#moda – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png #moda – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Five MInutes Bag: quando moda è sinonimo di praticità http://www.360giornaleluiss.it/five-minutes-bag-moda-sinonimo-praticita/ Wed, 19 Jul 2017 10:54:15 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8719 Estate romana significa anche stand al Riverside Market. Ed è proprio tra questi che, una sera passeggiando con amici, ho trovato quello di Daniela D. Chi mi conosce sa che non sono un’ amante della moda, ma la vitalità e l’entusiasmo di Daniela mi hanno convinta a fermarmi davanti alle sue creazioni, per rimanerne poi del

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Estate romana significa anche stand al Riverside Market. Ed è proprio tra questi che, una sera passeggiando con amici, ho trovato quello di Daniela D. Chi mi conosce sa che non sono un’ amante della moda, ma la vitalità e l’entusiasmo di Daniela mi hanno convinta a fermarmi davanti alle sue creazioni, per rimanerne poi del tutto affascinata. Infatti, le sue Five Minutes Bags, borse che si bloccano sul braccio, coniugando moda e praticità, mi hanno conquistata ed una volta tornata a casa ho iniziato a guardare il suo sito e le sue pagine FB e Instagram, decidendo poi di farle qualche domanda per capire meglio il messaggio che vuole trasmettere con il suo prodotto.

Daniela D. insieme ad una delle sue Five Minutes Bag

Five Minutes Bag: esigenza trasformata in originalità

L’idea Five Minutes Bag nasce circa 2 anni fa, quando, dopo essere diventata mamma, le borse sono diventate un problema, perché tutte, o quasi tutte, erano per me scomode, nonostante io sia da sempre stata una fashion victim, con un debole particolare per questo accessorio. Così ho pensato che avrei desiderato una borsa di tendenza, capiente e comoda allo stesso tempo, capace di contenere l’essenziale ma anche di rimanere ferma, lasciandomi così libera nei movimenti, dal momento che le mie priorità stavano cambiando. Una notte, mi ricordo perfettamente, alle tre mi sono svegliata e ho pensato “devo mettere un elastico sotto il manico”. Così, il giorno dopo, mi metto all’opera, taglio, cucio e do vita alla prima Five Minutes Bag, con ancoraggio comodo. Ne parlo con il mio compagno di vita, che sposa sin da subito il mio progetto… E brevettiamo l’idea!

Un brand tutto italiano

In questa fase le Five Minutes Bags possono essere considerate prodotti sartoriali. Infatti sono interamente fatte a mano, da sarti specializzati, in Italia. Considerando il successo che sta avendo, abbiamo già pianificato diversi incontri con produttori italiani che potranno industrializzare il processo produttivo per soddisfare il numero crescente di richieste.

Nerea, Adelaide, Kendra e le altre

E’ difficile scegliere la mia Five Minutes Bag preferita. Ogni volta che le guardo per decidere quale indossare, le ammiro e le tratto con cura perché per me sono le prime compagne di viaggio. Un viaggio che, nonostante sia iniziato solamente quasi due mesi fa, porta con sé delle neonate di appena un mese pronte per essere vendute al pubblico. Infatti, la vera data di inizio coincide con il debutto dell’attività della mia azienda, il 1 Giugno 2017. Sarà un viaggio lungo e misterioso e non so ancora cosa questo percorso mi riserverà. Sono certa, però, che Aurora, Miranda, Electra, Zoe, Nerea, Adelaide, Kendra e Bianca rimarranno per sempre nel mio cuore. Il primo amore, si sa, non si scorda mai!

Condivisione, ingrediente essenziale per un ottimo traguardo

Nella vita i traguardi più belli sono quelli che si raggiungono quando c’è condivisione. Per la realizzazione di qualsiasi progetto vi è la necessità di essere affiancati da persone che credano in quello che stai facendo quasi quanto te. Per questo mi ritengo molto fortunata, perché tutti i ragazzi che hanno scelto di sposare la filosofia Five Minutes Bags si sono dimostrati straordinari e professionali. Senza di loro non sarei mai potuta arrivare alla realizzazione di quello che oggi potete vedere. Antonio, Andrea, Viviana e Nidi siete unici!

Amore e qualità assicurata

Riflettendo sul concetto di qualità, penso a molteplici caratteristiche. La qualità non è soltanto un buon tessuto, una buona façon o una buona commercializzazione del prodotto. Infatti, oltre a queste caratteristiche imprescindibili per un brand Made in Italy come il nostro, ve ne sono altre essenziali. E’ importante innamorarsi delle proprie creazioni, dando loro calore ed energia positiva: la qualità risiede anche nell’offrire ai nostri clienti un pizzico del nostro “Think Positive!”. Qualità vuol dire anche serenità delle persone che lavorano con me, dal momento che ritengo che la nostra energia arrivi direttamente fino al consumatore finale. Un prodotto nato e cresciuto in armonia ed amore non può che essere il nostro specchio!
Tornando alle caratteristiche più “tradizionali”, sicuramente un’ottima façon, ottimi tessuti, packaging curato e assistenza post vendita con una comunicazione che faccia sentire i nostri clienti parte di noi, indispensabili per completare una macchina vincente!

Una filosofia di vita

La Five Minutes Bag vuole essere proprio questo. Siamo in un periodo storico in cui la donna si sente appesantita, carica di tanti, troppi pensieri: la donna è adesso una mamma in carriera e ha infinite cose da fare. E’ a lei che ci rivolgiamo per donare spensieratezza e per permetterle di percorrere la sua esistenza con più leggerezza. Partendo da questo concetto attuale e reale, penso che si potrà lavorare poi su vari settori. Sicuramente continueremo a produrre borse dell’essenziale con l’ancoraggio rivoluzionario, poi creeremo una linea di abbigliamento e di make up. Tutto incentrato sulla comodità, leggerezza, spensieratezza. La donna Five Minutes è una donna che ama sentirsi alla moda senza rinunciare alla comodità. Il tempo è relativo, qualcuno diceva. Quindi in 5 minuti si può fare di tutto se lo si vuole veramente, soprattutto donarsi del tempo, che credo sia il regalo più prezioso che al giorno d’oggi possiamo farci!

Molto più di una borsa, un concentrato di moda, energia e praticità che faranno sentire le donne perfette in ogni occasione, ma soprattutto in pace con se stesse! Grazie a Daniela D. per averci parlato delle sue creazioni (che potrete ammirare di nuovo dal 24 Luglio al Riverside Market) e in bocca al lupo per il futuro!

