La favola del Calais

La romantica storia di una squadra di dilettanti, umili e modesti, che arrivano quasi alla fine di un sogno che stava incredibilmente per realizzarsi

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Lo scorso martedì, il Milan ha eliminato dalla Coppa Italia l’Alessandria, una squadra di Lega Pro che era arrivata miracolosamente in semifinale e sognava di compiere un’impresa contro i colossi del calcio italiano. Per quanto apparentemente utopica, l’esperienza dei grigi non sarebbe stata la prima nella storia del calcio, proprio perché già agli albori del nuovo millennio dei dilettanti francesi che militavano nella squadra del Calais hanno compiuto un’opera simile, scrivendo una delle pagine più romantiche ed emozionanti, che hanno dimostrano la bellezza e il fascino dello sport più amato nel mondo, il calcio.

All’estremità nord occidentale della costa francese, sorge una ridente cittadina, famosa per i merletti, che si affaccia sulla Manica guardando aldilà del canale le scogliere bianche inglesi. Stiamo parlando della città di Calais, rappresentata dall’omonima squadra calcistica che milita nelle serie dilettantistiche francesi. Nell’estate del 1999 decise di iscriversi alla Coppa di Francia, allora aperta a tutte le squadre professionistiche e dilettanti di tutta la nazione. Era una squadra formata da persone che integravano il loro stipendio da impiegati, giardinieri e altri mestieri ordinari con quello di giocatori di calcio, considerandolo quindi un vero e proprio hobby. Anche la dirigenza era guidata da un presidente che lavorava come parrucchiere, e la squadra era allenata da un geometra, Ladislas Lozano.

Alla Coppa di Francia si accedeva attraverso un turno eliminatorio ad esclusione diretta, e il Calais immediatamente passò alla selezione per la coppa dopo aver vinto 4 a 0 contro degli altri dilettanti il 18 dicembre del ’99. Il 22 gennaio 2000 arrivò finalmente il momento di competere con le squadre di prima e seconda divisione. Infatti l’avversario fu la capolista della seconda divisione, il Lille, che viene superato per 7 a 6 dopo i calci di rigore. Ai sedicesimi gli avversari furono la squadra Langon-Castet FC, battuti per 3 a 0. Dopo 2 partite quindi la porta del Calais era rimasta ancora inviolata.

Nel turno successivo i giallorossi del Calais dovettero affrontare il Cannes, e a causa della ridotta capienza del proprio stadio, la partita si giocò a Boulogne, città limitrofa nello stesso dipartimento, famosa per un assedio degli inglesi durante il ‘500, allora sotto il regno del discusso Enrico VIII, autore della famosa scissione con la chiesa cattolica. Non solo il Calais si trovò di fronte una sfida difficile contro un’altra squadra della seconda divisione francese, ma ad ospitare questa sfida fu la città di cui abbiamo poc’anzi parlato, con la quale non scorre proprio buon sangue. Al termine dei tempi supplementari, il Cannes era in vantaggio, e a 2 minuti dalla fine arrivò il pareggio, che stabilì il risultato sull’1 a 1. Alla fine la vittoria definitiva fu decretata ancora una volta dai calci di rigore sul 4 a 1 finale. A segnare l’ultimo rigore fu il numero 9, che lavorava come magazziniere in un’azienda che vendeva vini e liquori all’ingrosso, e il gol decisivo lo dedicò a sua figlia.

I dilettanti del Calais trovarono ai quarti un avversario di prima divisione, la squadra dello Strasburgo. La superiorità di questi ultimi si notò fin dall’inizio, tanto è vero che furono loro i primi ad andare in vantaggio; il gol rappresentò la molla che fece scattare nei giallorossi la forza di reagire, utile per arrivare al pareggio già nel primo tempo, per poi allo scadere dei primi 45 minuti, ribaltare il risultato e portarsi sul 2 a 1. Il secondo tempo regalò ancora altre emozioni, fino a che l’arbitro non fischiò la fine della gara, decretando la vittoria di Davide contro Golia. Pian piano, a Calais, giustamente, non si parlava d’altro; i miracoli della squadra erano il principale argomento di conversazione nei bar e nelle strade della città portuale sulla Manica. La singolarità di questa squadra era che ogni settimana i suoi giocatori non avevano il tempo di dedicarsi agli allenamenti, perché dovevano occuparsi dei loro mestieri, magari all’interno delle mura degli uffici comunali, o dietro una cornetta come centralinisti.

