suo profilo Instagram, o di leggere i suoi divertenti tweet. Oppure lo avete già conosciuto in qualche scavo archeologico, o avete già letto qualche “pezzo” del suo blog. Lui è Jacopo Fiorentino, 25 anni, archeologo, esperto viaggiatore, creativo. Dopo aver terminato gli studi ha deciso di intraprende una strada diversa, e forse anche più complicata, coltivando una delle sue più grandi passioni. Fondatore del marchio FSTD, ora è giunto alla seconda collezione. Ma scopriamo di più su cosa si nasconde dietro questo marchio.

 

Innanzitutto, Come nasce FSTD?
Beh, FSTD nasce durante il mio anno di studio all’estero, a Bruxelles, dove ho avuto la possibilità di viaggiare e visitare le capitali europee più note, e dove per l’appunto sono entrato a contatto diretto con la cultura street, ormai sdoganata e presente ovunque. E da ciò, dunque, nasce l’obiettivo di FSTD, ossia rendere lo street style accessibile a tutti con un ottimo rapporto qualità-prezzo.

Qual è la tua fonte d’ispirazione?
L’ispirazione per l’appunto viene dai tanti viaggi fatti, in particolare a Parigi, Berlino, Amsterdam e Londra, in cui ho avuto modo di relazionarmi con realtà street differenti.

Ci sono state alcune collaborazioni?
A Giugno per il Crack fumetti dipendenti ho collaborato con due artisti emergenti romani, Amedeo Nicodemo e Francesco Leggio nella realizzazione di due Tshirt sulla base di due disegni prodotti per l’occasione.

Chi si nasconde dietro FSTD?
Beh dietro FSTD per il 50% per cento ci sono io, il restante 50% è composto da tutti coloro che comprano e sostengono questo progetto, senza di loro FSTD non potrebbe esistere.

E per quanto riguarda la creazione vera e propria?
Per quel che riguarda la creazione vera e propria al momento mi occupo di tutto io, dalla progettazione alla manifattura.

Parlaci della nuova collezione.
La nuova collezione arriva dopo mesi di riflessioni e vuole mostrare come in soli nove mesi io sia riuscito a maturare. Si tratta di una linea minimal, che gioca su materiali non convenzionali, tra cui pitture glitter, PVC, pelle sintetica e cotone. In totale ci saranno otto pezzi, tra cui t-shirt, felpe, pantaloni, impermeabili, cappelli e una shopper.

Dove si possono trovare i prodotti?
I prodotti saranno acquistabili straordinariamente il 24 settembre presso il Kick it Rome, evento che tenterà di avvicinare Roma alla cultura dello street style e dello street wear delle principali capitale europee. In via ufficiale la nuova collezione invece sarà disponibile su FSTD.BIGCARTEL.COM a partire dal primo ottobre.

Dunque per tutti gli amanti dello street style, appuntamento il 24 settembre a partire dalle ore 11:00 al Kick it Rome, in Via Libetta 19: un evento che vi permetterà di avvicinarvi a questo tipo di stile e non solo, visto che potrete trovare anche market di vinili e tapes. Insomma, un evento che coniuga musica e moda. E “buona nuova collezione” a tutti!

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Passa il tempo, ma la donna rimane un prodotto commerciale http://www.360giornaleluiss.it/passa-tempo-la-donna-rimane-un-prodotto-commerciale/ Sat, 17 Jun 2017 18:12:53 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8699 Dal celebre «Chiamami Peroni, sarò la tua birra»(1971) , sussurrato da una bionda irresistibile, fino all’esplicita:«Chi mi ama, mi segua», stampato  sul retro di un paio di mini shorts indossati da una modella anonima, è la pubblicità degli anni ’70  che segna l’inizio di quel processo di commercializzazione del corpo femminile che, da allora, non

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Dal celebre «Chiamami Peroni, sarò la tua birra»(1971) , sussurrato da una bionda irresistibile, fino all’esplicita:«Chi mi ama, mi segua», stampato  sul retro di un paio di mini shorts indossati da una modella anonima, è la pubblicità degli anni ’70  che segna l’inizio di quel processo di commercializzazione del corpo femminile che, da allora, non si è più fermato, toccando ultimamente vertici quasi surreali.

corpocorpo

“Come loperaio si ritrova alienato nel suo stesso prodotto, così grosso modo la donna trova la sua alienazione nella commercializzazione del suo corpo”

Juliet Mitchell

  corpo

Quotidianamente programmi di intrattenimento, spot pubblicitari e carta stampata propongono ai loro interlocutori la solita e ormai celeberrima dicotomia: angelo del focolare contro donna esplicitamente  voluttuosa. E così ogni giorno vengono proposti o meglio imposti da un lato corpi frammentati, privi di un’identità, donne ammiccanti con una forte carica erotica; dall’altro l’estremo opposto, ovvero donne rappresentate come le uniche responsabili della gestione di ambiti familiari e domestici.

Non scioccherò quindi nessun lettore nel dire che  il corpo e lo stereotipo femminile sono da sempre utilizzati  nella pubblicità come esca comunicativa. Il  settore pubblicitario ha e continua, infatti,  ad utilizzare la donna,  o più precisamente il suo corpo, per vendere qualsiasi bene di consumo, facendo affidamento a un linguaggio ambiguo e spesso sedativo.

Com’è quindi la donna nella realtà pubblicità?

Casalinga felice, donna-oggetto, donna frammentata, così la donna viene stigmatizzata e stereotipata.

Sono stati presi alcuni provvedimenti?

Nel settembre 2008, il Parlamento Europeo ha approvato con 504 voti favorevoli la proposta di abolire la pubblicità sessista e degradante per le donne.

Ma l’Italia ha o non ha un problema di pubblicità sessista? In Italia abbiamo lo IAP,  “L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria”,  l’ente privato che dal 1966 regolamenta la comunicazione commerciale per una corretta informazione del cittadino-consumatore e una leale competizione fra le imprese. Le norme da rispettare sono contenute nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e sono applicate dal Comitato di Controllo e dal Giurì. Tuttavia, contrariamente al tag che ci piace tanto,  “Italians do it better”,  il settore pubblicitario  non va.

