PIL, CRESCITA O FELICITÀ?

Un’analisi su quanto la ricchezza possa portare alla felicità

    foto articolo kennedy

    “Il PIL misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”

    Con queste parole pronunciate nel 1968 Robert “Bob” Kennedy concluse il suo più celebre discorso, discorso con cui il fratello di JFK illuminò la platea dell’università del Kansas circa le contraddizioni che nascondeva la crescita del Pil americano dopo la seconda guerra mondiale. Kennedy, all’ora fresco vincitore delle primarie del Partito Democratico, infatti si domandava fino a che punto questa ricerca dell’aumento della produzione, questa corsa continua verso il soddisfare bisogni , questa lotta perenne contro tempo e legge del mercato riuscisse a mantenere il suo reale obiettivo ovvero la soddisfazione dell’individuo, la felicità.

    Verso il finire degli anni ’90 un sondaggio cercò – tramite un banale grafico cartesiano – la correlazione tra la felicità media, calcolata tramite una scala di soddisfazione da 1 a 10, e il reddito pro capite. La risultante fu una relazione positiva tra le due variabili con un andamento simile a quello della funzione logaritmo, con un ritorno marginale decrescente, faro di una verità mai professata: superata una certa cifra di reddito, la relazione quasi scompariva, con un coefficiente angolare circa pari a zero.

     

    Si può tuttavia biasimare questo studio, notando come differenti culture possano avere differenti concetti di “felicità”, con paesi cronicamente felici o infelici; per correggere la ricerca si passò quindi all’analisi della variazione di felicità nello stesso paese al passare del tempo. E qui i risultati divennero strabilianti. Prendiamo ad esempio gli USA, una crescita del 60% del PIL pro capite tra il 1975 e il 1996 non venne associato ad alcun cambio nella distribuzione di felicità. Possiamo quindi affermare che il denaro non faccia la felicità? La risposta è no. La porzione di gente “molto felice” è ben più alta in paesi ricchi così come quella di gente “infelice” è ben più bassa. Ma l’evidenza mostra come, superato circa un reddito annuale medio di 20,000 $ tale correlazione quasi scompaia.

    Sono perciò utili quanto veritiere tutte le opinioni comuni riguardo crescita, recessione, sviluppo o siamo noi stessi a crederle e renderle tali?

    Probabilmente un bambino keniota che gioca con un pallone di carta al tramonto e uno statunitense rosso di rabbia per essere appena stato eliminato dall’ultimo gioco online potrebbero dare risposte molto eloquenti in tal senso.