#serieA – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png #serieA – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Bentornata Serie A! http://www.360giornaleluiss.it/bentornata-serie-a/ Fri, 29 Sep 2017 09:53:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8889 Finalmente possiamo dirlo: bentornata Serie A! D’altronde, per tutti gli appassionati il calcio non finisce mai: dalla fine dei campionati nasce l’attesa per le preparazioni atletiche, le amichevoli estive, il “calcio d’agosto” che non esprime mai il reale valore delle squadre, per poi arrivare alla prima giornata di campionato ed iniziare di nuovo a pregustare

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Finalmente possiamo dirlo: bentornata Serie A! D’altronde, per tutti gli appassionati il calcio non finisce mai: dalla fine dei campionati nasce l’attesa per le preparazioni atletiche, le amichevoli estive, il “calcio d’agosto” che non esprime mai il reale valore delle squadre, per poi arrivare alla prima giornata di campionato ed iniziare di nuovo a pregustare quell’aria particolare. Particolare perché una domenica senza calcio “è come un cielo senza stelle”, si vive il prepartita sin dal mattino per poi urlare a squarciagola durante i novanta minuti affinché la squadra del cuore possa vincere.

Ebbene, arrivati alla 6a giornata di campionato della Serie A, è già possibile analizzare la piega che il torneo sta prendendo in queste primissime partite. Partiamo dalle cosiddette “big”: con ormai la certezza di una Juventus sempre più forte e padrona (forse) del campionato, le altre squadre non sono mancate all’appello; la Roma, dopo una vittoria tutt’altro che convincente a Bergamo contro l’Atalanta e la sconfitta immeritata all’Olimpico contro l’Inter alla seconda giornata, si è ripresa, specialmente nelle ultime due partite, mostrando buon gioco e unità d’intenti nel perseguire il risultato, ma l’allenatore Di Francesco sa che la sua squadra ha ancora ampi margini di miglioramento.

La squadra che quest’anno, seguendo uno scenario prefiguratosi già verso la fine della scorsa stagione, sembra dover interpretare il ruolo da vera “antagonista” nella corsa allo “Scudetto” con la Juve è il Napoli: con 22 gol fatti e 5 gol subiti, la squadra di Maurizio Sarri è indubbiamente la più in forma del campionato. Da sottolineare in particolar modo la vittoria alla Quinta giornata all’Olimpico per 4-1 contro la Lazio, seppure abbia corso qualche brivido nell’ultimo turno a Ferrara contro la SPAL, vincendo la partita al minuto 83 grazie al gol di Faouzi Ghoulam.

Merita una menzione particolare anche la squadra di Simone Inzaghi: dopo un campionato sorprendente come quello dell’anno scorso, molti hanno espresso degli scetticismi riguardo alla continuità delle prestazioni dei biancocelesti; con la SPAL alla prima giornata (una partita a reti inviolate) e nella debacle col Napoli in casa, i cosiddetti “acquilotti” sono riusciti a mostrare un buon gioco, e in particolar modo a Milano contro il Milan, portando Ciro Immobile a due gol di distanza dal Capocannoniere del campionato, Paulo Dybala (a quota 10 gol).

Dopo aver menzionato il bomber della Serie A, non può mancare una breve analisi sulla Juve: breve, poiché i bianconeri hanno ripreso da dove avevano lasciato, macinando punti e mettendo in risalto soprattutto un Dybala in grandissima forma che, con la nuova numero 10 sulle spalle, piuttosto che soffrire della pressione sta sfornando prestazioni eclatanti tra cui due triplette messe a segno in appena 6 giornate di campionato.

Un’analisi particolare è da fare su due squadre che stanno cercando di riottenere quello “status quo” di grandi e temibili squadre della massima serie e che sono finite in un limbo dal quale sembra difficile uscire: Inter e Milan. Partendo dai Rossoneri, dopo un precampionato vissuto con un mercato scoppiettante, con acquisti messi a segno come Hakan Çalhanoglu, André Silva, Federico Musacchio, Ricardo Rodrìguez e su tutti Leonardo Bonucci dalla Juventus (il più clamoroso), la compagine di Vincenzo Montella non ha tuttavia dimostrato di essere ancora squadra; dopo la vittoria di Crotone, qualcosa sembra non aver funzionato tra i suoi giocatori: grave è stata la sconfitta contro la Lazio in casa ed ancor più grave, seppur con una vittoria nel mezzo, è stata la sconfitta contro una Sampdoria che sta sorprendendo sotto la guida di Giampaolo (già l’anno scorso aveva mostrato ottimi segnali) e che ha ridimensionato sia il gruppo tecnico del Milan sia il gruppo manageriale, con una forte presa di posizione da parte del nuovo AD Marco Fassone. Molte incertezze ruotano attorno ad una delle squadre più gloriose d’Italia, soprattutto per quanto riguarda il mercato fatto, poiché molti ritengono sia stata una campagna mirata a prendere tanti nomi, senza avere la consapevolezza di dover poi costruire un gruppo che si conosca e che sappia giocare: unica nota positiva il giovane Patrick Cutrone che sta sorprendendo gli addetti ai lavori e gli appassionati (decisivo giovedì per agguantare la vittoria al ’94 contro un modestissimo Rijeka).

Per quanto riguarda l’Inter, la situazione è completamente diversa: dopo l’ennesimo cambio alla guida tecnica, con l’arrivo di Luciano Spalletti dalla Roma, dopo le promesse di un mercato altisonante ma che in realtà è stato improntato nuovamente su delle spese controllate, i Nerazzurri sembrano essere partiti piuttosto bene rispetto ai cugini; le prime due vittorie, rispettivamente contro Fiorentina e Roma, sono state una ventata di aria fresca, soprattutto per i tifosi, depressi dopo anni di sofferenze e rinvigoriti con l’arrivo di uno dei migliori tecnici sul palcoscenico italiano; unica pecca di queste prime 6 giornate è il pareggio a Bologna. Nonostante la squadra di Spalletti sia la miglior difesa del campionato (e non è poco visti gli scarsi risultati degli ultimi anni), vige ancora un problema di non poco conto: i Nerazzurri hanno acciuffato i 3 punti con prestazioni appena sufficienti, senza esprimere buone trame di gioco e segnando negli ultimi 30-20 minuti delle partite.