Ecco un paio di dichiarazioni, prese dal rapporto sulla violenza di genere in Italia di Rashida Manjoo, relatrice speciale dell’ONU, risalenti al gennaio 2012: “Gli stereotipi di genere che determinano i ruoli di uomini e donne nella società sono profondamente radicati….” E ancora: “Con riferimento alla rappresentazione delle donne nei media, nel 2006 il 53% delle donne comparse in TV era muta; il 46% associata a temi inerenti il sesso, la moda e la bellezza; solo il 2% a temi sociali e professionali.

Nel 2005,  il Cedaw (Committee on the Elimination of Discrimination Against Women) si definì  “profondamente preoccupato dalla rappresentazione data delle donne da parte dei mass media e della pubblicità in Italia, ritratte come oggetto sessuale e ruoli stereotipati”.

In breve, la pubblicità italiana è considerata tra le più sessiste al mondo. Crea, sostiene e  promuove stereotipi e modelli discriminanti, relegando la donna a ruoli ipersessualizzati.

 “Serve porre dei limiti alluso del corpo della donna nella comunicazione. È inaccettabile che in questo paese ogni prodotto, dallo yogurt al dentifricio, sia veicolato attraverso il corpo della donna. In Italia le multinazionali fanno pubblicità usando il corpo delle donne mentre in Europa le stesse pubblicità sono diverse”- Laura Boldrini

Tramite l’analisi di quasi 20 mila campagne (TV, radio, affissione, stampa e banner web), uno studio , “Come la pubblicità racconta gli italiani”, ha esaminato il modo in cui uomini e donne sono raccontati nella pubblicità, identificando 12 tipologie narrative femminili e 9 maschili. Le tipologie di donna più utilizzate negli spot offrono un quadro piuttosto esplicativo. Nell’81 %  dei casi si tratta infatti di “modelle” (ideale di bellezza), “grechine” ( una bellezza decorativa che riempie un vuoto), “disponibili” (in atteggiamenti di esplicita disponibilità), “manichini” (corpo femminile o parti di esso), “ragazze interrotte” (annullate in quanto persona) e “preorgasmiche” (in espressione di piacere sessuale). Ovviamente, come prevedibile, la somma delle analoghe categorie per i maschi non arriva nemmeno al venti per cento.

Così, mentre la donna viene narrata insignificante dal punto di vista della personalità e delle competenze, il profilo dell’uomo invece sbilancia verso il lavoro. In più della metà dei casi negli spot pubblicitari il maschio è presentato come un professionista e solo  raramente come padre (nel 4,32 per cento dei casi).

La narrazione dell’universo  “femminile”  riflette davvero la società attuale italiana?

L’Articolo 1 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria afferma che “La comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla”. Viene, dunque,spontaneo chiedersi: questa narrazione della donna italiana fatta dal settore  commerciale è davvero onesta, veritiera e corretta come dovrebbe? Rispondere a questa domanda è estremamente complesso.

Se da un lato è inutile provare a negare che l’Italia sia un paese storicamente sessista, 8° al Gap Index 2012;  dall’altro molti progressi sono stati raggiunti (basti osservare le percentuali delle laureate italiane).

Ma qual è il problema principale della mercificazione della donna?

La pubblicità non vende solo il prodotto/servizio che sponsorizza e promuove. In un paese che legge poco, la televisione è stata e continua a essere un potente fattore di costruzione dell’immaginario collettivo. Molto subdolamente, infatti, i vari spot pubblicitari, dalla TV fino ai brand su Youtube, vanno a proporre e ad imporre dei canoni estetici da rispettare per essere socialmente accettati; canoni che rendono invisibili corpi diversi  dai parametri mostrati. Le donne  devono essere giovani, belle, oggetti sessualmente disponibili con l’unico scopo di solleticare la libido maschile. Viene evocata , dunque, una presunta sensualità dell’oggetto e la donna spesso viene equiparata ad esso divenendo il prodotto stesso: abbiamo così donne paragonate ad  auto, a bottiglie di olio d’oliva o a una tariffa telefonica.

Pier Paolo Pasolini, intervista su “LEspresso”, 22 ottobre 1972:

Qui la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi di importanza minima, come per esempio informare dei programmi della giornata; ed è costretta a farlo in modo mostruoso, cioè con femminilità. Ne risulta una specie di puttana che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti.”

Dunque le cose possono cambiare, giusto?

10 Maggio 2016. Fa discutere il post su Facebook di Mario Turrini, candidato al Consiglio comunale per “Uniti si vince” che per fare un po’ di pubblicità alla sua corsa per Palazzo D’Accursio ha pubblicato sul social network una foto provocante: quella di una ragazza ritratta di spalle, con un maglione che le lascia scoperto il prosperoso e anonimo  ‘lato B. A fianco, si legge la scritta: “Elezioni amministrative del 5 giugno, scheda azzurra per il Comune, scrivi Turrini” e , in  basso, l’aggiunta: “La foto è servita per attirare la tua attenzione, altrimenti non l’avresti mai letto”.

Eppure gli ottimisti, come me, sperano ancora in un settore pubblicitario “onesto, veritiero e corretto” dove le donne (e ovviamente anche gli uomini) siano rappresentate per quello che sono, senza cristallizzare nell’immaginario collettivo modelli e canoni che incrementano le disuguaglianze tra sessi. Occorre aumentare la consapevolezza sulle responsabilità sociali che ha chiunque abbia accesso ai mass media. Serve diffondere un’autentica cultura della comunicazione, considerando le notevoli implicazioni sociali.

La pubblicità sessista va combattuta: è urgente e necessario Bisognerà pur cominciare a cambiare le cose.Perché non cominciare dalla pubblicità, allora?

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L’estate sta arrivando http://www.360giornaleluiss.it/lestate-sta-arrivando/ Fri, 16 Jun 2017 17:10:57 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8690 Giornate afose passate sui libri, una media di tre docce al giorno, scatole di integratori finite in pochissimo tempo. La vita degli studenti universitari in questo periodo non è affatto semplice, e in più ci si mette anche il caldo. Però bisogna sempre guardare il lato positivo: fra un paio di settimane sarà ufficialmente tutto

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Giornate afose passate sui libri, una media di tre docce al giorno, scatole di integratori finite in pochissimo tempo. La vita degli studenti universitari in questo periodo non è affatto semplice, e in più ci si mette anche il caldo. Però bisogna sempre guardare il lato positivo: fra un paio di settimane sarà ufficialmente tutto finito. L’estate ormai è alle porte, a breve le città si svuoteranno e non resteranno che i turisti. Noi invece ci godremo il meritato riposo e proprio per questo, prima di lasciarci, ho voglia di dispensare un po’ di consigli.

