vita – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png vita – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Esternare http://www.360giornaleluiss.it/esternare/ Sun, 26 Nov 2017 08:51:13 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9049 A volte le emozioni sono così tante che diventa difficile gestirle. Difficile ci sembra all’improvviso far prevalere quella più positiva, scacciando via segni negativi che vogliono far tramontare il sole sul nostro giorno un po’ troppo presto anche per una fredda giornata invernale. In realtà, dentro di noi sappiamo esattamente cosa dovremmo provare, quale dovrebbe

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A volte le emozioni sono così tante che diventa difficile gestirle. Difficile ci sembra all’improvviso far prevalere quella più positiva, scacciando via segni negativi che vogliono far tramontare il sole sul nostro giorno un po’ troppo presto anche per una fredda giornata invernale.

In realtà, dentro di noi sappiamo esattamente cosa dovremmo provare, quale dovrebbe essere l’emozione a dover dominare. E non necessariamente deve essere quella positiva, anche se ci speriamo fino all’ultimo che sia così. Ed è allora che un’emozione strana inizia a prevalere, una che probabilmente abbiamo abbandonato da piccoli per cose altrettanto piccole ed abbracciato da grandi per cose troppo grandi. La paura.

Capace di insinuarsi dentro l’animo lentamente e viscidamente come un serpente, la paura si avvolge in larghe spirali intorno al nostro corpo e solo quando inizia a stringersi il nostro respiro si mozza sempre un po’ in più, sempre più spesso. Fino a che sembra mancarci.

Ci sono due possibilità: o abbiamo troppe emozioni che ci sembra non esser capaci di gestire, o non ne stiamo provando proprio nessuna. E credetemi, fa molta ma molta più paura la seconda. Perché le emozioni ci rendono (maledettamente) umani, (maledettamente) capaci di vivere questa vita in modo vero, senza maschere.

Addirittura, capita di fare confusione tra il non star provando emozioni e l’averne troppe contemporaneamente. Ed in quell’istante è tutto così paradossale e assurdo che il mondo sembra estraneo, tutto si muove più lentamente e il sorriso è cosi forzato da potersi rompere in mille pezzi come un mosaico (pur sempre ordinato, ma in tanti minuscoli pezzi). Allora meglio nascondersi e correre ai ripari, al riparo da un me stesso che non riconosco e che non voglio riconoscere.

Eppure, appena ci nascondiamo nel nostro angolo prediletto, quello in cui riusciamo a vedere esclusivamente il muro davanti a noi e nient’altro, gli occhi si spalancano. No, le mie emozioni non sono morte. Sono vive, vive come me. Vive quanto me, esattamente quanto me. Il problema era che ci eravamo fatti sopraffare. Troppe, tutte insieme. Pensieri, mille pensieri che non ci rendono capaci di goderci dei momenti nel modo giusto. La paura si stringe intorno a noi in maniera così sottile e studiata da coglierci non solo impreparati, ma anche molto molto vulnerabili.

Ma è quando guardiamo con gli occhi spalancati quel muro liscio e bianco, familiare e rincuorante che siamo capaci di distinguere. Fare una cernita tra tutti quei battiti che stiamo provando: quella sì, era preoccupazione, l’altra ansia, un pizzico di eccitazione, un cucchiaio di tensione per il futuro, tanta tanta felicità e mezzo cucchiaino da tè di dispiacere.

Il passo successivo è scegliere: quale voglio far prevalere? Ed allora, tornando indietro a piccoli passi come Pollicino con le sue minuscole molliche di pane, ci ricordiamo di quel pensiero che ci era scattato in mente come una molla prima che la paura iniziasse a stringersi troppo: sapevamo esattamente cosa volevamo provare, qual era l’emozione giusta, quella naturale. Proprio quella lì dobbiamo lasciar andare, dobbiamo far sprigionare: che sia essa estrema felicità o abissata tristezza, riso di gioia o pianto disperato. Esternare. Senza più paura.