Tuttavia, vi è un problema ricorrente che è visibile già in questo inizio di campionato: le cosiddette “neopromosse”. Guardando la classifica di Serie A, si può evincere come il Benevento e l’Hellas Verona stiano faticando e non poco ad entrare nel ritmo del massimo campionato, a differenza della SPAL, la quale sta mostrando grandi capacità e voglia di lottare per guadagnarsi la salvezza.

Soprattutto “le Streghe” mostrano evidenti lacune in fase difensiva, subendo imbarcate clamorose come quella a Napoli, e i dati parlano di solo un gol segnato (da Amato Ciciretti, trequartista scuola Roma) e ben sedici subiti.

Ovviamente, bisogna analizzare i dati e domandarsi come sia possibile che, in Serie A, il massimo campionato italiano, ci siano squadre che, in un qualche modo, abbassano sensibilmente il livello della competizione: sia chiaro, non è un’accusa né al Benevento né all’Hellas, ma una riflessione sulle capacità economiche esigue delle squadre di Serie B e di alcune compagini della stessa Serie A, che non permettono loro di poter fare acquisti di livello. Sarebbe ottimo se venissero concesse maggiori possibilità ai giocatori provenienti dalle giovanili, anche dei grandi club, di modo che possano guadagnare esperienza e garantire quell’adeguato ricambio generazionale che, purtroppo, la Nazionale di calcio non sta avendo dai tempi del Mondiale vinto in Germania nel 2006.

Discorsi, analisi, sogni di gloria, capocannonieri e sorprese; in ogni caso, possiamo finalmente dire: bentornata, Serie A!

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Serie A e prime impressioni http://www.360giornaleluiss.it/serie-a-e-prime-impressioni/ Mon, 07 Nov 2016 06:30:46 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7371 Qualche giorno fa giravo in compagnia della nostra vice-direttrice per i corridoi dell’Università parlando del più e del meno. Ad un certo punto se ne esce con un: “Ma te da quant’è che non pubblichi un articolo?” (si legga con marcato accento toscano). Ha ragione: sono parecchi mesi che non scrivo pezzi; diversi impegni mi

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Qualche giorno fa giravo in compagnia della nostra vice-direttrice per i corridoi dell’Università parlando del più e del meno. Ad un certo punto se ne esce con un: “Ma te da quant’è che non pubblichi un articolo?” (si legga con marcato accento toscano). Ha ragione: sono parecchi mesi che non scrivo pezzi; diversi impegni mi hanno tenuto lontano dalla redazione eppure è ora di riprendere in mano la penna (o in questo caso la tastiera). La scelta di provare uno stile differente e un po’ inedito, deriva proprio da questa lunga assenza; non sarà un classico articolo informativo ma un fiume di pensieri in libertà.

È passato da poco Halloween questo significa che la Serie A è ripartita da due mesi e rotti. Siamo alla dodicesima giornata e già alcune indicazioni su questo campionato le possiamo iniziare a trarre. Iniziamo dalla parte facile: la Juve si conferma ancora una volta la capolista, annunciata e confermata dai risultati. Il mercato estivo aveva fatto presupporre fuoco e fiamme fin dall’avvio del campionato eppure solo dopo questa giornata si è concretizzata una prima mini-fuga, complice lo scivolone della Roma fermata a Empoli dalle parate dell’ex Skorupski. L’obiettivo bianconero, non dichiarato ma mal celato,  resta però la Champions League e in questa direzione è andato il mercato con gli arrivi di Higuain, Dani Alves, Benatia e Pjanic: calciatori d’esperienza ma che fin’ora hanno reso ben meno rispetto alle aspettative. Higuain 7 gol in campionato per il capocannoniere della passata stagione, Dani Alves 6 presenze in bianconero, 5 presenze per il centrale marocchino. Non proprio numeri da prime scelte tant’è che spesso sono stati fatti accomodare in panchina da Max Allegri. Discorso a parte per l’ex Roma il quale, nonostante le difficoltà ad adattarsi al ruolo di regista davanti alla difesa, in attesa del rientro di Marchisio, si è sicuramente integrato meglio negli schemi della squadra.

La Roma: nella stagione del possibile addio di Totti, la formazione di Luciano Spalletti continua ad alternare grandi prestazioni ad improvvisi e inspiegabili black-out. L’infortunio di Rudiger, destinato ad essere venduto in estate per fare cassa, e il mancato accesso ai gironi di Champions League, ha portato ad un mercato senza colpi ad effetto se non in uscita (vedi Pjanic). Il risveglio di Dzeko in avanti consente ai giallorossi di rimanere nella parte alta della classifica (10 gol per il bosniaco) ma a nulla serviranno se dietro non riusciranno a trovare un assetto adeguato. Inutile girarci intorno: Florenzi (prima dell’infortunio ma tranquilli amici romanisti, già cammina) e Bruno Peres sono due ottimi esterni ma in difesa mostrano qualche lacuna; Juan Jesus ha collezionato errori su errori fin’ora rendendo evidente il perché l’Inter abbia deciso di privarsene così volentieri; in mezzo l’arrivo di Fazio ha contribuito, in coppia con la certezza Manolas a dare solidità alla squadra ma certo non si può chiedere ai due centrali di giocare da soli. Alcuni acquisti risultano ancora oscuri o comunque non apprezzati, vedi Alisson alle prese con il dualismo con Szczesny, Gerson ed Emerson Palmieri. Risultati altalenanti che per ora mantengono la squadra al secondo posto sempre in bilico.

Napoli: i partenopei dopo lo shock dell’addio di Higuain hanno trovato un nuovo idolo, Milik, centravanti polacco di 22 anni, gran finalizzatore e subito ben inserito negli schemi di Sarri. La squadra viaggia a gonfie vele trascinata dai suoi gol, o forse è meglio dire viaggiava. La rottura del crociato e il conseguente lunghissimo stop hanno  creato un vuoto nella squadra. Non basta il solo Gabbiadini, più volte bocciato se non a parole con i fatti da Sarri, a riempirlo. Se poi ai limiti tecnici si aggiungono inutili colpi di testa le cose si fanno veramente difficili. In fase di mercato però non si può non fare gli applausi al duo De Laurentis – Giuntoli complici nel riuscire a trattenere i titolari (salvo Higuain per il quale il ciclo partenopeo si era esaurito) e piazzare delle seconde linee di livello con un occhio al futuro: gli acquisti di Diawara, Maksimovic  e Zielinski, giovani e di buon futuro, rappresentano delle buone alternative ai titolari così come i più maturi Giaccherini e Tonelli.