Innanzitutto il luogo; sono molto di parte, ma un posto che vi consiglio di visitare è la Versilia. Forse qualcuno potrà obiettare che il mare non è il massimo ma è una zona che offre molto: dalle mostre d’arte a Pietrasanta, alle innumerevoli discoteche sparse tra Marina di Pietrasanta e Forte dei Marmi. Insomma è una zona dove non ci si annoia mai.

Se poi avete intenzione di espatriare e magari andare in città non troppo calde anche in questo caso sarò di parte: Berlino è la meta ideale. Molti sono scettici su questa città – anche io lo ero – ma anche questo posto ha tanto da offrire: non ha un clima eccessivamente caldo ed è un insieme di moderno e storico che difficilmente si può trovare altrove. Passare davanti al muro di Berlino, così come sorseggiare un caffè davanti la Porta di Brandeburgo, regala delle emozioni uniche. Poi c’è il Sony Center che invece è il simbolo dell’epoca moderna e che vi lascerà davvero a bocca aperta. Anche questa città non vi deluderà.

estate

Per quanto riguarda le tendenze di quest’estate, sicuramente per le donne un pezzo che non può mancare è il costume intero o rétro. Per l’uomo invece sembra dominare la fantasia: si va dai pinguini di Thom Browne alle pagine di play boy di MC2 Saint Barth. Per chi invece vuole rimanere più sobrio c’è il classico boxer di Armani o i semplicissimi monocolore di Calzedonia. Infine per quanto riguarda gli occhiali da sole il mio consiglio cade sempre sulla See Concept, di cui vi ho già parlato (no, non me li regalano per pubblicizzarli): economici e di tendenza.

estate

Insomma, ancora un piccolo sforzo e poi saremo ufficialmente liberi, pronti a goderci il meritato riposo. L’estate ormai sta arrivando, e che sia al mare o in montagna, in Italia o all’estero, l’importante è farsi trovare preparati!

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Zara ritira dal mercato la minigonna della discordia http://www.360giornaleluiss.it/zara-ritira-dal-mercato-la-minigonna-della-discordia/ Wed, 17 May 2017 07:26:10 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8660 Non più la mela della discordia. In questo caso la minigonna della discordia. Zara ci è cascata di nuovo ed è finita ancora una volta nella bufera. Ma procediamo con ordine. Chi di voi non ha sentito parlare almeno una volta di Pepe the frog? Questa simpatica rana antropomorfa nacque da un’idea di Matt Furie

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Non più la mela della discordia. In questo caso la minigonna della discordia. Zara ci è cascata di nuovo ed è finita ancora una volta nella bufera. Ma procediamo con ordine. Chi di voi non ha sentito parlare almeno una volta di Pepe the frog? Questa simpatica rana antropomorfa nacque da un’idea di Matt Furie nel 2005 ed ebbe così successo che poi è diventato il meme più utilizzato su Tumblr, Reddit e poi Instagram. Tuttavia il successo gli è costato caro visto che poi la sua immagine è stata sfruttata da gruppi di estrema destra. Pepe così è diventata razzista, sfruttata per diffondere l’ideologia della supremazia della razza bianca, tanto che è finita nella lista dei simboli dell’odio stilata dall’Anti-Defamation League, organizzazione americana nata per combattere l’antisemitismo. Infine, nei tempi più recenti la povera rana è stata utilizzata dal movimento Alt-Right per spingere a votare Trump.

 

 

Purtroppo però qualcosa deve essere sfuggito agli stilisti di Zara che hanno avuto la brillante idea di cucire su una minigonna una rana molto simile alla povera Pepe e così è scoppiata la polemica: nel giro di pochi giorni l’azienda spagnola è stata costretta a ritirarla dal commercio. Crederete che sia stato un caso isolato e invece questo è solo l’ultimo dei tanti flop che hanno segnato la storia della casa di moda spagnola. Solo l’anno scorso infatti l’azienda ha dovuto ritirare una maglia che riportava la scritta “are you gluten free?” che aveva scatenato le polemiche di tutti i celiaci del mondo che si erano sentiti offesi e nel 2014 ancora un’altra “svista”: l’azienda mise in commercio per la collezione bimbo una maglia a righe bianche e blu con una stella gialla sul petto che ricordava le divise dei campi di concentramento. Infine nel 2007 un altro tragico errore; tra le tante borse della collezione una attirò particolarmente l’attenzione: tra i fiori e le biciclette cucite sulla borsa spuntava una svastica. Sì, avete letto bene. Inutile dire che anche questa fu ritirata immediatamente dal commercio.

Nonostante l’azienda spagnola si sia trovata spesso al centro della polemica, va riconosciuto che si è dimostrata molto vicina a questo tipo di tematiche, correndo subito ai ripari, anche nel caso di polemiche forse sterili: in effetti a parte casi inequivocabili, l’opinione pubblica è stata forse troppo dura con Zara, andando a ricercare somiglianze, delle volte in maniera forzata, con simboli che ricordano momenti tragici del passato. L’azienda ha rimediato subito in tutte le occasioni ma c’è da chiederselo: sensibilità eccessiva o polemica giusta? Noi intanto aspettiamo la prossima.

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Narcisismo da social network http://www.360giornaleluiss.it/narcisismo-social-network/ Wed, 10 May 2017 15:56:05 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8638 Trascorriamo in media 2 ore al giorno a navigare, postare e commentare su Facebook, Twitter, YouTube e altre piattaforme social ma quali sono gli effetti dei social media sul nostro cervello? A descriverli con precisione e un pizzico di ironia ci ha pensato il team di AsapScience, spiegando per punti 5 modi inaspettati e curiosi in

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Trascorriamo in media 2 ore al giorno a navigare, postare e commentare su Facebook, Twitter, YouTube e altre piattaforme social ma quali sono gli effetti dei social media sul nostro cervello? A descriverli con precisione e un pizzico di ironia ci ha pensato il team di AsapScience, spiegando per punti 5 modi inaspettati e curiosi in cui l’uso dei social altera alcuni meccanismi cerebrali:

social

1. DIPENDENZA. Le regioni celebrali che controllano le emozioni, l’attenzione e i processi decisionali si degradano così come avviene nel cervello di chi fa abuso di droghe. La ragione? Il cervello ottiene un appagamento immediato, con poco sforzo, offerto dai social media.