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Il diavolo veste python: la moda giovane di Ivano Triolo http://www.360giornaleluiss.it/diavolo-veste-python-la-moda-giovane-ivano-triolo/ Tue, 18 Apr 2017 12:04:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8529 Ivano Triolo è giovane, ambizioso, determinato ma anche misurato, consapevole. Come la sua moda. Trentacinque anni di tratti decisi e mediterranei, di origini siciliane, oggi lanciato stilista d’adozione e formazione milanese, si diploma nel 2009 all’Istituto Marangoni di Milano, e dopo un’indimenticabile esperienza presso la famosa Maison di Luciano Soprani, che gli permette di mettersi

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Ivano Triolo è giovane, ambizioso, determinato ma anche misurato, consapevole.

Come la sua moda.

Trentacinque anni di tratti decisi e mediterranei, di origini siciliane, oggi lanciato stilista d’adozione e formazione milanese, si diploma nel 2009 all’Istituto Marangoni di Milano, e dopo un’indimenticabile esperienza presso la famosa Maison di Luciano Soprani, che gli permette di mettersi direttamente a confronto con la prestigiosa moda degli anni 80, decide finalmente di lanciare un proprio brand.

Ivano Triolo

Ivano Triolo ha 35 anni, vive e lavora a Milano, dove ha ultimato la sua formazione di fashion designer e lanciato il suo brand, vanta origini siciliane e una passione emergente per la fotografia.

Il suo sapiente utilizzo dei pellami in particolare gli permette, con un intreccio minimal di luce e forme regolari, di trasformare l’underground in un evergreen insitamente elegante e ricercato, ma allo stesso tempo inaspettatamente accattivante, provocatorio, rock.

E non è forse un caso se le sue python jackets hanno attirato le attenzioni di alcuni tra i volti più noti del moderno panorama musicale italiano, come Marracash, Emis Killa, Ensi, Fedez e J-Ax, e stiano nel frattempo spopolando come nuovo trend tra i giovani.

Ad Ivano ho scelto di chiedere quali sono i punti forti del Made In Italy, se ce ne sono ancora, e in generale cosa ne pensa dei lati oscuri della moda, dell’utilizzo delle tecnologie e dei social network, dei “modelli” di lifestyle che, più o meno consapevolmente, una casa di moda può ancora finire per dettare.

E poi ero curiosissima di sapere da uno stilista come lui, come si lancia una moda o se, ad esempio ha ancora senso oggi parlare di anticonformismo, alternative, controcorrente, se insomma è ancora possibile vestire, in qualsiasi modo, fuori dagli schemi.

L’Italia è nota a livello internazionale nel settore della moda, casa di grandi firme. Cosa significa lanciare un proprio brand in un contesto come quello attuale, sicuramente molto competitivo?

Il mercato attuale è ultra competitivo, c’è molta concorrenza quindi per poter dire la tua devi sicuramente saperti distinguere proponendo qualcosa di nuovo, di originale affidandoti ad un’ottima strategia di marketing che oggi più che mai è elemento chiave per il successo del proprio business.

 

Come è cambiato il mondo della moda negli ultimi anni?

Il mondo della moda, così come tutti i campi ad esso attinenti, è sempre stato in continua evoluzione e sempre continuerà ad esserlo. Oggi viviamo l’era del digitale a 360°, siamo coinvolti più che mai in una sorta di reality show personale in cui hai la possibilità di far vedere da vicino cosa si cela dietro il prodotto che stai proponendo. La gente è più curiosa, ha voglia di scoprire tutte le fasi creative, e tu devi essere in grado di soddisfarla…sfruttando a pieno le nuove tecnologie che il mercato ci mette a disposizione. I social network sono ad esempio un ottimo trampolino di lancio per ciò che vuoi far conoscere, ma devi sempre stare attento a non allontanarti troppo dai limiti che la professionalità impone. Altro esempio, entrare in contatto con un testimonial: non può far altro che dare più risalto al tuo prodotto, aumentando ancora oggi in maniera esponenziale la possibilità di raggiungere un bacino d’utenza più ampio.

Ecco, a proposito di testimonial, tu hai vestito cantanti noti del panorama musicale italiano come Marracash, The Bloody Beetroots, i Subsonica, che cosa si prova? Credi che sia ancora importante poter fornire dei modelli all’acquirente, che in questo caso è spesso anche molto giovane?

Beh, sicuramente è una bella soddisfazione poter vestire cantanti, artisti noti. Questo soprattutto perché molti di loro sono persone che stimo, che ho avuto il piacere di conoscere. Diciamo in generale che le collaborazioni più interessanti sono sempre quelle che mi permettono di “entrare” nella vita dell’artista…perché mi danno la possibilità di fargli un capo su misura, in grado di trasmettere al pubblico il vero essere del loro idolo. Accentuare l’immagine di un volto noto è importante, il pubblico vuole respirare la sua diversità, quella unicità che lo differenzia dagli altri colleghi…

Ivano Triolo

THE BLOODY BEETROOTS: Mirror black python chiodo jacket + Mirror black python skinny pants – Photo by Enrico Caputo.

Ok. Allora come si lancia una “moda”? O meglio, quali sono, in base alla tua esperienza, le caratteristiche vincenti di un capo d’abbigliamento, che lo rendano cioè appetibile ad un pubblico giovane, diffuso?

Non ci sono delle vere e proprie caratteristiche vincenti. Sicuramente deve trattarsi di un capo originale, diverso…in questo senso, come ti dicevo prima, è sicuramente importante collegare ogni capo ad una studiata campagna di marketing che sia in grado di renderlo unico, desiderabile, iconico.

Sì ma come è possibile nel mercato globale di oggi, che si appoggia prevalentemente a manodopera e a materiale esterni, garantire ancora la qualità di un capo d’abbigliamento? E noi comuni mortali, diciamo, come possiamo riconoscerla?

La risposta è semplice. Basta fare molta ricerca e non lasciarsi “tentare” da una manodopera a prezzi più bassi. Specie per chi fa un prodotto di qualità e Made in Italy, come il mio, è facile entrare in contatto con laboratori e/o fornitori che ti offrono prezzi più bassi, l’importante è valutarli con attenzione. Teniamo conto che è un attimo far crollare l’appeal che circonda un prodotto. L’esperienza è l’unica arma che hai a disposizione per non commettere errori, ma è anche  importante far respirare la qualità del tuo prodotto con una corretta informazione che insegni al consumatore perché un prodotto è davvero migliore di un altro.