Chi sta strappando applausi in questo momento è il Milan: con alle spalle una situazione societaria non facile, Vincenzo Montella è riuscito a dare una forma a una rosa con molte lacune, lanciando numerosi giovani. E allora spazio a Locatelli e Calabria, oltre ai già noti Donnarumma, De Sciglio, Romagnoli. Il rientro alla base di Niang e Suso dopo la parentesi al Genoa ha portato ottimi risultati. Il Milan giovane e italiano che fin’ora vola in classifica agguantando il terzo posto e che è riuscito a piegare i campioni d’Italia.

La squadra più giovane della Serie A però in questa stagione è la Lazio. Dopo gli addii estivi di numerosi senatori (Klose e Mauri) ha consegnato a Simone Inzaghi una rosa giovane e di prospettiva. Il ritorno di De Vrj in mezzo alla difesa è servito (almeno fino al nuovo infortunio) a ridare sicurezza alla retroguardia biancoceleste. In avanti l’acquisto di Immobile finalmente ha dato alle aquile un attaccante degno di questo nome: maturo, che vede la porta e si sacrifica per la squadra. L’addio di Candreva ha definitivamente aperto la strada a Felipe Anderson mai decisivo come in questo avvio di stagione. I problemi estivi sembrano aver lasciato meno danni del previsto: la vicenda Bielsa è passata in secondo piano così come la diatriba sul rinnovo di Keita, spazzata via a suon di prestazioni dall’attaccante senegalese. Molti i ragazzi fin qui lanciati da Inzaghi: Strakosha, Murgia e Lombardi sono suoi ex pupilli della Primavera che hanno  scavalcato i nuovi arrivati, ancora oggetto di mistero, Leitner e Luis Alberto. Sognare si può ma sempre mantenendo un piede per terra.

Chiusura sul fanalino di coda: complimenti al Crotone che finalmente è riuscito, all’undicesima giornata, a vincere la sua prima partita in Serie A. Certo le prestazioni fin qui offerte non danno molte speranze ai pitagorici ma nel calcio tutto è possibile soprattutto dopo il risveglio di Falcinelli.

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Il ritono dell’Imperatore! http://www.360giornaleluiss.it/il-ritono-dellimperatore/ Thu, 05 May 2016 09:37:09 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6526 È tornato! L’Imperatore è tornato. Dopo tre anni e mezzo Adriano Leite Riberio torna a calcare il manto verde del campo da calcio e lo fa con la maglia del Miami United, squadra statunitense che milita nella National Premier Soccer League, la quarta divisione del calcio statunitense ovvero l’equivalente della nostra Serie D. Poco importa

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È tornato! L’Imperatore è tornato. Dopo tre anni e mezzo Adriano Leite Riberio torna a calcare il manto verde del campo da calcio e lo fa con la maglia del Miami United, squadra statunitense che milita nella National Premier Soccer League, la quarta divisione del calcio statunitense ovvero l’equivalente della nostra Serie D. Poco importa che nella partita di presentazione lo United sia uscito sconfitto con un sonoro 0 – 5 contro i rivali cittadini del Miami Fusion, l’importante è stato il ritorno in campo di uno dei migliori  centravanti degli ultimi quindici anni.

Una carriera tanto strepitosa quanto breve quella del goleador di Rio de Janeiro: cresciuto come terzino nelle giovanili del Flamengo, ha esordito in prima squadra nel 2000 collezionando al primo anno 10 centri in 24 partite giocate. Una media-gol superiore a molti attaccanti più navigati del diciottenne brasiliano che gli consente di attirare immediatamente l’attenzione dei club più blasonati d’Europa.

Sarà l’Inter ad assicurarsi le prestazioni di Adriano per la stagione successiva per poi girarlo, durante la sessione invernale del calcio mercato, alla Fiorentina in prestito dopo aver collezionato otto presenze e un gol importantissimo per la vittoria dei nero-azzurri contro il Venezia.

In viola supererà definitivamente l’impatto con la Serie A, ma è con la maglia del Parma, dove approda nel 2002 in comproprietà con l’Inter, che avverrà la sua consacrazione nella massima serie italiana. Ventitré gol in trentasette partite gli consentono, in coppia con Adrian Mutu, di trascinare gli emiliani fino al quinto posto in campionato e alla qualificazione in Coppa Uefa. Ormai è pronto per qualcosa di grande.

Rientra all’Inter e dal 2004 al 2008 l’Imperatore trascinerà i nero-azzurri grazie al suo fiuto per il gol, forza fisica e un sinistro micidiale. Oltre a quella interista arriverà pure la maglia della Seleçao. Sono però i rumors fuori dal terreno di gioco a rendere questa storia meno favola. Alcol, festini, una vita sregolata e soprattutto depressione. L’Imperatore si perde. Ad appena 26 anni l’Imperatore decide di tornare in Brasile per ritrovarsi, prestito di sei mesi al San Paolo. Ma non basta. L’anno successivo, rientrato alla base, passerà più tempo in panchina che in campo e a fine stagione dirà addio all’Inter per sempre.

In patria sembra ritrovarsi, il Flamengo lo pone al centro del suo progetto e con la squadra carioca pare davvero che l’Imperatore sia risorto. Tanto da convincere la Roma a richiamarlo in Italia l’anno successivo. Si rivelerà un flop totale; cinque presenze e zero gol numerosi infortuni e una patente ritirata, in Brasile, per guida in stato di ebbrezza. La risoluzione del contratto sembra l’unica strada per il ritorno ancora una volta nella terra della samba.

Una nuova occasione gli viene concessa dal Corinthias con il quale si laurea campione del Brasile nel 2012. Subito dopo il suo contratto verrà reciso. Troppi gli infortuni, poche le presenze e ancor meno i gol rispetto alla mole di gossip e fisica dell’Imperatore di Rio il quale vantava in quegli anni uno stato di forma tutt’altro che invidiabile.