Il 12 aprile del 2000 era il giorno della semifinale della coppa, e fu probabilmente una giornata che verrà da lì in poi ricordata non solo nella storia del calcio francese, ma nella storia del calcio mondiale. Si giocò a Lens, contro il Bordeaux, campioni di Francia in carica, in cui militavano campioni del mondo deòl 1998, come Cristophe Dugarry. I tempi regolamentari si chiusero sul punteggio di 0 a 0. I giallorossi del Calais erano allo stremo delle loro forze, ma nonostante questo, nel primo tempo supplementare arrivò il gol dell’inaspettato vantaggio. Nel secondo tempo supplementare il Bordeaux reagì e raggiunse il pareggio. Sull’1 a 1 accadde però l’impossibile: i dilettanti travolsero i campioni di Francia, segando prima il 2 a 1, e successivamente il definitivo 3 a 1. Ecco che stava per stava per compiersi un miracolo più unico che raro, i ragazzi del Calais erano in finale.

Il giorno dopo la semifinale, l’allenatore Lozano risentì della grande gioia, e fu portato in ospedale per un problema al cuore. Erano tempi duri anche per l’industria della città, su tutte quella famosissima dei merletti, caratteristica del posto. Gli avversari in finale furono i gialloverdi del Nantes, che aveva eliminato in semifinale il Monaco, la quale porta era difesa dal campione del mondo nel ’98 Fabien Barthez. A questo punto come si fa a non credere nell’ennesimo miracolo dei giallorossi, che furono seguiti direttamente a Parigi da tantissimi tifosi, arrivati prima di altri, che per mancanza di posti o problemi economici furono costretti a seguire la finale in città e a soffrire lontano dai proprio giocatori, che portavano avanti non solo l’orgoglio di una rosa di dilettanti, ma anche lo spirito di rivalsa di una piccola cittadina. Due giorni prima della gara venne imposto il silenzio stampa, e la partita non era facile non solo per gli avversari, ma anche per il contesto. La finale ebbe luogo alle 80 mila persone dello Stade de France, nel quale 2 anni prima la Francia era diventata per la prima volta campione del mondo battendo il Brasile.

La finale si giocò il 7 maggio del 2000. Le aspettative erano alte, visto che ormai tanti verdetti totalmente avversi al Calais erano stati distrutti. Allo stadio si creò una situazione di complicità e di festa tra le due tifoserie. L’emozione dei giocatori giallorossi era percepibile dai soli sguardi, che cercavano le facce di amici e conoscenti nelle tribune per sentirsi a proprio agio. Ad assistere alla partita c’erano anche il presidente francese Jacques Chirac e il massimo rappresentante del calcio francese, Michelle Platini. Nonostante la difficoltà generale, il Calais sembrò affrontare i grandi avversari con il giusto carattere, cercando di evitare l’umiliazione. Incredibilmente al minuto numero 32 del primo tempo, il Calais passa in vantaggio; subito dopo però le fatiche del lavoro si fecero sentire. Nelle partite precedenti il Calais aveva sempre reagito benissimo, sempre nella ripresa e negli ultimi minuti; invece il secondo tempo questa volta era l’occasione per difendere il vantaggio. Al quinto della ripresa il Nantes pareggia, ma nonostante l’assedio dei gialloverdi, si arriva all’89esimo sull’1 a 1. Dopo tanta sofferenza e innumerevoli imprese, il Calais quasi ad un passo da un miracolo che non avrebbe avuto eguali nella storia del calcio, vide l’arbitro, fischiare un calcio di rigore molto discutibile. Il Nantes riuscì così a salvare l’onore del calcio professionistico francese, di fronte alla caparbietà e l’umiltà dei dilettanti del Calais, che avevano piegato e ditrutto pilastri della prima e seconda divisione transalpina, ed erano arrivati quasi ad un passo da una vittoria epocale, che gli avrebbe permesso addirittura di disputare l’anno successivo la Coppa Uefa.

Nella città portuale che si affaccia sulla Manica si tornò così alla vita di sempre, ai lavori di tutti i giorni. Prima, però, giustamente, si festeggiò comunque al ritorno della squadra da Parigi. Questa emozionante e travolgente storia dimostra come dei dilettanti possano insegnare e far inginocchiare anche i grandi professionisti, alcuni arrivati addirittura sul tetto del mondo pochissimi anni prima. Seppure inferiori dal punto di vista tecnico, i calciatori giallorossi del Calais sono stati grandi dal punto di vista umano, e con l’umiltà di persone comuni e nonostante le fatiche dei lavori svolti addirittura di notte, hanno superato squadre di categorie superiori.

Il sogno del Calais non appartiene solo alla piccola cittadina francese, ma rappresenta un possibile riscatto da parte di un calcio che non è sotto l’attenzione mediatica, a causa del basso livello tecnico, ma che comunque sa regalare grandi emozioni. Perché spesso, anche la passione verso una squadra, può o forse deve essere motivata da orgoglio di appartenenza verso la propria città e non solo dal blasone, dai successi e dalla popolarità di essa.