Il concerto d’Aranjuez – Sei corde al centro della scena

received_1579350655650416

La stagione Sinfonica volge al termine, e il programma dei concerti di Santa Cecilia sfuma verso il Novecento. Con una protagonista d’eccezione: la chitarra.

Non capita tutti i giorni di poter assistere ad un concerto in cui sia lo strumento a sei corde ad avere il centro della scena. Proprio per questo merita un po’ di attenzione.

Vuoi per problemi di acustica, vuoi per una scarsa diffusione dello strumento nella mitteleuropa del diciannovesimo secolo, fatto sta che in pochi si sono cimentati nella scrittura di un concerto veramente sinfonico per chitarra e orchestra. Dopo i tentativi di virtuosi come Paganini e Giuliani, la ricerca avveniristica di Castelnuovo-Tedesco, finalmente Joaquin Rodrigo, neppure chitarrista di formazione, trovò nel 1939 la quadratura del cerchio. A lui dobbiamo quella perla che è il Concerto D’Aranjuez.

Il Concerto ha una genesi particolare: Rodrigo era a pranzo con l’amico chitarrista Regino Sainz de La Maza. Questi, parlando del più e del meno, si soffermò sull’idea di un grandioso concerto per chitarra e orchestra, fino a implorare il compositore con una voce “pathetic” , quasi irreale, di scriverlo per lui. Rodrigo si convinse di essere il prescelto per quella missione, quasi segnato da quell’evento, e forse aiutato, per sua stessa ammissione, dalle generose dosi di Rioja, uno dei migliori vini Iberici, presenti in tavola. Tuttavia, nonostante questa chiamata quasi mistica, le idee tardavano ad arrivare. Fin quando, passeggiando una mattinata di alcuni mesi dopo a Parigi, udì di nuovo una voce che gli cantava quello che sarebbe stato il celebre tema dell’Adagio. Tutto ad un tratto il concerto prese forma nella sua mente. Che sia stata la stessa voce del famoso pranzo? Non ci è dato di sapere…

Il brano si sviluppa nella tipica forma concerto in tre movimenti: due dal carattere brillante incastonano il prezioso adagio centrale. Il primo movimento, Allegro con Spirito, è gioioso e vitale, introdotto dagli accordi della chitarra, al posto della consuetudine di iniziare con tutti gli strumenti che introducono il tema principale, proprio a marcare da subito la centralità della chitarra. Il brano prosegue in una danza poderosa e veleggiante, che mano a mano si assopisce, fino a morire nel sussurrato incipit del secondo movimento.

In questo secondo movimento il dialogo si sviluppa pienamente. L’Adagio, uno dei brani più conosciuti del secolo scorso, ripreso e riarrangiato in una infinità di forme, da Fabrizio de Andrè a Miles Davis passando per Chick Corea, si apre di nuovo con una serie di accordi sgranati dalla chitarra, ad introdurre la serie di duelli/duetti che dovrà sostenere con i fiati. Il duetto iniziale della chitarra con il Corno Inglese si sviluppa lentamente in una sorta di gioco contrappuntistico per tutta la prima metà del movimento, fino a sfociare poi in una sorta di cadenza in cui il solista rimane solo con tutta la scena per se. In un crescendo dolcemente forsennato, Rodrigo esplora tutte le tecniche più recondite della chitarra, che culminano in un Rasgueado quasi dal sapore di Flamenco che è insieme esaltazione del virtuosismo chitarristico e tributo alla profonda essenza Iberica dello strumento a sei corde.

Il terzo movimento non può che essere una conclusione sfarzosa e brillante. L’idea è infatti quella di mischiare danze tipiche delle corti spagnole unendo insieme strutture con ritmi differenti che si alternano dando vita ad una composizione vitalissima e fresca, che mantiene inalterato il carattere comunque popolare senza rinunciare allo slancio virtuoso. L’ Allegro Gentile è la celebrazione definitiva della chitarra e la sua elevazione a rango di strumento da orchestra.

L’eredità che quest’opera ha lasciato nel repertorio chitarristico è enorme. Ma limitare il suo impatto solo allo strumento sarebbe riduttivo. In un secolo in cui le regole secolari della tonalità erano state decretate morte e finite, Rodrigo decide incurante di proseguire lungo la strada della tradizione. L’influenza che ha lasciato questa composizione, uno spirito comunque nuovo e vivo, il suo successo e gli omaggi che gli artisti più disparati hanno dato decisamente ragione al compositore di Sagunto.