Attacco al Potere: Il 1992 e Mani Pulite

Identikit in 6 punti dell’inchiesta Mani Pulite

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Il 20 Novembre, alle ore 16, in Aula Magna, l’associazione Culturale LEP presenta un evento dal titolo “1992: Attacco al Potere”. Antonio Di Pietro parlerà dello scandalo Tangentopoli, di Mani Pulite e della legislazione anti corruzione. Per arrivare preparati ecco una sintesi dei punti salienti dell’inchiesta e dei suoi risvolti.

L’operazione Mike Papa, rinominata poi Mani Pulite, in meno di tre anni ha cambiato la storia d’Italia, svelando un sistema di corruzione radicata e infliggendo il colpo di grazia alla prima Repubblica. Dai sette milioni di lire della mazzetta del caso Chiesa ai 150 miliardi della maxitangente Enimont, in un anno e mezzo il pool ha raccolto le confessioni su fiumi di soldi girati dalle imprese alla politica, per ottenere in cambio appalti e leggi su misura.

IL POOL

Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Antonio Di Pietro sono i tre magistrati principali del Pool Mani Pulite. Agiscono insieme, guidati dalla sapiente mano del Procuratore Gerardo D’Ambrosio che viglila e coordina il lavoro dei suoi uomini.

Gherardo Colombo aderisce a magistratura democratica, corrente di sinistra. Nel 1980 indaga sul rapimento, o meglio “autosequestro”, di Michele Sindona e sull’assassinio di Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore  delle banche di Sindona. Nel corso delle indagini scopre le liste della loggia massonica segreta P2, la cui pubblicazione nel Maggio 1981 provoca un terremoto politico. Molti documenti trovati in queste indagini avrebbero potuto svelare il sistema di corruzione con diversi anni di anticipo, ma l’inchiesta fu trasferita a Roma. Anche i fondi neri dell’IRI erano la scintilla ideale per l’incendio tangentopoli: ma l’inchiesta fu nuovamente trasferita d’imperio. Nel 92 non vuole partecipare ad altre inchieste totalizzanti, ma, dietro insistenze del procuratore D’Ambrosio, accetta ed entra nel pool.

Piercamillo Davigo, classe 1950, ha alle spalle l’inchiesta Carceri d’oro del costruttore De Mico. Aderisce a Magistratura Indipendente, corrente conservatrice. Si occupa di corruzione anche per il “piano casa” del comune di Milano, che vede per la prima volta indagato, ma poi prosciolto, Salvatore Ligresti. Nel Pool Mani pulite si occupa inizialmente delle indagini su Malpensa 2000. Nei primi mesi stila 130 richeste di autorizzazione a procedere per parlamentari. Grazie alla sua conoscenza dei codici e la sua abilità nel districarsi tra le leggi, si guadagna il soprannome di “Piercavillus”.

Antonio Di Pietro è un solista, resta fuori da correnti organizzate e non partecipa alla vita associativa della magistratura. Condivide con Davigo, oltre che l’anno di nascita, anche l’inchiesta “Carceri d’oro”. Il consiglio giudiziario di Milano riconosce a Di Pietro “eccezionali capacità di lavoro ed intuito fulmineo dei percorsi più rapidi per provocare l’emersione della verità storica”

IL CASO CHIESA

Lunedì 17 Febbraio 1992, ore 17,30. Un imprenditore di 32 anni, Luca Magni, si presenta nell’ufficio di Mario Chiesa, esponente del PSI milanese e presidente del Pio Albergo Trivulzio. Magni è titolare di una piccola impresa di pulizie, e deve consegnare al presidente dell’istituto una tangente di 7 milioni di lire per ottenere un appalto da 140 milioni.

Qualche giorno prima Luca Magni aveva spontaneamente denunciato il giro di tangenti. Ascoltata la sua deposizione, il capitano Zuliani contatta Antonio Di Pietro che a sua volta organizza un blitz per cogliere in flagranza di reato Mario Chiesa.