Inizia il suo periodo di inattvità che lo vedrà alternare ancora episodi di gossip con tentativi di ritorno in campo. Prima il Flamengo e poi l’Atlético Paranaense proveranno a dargli fiducia senza però essere ricambiati adeguatamente. Poi finalmente il 29 Gennaio 2016 la chiamata ufficiale del club di Miami, il tempo di rimettersi in forma e il primo Maggio esordisce. La voglia di tornare in campo, a fare quello per cui è nato e per cui tutti gli amanti del calcio lo adorano alla fine è stata più forte di tutto. Non sarà di certo una favola ma non è detto che per l’Imperatore non possa esserci un lieto fine.

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Baggio, il divin codino http://www.360giornaleluiss.it/baggio-il-divin-codino/ Fri, 26 Feb 2016 08:01:28 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5829 Il 18 febbraio scorso, i protagonisti, gli spettatori e gli appassionati del calcio italiano e non solo, hanno festeggiato il compleanno di uno dei migliori giocatori della storia azzurra. Vanta 643 presenze nei club, di cui 452 in Serie A, segnando 291 reti, di cui 205 in Serie A (piazzandosi così al settimo posto nella

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Il 18 febbraio scorso, i protagonisti, gli spettatori e gli appassionati del calcio italiano e non solo, hanno festeggiato il compleanno di uno dei migliori giocatori della storia azzurra. Vanta 643 presenze nei club, di cui 452 in Serie A, segnando 291 reti, di cui 205 in Serie A (piazzandosi così al settimo posto nella classifica dei realizzatori di sempre nel massimo campionato). Ha vestito per 56 volte la maglia della nazionale di calcio, segando 27 gol, di cui 9 nei mondiali, con 16 apparizioni nella competizione iridata. Ha ottenuto tra l’altro il premio individuale più importante, portando per la quarta volta il Pallone d’Oro in Italia, dopo le premiazioni di Sivori, Rivera e Rossi, e l’ultima, successiva alla sua, di Cannavaro. Stiamo parlando di Raffaello, come lo definì Gianni Agnelli, o meglio del “divin codino”, Roberto Baggio.

La sua carriera inizia nella squadra del suo paesino Caldogno, un piccolo centro nel vicentino, per poi essere acquistato per 500.000 lire dal L.R. Vicenza, dove iniziò la sua carriera da professionista. Portato in prima squadra dal mister Bruno Giorgi, trascinò i biancorossi alla promozione in Serie B nella stagione 1984-85, rimanendo però in una delle ultime gare, il 5 maggio 1985, vittima di un grave infortunio al ginocchio, il primo di una lunga serie, che lo tennero lontano dai campi da gioco per oltre un anno. È proprio in quel periodo che da cattolico credente e praticante, Roberto Baggio si converte alla fede buddhista, per poi creare il centro culturale buddhista più grande d’Europa a Corsico (nei pressi di Milano) nel 1988.

Era stato acquistato due giorni prima dell’infortunio in Serie C dalla Fiorentina, nella quale esordisce il 21 settembre 1986, infortunandosi nuovamente al ginocchio esattamente una settimana più tardi, per poi ritornare in campo praticamente due anni dopo l’inizio del calvario. Nel maggio dell’87, riesce comunque già a risultare decisivo segnando su punizione un gol che risulta decisivo per la matematica salvezza dei viola. Gli anni alla Fiorentina segnano l’ascesa del codino, che diventa protagonista insieme al suo compagno d’attacco Stefano Borgonovo, anche se l’esperienza si conclude in maniera controversa, visto che alla vigilia dei mondiali del 1990, firma un nuovo contratto con la Juventus, con i bianconeri che sborsarono la bellezza di 27 miliardi di lire, scatenando l’ira dei tifosi viola, vedono la cessione del loro talento agli acerrimi rivali come un tradimento da parte della società. Anche il calciatore all’inizio dimostra l’ambiguità della controversia, per poi arrivare alla stagione successiva, durante la quale si rifiuta di calciare con la maglia bianconera un rigore al Franchi contro la Fiorentina, in un clima di fischi e applausi contemporaneamente.

Negli anni della Juventus arriva probabilmente al punto più alto la carriera del calciatore veneto: rappresenta il campione sul quale edificare la rinascita di un club che stenta ad interpretare il nuovo tempo dopo 15 anni di egemonia. Prende la fascia di capitano nella stagione 1992-93, per iniziare un grandissimo periodo, fatto di soddisfazione per il gruppo e per il singolo, rispettivamente con la vittoria della Coppa Uefa nel ’93 e il Pallone d’Oro nello stesso anno, per poi arrivare nel 1995 alla vittoria dello scudetto dopo 8 stagioni di digiuno, e della Coppa Italia. Il 4 luglio dello stesso anno viene ufficializzata la cessione al Milan.

Alla prima stagione in rossonero vince il secondo scudetto consecutivo, con una squadra diversa però rispetto all’anno precedente e giocando un ruolo sempre meno da protagonista. La sua carriera al Milan si conclude nel 1997, senza nessuna prodezza del codino e addirittura un misero undicesimo posto della squadra rossonera. Escluso dall’ambiente e dall’allenatore Fabio Capello, nel luglio del ’97 si trasferisce al Bologna, dopo che era sfumata un trattativa col Parma a causa del rifiuto dell’allenatore gialloblù Ancelotti e la minaccia dell’addio ai parmensi da parte dell’attaccante Enrico Chiesa.

La stagione presso la corte felsinea è segnata da screzi con mister Ulivieri, ma anche dal miglior numero di reti realizzate in Serie A per il divin codino, ben 22 in 30 gare, più che sufficienti per ottenere la convocazione da parte del C.t. Cesare Maldini per i mondiali del 1998 in Francia.

Nel 1998 approda alla corte nerazzurra di Massimo Moratti. Del primo anno va ricordata la splendida doppietta realizzata a San Siro contro il Real Madrid agli ottavi di finale di Champions League, che portò l’Inter ai quarti. Nella stagione successiva Baggio ebbe problemi col nuovo allenatore Marcello Lippi, al quale poté dimostrare la sua importanza dopo un intero anno da ultima riserva durante lo spareggio contro il Parma giocatosi a Verona valido per l’accesso ai preliminari di Champions League segnando una doppietta decisiva per il 3 a 1 finale in favore dei nerazzurri.