E se pure ci dovesse essere un 50 e 50, uno spareggio tra due di quelle tante emozioni, fate sì che vengano fuori insieme: proprio come deve essere. Vi ritroverete a piangere di gioia con un pizzico di malinconia e sorridere davanti a fotografie poggiate sulla scrivania che prima sembravano solo arredamento. La vita è così, (im)perfetta. Prendere o lasciare. Io ho deciso di prendere, più che posso.

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Per cosa vuoi soffrire? http://www.360giornaleluiss.it/cosa-vuoi-soffrire/ Wed, 25 Oct 2017 13:49:33 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8979 Per cosa vuoi soffrire nella vita? No, davvero. Te lo sei mai chiesto?   Non è proprio una domanda comune. Eppure credo che sia importante. Vedi, ma sicuramente te ne sarai accorto, ci sono momenti in cui la vita sembra voltarti le spalle; momenti in cui di spalle sulle quali appoggiarti non ce ne sono;

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Per cosa vuoi soffrire nella vita?

No, davvero. Te lo sei mai chiesto?

 

Non è proprio una domanda comune. Eppure credo che sia importante.

Vedi, ma sicuramente te ne sarai accorto, ci sono momenti in cui la vita sembra voltarti le spalle; momenti in cui di spalle sulle quali appoggiarti non ce ne sono; momenti in cui, sempre sulle tue spalle, sembra gravare tutto il peso del mondo.

Ed è così che deve andare.

 

Senza “momenti no” non esisterebbero attimi felici. O meglio, non potremmo rendercene conto. Ogni cosa esiste perché esiste il suo contrario. Sta a te saper apprezzare il bello e il cattivo tempo. Sta a te goderti lo spiraglio di sole; sta a te imparare ad amare la tempesta, ballandoci dentro.

 

Allora, perché chiedersi per cosa soffrire?

Perché deve valerne la pena. Perché, per te, deve essere importante. Perché, altrimenti, sarebbe un dolore del tutto inutile.

 

Scegli con cura la tua sofferenza. Abbi cura di capire per cosa vale la pena lottare e quanto impegno dedicare a ciò che vuoi davvero. La tua resilienza alla sofferenza e agli avvenimenti della tua vita è ciò che ti definisce più di ogni cosa. Il modo in cui affronti tutti gli ostacoli la dice lunga su come, alla fine, arriverai al traguardo. E questo traguardo è solo tuo. Quindi sceglilo bene.

 

Per avere qualcosa, qualsiasi cosa, bisogna esser testardi e stringere i denti. Sembra semplice e lo è, in un certo senso.

Impegno. Disciplina. Sacrifico. Niente di più.

Ma è tutt’altro che facile.

 

Scegli bene per cosa versare le tue lacrime.

Scegli bene per cosa passare notti insonni e giornate intense.

Scegli bene per cosa dedicare anima e sangue.

 

Per cosa il tuo tempo è prezioso lo sai solo tu. Quindi fai la scelta giusta.

 

Nel lungo percorso della nostra esistenza, la strada che percorriamo è disseminata di buche e difficoltà. Deviazioni. Interruzioni. Ponti malconci e scricchiolanti.

Troverai ai bivi persone che penseranno di poter scegliere al posto tuo, dicendoti quale strada prendere. Ignora e lascia stare. Tu prosegui. Questa gente è in realtà senza meta, perché chi ha scelto la sua strada non ha tempo per fermarsi.

 

Quindi vai.

Vai ovunque tu voglia.

Scegli bene la tua strada.

Scegli bene i tuoi ostacoli.

Scegli bene per cosa soffrire.

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Paralisi http://www.360giornaleluiss.it/paralisi/ Sun, 24 Sep 2017 15:55:30 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8867 La sensazione è la stessa di qualche giorno fa. La stessa di qualche settimana, forse mese, se non di qualche anno fa. Ma forse poco importa. Poco importa il tempo nel momento in cui ho solamente un paio d’occhi coperti di nebbia. Come se l’aria che in questo momento sto respirando, si fosse resa densa.

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La sensazione è la stessa di qualche giorno fa. La stessa di qualche settimana, forse mese, se non di qualche anno fa. Ma forse poco importa.