Ivano Triolo

SUBSONICA: Black leather sweater; Black leather chiodo jacket; Black leather bomber jacket.

Ultimamente si parla molto dei canoni estetici “distorti” che il mondo della moda e delle sfilate finirebbe per proporre, più o meno consapevolmente, al pubblico femminile. Sei d’accordo con le critiche che la società moderna sta muovendo, responsabilizzando modelle e indossatrici, a volte anche molto note, di fenomeni patologici diffusi come ad esempio l’anoressia?

Questo è un bel guaio. Dovrebbe essere l’abbigliamento a doversi adattare al nostro corpo e non viceversa. Purtroppo in molti casi il corpo umano diventa una sorta di vuota vetrina, utile solo a ciò che si vuole promuovere. Ci si dimentica cioè che è la persona a dover essere valorizzata. Penso comunque che il primo messaggio debba arrivare proprio dalle case di moda più grandi, con una revisione dei propri canoni estetici e magari anche prestando una tutela maggiore verso una categoria di ragazze, spesso minorenni. Ecco, anche la Camera nazionale della moda Italiana, e tutte le corrispondenti associazioni estere, potrebbero farsi promotrici di questo tipo di messaggio data l’importanza e la centralità del ruolo che ricoprono.

Quando disegni un capo a cosa ti ispiri prevalentemente? Come stimoli la tua creatività di fashion designer?

Mi sono sempre definito un disegnatore introspettivo, mi piace ascoltare i pensieri e le sensazioni che un’emozione, che sia negativa o positiva, può trasmettermi e cerco di interpretarla adattandola ad un prodotto con fini commerciali.

Ivano Triolo

WOMENSWEAR: mirror gold python bomber jacket + mirror gold python mini-skirt; MENSWEAR: mirror silver python bomber jacket; MENSWEAR: mirror blu python bomber jacket Mirror blu python shorts – All Photos by Virginia Arcaro.

A volte però certi modelli del passato, ritornano e vengono riproposti in capi d’abbigliamento moderni. A tuo parere perché accade? Succede quando avete finito la creatività?

Assolutamente no, se finisci la creatività puoi chiudere il brand! Penso sia molto stimolante e a tratti piacevole rivisitare i capi del passato, certe epoche non moriranno mai e avranno sempre qualcosa da insegnarci. È importante tener presente che molto spesso si tratta di rivisitazioni in chiave moderna. Personalmente trovo interessante riproporre un capo del passato quasi per rendere omaggio a vere e proprie icone da indossare.

Come stilista italiano in quali paesi stranieri vengono più apprezzati i tuoi lavori?

Il Made in Italy devo dire che è sempre ben visto ovunque lo si proponga, ma negli ultimi tempi sono entrato molto in contatto anche con il mercato asiatico oltre che con i sempre-verdi Stati Uniti. Stiamo parlando pur sempre di una artigianalità, di una creatività, che per quanto possano apparire scontate in Italia, vengono viste con sincero stupore e rispetto in tutto il resto del mondo.

Credi che nel 2017 abbiano ancora senso parole come alternative, anticonformismo, anche nel vestire?

C’è stato un forte cambio di rotta nell’ultimo ventennio. Negli anni 90 c’era voglia di stupire, di sentirsi diversi, di distinguersi. Oggi siamo nell’era dell’omologazione, c’è poca personalità in giro e a pagarne sono tutti quei giovani brand che cercano di emergere e di distinguersi costruendo qualcosa di nuovo.

Grazie Ivano per la tua disponibilità. Una curiosità, sogni nel cassetto? 

I sogni purtroppo sono finiti…ma ho grandi obiettivi!

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H&M lancia la collezione Denim United http://www.360giornaleluiss.it/hm-lancia-la-collezione-denim-united/ Wed, 22 Mar 2017 14:45:24 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8359 Chi di voi non ha visto almeno una volta la celebre foto di Henri Cartier Bresson con la signora anziana che guarda perplessa la ragazza in minigonna? Chissà cosa le passava per la testa in quel momento! Era il 1969 e questo capo, da qualche tempo, era entrato a far parte del guardaroba e della

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Chi di voi non ha visto almeno una volta la celebre foto di Henri Cartier Bresson con la signora anziana che guarda perplessa la ragazza in minigonna? Chissà cosa le passava per la testa in quel momento! Era il 1969 e questo capo, da qualche tempo, era entrato a far parte del guardaroba e della moda di numerose ragazze. In effetti la minigonna fece discutere molto: da un lato segnava il passaggio in un’epoca tutta nuova, dall’altro fu fortemente criticata dal movimento femminista, secondo cui questo indumento rendeva la donna solo un oggetto di attrazione sessuale.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, eppure ciclicamente la moda propone delle rivoluzioni che spesso lasciano un po’ interdette le persone. Pensate ad esempio al push up, o al famosissimo tubino nero indossato dall’incantevole Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany.

In questi anni la moda si è concentrata su un aspetto un po’ diverso, ossia quello delle collezioni unisex, o meglio ungendered, condizionata forse, anche dall’enorme dibattito che c’è stato su questo tema. Le collezioni unisex in effetti non sono una grande novità, eppure negli ultimi tempi questo tipo di abiti hanno assunto un significato tutto nuovo, soprattutto in concomitanza con il grande dibattito sulla teoria gender. E’ evidente infatti che la moda del momento sembra essere sempre più a-gender, si pensi ad esempio a Gucci e le sue ballerine da uomo. Anche le catene più economiche hanno seguito questo filone e Zara nel 2016 ha lanciato la collezione dedicata al “genere fluido”, né maschile, né femminile. Tuttavia le critiche non sono mancate, in quanto molti hanno ritenuto che in questo caso l’azienda non avesse centrato a pieno l’obiettivo, visto che molti capi sembravano essere praticamente della collezione maschile.

Adesso è il turno di H&M. Dal 23 Marzo, on line, sarà disponibile la collezione Denim United, una collezione unisex ed ecosostenibile, che punta ad abbattere i muri di genere. “E’ naturale per noi lanciare una linea unisex dal momento che la moda è in continua evoluzione e oggi osserviamo che non ci sono limiti in termini di stile. La moda deve essere uguale per tutti.” Ha commentato Marybeth Schmitt, portavoce di H&M. Una collezione dove una maxi camicia diventa un vestito, le felpe e i jeans non hanno una silhouette predefinita e si adattano al corpo maschile e femminile. Una nuova rivoluzione è in corso e l’arrivo di queste collezioni anche nelle catene economiche, come Zara e H&M, rappresenta un cambiamento davvero profondo. Che sia il momento di una nuova fotografia?