Alle 18 in punto Mario Chiesa riceve nel suo ufficio Luca Magni che nel taschino della giacca ha una penna microspia e nasconde una telecamera nella valigetta. Dopo aver intascato la mazzetta, il presidente dell’ospizio viene subito intercettato dai carabinieri in borghese. Chiesa capisce di essere caduto in trappola e, in un ultimo disperato tentativo di salvarsi, cerca di liberarsi della tangente gettandola nella tazza del gabinetto. Chiesa non sapeva che la sera prima tutte le banconote erano state segnate da Antonio Di Pietro.

Bettino Craxi, leader del PSI, nega con forza l’esistenza della corruzione a livello nazionale e definisce Mario Chiesa un “mariuolo isolato”, una scheggia impazzita dell’altrimenti integro Partito Socialista.

Nel frattempo dal carcere di San Vittore, Mario Chiesa, messo alle strette da Di Pietro, rivela che il sistema delle tangenti è molto più esteso di quello che si possa immaginare. Secondo le sue dichiarazioni, in tutta Italia, la tangente era diventata una sorta di “tassa”.

E’ questo il primo atto dell’inchiesta comunemente nota come Mani Pulite che porterà alla fine della Prima Repubblica e all’arresto di quasi tutti i suoi principali esponenti.

COSA SUCCESSE DOPO

Nelle elezioni del 1992 la Democrazia Cristiana perse molti voti, ma riuscì a mantenere una leggera maggioranza; l’opposizione, al contrario, guadagnò consensi. Non c’era tuttavia unità fra gli oppositori. Il Parlamento che ne risultò era troppo debole e le elezioni anticipate arrivarono nel 1994.

Nell’Aprile 1992, molti industriali e politici furono arrestati con l’accusa di corruzione. Si venne a creare un clima da caccia alle streghe, teso al punto che un politico confessò immediatamente tutti i propri crimini a due carabinieri che erano arrivati a casa sua, per poi scoprire che erano lì semplicemente per notificargli una multa.

Il 2 Settembre 1992, Sergio Moroni, accusato di corruzione, si uccise e spedì una toccante lettera al Presidente della Camera Giorgio Napolitano. Moroni si dichiarò colpevole, rivelando che i crimini non erano stati commessi per il proprio tornaconto, ma a beneficio del partito e accusando il sistema di finanziamento di tutti i partiti. Bettino Craxi, molto legato a Moroni, si scagliò contro stampa e magistratura denunciando la creazione di un “clima infame”.

Nel 1993, a metà Marzo, fu reso pubblico uno scandalo riguardante l’ENI. Il 20 Luglio dello stesso anno, l’ex-presidente dell’ENI, Gabriele Cagliari, si uccise. Nel frattempo iniziò il processo a Sergio Cusani che era accusato di reati collegati ad una joint venture tra ENI e Montedison, chiamata Enimont. Il processo fu diffuso sulla televisione nazionale, e fu una specie di passerella di personaggi politici. Per quanto Cusani non fosse una figura di primo piano, il fatto che i reati di cui era accusato fossero collegati all’affare Enimont coinvolse come testimoni molti politici di primo piano; le udienze del processo furono trasmesse dalla RAI e seguite con vivo interesse da un pubblico molto numeroso.

Bettino Craxi ammise che il suo partito aveva ricevuto milioni di lire di fondi illegali. La sua difesa, recitata in un celebre discorso in un Parlamento che l’opinione pubblica riteneva ormai delegittimato, fu “lo facevano tutti”.

IL DIPIETRISMO

A Di Pietro era permesso tutto, si avviava a divenire eroe nazionale: partecipò alla festa della Polizia e fu applaudito per due minuti. Gli avevano riverniciato la stanza, aveva quattro scrivanie, tre computer e due poltroncine. Gli giungevano migliaia di lettere da tutt’Italia. Il Corriere della Sera, tra il 7 e il 15 Maggio, lo celebrò questi titoli: «Il pm contadino, quasi un eroe», «La domenica tranquilla dell’eroe», «Il fascino discreto dell’uomo onesto».