Poco importa il tempo nel momento in cui ho solamente un paio d’occhi coperti di nebbia. Come se l’aria che in questo momento sto respirando, si fosse resa densa. Posso toccare granelli di ossigeno con delle mani dissolte nei secondi che scorrono, posso afferrare manciate di sabbia trasportata dal vento, in questo deserto di sospiri.

La sensazione è la stessa dell’ultima volta in cui piansi, eccezion fatta per le lacrime, che non scendono più. È quella situazione in cui un nodo alla gola sembra carpire le vocali dalle frasi, le consonanti dalle parole, i polmoni dal mio petto. È quell’emozione che si prova nel momento in cui lo sguardo si fa meno nitido, e spostatosi dal paesaggio azzurro del cielo, cade in basso atterrito a fissare l’asfalto sotto i miei piedi, ad uno stato quasi liquido da poterci annegare.
Osservo a pochi centimetri, intorno al mio campo visivo e non vedo altro che radure spinose di edifici abbandonati. Una ringhiera divide la strada sotto la suola delle mie scarpe e un bosco verde, rigoglioso di dubbi e domande.

Io sono lì, lì nel mezzo ad attendere qualche caro amico che possa passarmi un testimone. Ma quanto tempo è passato? Sono io, sono proprio io ad essermi congelato in me stesso? Paralizzato, come in un sogno lucido, cerco di dimenarmi, per avvicinarmi alla ringhiera, ma il corpo non risponde. Ho perso ogni briciolo di mentalità, di capacità, ho perso la voglia di creare, di poter inventare una scorciatoia, fuggire.

Incomincio a gridare, ma la voce si fa fioca, le palpebre affievoliscono, ed una folata di vento spettina i miei capelli. Immagino me stesso in piedi, sotto un sole cocente, uno sfondo western, una sfida tra me e la vita. Gocce di sudore cocenti grondano dalla fronte, raggiungono labbra

Chiudo gli occhi. Muovo una gamba ed il piede avanza in queste sabbie mobili d’acciaio. L’aria è pesante come il cemento. Decido di non mollare, ma non riesco. Non riesco a reagire. Ed è lì che il piede affonda. Cado per terra, ed atterrito innalzo gli occhi al cielo, per una pietà irraggiungibile. Inizio a vedere le sagome di chi ho abbandonato, pensando di poter riuscire, con le mie forze, a raggiungere quel bosco di quesiti immobili.

Mentre annego sorrido, fingendo di poter piangere, guardando un’ultima volta quel manto reso nebbioso semplicemente da uno spiraglio di scelte sbagliate. Ma sorrido. Sorrido finché l’asfalto non abbia finito completamente di ingoiare le mie risate, perché la paralisi, ormai finita, porta via con sé la pesantezza di questi respiri.
E naufragando, inizio ad accettare questa voglia di poter ricominciare da capo. Di poter sbagliare di meno, di poter dire la cosa al momento giusto, per non masticare più amaro, ma dolce. La sensazione è diversa. Ho un corpo che cambia, una mente che cambia.

Getto fuori l’ultimo respiro chiudendo gli occhi, e riaprendoli intravedo la via giusta. Il sentimento è diverso, l’emozione è cambiata, e per quanto questo possa essere sempre l’io che conoscevo, sono pronto al cambiamento che ho voluto.
A ciò in cui mai ho creduto. A ciò in cui ho sempre sperato.
Perché è da zero. Perché è da qui che io ora voglio ricominciare.