Nel 2000 approda infine al Brescia, nel quale gioca le sue ultime 4 stagioni, da capitano: una squadra in cui ha dato tanto, per ricevere altrettanto, con un piazza che deteneva l’orgoglio di sentirsi speciale per aver avuto, una volta nella vita, un giocatore così. La sua ultima partita in casa la gioca il 9 maggio del 2004, segnando l’ultimo gol poco prima del novantesimo e ringraziato al termine della gara i tifosi delle rondinelle con uno striscione. La sua ultima partita in assoluto in carriera la gioca il 16 maggio a San Siro contro il Milan: 5 minuti prima della fine dell’incontro, Roberto Baggio viene sostituito e saluta lasciando per l’ultima volta un campo da calcio, venendo prima abbracciato da Paolo Maldini, per poi essere applaudito da tutto lo stadio gremito per festeggiare lo scudetto appena conquistato dalla squadra rossonera.

Per quanto riguarda la sua carriera in nazionale, Baggio gioca i suoi primi mondiali in occasione dell’edizione del ’90 ospitata dalItalia, al termine della quale gli azzurri si classificarono terzi. Alla sua prima presenza, contro la Cecoslovacchia, mette a segno un gol memorabile, considerato il più bello di quel Mondiale e settimo nella classifica dei più grandi gol nella storia della Coppa del Mondo FIFA, partendo da metà campo dopo uno scambio con Giannini e superando in dribbling quattro avversari.

Un momento cruciale nella storia di Roberto Baggio è sicuramente rappresentato dai mondiali del 1994 negli Stati Uniti, iniziati sotto tono dal codino, che poi a partire dagli ottavi contro la Nigeria, passando per i quarti contro la Spagna, si sono conclusi con l’ottima prestazione in semifinale contro la Bulgaria del Pallone d’Oro Hristo Stoickov, che permise a Baggio di trascinare gli azzurri in finale. Dopo uno scialbo e bloccato 0 a 0 contro il Brasile, i calci di rigore regalano forse l’epilogo più triste per la nazionale e  tremendamente crudele per il divin codino, che fallisce il rigore decisivo consegnando la vittoria alla nazionale verde oro.

Nel 1998 partecipa alla successiva edizione dei mondiali di calcio ospitata dalla Francia. Alla prima gara contro il Cile torna al gol proprio su rigore, 4 anni dopo il penalty della sconfitta in finale. Al termine della competizione sfiora anche il Golden gol che poteva eliminare la Francia, poi vincitrice, e conclude la sua carriera in nazionale il 28 aprile 2004 a Genova, quando gli viene riservata una cosiddetta convocazione-tributo, diramata solo in un’altra occasione, cioè l’addio alla maglia azzurra di Silvio Piola, miglior marcatore di sempre della Serie A.

Sicuramente Roberto Baggio rappresenta uno dei più grandi del calcio italiano, non solo degli ultimi anni, ma di sempre. È inevitabile però che prevalga un sentimento di malinconia e nostalgia, per tutto quello che è stato, ma anche per tutto ciò che poteva essere. Tanti sono i rimpianti, soprattutto nel cuore di quei tifosi che non sono riusciti a rivederlo nella loro squadra, ma piuttosto l’hanno rincontrato come avversario, sperando che potesse combinare qualcosa di importante, per provare quel giusto ma severo e amaro rimorso di non vederlo più vestire i loro colori. Una grande caratteristica è stata però sempre la grande franchezza e la grande professionalità del divin codino, per le quali la sua carriera è stata caratterizzata da tanti litigi e incomprensioni coi grandi allenatori di quei tempi, sui quali è sempre prevalso però il talento di Baggio, mai oscurato nemmeno dai tantissimi infortuni, che hanno costantemente accompagnato la carriera dell’attaccante. Neanche le idee del nuovo calcio, che sembrava dovesse escludere un fantasista come il codino, riuscito comunque ad emergere nei momenti decisivi, nel bene o nel male, perché “I rigori li sbagliano soltanto quelli che hanno il coraggio di tirarli”.

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Il sorpasso biancoceleste http://www.360giornaleluiss.it/il-sorpasso-biancoceleste/ Sat, 18 Apr 2015 07:41:36 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3185 La 31esima giornata di Serie A, oltre al sempre affascinante Derby della Madonnina, offre anche un’altra grande partita di cartello decisiva più che mai ai fini della classifica finale. Si incontrano infatti, nell’anticipo serale di Sabato, la prima e la seconda della classifica. Per la Juventus non ci sono ancora molti discorsi da fare, più

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La 31esima giornata di Serie A, oltre al sempre affascinante Derby della Madonnina, offre anche un’altra grande partita di cartello decisiva più che mai ai fini della classifica finale.

Si incontrano infatti, nell’anticipo serale di Sabato, la prima e la seconda della classifica.

Per la Juventus non ci sono ancora molti discorsi da fare, più 13 punti dalla terza, zona Champions League e scudetto praticamente assicurato.

Per quel che riguarda la seconda invece ci troviamo di fronte a una novità. Non si tratta più dell’ormai ex splendida Roma di Rudi Garcia, da troppo tempo ormai in crisi nera, ma bensì dell’inaspettata Lazio di Stefano Pioli.

La 30esima giornata ci ha lasciato infatti con il sorpasso dei biancocelesti grazie al successo esagerato contro l’Empoli, a discapito dei cugini romanisti che non sono riusciti ad andare oltre l’1-1 in casa del Torino.

Ma non si tratta di una vera e proprio sorpresa. I biancocelesti dopo la sconfitta di misura per 1-0 contro il Genoa hanno iniziato una striscia positiva che dura ormai da 6 partite e che li ha portati a macinare oltre che punti importanti in chiave Europa anche un gioco da prima della classe.

Dopo anni di classifiche difficili, risultati altalenanti e qualificazioni in Europa League per il rotto della cuffia, la squadra del presidente Lotito sembra finalmente aver trovato la quadratura del cerchio.

L’arrivo di mister Pioli ha sicuramente fatto bene all’ ambiente che si è trovato a dover fare i conti con un allenatore di certo non dalla caratura internazionale, ma che nel campionato italiano bazzica ormai da molti anni e che di certo può dire la sua.