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Addio signora Franca Sozzani http://www.360giornaleluiss.it/addio-signora-franca-sozzani/ Fri, 23 Dec 2016 15:11:01 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7857 Ieri a Milano si è spenta Franca Sozzani, signora della moda italiana e direttore di Vogue Italia dal 1988. Aveva 66 e una malattia di cui pochissimi erano a conoscenza. Durante l’ultima settimana della moda milanese aveva partecipato solo a poche sfilate ma l’avevamo vista radiante, con la sua inconfondibile chioma botticelliana e gli occhi

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Ieri a Milano si è spenta Franca Sozzani, signora della moda italiana e direttore di Vogue Italia dal 1988. Aveva 66 e una malattia di cui pochissimi erano a conoscenza.

Durante l’ultima settimana della moda milanese aveva partecipato solo a poche sfilate ma l’avevamo vista radiante, con la sua inconfondibile chioma botticelliana e gli occhi azzurri, accanto al figlio Francesco Carrozzini all’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia per la presentazione del documentario “Franca: chaos and creation”. Nel docufilm il Direttore viene ritratto attraverso gli occhi intimi del figlio Francesco, affermato fotografo, il quale in occasione della première aveva affermato: “Quando mio padre è morto, mi sono reso conto che mia madre era tutto quello che mi restava. Volendo istaurare una connessione più profonda, ho girato la telecamera su di lei e l’ho usata come mezzo per esplorare il nostro rapporto, in un modo nuovo, e per dare voce alle domande che non avevo mai fatto prima. Volevo capire le sue scelte personali, avere un accesso privilegiato al mondo della moda attraverso la sua esperienza e condividere i momenti più importanti della sua rivoluzionaria carriera. Questo film, che ho completato in quattro anni, è tanto un testamento alla sua storia, quanto un atto d’amore.”

Parole che oggi, a seguito della sua scomparsa, lasciano un sapore amaro ma fanno anche riflettere, il film è stato definito come una lettera d’amore di un figlio ad una madre e forse al mondo. Una testimonianza suggestiva della personalità di questa donna di estremo talento sempre attenta a proteggere il suo privato. Nel documentario, invece, si racconta e viene raccontata dai suoi colleghi e amici come Karl Lagerfeld, Bruce Weber e il regista Baz Luhrmann.

Franca: chaos and creation rappresenta il suo testamento, probabilmente lei sapeva sarebbe stato presentato al grande pubblico solo post-mortem, e con questo documentario ha voluto farci un regalo permettendo a tutti di conoscere il Direttore non solo attraverso le pagine del suo giornale ma tramite gli occhi amorevoli di un figlio.

La signora Sozzani, durante i suoi 28 alla guida dell’edizione di Vogue Italia ha rivoluzionato il mondo della moda attraverso la sua visione avanguardista e la volontà di spingersi sempre oltre.

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Il Direttore ha realizzato, numero dopo numero, un’eredità fatta di provocazioni visuali, immagini forti finalizzate sempre a lanciare un messaggio chiaro e preciso perché la moda questo fa, quella vera quella di cui la signora Franca era regina assoluta, quella che non ha bisogno di follower su Instagram, la moda che permette di sognare e di riflettere.

È impossibile dimenticare il suo Black issue”, numero del 2008 in cui erano presenti solo modelle di colore, con in copertina Naomi, scattato dall’amatissimo Steven Meisel, oppure il numero del 2011 intitolato Belle vere” con tutte modelle curvy o il più clamoroso il  “Makeover Madness” issue sempre realizzato in collaborazione con Meisel nel luglio 2005 che fece parlare e discutere, foto forti che mostravano una Linda Evangelista sottoporsi a numerosi interventi di chirurgia plastica, tema che in quel periodo stava diventando una vera ossessione per le donne di tutto il mondo.

La Sozzani è stata l’unico direttore a non piegarsi al diktat delle celebrity in copertina, ha protetto il suo Vogue dalla massa, dai cambiamenti mediatici ma non l’ha fatto rimanere nel passato anzi ogni numero era sempre più spinto, più provocatorio e controverso. Per prima ha portato temi come la violenza domestica, le questioni razziali o ambientali in copertina. Ha dedicato la sua vita ad esplorare immaginari differenti, e spesso, tramite i suoi servizi è stata in grado di ridefinire il concetto di bellezza.

In questi giorni tutti hanno omaggiato il direttore, da Giancarlo Giammetti a Pierpaolo Piccioli ma anche Riccardo Tisci e Donatella Versace. Tutti le hanno dedicato una frase, una foto, una lettera anche il direttore di Vogue America Anna Wintour, forse l’unica sua pari. Le due grandi amiche, inoltre sono state nominate direttori delle rispettive edizione nello stesso mese ed anno.

L’editor di Vogue America ha scritto una meravigliosa lettera nella quale racconta della loro amicizia trentennale, descrive Franca come una donna divertente ed intelligente e dedita al suo lavoro.

Infatti nonostante la sua posizione di rilievo sia come editor di Vogue che come direttore di Condè Nast Italia per 28 anni, la signora Franca aveva un animo gentile, sempre disponibile, era una donna straordinaria, con una personalità rara era impavida. Non ha mai smesso di alimentare un’industria da sempre definita frivola e superficiale, con argomenti polemici e coraggiosi. Senza presunzione e arroganza ha dato un peso e un potere internazionale alla rivista come mai nessun altro editor ha mai fatto prima.

Lei era il nostro angelo che vestiva Prada. Addio signora Sozzani.

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Sonia Rykiel, la «Reine du tricot» http://www.360giornaleluiss.it/sonia-rykiel-la-reine-du-tricot/ Tue, 06 Sep 2016 08:00:14 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6913 Che cos’è che distingue un grande stilista, un’icona intramontabile della moda da tutti gli altri? È il riuscire a creare ed incarnare uno stile di vita, un modo di essere, un’identità inconfondibile. Non tutti gli stilisti ci riescono ma si può affermare che tra i pochi nomi di coloro che ce l’hanno fatta c’è senza

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Che cos’è che distingue un grande stilista, un’icona intramontabile della moda da tutti gli altri? È il riuscire a creare ed incarnare uno stile di vita, un modo di essere, un’identità inconfondibile. Non tutti gli stilisti ci riescono ma si può affermare che tra i pochi nomi di coloro che ce l’hanno fatta c’è senza ombra di dubbio Sonia Rykiel.