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La Famiglia o la Vita http://www.360giornaleluiss.it/la-famiglia-o-la-vita/ Tue, 11 Apr 2017 06:55:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8506 Tra i tanti casi di cronaca oggi voglio parlare di cinque, tutti accaduti nel giro degli ultimi sette giorni, che sono la dimostrazione non solo di come la violenza sulle donne nel mondo arabo sia ormai un luogo comune, ma anche la chiara prova che finalmente qualcuno sta iniziando ad alzare la voce, a voler

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Tra i tanti casi di cronaca oggi voglio parlare di cinque, tutti accaduti nel giro degli ultimi sette giorni, che sono la dimostrazione non solo di come la violenza sulle donne nel mondo arabo sia ormai un luogo comune, ma anche la chiara prova che finalmente qualcuno sta iniziando ad alzare la voce, a voler combattere. Probabilmente si sentiranno come tenui focolari in aperta campagna, le quali luci soffuse vengono viste da pochi, ma la realtà è che qualcuno le ha viste e, grazie a questo, altre hanno avuto il coraggio di accendersi e brillare, riportando alla luce in pochissimi giorni un fenomeno del quale in pochi si preoccupano veramente, ma che con i crescenti flussi di immigrazione dovrebbe rappresentare uno dei punti di maggior interesse di chi si occupa di integrazione.
Sono dunque “le fantastiche cinque” di Aprile a riportare in luce il fenomeno della violenza contro le donne nella cultura musulmana. I giornali non ci forniscono i loro nomi, forse per proteggerle, ma ad identificarle non serve il nome, basta l’atto di coraggio che ognuna di loro ha voluto perpetrare per assicurarsi una vita migliore.
La prima, in ordine cronologico, è la quattordicenne di Bologna, che il 31 Marzo scorso arrivò a scuola in lacrime e senza capelli. Raccontò agli insegnanti – primi a dare l’allarme – che fu la madre stessa a rasarla a zero per punirla per il suo stile di vita e le sue amicizie. Lei, come anche le sue sorelle, sono state affidate ai servizi sociali, mentre gli inquirenti cercano di far luce sulla vicenda. La stessa sorte è toccata alla sedicenne di Pavia, che già da Febbraio mandava segnali di richiesta di aiuto per aver ricevuto ripetute percosse dai familiari. Anche in questo caso, la ragazza conduceva uno stile di vita “troppo occidentale e promiscuo” secondo i familiari e, per questo, si sarebbe meritata le violenze fisiche ricevute per mano non solo del padre supportato dalla madre, ma anche dal fratello maggiore. Dopo mesi di attesa, è stata finalmente affidata ai servizi sociali mentre la polizia, ancora una volta, tenta di far luce su questi avvenimenti riguardo ai quali i genitori si dichiarano innocenti: essi infatti riportano di aver messo in punizione la figlia per via delle sue attitudini, ma di non averle inflitto alcuna violenza fisica.
Gli ultimi due casi, cronologicamente parlando, accadono lo stesso giorno – il 9 Aprile – rispettivamente in provincia di Vicenza e Napoli. Nel vicentino, a diventare carnefice è il padre di una ragazzina di 15 anni, che si è presentata a scuola piena di lividi e tumefazioni. Ad intervenire sono stati gli insegnanti che hanno poi chiamato i servizi sociali per assicurare un intervento immediato. Anche lei, come altre, si rifiutava di mettere il velo per andare a scuola e per questo è stata punita. Il caso nel napoletano vede invece coinvolta una ventottenne sposata e con figli, che però minacciava il marito di divorzio e che non voleva più indossare il velo. La ragazza è stata picchiata e chiusa nel bagno di casa così che non potesse chiedere aiuto; solo dopo esser riuscita a fuggire ha potuto attirare l’attenzione di alcuni vicini che hanno chiamato la polizia.
E giungo ora a quello che è per me il più raccapricciante tra tutti questi casi: quello del tentato suicidio di una quindicenne a Torino, che avrebbe preferito la morte piuttosto che darsi in sposa ad uno sconosciuto molto più vecchio di lei. La ragazzina ha infatti tentato di togliersi la vita e, solo cosi facendo, è riuscita a richiamare su di sé le attenzioni delle autorità che sono riuscite a risalire ai motivi di un gesto così avventato. Anche lei ora vive in una comunità protetta, e come tutte le altre è stata tolta alla sua famiglia perché possa vivere in pace.
In meno di sette giorni, sono cinque i casi di violenza fisica e mentale perpetrate da uomini autoritari su ragazzine o donne e riportati dai giornali, cinque di una lunga serie; ma queste vicende, se osservate dal giusto punto di vista, ci dovrebbero donare prima di tutto speranza. Sì perché questi casi esistono da anni, che se ne parli o no, ogni giorno migliaia di donne vengono picchiate da mariti, fratelli o padri perché vogliono vivere una vita diversa da quella che viene loro imposta, ma la novità è che finalmente qualcuno ha trovato il coraggio di parlare e, ancora più significativa, è la tempestiva risposta delle forze dell’ordine, che sicuramente darà coraggio ad altre voci di poter riportare gli abusi subiti sentendosi finalmente protette da uno Stato e da una società che vogliono sentire come “loro”.
Ognuna di questo donne ha dovuto scegliere tra “La Famiglia” e “La Vita”, e ognuna di loro ha scelto di vivere, ma non sempre va a finire così, non sempre si ha il coraggio di lanciare un urlo, anche sommesso, per provare a salvarsi, ma soprattutto non sempre si trova qualcuno disposto ad ascoltarci. Credo che le storie di queste donne possano fungere da torcia che illumina il sentiero per molte altre, ed è nostro compito come cittadini, come donne, come uomini, e come esseri umani, ascoltare le loro grida e illuminare loro il sentiero.