Il dipietrismo nacque ufficialmente in Maggio. La prima scritta fu individuata nello stadio di San Siro: «Di Pietro, sei meglio di Pelè». Poi un «Grazie Di Pietro» e poi lo striscione «Di Pietro sindaco». E così via. «La rabbia degli onesti corre sui muri» titolò l’Unità del 10 Maggio. A metà del mese ecco la prima fiaccolata pro Di Pietro con cabaret finale a cura di Lella Costa e di una giovanissima Sabina Guzzanti. Il 30 Maggio, su Italia Uno, Gianfranco Funari nel suo programma «Mezzogiorno italiano» fece partire uno spot con l’immagine di Di Pietro che camminava e una voce di sottofondo che lo incitava: «Vai avanti… vai avanti…». La c.d. “stagione dei suicidi”, la discesa in campo di Berlusconi e le successive numerose indagini a carico di Di Pietro minarono però la fiducia pubblica nei confronti del magistrato.

IL CONFLITTO BERLUSCONI – DI PIETRO

Nel 1994, Silvio Berlusconi entrò impetuosamente in politica e vinse le elezioni. Il 13 Luglio 1994, è il giorno di emanazione del c.d. “decreto Biondi”, che favoriva gli arresti domiciliari nella fase cautelare per la maggior parte dei crimini di corruzione. A seguito di critiche, forse perché il governo non poteva permettersi di essere visto come avversario del popolarissimo pool, il decreto fu ritirato. Cominciò così la “battaglia tra Berlusconi e Di Pietro”. Da una parte le indagini giudiziarie sulle aziende di Berlusconi, dall’altra il governo che mandava ispettori negli uffici dei giudici milanesi, alla disperata ricerca di irregolarità formali. Nessun vincitore: il 6 Dicembre 1994 Di Pietro lasciò la magistratura e due settimane dopo, il 22 Dicembre, il governo si dimise, alla vigilia di un voto di fiducia che avrebbe potuto vedere il parlamento votare contro il primo governo Berlusconi.

Nel 1995 furono avviate molte indagini contro Di Pietro, il quale fu assolto da tutte le accuse. Si scoprì poi che il principale accusatore di Di Pietro, Fabio Salamone, era il fratello di un uomo contro il quale lo stesso Di Pietro aveva sostenuto l’accusa, e che era stato condannato a 18 mesi di carcere per vari reati di corruzione.

Dopo essere stato prosciolto, Di Pietro iniziò la sua carriera politica.

LE CONSEGUENZA DI MANI PULITE

Al di là di valutazioni squisitamente politiche, Gli effetti che Mani Pulite determina sono  dirompenti. Si assiste ad una situazione in cui i personaggi e i partiti che avevano segnato la prima repubblica e che governavano da 40 anni vengono delegittimati e si crea un apparente vuoto politico dentro il quale si affacciano e si affollano figure nuove o seminuove che hanno segnato e continuano a segnare la storia politica italiana.

Se si prova per la prima volta a ricostruire tutti gli esiti processuali degli indagati di Mani pulite, si riesce a dare nome, cognome, stato del processo ed ultimo esito al destino giudiziario di 2565 persone indagate in questi anni dai pm del pool (Di Pietro, Colombo, Davigo, Greco e, per la parte loro affidata da un certo momento in poi, Boccassini, Ielo e Ramondini): 1408 di esse hanno patteggiato o sono stati condannati. Mani Pulite è dunque un’inchiesta che ha segnato come pochi altri la storia della Repubblica Italiana.

Il 20 Novembre, ospite di LEP, Antonio Di Pietro racconterà agli studenti la sua versione del processo, i risvolti politici e legali dell’inchiesta che ha scoperchiato il vaso di Pandora della corruzione italiana.