Nata a Parigi nel 1930, maggiore di cinque sorelle, a 17 anni comincia a lavorare come vetrinista. Sarà però il matrimonio con Sam Rykiel, proprietario di un’elegante boutique, che la porterà a muovere i primi passi da stilista; comincia infatti a realizzare i primi maglioncini, che diventeranno i suoi capi più riconoscibili e famosi, nel 1962 quando, incinta, si accorge di non riuscire a trovare abiti da indossare. Alle clienti della boutique piaceranno moltissimo e Sonia (come ama essere chiamata da tutti) e il marito, accorgendosi del potenziale, decidono di fondare una società. Nel 1968 apre la prima boutique in Rue de Grenelle, sulla Rive Gauche e in pochissimo tempo diventa la stilista del momento. Il suo tessuto preferito è, e sarà sempre, la lana che comincia a trattare come i tessuti più nobili e preziosi, utilizzandola anche per i vestiti da sera; per questo viene soprannominata “la regina del tricot. Inizialmente le sue collezioni sono caratterizzate dal colore nero, che lei stessa indosserà per tutta la vita ma che nelle sue creazioni abbandonerà presto in favore del suo eterno marchio di fabbrica: le righe orizzontali colorate.

È durante gli anni settanta che però la sua filosofia di vita esplode. Grazie alla sempre più crescente consapevolezza e all’affermarsi del femminismo, le donne sposano appieno lo stile di Rykiel che diventa simbolo della Parigi bohémienne: indipendente ma sensuale, chic e comodo, femminile e coraggioso; pantaloni di taglio maschile si abbinano a maglie solcate da ruches o piene di strass. Sonia è convinta che le donne non debbano farsi dire dagli stilisti cosa indossare e sarà proprio lei, nel 1976, a coniare il termine demodé per definire la moda stessa, secondo lei troppo lontana, dalla quotidianità e dalle sue necessità. L’idea che matura in questo periodo caratterizzerà il suo lavoro sempre: la moda come portatrice di gioia e calore. Perfino in passerella le sue modelle sono diverse, Rykiel richiede sempre espressamente che sorridano, siano disinvolte, si girino a guardare il pubblico ai lati, in contrapposizione ovviamente con le rigide e serie modelle che sfilano sulle altre passerelle.

Perfino il suo look diventerà icona; non abbandonerà mai il caschetto con frangetta gonfio in basso (a creare un effetto piramide)rosso fuoco, i suoi abiti neri e i tacchi.

Nel 1995 lascia la guida creativa della casa di moda alla amatissima figlia Nathalie pur rimanendo coinvolta nelle decisioni più importanti. Nel 2012 svela che questa sua decisione era stata causata dalla scoperta di essere malata di Parkinson, causa della sua morte il 25 agosto scorso.

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#laRinascentePeople http://www.360giornaleluiss.it/larinascentepeople/ Fri, 08 Apr 2016 10:17:59 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6281 Ogni luogo è fatto soprattutto dalle persone che lo animano.  E’ questo lo spirito centrale della campagna Spring/Summer 2016 de La Rinascente firmata da Scott Schumann e Jungwoo Kasiq, e l’accoppiata è da sé interessante. Scott Schumann è un fashion blogger americano (The Sartorialist) e fotografo, Jungwoo Kaisq è un pittore, acquerellista; due opposti complementari,

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Ogni luogo è fatto soprattutto dalle persone che lo animano. 

E’ questo lo spirito centrale della campagna Spring/Summer 2016 de La Rinascente firmata da Scott Schumann e Jungwoo Kasiq, e l’accoppiata è da sé interessante.

Scott Schumann è un fashion blogger americano (The Sartorialist) e fotografo, Jungwoo Kaisq è un pittore, acquerellista; due opposti complementari, uno che incarna lo spirito moderno e tecnologico, l’altro che ripete la più antica delle arti figurative. Ma hanno un punto centrale in comune: la riproduzione dell’attimo, nella sua complessità e velocità, nella sua particolarità ed unicità.

#laRinascentePeople ha voluto catturare tutto questo attraverso due arti uniche rendendo protagonista un luogo, La Rinascente, che ogni giorno prende vita grazie alle anime che la frequentano, e lo fa attraverso i loro volti, selezionati in un “Street Casting Fashion Week”.

Il risultato è una campagna che presenta uno sguardo sulla città, le persone che la vivono, i caratteri che animano La Rinascente.

Perché La Rinascente ha una storia che è un pò quella di tutti.

Nati dall’idea dei fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi nel 1865, i grandi magazzini ebbero immediato successo, tanto che già nel 1877 l’attività fu ingrandita e trasferita nella storica sede di Piazza Duomo. E’ il primo esempio di grandi magazzini all’italiana che nel corso degli anni si trasformano e mutano, al passo con il cambiamento dei tempi, delle abitudini, delle persone puntando sull’eleganza dei magazzini, la qualità della merce e la “democraticità” del mercato essendo accessibili non solo alle classi alte ma anche a quelle medio-basse.

Il nome d’autore è opera dell’estro di Gabriele D’Annunzio che la rinomina “la Rinascente” nel 1917, quando fu ricostruita in seguito ad un incendio che la distrusse completamente. Da quell’angolo di Piazza Duomo, e man mano nelle principali città italiane, La Rinascente ha assistito al miracolo italiano diventando il luogo in cui si materializzavano i sogni (e i nuovi bi-sogni) degli italiani, dal frigo agli elettrodomestici, dall’abbigliamento alla cancelleria.

E’ sempre stato un grande ritrovo per gli artisti, ecco perché la campagna Spring/Summer 2016 è perfettamente in linea con lo spirito della compagnia. Traspare un’idea di moda fatta di vita, come un paio di scarpe di cuoio consunte, e ricercata non per il lusso e l’eleganza ma per sé stessi. Le foto di Scott Schumann riprendono le persone in modo naturale e reale, nella loro unica diversità, e poi diventano degli acquerelli grazie alla mano di Jungwoo Kasiq che li plasma assecondando e gestendo  l’imprevedibilità dell’acqua di spargersi e formare macchie.

Il risultato è un lavoro d’arte, di moda, di vita.