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Stephen Hawking, quando la mente supera il corpo http://www.360giornaleluiss.it/stephen-hawking-quando-la-mente-supera-il-corpo/ Mon, 16 Feb 2015 08:49:56 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2010 E’ l’8 Gennaio del 1942 quando, ad Oxford, nasce uno dei più importanti matematici, fisici, cosmologi ed astrofisici di tutto il mondo: Stephen Hawking. Uomo famoso senza dubbio per le sue teorie, per la sua intelligenza e bravura tali da essere accostato a figure ingenti quali Albert Einstain ed Isaac Newton, la sua figura viene

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E’ l’8 Gennaio del 1942 quando, ad Oxford, nasce uno dei più importanti matematici, fisici, cosmologi ed astrofisici di tutto il mondo: Stephen Hawking.
Uomo famoso senza dubbio per le sue teorie, per la sua intelligenza e bravura tali da essere accostato a figure ingenti quali Albert Einstain ed Isaac Newton, la sua figura viene però presa anche come esempio di vita. Affetto, infatti, da una malattia degenerativa dei motoneuroni, che ne compromette la contrazione muscolare, ha continuato a lavorare, cercando di dare un enorme contributo alla scienza.
Erano gli anni del college quando Hawking iniziò ad avere i primi problemi muscolari: le mani gli iniziarono a tremare e cominciò ad avere difficoltà a camminare. I dottori gli predissero due anni di vita.
Stephen tuttavia riuscì a superare questo fulmine a ciel sereno grazie anche all’appoggio della sua ragazza, Jane Wilde, conosciuta ad una festa del college. Grazie a lei, come Howking ha dichiarato, trovò la ragione di vivere e di dare un senso alla vita, nonostante la malattia. Conseguì la laurea in fisica e nel 1965 la sposò: lei diverrà la sua moglie, la sua infermiera ma anche la madre dei loro tre figli.
Proveranno, come Jane stessa ha dichiarato nel libro da lei scritto Travelling to Infinity: my life with Stephen (dal quale è stato tratto il film La teoria del tutto, 2014), a condurre una vita come tutte le famiglie, cercando di combattere l‘atrofia muscolare, i medici e tutte le difficoltà legate alla malattia.
Dopo pochi anni Stephen è costretto a stare in carrozzina. Prove difficili da superare che però non arrestano la sua ricerca. Uno dei suoi principali oggetti di studio è il tempo, collegato all’origine dell’universo e alle teorie sui buchi neri, sul quale pubblicherà un libro, nel 1988, dal titolo Dal Big Bang ai buchi neri. Nel 1976 diviene titolare della cattedra di Matematica dell’Università di Cambridge, ruolo detenuto precedentemente anche da Isaac Newton. A metà degli anni ’80, a causa di una polmonite, è sottoposto ad una tracheotomia che gli toglie una delle ultime armi fisiche che aveva a disposizione: la voce. Sono anni sempre più difficili, dove la mente dello scienziato è ingabbiata in un corpo infermo.