2. MULTITASKING. Si pensa che l’uso dei social ci renda più abili nel gestire più compiti contemporaneamente, la verità? Chi trascorre molto tempo sui social diviene meno abile nel passare da un compito all’altro, più facilmente distraibile e meno efficiente nel memorizzare informazioni.

3. SINDROME DA VIBRAZIONE FANTASMA. L’89% delle perone provano questa sensazione una volta ogni 15 giorni. Questo avviene perché gli smartphone vengono interpretati come “arti fantasma” dalle aree del cervello che analizzano le sensazioni tattili.

4. RILASCIO DI DOPAMINA. Studi in risonanza magnetica funzionale hanno dimostrato che i centri della ricompensa nel cervello sono più attivi quando, in una conversazione, stiamo parlando di noi, piuttosto che quando ci è chiesto di ascoltare. Ma se nelle chiacchierate faccia a faccia parliamo di noi stessi nel 30-40% delle volte, su Facebook è autocentrato l’80% dei post. Quando scriviamo di noi nel nostro cervello si libera dopamina, un neurotrasmettitore associato alle sensazioni di benessere: è come se il cervello in qualche modo ricompensasse il nostro egocentrismo! Ma c’è di più.
In una ricerca condotta da Dar Meshi, ricercatore post doc dell’Università di Berlino gli studiosi hanno analizzato l’area del cervello di 31 utenti Facebook denominata “nucleus accumbens“ mentre visualizzavano foto di se stessi. Quest area dispensa sensazioni di ricompensa derivanti da cibo, sesso, denaro e accettazione sociale, ed è stato notato che diventa maggiormente attiva in risposta ai complimenti verso se stessi. Non si può affermare con certezza che i like su Facebook creino dipendenza però il cervello adora pregustare le ricompense e se non riesce a ottenerle, svilupperà un comportamento ossessivo fino a che non trova il metodo adatto. Reaction, commenti e condivisioni sono, quindi, delle vere e proprie ricompense che appagano gli utenti, li spingono a pubblicare sempre più contenuti e a restare connessi per sapere cosa ne pensano gli altri. Vi siete mai chiesti perché non esistono reaction negative, del tipo “non mi piace”? Chiaro, per non demoralizzare l’utente, per non scoraggiarlo. Un circolo, naturalmente, virtuoso per gli ideatori dei social e per chi ci lavora. Vizioso, invece, per chi sviluppa delle dipendenze.

5. RELAZIONI INTERPERSONALI. Una ricerca dell’Università di Chicago ha dimostrato che i rapporti nati su Internet sono più solidi di quelli nati offline: in queste storie prima di incontrarsi di persona si ha modo di conoscere gusti e passioni dell’altro.

Un’altro elemento che merita di essere considerato è l’opinione degli influencer. Sono persone che godono di popolarità e ritenute esperte nel loro ambito di competenza: influenzano i comportamenti degli utenti che li seguono tanto da diventare i leader non solo delle mode del momento, ma anche delle scelte di acquisto, modificando quindi l’aspetto di un mercato. D’altra parte in un ambiente circoscritto i giovani sono portati ad adottare comportamenti simili: un ragazzo è portato a “mettere un like” ad un post che già ne possiede un numero elevato anche per uniformarsi ai gusti della massa.

Sarebbe dunque più saggio abbandonare i social? Ovviamente no, è sufficiente utilizzarli senza esagerare.

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Vivian Maier: una “fotografa ritrovata” http://www.360giornaleluiss.it/vivian-maier-fotografa-ritrovata/ Wed, 26 Apr 2017 14:23:07 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8584 Dal 17 marzo al 18 giugno nel museo di Roma in Trastevere è ospitata la mostra “Vivian Maier: un fotografa ritrovata”. È proprio il titolo dell’esposizione a suggerire che non si tratta di semplice fotografia. Sì perché Vivian Maier, oggi apprezzata e riconosciuta nel mondo, talento e antesignana della street-photography, morta nel 2009, non ha

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Dal 17 marzo al 18 giugno nel museo di Roma in Trastevere è ospitata la mostra “Vivian Maier: un fotografa ritrovata”. È proprio il titolo dell’esposizione a suggerire che non si tratta di semplice fotografia. Sì perché Vivian Maier, oggi apprezzata e riconosciuta nel mondo, talento e antesignana della street-photography, morta nel 2009, non ha mai conosciuto fama in vita. La sua opera anzi rimase addirittura semisconosciuta fino a poco prima della sua morte; Vivian Maier infatti passò la sua vita come governante e bambinaia di famiglie americane dell’alta borghesia.

vivian maier

Nacque nel Bronx nel 1926 da madre francese e padre di origine austriaca. Quando i genitori si separarono, pochi anni dopo la sua nascita, venne affidata alla mamma e insieme a lei visse per un lungo periodo in casa di Jeanne Bertrand, amica della madre e fotografa professionista affermata. Fu proprio Bertrand a trasmettere la passione della fotografia prima alla madre di Vivian e poi a Vivian Maier stessa. Dopo un periodo passato in Francia, Maier tornerà negli Stati Uniti dove intraprenderà il lavoro, che poi sarebbe stato suo per tutta la vita, di governante e bambinaia. Visse per i primi tempi a New York ma nel 1956 si trasferì a Chicago a seguito della famiglia Gensburg per occuparsi dei tre figli. I tre ragazzi le si affezioneranno molto, tanto da soprannominarla Mary Poppins e continuare a restare in contatto con lei una volta cresciuti. Saranno anche la sua salvezza perché quando nell’ultimo periodo della sua vita si troverà in ristrettezze economiche i tre Gensburg si prenderanno cura di lei fino alla sua morte nel 2009.