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I tempi cambiano, le Barbie pure http://www.360giornaleluiss.it/i-tempi-cambiano-le-barbie-pure/ Sat, 31 Oct 2015 14:29:55 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4877 Barbara Millicent Robert, nota ai più come Barbie, ha 56 anni e non li dimostra: ha conservato il suo vitino a vespa, le gambe lunghe, il nasino all’insù e la chioma bionda, lunga e fluente. Insomma, i tempi sono cambiati ma lei, al di là di tutto, è rimasta quella “bambola dalla vita reale” proprio

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Barbara Millicent Robert, nota ai più come Barbie, ha 56 anni e non li dimostra: ha conservato il suo vitino a vespa, le gambe lunghe, il nasino all’insù e la chioma bionda, lunga e fluente. Insomma, i tempi sono cambiati ma lei, al di là di tutto, è rimasta quella “bambola dalla vita reale” proprio come quando fu presentata a New York il 9 Marzo 1959.

Il padre, Elliot Handler era proprietario della Mattel, un’azienda che produceva mobili per case di bambole; insieme alla moglie Ruth, nel lontano 1956 trascorse le vacanze in Svizzera e, in una vetrina capì chi sarebbe stata sua “figlia”. In quel negozio di Lucerna si vendeva una bambola di nome Lilli, presentata in vetrina abbigliata con sei outfit differenti. Lilli era nata in Germania, qualche anno prima, da un’industria di giocattoli arricchitasi commercializzando, durante gli anni del nazismo, soldatini per bambini. Nonostante fosse una bambola, Lilli si rivolgeva ad un pubblico adulto e rappresentava lo stereotipo di bellezza ariano promosso dal regime ed ancora considerato l’ideale dal tedesco medio degli anni ’50. Ma tutto questo era ignoto ad Elliot Handler che, tornato in America, riproduce questa bambola destinata a diventare un successo senza pari: oltreoceano Lilli diventa Barbara, si spoglia di ogni ideale razziale e sposa ogni stereotipo americano di inizio anni ’60.

Al di là dello stereotipo di femminilità proposto e mai tramontato, le ragioni del successo di Barbie vanno ricercate in psicologia: Barbie è una donna e non un bebè da accudire; si rivolge ai bambini aiutandoli a diventare grandi perché propone il confronto con una madre in miniatura. La genialità della Mattel, che la distingue dal punto di vista socio- antropologico, è far sposare Barbie con un’estetica dell’accessorio. Inizialmente i vestiti servivano per coprire le forme prorompenti ma poi si trasformarono nel pilastro dell’intera operazione: Barbie era la stessa ma a seconda dei contesti cambiava abbigliamento, diventando così simbolo e prodotto della società dei consumi.  Era la giovane bella di Beverly Hills, con un bel fidanzato biondo e abbronzato, Ken, una villa con piscina, camper e chi più ne ha più ne metta.

I ’70 non furono anni d’oro per Barbie, le femministe l’attaccarono in quanto prototipo della donna oggetto. I tempi erano cambiati, e allora Barbie cambiò. I prezzi dei vestiti e delle Barbie si abbassarono, diventando così un prodotto di fascia popolare anziché medio-alta. Il cilente bambino venne fidelizzato: Barbie inizia ad avere la “Bliblioteca”, i “Club” ed inviava la posta personalizzata.

Arrivano gli anni 80, la modernità avanza, e Barbie con essa. Si promuove la parità dei sessi nel campo del lavoro e allora Barbie diventa donna d’affari, astronauta, medico, pompiere. Sono già trascorsi gli anni di Martin Luther King e di “I have dream”, così nasce la Barbie di colore, pronta a rispondere alla parità etnica e alle esigenze di una nuova appetibile fascia di mercato.

Da allora Barbie è stata commercializzata in 60 paesi: è asiatica o indiana ma resta proibita in Iran in quanto portatrice di uno stereotipo eccessivamente occidentale (nonchè priva di hjiab).

E’ stata Drug Queen, J-Lo e la Principessa Vittoria.

Ha avuto la cellulite, i brufoli e le smagliature (modello Lammily , rivisitata da Nickolay Lamm); è diventata Ella, la Barbie senza capelli destinato alle bambine malate di cancro e sottoposte a chemioterapia.

Nel 2013 ha inaugurato una casa in dimensioni reali a Berlino scatenando le proteste del gruppo femminista Femen, su cui ha ironicamente giocato, successivamente, lo stilista Karl Lagerfel nel modello da lui rivisitato.

Si è lasciata con Ken (parodia creata da Greenpeace per denunciare la Mattel circa il suo ruolo rispetto alla deforestazione) e si è aperta un profilo instagram (@barbiestyle) che la ritrae nella sua frenetica vita quotidiana, molto simile a quella di una fashion blogger: dalle Fashion Week fino alle foto dei suoi accessori o di proposte di outfit.

Dati alla mano, Barbie è in crisi di vendite ma non perde lo smalto. Sempre più fashion icon, ben si presta alle incursioni di grandi stilisti da Givenchy a Versace, da Valentino a Fendi e Armani, fino a Benetton che nel 2005 veste le bambine con gli stessi abiti della Barbie e Moschino, che nel 2015 veste le giovani donne con una collezione ispirata a Barbie.

Oggi Barbie punta tutto sull’aspetto psico-sociale della bambola rivisitando i meccanismi dell’immaginario prodotti dai bambini mentre giocano stimolandoli a sognare in grande.

You Can Be Everything: tu puoi diventare tutto ciò che desideri perchè mentre giochi con le tue Barbie immagini ciò che sarai da grande.

“Barbie, the icon”- in mostra dal 28 ottobre al Murdec (Museo delle culture), Milano.

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Gli anni passano… Le Superga restano. http://www.360giornaleluiss.it/gli-anni-passano-le-superga-restano/ Thu, 07 May 2015 09:57:16 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3616 Con l’imminente arrivo dell’estate, il caldo, il sole e le giornate che si allungano rientrano prepotentemente in scena, rendendo i nostri momenti di studio più piacevoli e più facili da sopportare. Tuttavia, questi non sembrano essere gli unici protagonisti che si ripresentano sempre ogni anno, accolti a braccia aperte da tutti. Infatti, come ogni estate

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Con l’imminente arrivo dell’estate, il caldo, il sole e le giornate che si allungano rientrano prepotentemente in scena, rendendo i nostri momenti di studio più piacevoli e più facili da sopportare. Tuttavia, questi non sembrano essere gli unici protagonisti che si ripresentano sempre ogni anno, accolti a braccia aperte da tutti. Infatti, come ogni estate che si rispetti, vestiti e scarpe colorate tornano nuovamente a far parlare di sé.

