Amministrative spagnole, un salto lontano dall’Austerity

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24-M non è il modello di un mortaio, eppure è deflagrato come una bomba. Era la sigla delle elezioni amministrative e municipali del 24 maggio che hanno raso al suolo le roccaforti del governo.

Mariano Rajoy non se la passa molto bene. Ha perso Barcellona e vede vacillare anche Madrid, il suo Partido Popular scende al circa 27% dal solido 40% del 2011 e assiste alla débacle delle regioni autonome. Ben 11 su 13 sono state conquistate dall’ondata nuova di Podemos, l’oculato consolidamento politico del movimento degli Indignados, il motore propulsore del rinnovamento sistemico ai danni del tradizionale bipartitismo Socialisti-Popolari.

Ora cosa accadrà alle elezioni politiche di novembre? La neosindaco di Barcellona Ada Colau, la trionfatrice assoluta di questa tornata, è pronta a dare inizio alla rivoluzione democratica, i Popolari con il candidato Aguirre non hanno più i numeri per governare Madrid e Podemos, grazie alla lista Ahora di Manuela Carmena, potrà farlo al loro posto con l’aiuto dei Socialisti del PSOE. Il leader e fondatore di Podemos Pablo Iglesias parla di notte magica e vittoria di Davide contro Golia, festa per le strade e svolta politica in arrivo. La terza forza politica, figlia della ribellione al sistema tradizionale e ai sacrifici della crisi, ha sbaragliato il bipolarismo, ma dovrà conciliare molte correnti contrastanti. Una situazione alquanto inedita per la bomba lanciata da questi risultati elettorali. Nel mare dell’ignoto galleggiano attualmente due sole certezze. La deriva nefasta dell’indipendentismo catalano che ansima per le ferite subite dai nazionalisti indipendentisti, sostenuti storicamente dai partiti di destra, e il chiaro no degli elettori alle politiche dell’austerity di Rajoy. Tuttavia, se da una parte la svolta a sinistra non è netta, dato che il riferimento è un quadro politico completamente inedito, dall’altra il premier Rajoy ha dovuto agire a causa della crisi, sebbene, a differenza dell’Italia con un mandato elettoralmente riconosciuto nel 2011, esattamente come il Premier “Commissario” Mario Monti. Dalle massime vette dello spread dei Bonos spagnoli e dei BTP italiani nei confronti Bund tedeschi, ha dovuto stringere obbligatoriamente la cinghia ai conti pubblici e applicare politiche estremamente restrittive. Non una giustificazione, ma certamente una conseguenza fisiologica il successo dei movimenti giovani. Ciudadanos è pronto a sostenere Podemos sull’onda dell’entusiasmo, si definiscono diversi dal Movimento 5 Stelle e da Beppe Grillo, sono pronti a governare per il popolo accontentandosi in questo momento, solo si fa per dire, dei Comuni e delle regioni autonome, quasi la totalità delle tredici nelle quali si votava sul complesso di diciassette.

Il Partido Popular è ancora la prima forza politica in Spagna, ma l’emorragia sembra inarrestabile. 26,7% davanti al PSOE che ha il 25,23% non è affatto rassicurante date le ben diverse premesse della vigilia. 2,6 milioni di voti persi sia nelle grandi città che nelle piccole regioni. La Izquierda Unida (Sinistra Unita) è pronta al sorpasso in vista delle prossime politiche. Resta da vedere se la sfida al PP rimarrà una battaglia limitata al contesto locale, oppure sa saprà raccogliere l’eredità delle sfide da affrontare, in economia come in politica, in Europa come nel mondo. E il governo italiano nel suo piccolo ma problematico bacino di mare spera in un ripensamento della Spagna sulle quote degli immigrati da accogliere.