vivian maier

Per tutta la vita però Vivian Maier coltivò una passione sconosciuta ai più: la fotografia. Gira per le strade delle città in cui vive con una bellissima Rolliflex professionale e immortala con occhio acuto tutto ciò che la attrae. Scene di vita quotidiana, situazioni naturalmente ironiche, bambini che giocano in strada, dame dell’alta società con i loro colli di volpe o mendicanti ubriachi sdraiati sui marciapiedi e poi tanti, tantissimi autoritratti, mai realizzati direttamente guardando l’obiettivo ma sempre scattati con l’aiuto della superficie riflettente di specchi, vetrine e altri oggetti. Vivian Maier scattò una mole immensa di fotografie durante la sua vita e tutto il suo lavoro venne alla luce per caso nel 2007 quando, a un’asta per debiti non pagati, finì e venne comprato il suo baule, perché conservato in un deposito per il quale Vivian Maier non pagava l’affitto da molto.

vivian maier

Più di duemila rullini di pellicola, centomila negativi (molti mai sviluppati), tremila stampe fu il tesoro incredibile scoperto. Lo comprò John Maloof, agente immobiliare che cercava immagini d’epoca di Chicago. Accorgendosi del talento della fotografa misteriosa Maloof pubblicò alcune di queste foto su internet, suscitando grande ammirazione e curiosità anche ossessiva per la sconosciuta artista. Maloof si mise così alla sua ricerca ma non riuscì a trovarla prima della sua morte. Da quel ritrovamento in poi John Maloof decise di dedicare la sua vita per far conoscere al mondo la fotografia di Vivian Maier: ha organizzato mostre, ha raccolto le fotografie più famose in un libro e ha anche girato un film nel 2013, insieme a Charlie Siskel, intitolato “Alla ricerca di Vivian Maier” (Finding Vivian Maier), candidato all’Oscar come miglior documentario. È grazie a lui che ad oggi quindi conosciamo Vivian Maier come una delle più rilevanti esponenti della street-photography americana.

vivian maier

In mostra a Roma possiamo trovare 120 fotografie in bianco e nero realizzate da Vivian Maier tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti.

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Nasce l’iPhone “(Red)” http://www.360giornaleluiss.it/nasce-liphone-red/ Wed, 19 Apr 2017 08:22:11 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8559 Bianco si sporca subito. Rosa fa troppo principessa. Nero è banale. E oro proprio NO! Chi di voi non lo ha pensato almeno una volta nella scelta del colore dello smartphone più venduto di tutti i tempi? Ebbene, c’è un’importantissima novità: da oggi, infatti, l’iPhone si tinge di rosso. Come mai, vi chiederete? La motivazione

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Bianco si sporca subito. Rosa fa troppo principessa. Nero è banale. E oro proprio NO! Chi di voi non lo ha pensato almeno una volta nella scelta del colore dello smartphone più venduto di tutti i tempi? Ebbene, c’è un’importantissima novità: da oggi, infatti, l’iPhone si tinge di rosso. Come mai, vi chiederete? La motivazione è più profonda di quanto possiate pensare. Non si tratta infatti di una semplice scelta stilistica. Si tratta invece di una collaborazione, più di preciso di una ormai lunga collaborazione con “(Product) Red”, conosciuta anche come (Red): un’organizzazione no-profit il cui obiettivo principale è quello di dare un contributo per la lotta all’Aids in Ghana, Ruanda, Lesotho, Sudafrica, Zambia, Kenya, Tanzania e Swaziland.

Quest’organizzazione nasce nel 2006 da un’idea innovativa di Bobby Shriver e Bono Vox: non è semplice beneficenza, ma un modello economico tutto nuovo in cui da una parte c’è (Red) che si occupa di destinare una parte dei profitti delle vendite al Global Fund, nato appositamente per la lotta contro l’Aids, e dall’altra ci sono le aziende partner, che invece attraverso le vendite forniscono capitale, guadagnando in immagine e, ovviamente, in vendite. “Da quando è iniziata la nostra collaborazione con (Red) dieci anni fa, i nostri clienti hanno contribuito in maniera significativa alla lotta contro la diffusione dell’Aids tramite l’acquisto dei nostri prodotti, dall’iPod (Product) Red Special Edition fino alla odierna famiglia di prodotti Beats e accessori per iPhone, iPad e Apple Watch” ha dichiarato Tim Cook, Ceo di Apple.

E le collaborazioni sono tantissime. Basta dare uno sguardo al sito internet per averne un’idea: si va dalla vodka Belvedere fino ad arrivare alla Vespa. Marchi importanti, dunque, che hanno scelto di dare un forte sostegno a questa campagna, come Armani che ha collaborato più volte con quest’organizzazione lanciando ad esempio orologi e occhiali da sole. O anche colossi come Windows, Dell, Gap e Converse.

Insomma, un’iniziativa che ha riscosso un enorme successo, soprattutto grazie all’idea innovativa che c’è alla base del progetto: cambiare le modalità con cui si attua la beneficenza. E i risultati lo dimostrano: da quando il progetto è stato avviato sono stati raccolti più di 465 milioni di dollari, andando ad impattare così sulla vita di oltre 90 milioni di persone. Un modo completamente nuovo di dare un contributo alla lotta contro l’Aids che si mischia allo shopping: adesso non avete più scuse.

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Il diavolo veste python: la moda giovane di Ivano Triolo http://www.360giornaleluiss.it/diavolo-veste-python-la-moda-giovane-ivano-triolo/ Tue, 18 Apr 2017 12:04:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8529 Ivano Triolo è giovane, ambizioso, determinato ma anche misurato, consapevole. Come la sua moda. Trentacinque anni di tratti decisi e mediterranei, di origini siciliane, oggi lanciato stilista d’adozione e formazione milanese, si diploma nel 2009 all’Istituto Marangoni di Milano, e dopo un’indimenticabile esperienza presso la famosa Maison di Luciano Soprani, che gli permette di mettersi

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Ivano Triolo è giovane, ambizioso, determinato ma anche misurato, consapevole.

Come la sua moda.