Tutto questo unito a giocatori che finalmente riescono a dimostrare il loro spessore e a scommesse del presidente Lotito e del suo uomo di mercato Tare che finalmente stanno dando i risultati sperati.

Ed è così che Marchetti sembra tornato il portiere che entusiasmava i tifosi cagliaritani e che sembrava meritarsi l’appellativo di vice Buffon nella nazionale italiana.

Mauri sembra essere tornato dalla squalifica più decisivo che mai. Klose, dato da molti per finito, persiste nel segnare a raffica. Candreva continua a dimostrare il suo spessore a suon di gol e belle giocate.

Ma ciò che più colpisce di questa Lazio sono sicuramente i nuovi innesti.

Biglia nel nuovo scacchiere tattico di Pioli ha imparato a fare la differenza, sia in fase contenitiva ma anche in quella realizzativa.

De Vrij si sta dimostrando all’altezza del premio ricevuto come miglior difensore degli ultimi mondiali brasiliani e Djordjevic, fino all’infortunio che ne ha portato a una chiusura anticipata della stagione, sicuramente un grandissimo acquisto a parametro zero.

Per non parlare di Danilo Cataldi, centrocampista classe 94’ ma che gioca come fosse un veterano.

Sicuramente vi sarete accorti che all’appello manca qualcuno. Stiamo parlando di Felipe Anderson Pereira Gomes.

Il centrocampista brasiliano, dopo qualche periodo in cui veniva paragonato più che a una fantasma che a un giocatore di pallone, ha finalmente trovato quella fiducia necessaria per farne uscire le grandi potenzialità.

Pagato ben 8,5 milioni di euro nell’estate del 2013 (il terzo acquisto più costoso dell’era Lotito) veniva ormai considerato da molti come un eterno incompiuto. Arrivato sulle rive del Tevere con grandi aspettative (il ragazzo infatti indossava nel Santos la 10 di Pelè) fino a qualche mese fa aveva fatto vedere solamente qualche accenno delle sue grandissime potenzialità.

Una serie di circostanze, come l’infortunio di Candreva e Djordjevic e la non ottimale condizione di Keita Balde lo hanno catapultato in campo da semplice attore a protagonista principale.

Il brasiliano il 21 dicembre mette a segno una grande doppietta e da quel momento ha deciso di non fermarsi più.

Sono infatti ormai 10 le reti segnate, di cui la maggior parte di pregevole fattura, che sommate a un numero enorme di assist lo hanno fatto diventare uno dei giocatori più decisivi del nostro campionato e hanno portato la Lazio a effettuare il tanto sperato sorpasso ai cugini giallorossi.

Il campionato ci mette davanti ancora 8 giornate e ben 24 punti. La lotta per il secondo posto è tutt’altro che chiusa, ma di una cosa siamo certi: questa Lazio sta superando ogni tipo di aspettativa.

Non sappiamo come finirà la bagarre tutta romana per l’accesso diretto in Champions League, in cui solo il Napoli sembra ancora in grado di potersi inserire, possiamo solo continuare a gustarci le poche serate di grande calcio che ci offre il nostro campionato e ammirare i nuovi talenti che fioriscono nella nostra massima serie. E sicuramente quella di sabato tra Juventus e Lazio sarà una di queste.

 

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C’era una volta la Gran Sasso Rugby… http://www.360giornaleluiss.it/cera-una-volta-la-gran-sasso-rugby/ Wed, 18 Mar 2015 08:07:00 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2632 Quella dell’ASD Gran Sasso Rugby è una bellissima storia di sport, tanto da dover esser necessariamente raccontata. Sì, perché è la favola di ragazzi che piano, pazienti e tenaci, ce l’hanno fatta per davvero. Nata nell’ormai lontano 2001 nella piccola Navelli, comune di ben 614 anime in provincia de L’Aquila, conosciuto dai più per la celeberrima

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Quella dell’ASD Gran Sasso Rugby è una bellissima storia di sport, tanto da dover esser necessariamente raccontata. Sì, perché è la favola di ragazzi che piano, pazienti e tenaci, ce l’hanno fatta per davvero. Nata nell’ormai lontano 2001 nella piccola Navelli, comune di ben 614 anime in provincia de L’Aquila, conosciuto dai più per la celeberrima coltivazione del prestigioso zafferano (“l’oro rosso”, per i cultori), la Gran Sasso ha scalato in pochi anni i gironi del rugby made in Italy. Dal 2004 al 2009 il team ha disputato il campionato di serie C e tutti i campionati giovanili di categoria, ottenendo la promozione nel 2012; poco più tardi la squadra, giovane ma già temprata, come le montagne tra le quale si allena, ha vinto il girone 4 del Campionato Nazionale di Serie B e conquistato le finali per la promozione. Ad oggi, la Gran Sasso milita in Serie A, campionato secondo solo a quello d’Eccellenza nel sistema rugbystico nostrano. Un percorso di vittorie, sangue, sconfitte, lacrime –il terremoto del 2009 ha impedito di portare a termine alcuni campionati giovanili ed i seniores hanno lottato duramente per completare la stagione- ma soprattutto gioie infinite e coraggio smisurato, che non poteva esserci raccontato meglio che dal Presidente del team, Loredana Micheli.

Com’è nata l’idea di creare una squadra di rugby? Quattordici anni fa ai professori Anibaldi e Perrotti, che lavoravano fianco a fianco, giorno dopo giorno, presso l’Istituto Comprensivo di Navelli, è venuta in mente l’idea di dar vita ad un punto di aggregazione per i giovani in una zona che ne risultava allora sprovvista. Cosa meglio della palla ovale? E’ dato di fatto che nell’Aquilano il rugby raccoglie ancora innumerevoli fan. Da quella bozza iniziale si sono poi sviluppati tutti i settori giovanili, ed è stato naturale, a quel punto, creare una vera e propria società sportiva. Essendo io cofondatrice della società, ho aderito al progetto da subito: ho avuto la fortuna di seguire il tutto dagli albori fino al raggiungimento della bella realtà odierna. All’epoca il professor Perrotti ricopriva il ruolo di Presidente, ma essendo anche preparatore atletico presso la Federazione Italiana Rugby, ha dovuto passare il testimone, che allora è stato raccolto da me. Svolgo questo compito ormai da sette anni.