La sua voce adesso è trasmessa da una macchina elettronica che legge ciò che egli scrive. Mentre le sue condizioni di salute peggiorano costantemente, la fama dello scienziato cresce sempre di più, viene chiamato a tenere conferenze in tutto il mondo ed è insignito di alti riconoscimenti, tra i quali il titolo di Cavaliere dell’Ordine Britannico (che rifiuterà). Nel 1990 avviene però la separazione dalla moglie, ma nel 1995 sposa Eliane Mason, che era stata a lungo sua infermiera e dalla quale si separerà qualche anno dopo. Nonostante questo, ha continuato ad avere un rapporto di amicizia con Jane, alla quale riconosce il merito di aver contribuito a rendere la sua vita straordinaria, credendo per prima nelle idee del marito.

L’esistenza di quest’uomo è infatti la testimonianza vivente che la mente può andare oltre il corpo, superare ogni confine e dimostrare come l’unica cosa che conta sia la volontà di portare avanti ciò che si ama e ciò in cui si crede.

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Odore di caffè, la vita in una mattina http://www.360giornaleluiss.it/odore-caffe/ Sat, 15 Nov 2014 09:02:14 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=962 Una leggera sfumatura bianca, una raggio di luce sbavata dalla serranda. Ci si alza, ci si stiracchia un po’. Un bel caffè, quell’odore pungente di caffeina che sembra abbracciarci, avvolgerci pur senza abbandonarci come la sostanza, ma deciso a restare in camera con noi, facendo compagnia a quella tazzina che non abbiamo voglia di riportare

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Una leggera sfumatura bianca, una raggio di luce sbavata dalla serranda. Ci si alza, ci si stiracchia un po’. Un bel caffè, quell’odore pungente di caffeina che sembra abbracciarci, avvolgerci pur senza abbandonarci come la sostanza, ma deciso a restare in camera con noi, facendo compagnia a quella tazzina che non abbiamo voglia di riportare in cucina. Ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo, si pascola un po’ per la casa, si mettono in ordine i vestiti e le cianfrusaglie della sera prima quando, stanchi e assonnati, abbiamo sparpagliato tutto, come se non ci fosse un domani. Si apre la finestra, ventate di aria fresca invadono la nostra “tana”, come sfregolii di gomma da cancellare sul “foglio de giorno prima” , decisi a riportarci alla realtà del nuovo risveglio, fresco di mattina. E ci si può permettere anche il lusso di leggere qualche articolo di quel giornale buttato sulla scrivania, che è stato lì, tacito, in attesa di un lettore troppo impegnato, ma troppo scrupoloso per buttarlo senza avergli prima regalato qualche attimo del suo prezioso tempo.

Eh si, perché quel giornale aspettava una qualche fermata metro, un viaggio in bus, un treno, tutte occasioni d’oro per mostrare al suo fedele amico il suo valore, per dimostrargli come lo sfogliare quelle pagine sottili non sia solo un modo per far passare il tempo necessario per uno spostamento o un attesa. E invece un aggeggio dai strani filini sottili lo aveva per l’ennesima volta sorpassato, grazie a dei semplici rumori o grida, eppure così bravi a non far pensare il suo amico lettore. E oggi è finalmente arrivato il suo momento. Si cincischia un po’ su qualche rubrica, ci si sbadiglia un po’ su, nel mentre una sottile sensazione di pace e beatitudine ci invade il corpo, quella tranquillità di una normale e ignava giornata domenicale. Sì, ignava, perché non può altro che cozzare con il terribile rinizio del lunedì, la stanchezza del martedì, i frenetici mercoledì e giovedì, e l’infinito venerdì, arrivo delle maratona di New York che non è altro che la nostra settimana.