Trentacinque anni di tratti decisi e mediterranei, di origini siciliane, oggi lanciato stilista d’adozione e formazione milanese, si diploma nel 2009 all’Istituto Marangoni di Milano, e dopo un’indimenticabile esperienza presso la famosa Maison di Luciano Soprani, che gli permette di mettersi direttamente a confronto con la prestigiosa moda degli anni 80, decide finalmente di lanciare un proprio brand.

Ivano Triolo

Ivano Triolo ha 35 anni, vive e lavora a Milano, dove ha ultimato la sua formazione di fashion designer e lanciato il suo brand, vanta origini siciliane e una passione emergente per la fotografia.

Il suo sapiente utilizzo dei pellami in particolare gli permette, con un intreccio minimal di luce e forme regolari, di trasformare l’underground in un evergreen insitamente elegante e ricercato, ma allo stesso tempo inaspettatamente accattivante, provocatorio, rock.

E non è forse un caso se le sue python jackets hanno attirato le attenzioni di alcuni tra i volti più noti del moderno panorama musicale italiano, come Marracash, Emis Killa, Ensi, Fedez e J-Ax, e stiano nel frattempo spopolando come nuovo trend tra i giovani.

Ad Ivano ho scelto di chiedere quali sono i punti forti del Made In Italy, se ce ne sono ancora, e in generale cosa ne pensa dei lati oscuri della moda, dell’utilizzo delle tecnologie e dei social network, dei “modelli” di lifestyle che, più o meno consapevolmente, una casa di moda può ancora finire per dettare.

E poi ero curiosissima di sapere da uno stilista come lui, come si lancia una moda o se, ad esempio ha ancora senso oggi parlare di anticonformismo, alternative, controcorrente, se insomma è ancora possibile vestire, in qualsiasi modo, fuori dagli schemi.

L’Italia è nota a livello internazionale nel settore della moda, casa di grandi firme. Cosa significa lanciare un proprio brand in un contesto come quello attuale, sicuramente molto competitivo?

Il mercato attuale è ultra competitivo, c’è molta concorrenza quindi per poter dire la tua devi sicuramente saperti distinguere proponendo qualcosa di nuovo, di originale affidandoti ad un’ottima strategia di marketing che oggi più che mai è elemento chiave per il successo del proprio business.

 

Come è cambiato il mondo della moda negli ultimi anni?

Il mondo della moda, così come tutti i campi ad esso attinenti, è sempre stato in continua evoluzione e sempre continuerà ad esserlo. Oggi viviamo l’era del digitale a 360°, siamo coinvolti più che mai in una sorta di reality show personale in cui hai la possibilità di far vedere da vicino cosa si cela dietro il prodotto che stai proponendo. La gente è più curiosa, ha voglia di scoprire tutte le fasi creative, e tu devi essere in grado di soddisfarla…sfruttando a pieno le nuove tecnologie che il mercato ci mette a disposizione. I social network sono ad esempio un ottimo trampolino di lancio per ciò che vuoi far conoscere, ma devi sempre stare attento a non allontanarti troppo dai limiti che la professionalità impone. Altro esempio, entrare in contatto con un testimonial: non può far altro che dare più risalto al tuo prodotto, aumentando ancora oggi in maniera esponenziale la possibilità di raggiungere un bacino d’utenza più ampio.

Ecco, a proposito di testimonial, tu hai vestito cantanti noti del panorama musicale italiano come Marracash, The Bloody Beetroots, i Subsonica, che cosa si prova? Credi che sia ancora importante poter fornire dei modelli all’acquirente, che in questo caso è spesso anche molto giovane?

Beh, sicuramente è una bella soddisfazione poter vestire cantanti, artisti noti. Questo soprattutto perché molti di loro sono persone che stimo, che ho avuto il piacere di conoscere. Diciamo in generale che le collaborazioni più interessanti sono sempre quelle che mi permettono di “entrare” nella vita dell’artista…perché mi danno la possibilità di fargli un capo su misura, in grado di trasmettere al pubblico il vero essere del loro idolo. Accentuare l’immagine di un volto noto è importante, il pubblico vuole respirare la sua diversità, quella unicità che lo differenzia dagli altri colleghi…

Ivano Triolo

THE BLOODY BEETROOTS: Mirror black python chiodo jacket + Mirror black python skinny pants – Photo by Enrico Caputo.

Ok. Allora come si lancia una “moda”? O meglio, quali sono, in base alla tua esperienza, le caratteristiche vincenti di un capo d’abbigliamento, che lo rendano cioè appetibile ad un pubblico giovane, diffuso?

Non ci sono delle vere e proprie caratteristiche vincenti. Sicuramente deve trattarsi di un capo originale, diverso…in questo senso, come ti dicevo prima, è sicuramente importante collegare ogni capo ad una studiata campagna di marketing che sia in grado di renderlo unico, desiderabile, iconico.

Sì ma come è possibile nel mercato globale di oggi, che si appoggia prevalentemente a manodopera e a materiale esterni, garantire ancora la qualità di un capo d’abbigliamento? E noi comuni mortali, diciamo, come possiamo riconoscerla?

La risposta è semplice. Basta fare molta ricerca e non lasciarsi “tentare” da una manodopera a prezzi più bassi. Specie per chi fa un prodotto di qualità e Made in Italy, come il mio, è facile entrare in contatto con laboratori e/o fornitori che ti offrono prezzi più bassi, l’importante è valutarli con attenzione. Teniamo conto che è un attimo far crollare l’appeal che circonda un prodotto. L’esperienza è l’unica arma che hai a disposizione per non commettere errori, ma è anche  importante far respirare la qualità del tuo prodotto con una corretta informazione che insegni al consumatore perché un prodotto è davvero migliore di un altro.

Ivano Triolo

SUBSONICA: Black leather sweater; Black leather chiodo jacket; Black leather bomber jacket.

Ultimamente si parla molto dei canoni estetici “distorti” che il mondo della moda e delle sfilate finirebbe per proporre, più o meno consapevolmente, al pubblico femminile. Sei d’accordo con le critiche che la società moderna sta muovendo, responsabilizzando modelle e indossatrici, a volte anche molto note, di fenomeni patologici diffusi come ad esempio l’anoressia?