Quali sono le problematiche maggiori che un’associazione sportiva simile incontra? Di sicuro la scarsa rendita economica della nostra area fa sì sia difficoltoso il reperimento di fondi, che sono purtroppo necessari. Il capitale umano non manca di certo: i ragazzi desiderosi di giocare sono moltissimi, il territorio è vivace sotto questo punto di vista, ma una squadra come la nostra ha bisogno di molto denaro per organizzare i concentramenti, le trasferte, etc. …

Lei è una donna in un ambiente prettamente maschile. Com’è lavorare tra uomini? Con i ragazzi si ha la possibilità e la fortuna di investire le proprie energie su più fronti, in una costruttiva e continua sfida. Non esistono gelosie, rivalità… La chiave di tutto è il rispetto: una volta che questo fattore è ben consolidato all’interno degli ambienti lavorativi, le cose procedono alla grande, che si lavori con donne o uomini cambia poco, anzi nulla. Alla Gran Sasso in particolare si è ormai creato un rapporto di stima ed affetto reciproco che spero di poter mantenere tale a lungo.

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Il Messi d’Egitto http://www.360giornaleluiss.it/il-messi-degitto/ Mon, 02 Mar 2015 14:24:49 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2294 l 2 Febbraio, alla chiusura del calciomercato invernale, viene ufficializzato il passaggio di Juan Cuadrado al Chelsea di Mourinho. I tifosi viola, già al corrente che questo giorno prima o poi sarebbe arrivato, seppur dispiaciuti, si sono fatti forza incominciando a fantasticare sui nomi dei possibili sostituti che la società gli avrebbe regalato nel mercato

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Il 2 Febbraio, alla chiusura del calciomercato invernale, viene ufficializzato il passaggio di Juan Cuadrado al Chelsea di Mourinho.

I tifosi viola, già al corrente che questo giorno prima o poi sarebbe arrivato, seppur dispiaciuti, si sono fatti forza incominciando a fantasticare sui nomi dei possibili sostituti che la società gli avrebbe regalato nel mercato estivo. Il tesoretto, circa 33 milioni di euro, permetteva di pensare in grande.

Non tutti però all’inizio si sono resi conto o hanno fatto molto caso che, nonostante l’enorme cifra, il Chelsea e la Fiorentina avevano inserito nella trattativa un giovane ragazzo egiziano: Mohamed Salah.

Classe 1992 e cresciuto calcisticamente in Svizzera nel Basilea prima di passare al Chelsea nel 2014, Salah arriva a Firenze in prestito fino al 30 Giugno 2015 con possibilità di rinnovo per un altro anno al costo di un milione di euro e con diritto di riscatto fissato a 15 milioni.

In molti sicuramente già avevano sentito parlare di lui, da tempo infatti, le sue ottime prestazione non erano passate inosservate. Caduto leggermente nel dimenticatoio nell’ultima stagione a causa dello scarso utilizzo che ne ha fatto Mourinho, Salah arriva a Firenze con una voglia di riscatto fuori dal comune ma anche con un grande peso sulle spalle: cercare di far dimenticare Cuadrado, almeno fino al mercato estivo.

Una cosa è certa: mai nessuno avrebbe mai immaginato un inizio così. Sei partite, 4 goal e 1 assist.

Salah esordisce in Serie A nella partita vinta dalla Fiorentina contro l’Atalanta. Il primo goal non si fa attendere ed arriva già nella giornata seguente a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Da qui l’egiziano sembra non volersi fermare. Segna anche l’illusorio vantaggio viola contro il Torino, si ripete in Europa League contro il Tottenham ma soprattutto, segna il goal vittoria di ieri sera a San Siro contro l’Inter, subentrando a Babacar al 40esimo del primo tempo.

Soprannominato il Messi d’Egitto, Mohamed Salah sta stupendo tutti. Un goal ogni 45 minuti è una media goal altissima, difficile da mantenere ma che sembra aver già fatto dimenticare l’addio di Cuadrado.

Si tratta di un giocatore giovanissimo, dalle grandissime doti tecniche e potenzialità. Un mancino formidabile e una classe degna dei migliori giocatori del mondo. Quel che poteva sembrare un semplice rinforzino invernale si sta rivelando un fondamentale innesto per la Fiorentina di Montella che, grazie anche agli arrivi di Diamanti e Giardino, può finalmente tornare a sognare l’Europa che conta.

Non ci rimane altro che aspettare e vedere cosa riuscirà a dimostrare questo ragazzo, sperando che sia in grado di meritarsi il soprannome affibbiatogli (che troppo spesso viene utilizzato a sproposito) e che possa arricchire un campionato che sembra ormai perdere talenti ad ogni sessione di calciomercato.

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200 volte Totò http://www.360giornaleluiss.it/200-volte-toto/ Mon, 24 Nov 2014 06:25:43 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1082 Nell’ ultima giornata di Serie A dove le gerarchie non sono cambiate e di grandi sorprese non ce ne sono state,  c’è una rete che fa particolarmente notizia, non tanto decisiva per il risultato che ha decretato, ma soprattutto per il traguardo che ha permesso di raggiungere al giocatore che l’ha realizzata: 200 reti nella massima

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Nell’ ultima giornata di Serie A dove le gerarchie non sono cambiate e di grandi sorprese non ce ne sono state,  c’è una rete che fa particolarmente notizia, non tanto decisiva per il risultato che ha decretato, ma soprattutto per il traguardo che ha permesso di raggiungere al giocatore che l’ha realizzata: 200 reti nella massima serie.

Per i meno esperti verrebbe facile pensare che l’autore del gol sia il bomber di una delle big del nostro campionato, ma non è propriamente così.

Stiamo parlando infatti di Antonio Di Natale, in arte “Totò”, attaccante dell’Udinese. Non un nome altisonante e blasonato, ma un giocatore che il suo mestiere ha dimostrato ancora una volta  di saperlo fare benissimo.

La statistiche parlano di 200 realizzazioni in 400 partite in Serie A e addirittura 300 gol da professionista. Numeri che permettono a Totò di  arrivare così  a sole 5 lunghezze da Roberto Baggio nella classifica dei bomber più prolifici del nostro campionato, insieme a giocatori che hanno indossato le casacche delle migliori squadre del nostro paese e che hanno fatto la storia della nazionale italiana.