Fin dall’inizio dell’inverno precedente ci si chiede quale possa essere il colore in voga l’estate successiva o il tipo di scollatura più adatta per le nuove magliette della collezione primavera-estate. Nonostante le mode cambino di anno in anno, sembra però che vi sia sia un paio di scarpe che rimane indiscusso nel tempo: le Superga.
Dal famoso modello 2750 alle ultime platform, è evidente che questo tipo di scarpa non passi mai di moda. La storia di questo paio di scarpe iniziò a Torino il 3 ottobre del 1911, quando Walter Martiny decise che la sua società avrebbe iniziato a produrre scarpe con la sola in gomma vulcanizzata. Questa veniva ricavata attraverso il cosiddetto processo di “vulcanizzazione”, meccanismo del XIX secolo, inventato da Charles Goodyear, che consisteva nel legare chimicamente allo zolfo, mediante riscaldamento, la gomma ricavata dagli oggetti più disparati, come i copertoni delle auto o i giocattoli. Fu così che l’imprenditore dette inizio alla produzione del modello base che sarebbe divenuto tra i più venduti in tutto il mondo.

A partire dal 1934, per diversificare la sua produzione, furono aggiunti altri modelli sportivi o di uso quotidiano. Una scelta interessante fu quella di iniziare la produzione di stivali impermeabili, che furono utili per il lavoro nei campi e nelle risaie di un’Italia il cui sistema economico era prevalentemente agricolo.
Nel 1951 l’impresa fu unita alla Pirelli: questo evento fece aumentare vertiginosamente la produzione, sino ad arrivare alle vendita di ben 12 milioni di scarpe nel 1975.
Fu proprio alla fine degli anni ’70 che grazie al successo ottenuto si decise di lanciare anche la produzione di vestiti: il debutto ufficiale sarà nel 1981.
Sfortunatamente, a causa anche della crisi economica che si verificò in quegli anni, per il marchio Superga si susseguirono momenti difficili che portarono alla scissione dalla Pirelli nel 1993, fino ad essere acquistata poi nel 2007 dalla Basic Net.

Negli ultimi anni, però, la linea di queste scarpe ha ripreso vigore ed è stata spesso associata ad importanti stiliste: nel 2012, per esempio, le gemelle Olsen sono diventate creative directors per il marchio negli U.S.A, mentre dal 2013 è stata lanciata una nuova collezione in collaborazione con Chiara Ferragni.

Infine è sufficiente andare sul sito ufficiale per vedere la grande varietà di modelli e fantasie che offre, sia per adulti che per bambini, ed accorgersi che, anche se le mode cambiano, la semplicità che è alla base di questo marchio rimane la caratteristica essenziale per il suo successo.

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“ArtBonus”: le Majors del cinema internazionale tornano a Roma http://www.360giornaleluiss.it/artbonus-le-majors-del-cinema-internazionale-tornano-a-roma/ Wed, 11 Mar 2015 08:28:39 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1748 Era il lontano 1959 quando il Maestro, Federico Fellini iniziò a girare “La Dolce Vita”, non un semplice film, ma un’opera che incarnava le profonde trasformazioni, economiche e culturali del secolo. Era l’Italia del Dopoguerra, gli anni che definirono e costruirono l’identità dell’alta moda italiana, facendo diventare Roma non più, solo, la “città della politica”

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Era il lontano 1959 quando il Maestro, Federico Fellini iniziò a girare “La Dolce Vita”, non un semplice film, ma un’opera che incarnava le profonde trasformazioni, economiche e culturali del secolo. Era l’Italia del Dopoguerra, gli anni che definirono e costruirono l’identità dell’alta moda italiana, facendo diventare Roma non più, solo, la “città della politica” e del Vaticano, ma la seconda capitale del cinema. Sono gli anni dei “cafè” di Via veneto, dei giornali illustrati, della pubblicità, del boom economico ma soprattutto il periodo che ha riconosciuto all’Italia una centralità che ancora oggi le permette di esportare nel mondo “La grande bellezza”.

Dopo pochi mesi dall’approvazione del decreto “ArtBonus” che ha permesso l’aumento del fondo per le agevolazioni fiscali al cinema, sono stati attratti i primi investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica. Proprio come avvenne nel 1947 quando il Segretario di Stato americano George Marshall annunciò “l’European recovery program” anche noto come il “piano Marshall” che permise all’Italia di avviarsi verso un periodo di rinascita.

Il legame col cinema hollywoodiano si manifestò a Roma, nei famosi studi di Cinecittà, storico stabilimento creato in via Tuscolana nel 1937. Dal 1951 grandi produzioni americane come “Quo vadis?” di Mervyn LeRoy, “Ben Hur” e “Vacanze romane” di William Wyler furono girate nella Capitale. Nacque così l’”Hollywood sul Tevere”, grazie anche a un’apposita legge che non consentiva ai produttori stranieri di esportare i guadagni realizzati in Italia, obbligandoli di fatto a reinvestire in loco. Con “La Dolce vita”, Via Veneto era diventata l’epicentro della mondanità tra chalet e paparazzi si potevano avvistare grandi attori italiani e internazionali: Cary Grant, Marcello Mastroianni, Kirk Douglas, Anita Ekberg, Sophia Loren, Audrey Hepburn e Ava Gardner e molti altri ancora.

Il binomio moda-cinema divenne peculiare, le grandi dive approdavano nella Città Eterna per interpretare schiave e regine, ancelle e imperatrici. Nelle pause dal set, iniziarono a frequentare gli atelier romani, cominciando l’esportazione del “Made in Italy” nel mondo. Nel 1949 Linda Christian si fece confezionare l’abito da sposa dalle sorelle Fontana. Lana Turner e Ingrid Bergman divennero fedeli clienti di Fernanda Gattinoni, mentre Sophia Loren e Gina Lollobrigida preferivano le creazioni fastose di Emilio Schuberth, lo stilista napoletano che contava tra le sue ammiratrici anche Soraya, la bellissima imperatrice moglie dell’ultimo Scià di Persia, Reza Pahlavi.