Questo è un bel guaio. Dovrebbe essere l’abbigliamento a doversi adattare al nostro corpo e non viceversa. Purtroppo in molti casi il corpo umano diventa una sorta di vuota vetrina, utile solo a ciò che si vuole promuovere. Ci si dimentica cioè che è la persona a dover essere valorizzata. Penso comunque che il primo messaggio debba arrivare proprio dalle case di moda più grandi, con una revisione dei propri canoni estetici e magari anche prestando una tutela maggiore verso una categoria di ragazze, spesso minorenni. Ecco, anche la Camera nazionale della moda Italiana, e tutte le corrispondenti associazioni estere, potrebbero farsi promotrici di questo tipo di messaggio data l’importanza e la centralità del ruolo che ricoprono.

Quando disegni un capo a cosa ti ispiri prevalentemente? Come stimoli la tua creatività di fashion designer?

Mi sono sempre definito un disegnatore introspettivo, mi piace ascoltare i pensieri e le sensazioni che un’emozione, che sia negativa o positiva, può trasmettermi e cerco di interpretarla adattandola ad un prodotto con fini commerciali.

Ivano Triolo

WOMENSWEAR: mirror gold python bomber jacket + mirror gold python mini-skirt; MENSWEAR: mirror silver python bomber jacket; MENSWEAR: mirror blu python bomber jacket Mirror blu python shorts – All Photos by Virginia Arcaro.

A volte però certi modelli del passato, ritornano e vengono riproposti in capi d’abbigliamento moderni. A tuo parere perché accade? Succede quando avete finito la creatività?

Assolutamente no, se finisci la creatività puoi chiudere il brand! Penso sia molto stimolante e a tratti piacevole rivisitare i capi del passato, certe epoche non moriranno mai e avranno sempre qualcosa da insegnarci. È importante tener presente che molto spesso si tratta di rivisitazioni in chiave moderna. Personalmente trovo interessante riproporre un capo del passato quasi per rendere omaggio a vere e proprie icone da indossare.

Come stilista italiano in quali paesi stranieri vengono più apprezzati i tuoi lavori?

Il Made in Italy devo dire che è sempre ben visto ovunque lo si proponga, ma negli ultimi tempi sono entrato molto in contatto anche con il mercato asiatico oltre che con i sempre-verdi Stati Uniti. Stiamo parlando pur sempre di una artigianalità, di una creatività, che per quanto possano apparire scontate in Italia, vengono viste con sincero stupore e rispetto in tutto il resto del mondo.

Credi che nel 2017 abbiano ancora senso parole come alternative, anticonformismo, anche nel vestire?

C’è stato un forte cambio di rotta nell’ultimo ventennio. Negli anni 90 c’era voglia di stupire, di sentirsi diversi, di distinguersi. Oggi siamo nell’era dell’omologazione, c’è poca personalità in giro e a pagarne sono tutti quei giovani brand che cercano di emergere e di distinguersi costruendo qualcosa di nuovo.

Grazie Ivano per la tua disponibilità. Una curiosità, sogni nel cassetto? 

I sogni purtroppo sono finiti…ma ho grandi obiettivi!

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Il futuro del cibo http://www.360giornaleluiss.it/futuro-del-cibo/ Wed, 12 Apr 2017 11:35:15 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8512 Si è tenuto, l’8 Aprile 2017 , all’auditorio della conciliazione, il TEDxRoma: The future is our present, uno degli eventi più attesi nella Capitale dall’inizio dell’anno. Hanno preso parte all’evento diciotto tra i più grandi innovatori al mondo nel campo della tecnologia, dell’entertaiment , della medicina e del design con l’unico obiettivo di provare a immaginare

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Si è tenuto, l’8 Aprile 2017 , all’auditorio della conciliazione, il TEDxRoma: The future is our present, uno degli eventi più attesi nella Capitale dall’inizio dell’anno.
Hanno preso parte all’evento diciotto tra i più grandi innovatori al mondo nel campo della tecnologia, dell’entertaiment , della medicina e del design con l’unico obiettivo di provare a immaginare come sarà il 2037.
I diciotto speakers erano quindi chiamati a confrontarsi con un futuro non molto lontano, anzi relativamente vicino, 20 anni in cui, però, tutto cambia velocemente perché la tecnologia non sembra disposta a darsi una tregua mentre rivoluziona il volto della Terra. Tra le varie personalità che si sono susseguite nel corso della mattinata spicca il nome di Carlo Alberto Pratesi. Onore Luissino , in quanto laureatosi qua da noi in Economia, e ora titolare della cattedra di Marketing innovazione e sostenibilità a Roma Tre ; Carlo Alberto Pratesi ha raccontato come si immagina il mondo del cibo tra venti anni.

Dopo aver scaldato il pubblico, facendo riflettere e ridere i quasi 2000 spettatori sulle nuove diete in voga: vegetariani, vegani, pescetariani ( vegetariani che mangiano anche il pesce ), Paleodietisti, crudisti, fruttariani ( Steve Jobs(?)), respiriani ( credenza pseudoscientifica i cui aderenti dichiarano di essere in grado di sopravvivere senza mangiare o, in alcuni casi, l’energia del Sole) e infine negani in cui si riconosceva la maggior parte del pubblico tra le risate (coloro che mangiano tutto ma si rifiutano di ammettetelo); ha iniziato ad analizzare scientificamente quelle che saranno le conseguenze sul cibo.

Se i ragazzi nati durante il Boom degli anni ’60 immaginavano , influenzati dai film dell’epoca, un futuro in cui il cibo si sarebbe ridotto a pillole e pastiglie artificiali con tutti i nutrienti necessari ( fortunatamente sbagliando) ;
i giovani di oggi , riflettendo sulla globalizzazione e influenzati dalla nozione di global warming, sono portanti a prospettarsi un 2037 in cui i cibo sarà una riscorsa in via di esaurimento per una popolazione in continua crescita. Infatti, oggi gli abitanti della Terra si aggirano intorno ai 7 miliardi mentre già nel 2050 saremo 10 miliardi. Tuttavia, secondo Pratesi sbagliamo anche noi e non ci sono motivi per allarmarci. Addirittura secondo il rapporto Onu-Fao su Lo Stato dell’insicurezza alimentare nel
mondo (SOFI 2014) si registrerà la riduzione del numero di persone che soffrono la fame a livello globale. Quindi possiamo stare tranquilli e non preoccuparci? Non proprio, purtroppo.