Ma ciò che rende ancora più affascinante questa storia è il fatto che sia stata scritta nei campi di provincia, a lottare giornata dopo giornata non per titoli o coppe, ma per non retrocede o per inseguire il sogno di una qualche storica qualificazione in Europa. Qualsiasi altro giocatore, dotato di questi numeri, avrebbe potuto giocare nei più grandi club di tutto il mondo ma lui no, lui ha preferito diventare una bandiera piuttosto che rimanere uno dei tanti.

Totò infatti, napoletano d’origine, ha trovato la sua dimensione in Friuli e da lì non ha più voluto andare via. Nato calcisticamente nell’Empoli, a partire dal 2004 ha deciso di trasferirsi alla corte della famiglia Pozzo e la scelta si è rivelata più che azzeccata. Qui Di Natale, più che una semplice società, ha trovato una seconda casa. Ambiente fondamentale che gli ha permesso di raggiungere traguardo di aver preso parte a due europei e un mondiale.

Nel corso degli anni le proposte di trasferimento non sono di certo mancate, recentemente anche la Juventus sembrava essere vicino al suo acquisto, ma lui non ha mai nemmeno vacillato. Sentirsi bandiera di una società infatti vale più che calcare i campi della Champions League, sentire di essere parte fondamentale della storia di un club ha più valore di un contratto milionario.

Di giocatori così non ne nascono tutti i giorni e nonostante la non più giovane età, vogliamo ancora tenercelo stretto. Non sappiamo se questo possa essere il suo ultimo campionato, nemmeno lui ha ammesso di saperlo, ma con un rendimento del genere è davvero dura dover appendere le scarpette al chiodo.

Noi continuiamo a gustarcelo e ad aspettare le sue prodezze, a Udine intanto sono pronti per esultare ancora, con un Di Natale del genere nulla è poi così impossibile.

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La favola Sampdoria http://www.360giornaleluiss.it/favola-sampdoria/ Mon, 03 Nov 2014 06:41:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=765 La bellezza del calcio risiede per gran parte nella sua imprevedibilità. Ci sono squadre che a settembre iniziano il campionato con campagne acquisti faraoniche e aspettative ambiziose e altre che, a causa di risorse economiche non elevatissime, sanno che dovranno lottare fino all’ultima giornata per non retrocedere. Ma capita anche, ogni tanto, che l’imponderabilità del

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La bellezza del calcio risiede per gran parte nella sua imprevedibilità.

Ci sono squadre che a settembre iniziano il campionato con campagne acquisti faraoniche e aspettative ambiziose e altre che, a causa di risorse economiche non elevatissime, sanno che dovranno lottare fino all’ultima giornata per non retrocedere.

Ma capita anche, ogni tanto, che l’imponderabilità del calcio ci regali sorprese inaspettate che per gli amanti di questo sport valgono più di cento acquisti milionari.

Questo è il caso delle cosiddette “favole”, squadre che a inizio campionato avrebbero ben poco da chiedere ma che dopo qualche giornata si ritrovano a viaggiare in posizioni di classifica da prime della classe. Squadre compatte, con allenatori condottieri e che fanno del gruppo e della spensieratezza, tipica di chi non ha nulla da perdere, le armi in più per un cammino glorioso.

Nel campionato 2000/2001 toccò al Chievo Verona di Gigi Del Neri. Squadra neopromossa in massima serie e sconosciuta ai molti che con una cavalcata straordinaria e 54 punti in classifica riuscì addirittura nell’impresa di qualificarsi alla Coppa Uefa.

Squadra di sconosciuti e dal budget irrisorio,  tanto compatta e affiatata da dimostrare a tutto il paese che il calcio non è solo soldi e grandi nomi.

Ma la storia va avanti e quest’ anno è il caso della nuova Sampdoria di Massimo Ferrero.

La squadra di Genova, dopo 12 anni sotto la guida della famiglia Garrone, ha cambiato proprietario e forse anche ambizioni.

Sicuramente è un caso diverso da quello del ”Chievo dei miracoli”, la Sampdoria infatti è sicuramente squadra più blasonata ma, visti gli ultimi campionati, merita comunque l’appellativo di  “favola”.

Infatti, dopo anni grigi culminati anche con la retrocessione in serie cadetta nel 2010/2011 e con un incolore dodicesimo posto nella passata stagione, i blucerchiati sembrano finalmente aver trovato la loro dimensione. Guidati da un grande condottiero e uomo di calcio come Sinisa Mihajlovic forse sono arrivati alla giusta quadratura.

Pochi innesti e a basso costo hanno puntellato una squadra che finalmente ha ricominciato a sognare. Di nome illustri non ce ne sono ma al contempo c’è un grande e silenzioso progetto basato sulla valorizzazione dei giovani  (specialmente italiani) coadiuvati da giocatori esperti che la massima serie la conoscono bene. Parliamo di Gabbiadini, Romagnoli, Okaka e degli ormai intramontabili capitani Gastaldello e Palombo.

Ed è così che dopo 10 giornate la Sampdoria si trova al terzo posto in classifica con ben 19 punti, tre in meno della Roma e sei dalla Juventus.

I doriani praticano un calcio semplice e brillante che sta regalando ai calciofili di tutta Italia un motivo in più per guardare cosa succede in queste domeniche d’autunno allo stadio Marassi di Genova.

Una società che sta dimostrano che non è necessario andare a strapagare giocatori all’estero quando di talenti che ti crescono sotto casa nei hai di numerosi e di primissimo livello. Ma si tratta anche di un presidente che, con il suo essere fuori dalle righe, sta insegnando a tutti che il calcio non è solo polemiche e frasi fatte, ma è sopratutto un gioco e uno spettacolo fatto di passionari.

Forse è ancora presto per parlare, come si è solito dire infatti, “ i cavalli si vedono all’arrivo”. Ma ciò che più mi appassiona delle favole è che permettono di sognare a costo zero.

Non ci resta che goderci questo spettacolo e vedere come andrà a finire, ma come ogni favola che si rispetti ci auguriamo un lieto fine, d’altronde poi, l’Europa non è poi così lontana.

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