Quest’anno grandi produzioni internazionali torneranno a essere girate a Roma. In particolare sono in preparazione a Cinecittà il remake di “Ben Hur”, vincitore di 11 Premi Oscar. La casa di produzione Metro Goldwyn Mayer torna con nuova prospettiva sulla storia, rispetto all’edizione del 1959 diretta da William Wyler, con Charlton Heston . La nuova sceneggiatura è firmata da John Ridley, vincitore del premio Oscar, nel 2014, con “Dodici anni schiavo”. Anche “Spectre” il ventiquattresimo capitolo della saga di James Bond, l’agente segreto più affascinante della storia, sarà girato nel cuore di Roma e diretto nuovamente dal regista inglese Sam Mendes. Proprio in questi giorni abbiamo visto la spia di Sua Maestà, con l’iconica Aston Martin DB10, la nuova erede della DB5 di Sean Connery in Goldfinger, alle prese con inseguimenti mozzafiato su via Nomentana. Le altre location individuate dalla casa di produzione sono il Lungotevere, il Colosseo e l’attesa scena madre a Ponte Sisto, uno dei ponti più belli della città, con le sue quattro arcate rivestite di travertino. Qui, Bond sarà paracadutato da un elicottero, con un’entrata spettacolare nella Citta Eterna degna dei miglior film di 007.

Questo interesse e ritorno delle Majors nel Belpaese è dovuto al decreto “ArtBonus”. Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, non ha nascosto la propria soddisfazione per l’ottimo risultato raggiunto: “Le grandi produzioni internazionali sono tornate a Cinecittà portando indotto grazie agli incentivi fiscali più ampi previsti dal decreto ArtBonus (…)- Un risultato straordinario, l’Italia continua ad attrarre e affascinare tutto il mondo del cinema offrendo location uniche nelle città, nei borghi e gli stabilimenti di Cinecittà che, dopo un periodo buio, sono tornati a ospitare produzioni internazionali di grande livello.”

L’appetito degli investitori internazionali è condizionato dall’immagine che l’Italia ha dato di sé. Certo “La Dolce vita” è passata, Via veneto non è più quella di una volta, ma sono certa che ogni dubbio dei potenziali investitori si dissolverà non appena arriveranno a Roma, con la sua atmosfera unica fatta di tramonti e rovine, scopriranno l’arte del nostro Paese, la cultura, il buon gusto, il “Made in Italy”.

Bisogna investire nell’arte come strumento per valorizzare l’eccellenza italiana, con la speranza che queste produzioni cinematografiche riaccendano i riflettori su Roma, reinterpretando il fascino e l’attitudine dell’“Hollywood sul Tevere” con tutti i suoi stimoli creativi e produttivi.

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Il fascino dei gioielli, Gerardo Sacco per AltaRomaModa http://www.360giornaleluiss.it/il-fascino-dei-gioielli-gerardo-sacco-per-altaromamoda/ Fri, 06 Feb 2015 08:47:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1910 Roma indossa l’abito della festa e si prepara a sfilare lungo l’esclusiva passerella di AltaRomaModa, la fashion week capitolina che genera incontri tra le storiche maison italiane e le nuove realtà produttive e creative internazionali. L’appuntamento invernale dal 30 Gennaio al 2 Febbraio 2015, chiude, secondo tradizione, con la ventesima edizione del premio Ago D’oro.

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Roma indossa l’abito della festa e si prepara a sfilare lungo l’esclusiva passerella di AltaRomaModa, la fashion week capitolina che genera incontri tra le storiche maison italiane e le nuove realtà produttive e creative internazionali. L’appuntamento invernale dal 30 Gennaio al 2 Febbraio 2015, chiude, secondo tradizione, con la ventesima edizione del premio Ago D’oro. Quest’anno l’evento, è stato dedicato ai 40 anni della giacca destrutturata che lanciò Giorgio Armani nel lontano 1975 ovvero, come lui stesso la definisce: «rilassata, informale, meno rigorosa, che lascia intuire il corpo e la sua sensualità» .

Protagonista della fashion week, il maestro orafo, orgolio calabrese, Gerando Sacco. Per l’occasione la maison Sacco, con Salvo Esposito, hanno voluto celebrare quest’evento realizzando sui revers, di una giacca vintage Valentino Roma del 2001, la storia del costume tradizionale con 21 charm raffiguranti damine in argento, con gli abiti tipici d’ogni singola regione italiana smaltati a mano. Ancora una volta i grandi eventi di moda e spettacolo chiedono a Gerardo Sacco, di impreziosire con la sua arte i premi, che diventano così delle piccole opere d’arte. Questa volta, è stata realizzata una scultura in argento traforato a mano che riprende la figura di una modella con fra le mani un piccolo ago in oro bianco con una catenella chiusa da un diamante naturale; utilizzabile come spilla o fermacravatta.

Per chi ancora non sia a conoscenza dell’arte elegante e ricercata del maestro, essa la si può individuare nelle sue uniche creazioni. Queste infatti, oltre che nel Complesso del Vittoriano a Roma e all’interno dei Musei Vaticani, trovano spazio in grandi eventi organizzati da diversi Istituti Italiani di Cultura all’Estero, come quelli di Bruxelles, Lisbona, Copenaghen e Madrid. I suoi gioielli hanno esaltato il glamour femminile di grandi star in svariate produzioni cinematografiche, teatrali e televisive, da Liz Taylor a Isabella Rossellini, da Monica Bellucci a Elena Sofia Ricci.

Nella sua formazione persornale, ha recuperato all’interno del suo “laboratorio-bottega” i processi di lavorazione del passato, e si è specializzato in una produzione che affonda le proprie radici nella cultura magno-greca e nella tradizione contadina del Mediterraneo. Nonostante i chiari e meritati succesi, il maestro ha sempre mostrato un profondo attaccamento alla sua terra, unendo alla popolarità mondiale, il servizio prestato per la creazione di opere importanti per le festività popolari calabresi, come la Varia di Palmi, importante festività calabrese patrimonio dell’UNESCO.

Per i più grandi critici di arte, Gerardo Sacco, è un orafo veloce ed estremamente creativo, per i gioiellieri del mio paese Gerardo Sacco è esattamente la stessa cosa. Per la moda Gerardo Sacco è un artista puntuale e preciso, per i gioiellieri del mio paese è esattamente la stessa cosa. Per il mondo le opere di Gerardo Sacco nascono dai giorni di un uomo che ha tradotto le sue esperienze sensoriali in gioielli e monili che raccontano una storia unica per renderla universale. Se chiedeste ai gioiellieri del mio paese, vi risponderebbero esattamente la stessa cosa.

Strano è quando due mondi così divisi e così diversi, la bottega di paese, e le più grandi maison italiane, guardano con occhi diversi ma, vedono allo stesso modo. Quando è l’arte che unisce, allora è l’artista a vincere.

 

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