Progetto Samburu Smile

Quando far sorridere diventa un progetto di vita

I loro sogni sono diversi dai nostri e convergono verso la necessità di aiutare realmente la loro comunità.

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Ore 13,30 di una domenica di ferragosto: il primo cestista italiano debutta nella Samburu League in Kenya. E poco importa che alla fine la sua squadra perda di due punti. Perché c’è di mezzo il basket, ma per un fine decisamente più nobile.

Sergio Mazza, professore ed istruttore nazionale di minibasket, arriva per la prima volta in Africa tre anni fa. L’anno successivo impegni professionali lo bloccano in Italia, ma nel 2013 – stavolta per due mesi – il ritorno in Kenya è possibile e può nascere Samburu Smile. “In un ambiente ricco e povero allo stesso tempo. E’ gente che non ha quasi nulla, ma che non percepisce la differenza proprio perché non conosce la vera ricchezza materiale”.

“E’ gente che non ha quasi nulla, ma che non percepisce la differenza proprio perché non conosce la vera ricchezza materiale”

Da qui e dal lavoro che il professionista salernitano svolge quotidianamente, nasce l’idea di un progetto sportivo che coinvolga anche altri appassionati. Anche perché a Samburu Smile possiamo contribuire davvero tutti. “Sono riuscito a portare una dozzina di palloni da basket – continua Sergio – ma uno staff più ampio numericamente permetterebbe anche di portare altri materiali, soprattutto tra quelli che noi non usiamo più e che qui tornerebbero molto utili”.

“Avrei voluto realizzare – prosegue Sergio – una piattaforma in cemento per consentire ai bambini di giocare a basket ma non sulla terra battuta, dove non avrebbero le calzature adeguate per evitare spine e sassi che incontrano sul campo”. Ed un vero playground vedrà la luce a Settembre.

Un progetto ambizioso ha il fisiologico scopo di crescere nel tempo e allora l’attenzione si è spostata sulla formazione degli istruttori. Solo così l’attività può durare per tutto l’anno e non limitarsi alla permanenza dei tecnici giunti dall’estero. “ Dopo un mese gli resterebbe poco altro. Ma qui per ora le metodologie sono spesso vecchie e troppo datate”.

Diventa facile e spontaneo, a questo punto, misurarsi con il sistema scolastico africano. A partire dalle vacanze. “ I bambini – riprende Mazza – frequentano la scuola per tre mesi consecutivi, intervallati da uno di vacanza, ed è per questo che ad Agosto svolgono attività con noi”.

Bambini incapaci di controllare la loro grande forza fisica cui, però, non affiancano il necessario sviluppo delle capacità cognitive. “Sono timorosi di dare risposte negative, gli insegnanti non li incentivano a pensare e dare soluzioni e questo non è positivo nella loro crescita umana e sociale, prima ancora che sportiva”.

Chi come Sergio, tra scuola e minibasket ha a che fare con i bambini tutti i giorni, ne intuisce le esigenze soprattutto personali. Specie se “sbattono” contro il sistema scolastico africano. Le scuole, infatti, sono divise per capacità e sono molto costose. Ai licei nazionali vi accedono solo pochi tra coloro i quali hanno già ottenuto buoni volti alle scuole primarie. “Molti mi chiedono di portarli a studiare in Italia – racconta ancora l’istruttore nazionale minibasket- ma sarebbe complesso. Un’alternativa già sperimentata con successo attraverso l’aiuto economico di alcuni amici è pagare il liceo ad alcuni di essi”. Anche perché per i sogni c’è poco spazio e la vita si tinge di realismo molto presto.

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L’allenatore, SERGIO MAZZA

“I loro sogni sono diversi dai nostri e convergono verso la necessità di aiutare realmente la loro comunità. Nessuna ballerina o calciatore, ma al massimo si vuol diventare medico, ingegnere o maestro di scuola”.
Ma come si passa una giornata in un villaggio della Savana? “i ragazzi vengono mattina e pomeriggio. Tutti tra i 5 ed i 14 anni, divisi in sei gruppi misti di lavoro per allenamenti semplicissimi e finalizzati ad acquisire i primi strumenti per giocare a basket. Abbiamo già iniziato le prime partite e tornei”.

Le difficoltà non mancano di certo, ed il lavoro è spesso umano prima ancora che tecnico. “Il lavoro parte dal rendere le regole tutte uguali e far comprendere come il rispetto di esse sia piacevole e non sconveniente. La difficoltà maggiore è abituarli a pensare. L’abitudine ad eseguire gli ordini del più grande frena la possibilità di pensare ed agire in autonomia. Troppa libertà si trasformerebbe in anarchia, ma manca loro il coraggio di esprimere la propria personalità”. Un’attitudine che potrebbe essere più facile sviluppare attraverso un gioco piuttosto che un obbligo scolastico, anche perché le classi sono spesso composte da 60/70 alunni e questa possibilità potrebbe anche non esserci.

Eppure qualcosa che Sergio porterebbe in Italia, c’è. “Il grande entusiasmo e la semplicità dei bambini, spesso sicuramente disordinati, ma in possesso di una grande energia seppur difficile da gestire.”
Del resto le capacità naturali e motorie sono decisamente superiori alle nostre già in tenera età. “Le loro ore di sport in un giorno sono maggiori di quelle che da noi si svolgono in una settimana. Non li vedi mai piangere, anche se dovessero sanguinare. Si fermano venti secondi e poi di nuovo in campo. Quasi sempre scalzi.” E se è facile immaginare una grande capacità di gestire il corpo, sorprende positivamente anche la rapidità d’apprendimento dei concetti tecnici. “Non hanno la nostra manualità poiché sono spesso abituati ad usare la parte inferiore, ma sicuramente possiedono grandi margini d’apprendimento”.

A volte magari ancora difficili da mettere in pratica anche per gli adulti. A proposito del debutto nella Samburu League infatti, sorridendo, Sergio parla di un’esperienza “traumatica”. Probabilmente per spaziature e disposizioni tattiche lontane anni luce da quelle europee.

“Ho incontrato un grande agonismo, pari a quello dei bambini. Noi giochiamo sotto ritmo e qui invece si viaggia ad una velocità sempre superiore. Certo, la tecnica lascia molto a desiderare ma la fisicità e l’atletismo sono sorprendenti”. Ed al di là di una partita persa in maniera “sospetta”, resta il divertimento di un’esperienza nuova e la consapevolezza di una gioia regalata – attraverso il pagamento dell’iscrizione alla Lega- a ragazzi cui questa occasione non capita spesso.

E’ attiva anche un pagina Facebook all’indirizzo Samburu Smile dove Sergio ci aggiorna quotidianamente con report e foto direttamente dal villaggio. Qualcuno ci ha scritto una tesi di laurea.

Il prossimo potrebbe anche decidere di partire.

Questo articolo è stato scritto da Donatello Viggiano