Pratesi ha risposto anche a questa domanda, confermando la temuta risposta negativa. Esiste, comunque, ha ribadito, un problema relativo al cibo che è strettamente connesso al riscaldamento globale e agli effetti dell’agricoltura sulle emissioni di CO2. Infatti, l’agricoltura nutre il mondo ma allo stesso tempo ne consuma le scarse e preziose risorse. Il settore agricolo è tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale,il terzo dopo le emissioni dovute a fabbriche e veicoli, perché emette gas serra negli allevamenti intensivi e nelle risaie, il protossido di azoto nei campi fertilizzati.

Catena cibo

La buona notizia è che se mangiamo in modo equilibrato, seguendo per esempio la dieta mediterranea, riusciamo a ridurre al massimo il nostro impatto.

La cattiva notizia è che i processi produttivi di qualunque nostro cibo hanno un impatto che va controllato e ridotto. Questo non significa necessariamente tornare ai vecchi sistemi ma cercare di combinare innovazione tecnologica e antica cultura contadina; per esempio, lavorando sulle rotazioni stagionali della Terra come si faceva una volta, supportate però da sistemi e sensori che riferiscono quanto la terra ha ancora da dare.

Il modello presentato da Pratesi si definisce: retro-innovazione, proprio perché si basa su una stretta relazione tra presente e passato. La retro-innovazione, proposta dall’economista, si propone di ridurre l’impatto, aumentando non solo il guadagno ma anche la produttività. L’intervento di Pratesi è stato sicuramente uno degli interventi che ha riscosso più successo, facendo sorridere ma anche riflettere. Il futuro del cibo è nelle nostre mani: spetta a noi trovare la ricetta giusta.

 

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Airbnb: Casa d’Artista a Civita di Bagnoregio http://www.360giornaleluiss.it/airbnb-casa-dartista-civita-bagnoregio/ Wed, 05 Apr 2017 14:10:02 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8464 Il borgo di Civita di Bagnoregio, piccolo gioiello del XIII secolo in cima ad una collina di tufo in provincia di Viterbo, è nota come la “città che muore” ma, grazie ai continui interventi di ristrutturazione e rafforzamento e selezionato dall’Ente del Turismo Italiano come beneficiario dei finanziamenti per la salvaguardia dei piccoli borghi, sembra

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Il borgo di Civita di Bagnoregio, piccolo gioiello del XIII secolo in cima ad una collina di tufo in provincia di Viterbo, è nota come la “città che muore” ma, grazie ai continui interventi di ristrutturazione e rafforzamento e selezionato dall’Ente del Turismo Italiano come beneficiario dei finanziamenti per la salvaguardia dei piccoli borghi, sembra molto di più una città che lotta per vivere e che, giorno dopo giorno, vince questa battaglia. Per poter ammirare i suoi meravigliosi edifici medievali è necessario attraversare un ponte sospeso a 70 metri d’altezza ed è anche grazie a questa particolarità che la sua fama cresce sempre di più, tanto che le presenze turistiche arrivano all’impressionante cifra di 350 mila turisti l’anno a fronte di una popolazione che conta solamente dieci abitanti. Anche per questo Airbnb, il portale americano per gli affitti, l’ha scelta per far partire un innovativo progetto  che si svilupperà in futuro anche in altri particolari luoghi italiani: creare case d’artista pubbliche per contribuire alla valorizzazione ed allo sviluppo del territorio.

Da qualche giorno su Airbnb è infatti possibile prenotare a Civita un soggiorno nella Casa d’Artista: un progetto che grazie all’intervento di una squadra di designer internazionali è riuscito a riportare alla sua originale bellezza Casa Greco, un edificio storico danneggiato da una frana negli anni ‘80, restaurato e trasformato per l’occasione in una vera e propria residenza d’artista. La formula è davvero straordinaria e ha messo insieme questo palazzo comunale abbandonato, la piattaforma Airbnb, uno studio di design di Milano, aziende che hanno concesso a prezzi agevolati arredamenti di pregio e un sindaco illuminato, sì perché l’host – per usare la terminologia del sito statunitense – sarà proprio il sindaco del piccolo borgo, Francesco Bigiotti. Il risultato è la prima casa pubblica Airbnb d’Italia con tanto di ristrutturazione “d’artista”.

Airbnb ha selezionato i designers Alberto Artesani e Frederik De Wachter di DWA Design Studio, per il progetto di interior design della casa e per trasformare gli interni. Tra i mobili, è possibile trovare la poltrona Utrecht di G. Rietveld, la poltrona Lady di Marco Zanuso e i tavolini Tabouret di Le Corbusier oltre ai prodotti firmati Bitossi Home ed Eligo per la cucina e la lampada Giardino di Servomuto. La curatrice Federica Sala ha poi scelto Francesco Simeti, artista italiano basato a New York, per creare un’installazione: l’opera, collocata in soggiorno, è intitolata “Plunged into Gullies, Entangled in Orchids” ed è stata ispirata sia dai dipinti del Rinascimento italiano che dal paesaggio che circonda il borgo di Civita dando vita ad un arazzo contemporaneo che rappresenta le valli circostanti Civita e le orchidee che vi crescono spontaneamente, soggetto ripreso anche dalle sculture di bronzo all’interno e all’esterno della casa come decorazione.

La casa ha una sola stanza da letto ma potrà accogliere fino a 5 persone. Si può prenotare dal 30 marzo al prezzo di 300 euro a notte su Airbnb mentre una tariffa speciale di 10 euro a notte sarà disponibile alla comunità di artisti professionisti. Joe Gebbia, cofondatore e Chief Product Officer di Airbnb ha dichiarato: “Questo progetto rappresenta la prosecuzione del nostro impegno a supporto dei borghi rurali nel mondo[…] Il nostro obiettivo è celebrare il patrimonio di queste aree attraverso l’arte e il design, fornendo parallelamente alle città soluzioni concrete per sostenere la cultura e le tradizioni”. Il comune utilizzerà il ricavato per finanziare i progetti culturali di Civita, mentre Airbnb donerà la propria commissione all’amministrazione locale.

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