Governo Gentiloni: un primo bilancio

Un primo bilancio del governo Gentiloni e le sue prospettive future

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Sono passati quasi due mesi dal 12 dicembre, giorno di insediamento del governo guidato da Paolo Gentiloni, ed è già possibile delineare un primo parziale bilancio di questa esperienza partendo dall’analisi di alcune linee guida che ne stanno ispirando l’azione.

In primo luogo, a dispetto della forte continuità con il governo precedente, si evidenzia una forte discontinuità nello stile di governo, nella comunicazione e più in generale nella forma.

Dal protagonismo di Matteo Renzi, uomo solo al comando con un’azione dell’esecutivo incentrata sulla sua forte guida, si è tornati a un Primo ministro primus inter pares, una visione più collegiale.

Gentiloni appare come un leader dal profilo più istituzionale, una regia discreta del governo meno appariscente a partire dalla comunicazione, lontano dalla politica degli slogan, delle conferenze stampa show e dai proclami. Il compito al quale è chiamato è diverso, non è quello di premier-segretario di partito che deve dettare la linea politica, ma quello di uomo di governo che deve attuare il programma di governo dettato dalla coalizione (e prima di tutto dal suo stesso partito), oltre che rassicurare i partner nazionali e internazionali, ruolo più riconducibile ai premier della Prima Repubblica. Come alla Prima Repubblica è più vicina la figura discreta, diplomatica che governa la stanza dei bottoni nell’ombra, eclissando la propria figura al tempo dei talk show e dei social network. Emblematico il caso dell’intervento subito poche settimane fa, malore, ricovero in ospedale, operazione e pronto rientro al lavoro con grande riserbo.

Si è parlato di governo fotocopia e della riconferma della quasi totalità della squadra precedente, ma al cambio di stile del premier corrisponde un forte cambio anche nello stile dei singoli ministri.

Azione di governo in concerto vuol dire maggiore attivismo dei titolari dei singoli dicasteri, minore controllo politico e maggiori margini di azione e autonomia, che hanno portato all’emergere di alcune figure. In particolare si ha un grande attivismo da parte di Carlo Calenda, titolare dello Sviluppo Economico, con toni molto forti nelle vicende Alitalia e Dieselgate FCA, di Marco Minniti in tema di sicurezza, antiterrorismo e migranti, Angelino Alfano, nel nuovo ruolo di Ministro degli Esteri e Pier Carlo Padoan, meno adombrato dal premier e più nel ruolo naturale di tecnico autorevole spendendo la sua esperienza internazionale.

Un terzo elemento è quello di un cambio nel discorso e nella tempistica. Il treno in corsa delle riforme, la velocità decisionale del predecessore e la voglia di cambiamento qui e ora sono un lontano ricordo. Regna la calma, la lentezza decisionale fino ad una sensazione di impasse. Attesa di elezioni anticipate o governare fino alla naturale scadenza? L’obiettivo non (troppo) esplicitamente dichiarato è quello di giungere, se non al termine della legislatura con elezioni nel 2018, almeno al prossimo autunno. In questo vengono disattese le aspettative di chi, specie nel fronte del NO uscito trionfante al referendum costituzionale del 4 dicembre (letto come una bocciatura al premier e all’intera azione di governo), invocava un governo di scopo volto alla rapida approvazione di una legge elettorale, necessaria in quanto l’attuale Italicum è previsto per la sola Camera dei Deputati, ed elezioni subito successivamente. Nella situazione di stallo politica pesa il giudizio di costituzionalità della legge elettorale sulla quale la Consulta si è espressa solo il 24 gennaio. La legge elettorale viene modificata (abolizione del ballottaggio e la possibilità di scegliere il collegio d’elezione per i capilista bloccati eletti in più collegi) ma non stravolta, viene confermato il premio di maggioranza e resta solo una necessaria armonizzazione con il c.d. “Consultellum” previsto per il Senato. Indipendentemente dalla decisione della Corte costituzionale, non ha fretta di andare alle urne un PD in ristrutturazione a partire dalla sua segreteria (e in attesa di un congresso), né un centrodestra in macerie che torna ad affidarsi alla guida di Berlusconi (in attesa del giudizio della Corte europea dei diritti dell’uomo contro l’applicazione della legge Severino e la sua decadenza da senatore), entrambi con la paura di un Movimento 5 Stelle primo partito, che potrebbe uscire vincitore dalle elezioni specie in presenza di un eventuale ballottaggio. Il dibattito circa la legge elettorale resta aperto e acceso con uno scontro tra sostenitori di un sistema maggioritario o con forte premio al primo partito e sostenitori di un proporzionale (con una eventuale correzione maggioritaria come il Mattarellum), visioni difficilmente conciliabili che tengono il discorso al momento congelato in attesa della volontà da parte di tutto l’arco politico (e della maggioranza prima di tutto) di intavolare una discussione seria giungendo a un compromesso o con una semplice correzione delle attuali leggi elettorali esistenti per uniformare la disciplina.

Venendo a quanto realizzato in questo breve periodo, in politica interna il governo prosegue il programma dell’esecutivo precedente con l’approvazione dei decreti attuativi della “Buona scuola” e delle unioni civili. Sono stati aggiornati ed approvati i nuovi livelli di assistenza sanitaria fermi da 15 anni ed è stato annunciato un pacchetto di misure per il rilancio del Mezzogiorno. Resta centrale il tema dell’immigrazione con la previsione di un forte aumento nel numero di rimpatri attraverso la riapertura dei centri di identificazione ed espulsione (CIE) in ogni regione ed accordi bilaterali (nella sempre più improbabile percorribilità di una soluzione europea) con i singoli Paesi di provenienza. Da tempo è aperto un dibattito circa una nuova normativa per la regolazione dei voucher (i cittadini saranno chiamati ad esprimersi circa l’eliminazione dello strumento nella prossima primavera) e si attendono misure dal governo. Di primaria importanza è anche la situazione critica del sistema bancario italiano ed in particolare si resta in attesa del decreto salva Mps e di ulteriori misure in materia. Nelle ultime settimane si è aggiunta la richiesta di una risposta rapida che porti a una manovra correttiva della Legge di Stabilità per evitare una procedura di infrazione UE e la delicata situazione della gestione dell’emergenza terremoto e maltempo che ha devastato il centro Italia.

In politica estera, in particolare sul fronte Unione Europea, allo scontro frontale degli ultimi mesi sembrano sostituirsi toni accesi e dispute concitate, in particolare riguardo alla richiesta di una manovra economica correttiva, ma con una maggiore ricerca del compromesso e della mediazione, in linea con lo stile più diplomatico.

I toni restano duri, il premier Gentiloni, durante un vertice sulla cooperazione tra Italia e Germania, ha condannato la presenza di un’“Europa a due velocità: rigida sui bilanci e ampia su questioni fondamentali come quella migratoria. Non possiamo essere solo quattro Paesi a sostenerne il peso”. La contrapposizione tra una rigidità ossessiva in materia economico finanziaria, “sullo zero virgola” e una grande flessibilità nell’imporre e far rispettare politiche su temi cruciali come l’immigrazione a tutti i paesi che compongono l’Unione.

Il Ministro Padoan al World Economic Forum di Davos ha condannato le politiche europee “Il problema dell’Europa è l’Europa. I nostri problemi nascono a Bruxelles e, talvolta, a Francoforte. Dobbiamo rovesciare completamente le politiche perché ora si stanno dando i giusti argomenti per convincere che il populismo ha ragione”.

Ne emerge la necessità di ritrovare un linguaggio comune e una visione in un periodo critico per il futuro dell’Europa, in vista delle prossime elezioni francesi e tedesche, dell’ascesa dei partiti populisti e post-Brexit. La politica europea del nuovo governo è incentrata sul ritorno ai vertici trilaterali e, proseguendo quanto intrapreso da Renzi, al tornare protagonisti in Europa sfruttando anche l’hard Brexit annunciata dal premier inglese May.

Importante è anche il ritorno dell’Italia al rilevante ruolo di membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (per il 2017) che il governo e il ministro Alfano dovranno gestire.

Tra nuovi atteggiamenti, alcune nuove misure, prese di posizione più o meno timide e con un dibattito politico sterile e dominato da speculazioni su terremoto e migranti in cerca di voti più che in concrete proposte sui temi aperti, resta da vedere quali saranno le novità nei prossimi mesi e se si riuscirà ad uscire da una situazione di attesa costante.

Work in progress.