Eppure è ciò che ci piace tanto, la nostra scelta di vita, questa frenesia contraddittoria insita in noi, senza dubbio sintomo di un masochismo innato, che millanta la Soddisfazione e che nell’attesa ci prospetta il contentino del week end. E quindi si sta a lezione, ma si scrive all’amica per il drink della sera, si sta al tavolo con lei ma si parla su whats up dell’esercitazione del giorno dopo, si mangia un panino pensando a cosa di caldo preparare per cena, si studia la nuova slide immaginando la futura probabile domanda d’esame.

E senza che ce ne accorgiamo l’instancabile frenesia ha già rubato la nostra settimana, ma ci ha offerto la domenica mattina, con un ghigno molto simile a quello della strega cattiva di Biancaneve che pur sempre le stava offrendo la più bella mela rossa di sempre. Eppure ci frega, ci avvelena piano piano, settimana dopo settimana, mela dopo mela.

E nonostante ciò ci piace tanto il suo sapore, quel colore così intenso e luccicante, perché, eh si, siamo riusciti a far tutto! Il problema sta proprio li.. tutto cosa? Con cosa abbiamo rimpinzato il nostro tacchino ripieno, convinti e istruiti che “più” è sempre meglio. E poi meglio rispetto a che?

E scrolliamo la testa, anche l’odore di caffeina è andato via, già è ora di portare la tazzina in cucina.

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La scelta di Brittany Maynard http://www.360giornaleluiss.it/scelta-brittany-maynard/ Thu, 13 Nov 2014 08:54:08 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=889 La decisione della ventinovenne malata di cancro terminale scatena – o meglio, riapre – il dibattito sul senso dell’esistenza  Il fatto È a Capodanno che a Brittany, statunitense di 29 anni, viene diagnosticato un tumore maligno al cervello e sei mesi di vita prima della morte. Una malattia sempre più dolorosa e lacerante, che la

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La decisione della ventinovenne malata di cancro terminale scatena – o meglio, riapre – il dibattito sul senso dell’esistenza 

Il fatto

È a Capodanno che a Brittany, statunitense di 29 anni, viene diagnosticato un tumore maligno al cervello e sei mesi di vita prima della morte. Una malattia sempre più dolorosa e lacerante, che la ragazza non si è sentita pronta ad affrontare fino alla fine.

Come annunciato in un video in seguito postato sul web e in un’intervista al magazine People, la giovane donna ha deciso di mettere fine alla sua vita in anticipo e più precisamente in data 1 novembre: ‘Arrivederci a tutti i miei cari amici e alla mia famiglia che amo. Oggi è il giorno che ho scelto per morire con dignità, tenuto conto della malattia in fase terminale, questo terribile cancro al cervello che mi ha imprigionato…ma mi avrebbe imprigionato tanto di più”.

Insieme con la famiglia e il marito si trasferisce a Portland, nell’Oregon, uno di cinque stati americani che ha detto “si” al suicidio assistito. La “pratica” si svolge tramite la lenta assunzione di farmaci ricevuti ormai da mesi e con l’effetto di lenire il dolore ma avvicinare, inevitabilmente, il momento del decesso.

Una scelta vissuta serenamente da Brittany, che ha deciso di trascorrere gli ultimi momenti nella piena tranquillità, circondata dall’affetto e sostegno dei suoi genitori e del marito, che hanno accettato la volontà della paziente.

La drammatica decisione e la morte della ragazza hanno avuto un importante effetto mediatico, che ha riaperto il mai chiuso dibattito sull’eutanasia e sul senso dell’esistenza: fino a quanto siamo liberi di scegliere cosa fare della nostra vita?

Un atto controverso

Numerosi le interpretazioni del suo gesto: un atto di coraggio? Di follia? Una consacrazione della propria dignità? Un gesto di libertà?

A pochi giorni dalla vicenda, il presidente della Pontificia accademia per la vita, monsignor Carrasco de Paula, commenta: “ il gesto è in sé da condannare, la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita. Fare ciò significa pretendere di entrare e capire profondamente la propria coscienza, e dire di no alla propria vita, per quanto tragica.”

Un dibattito, quello sul suicidio e sull ’eutanasia, che continua sin dai tempi degli antichi greci, dove era chiamato “la buona morte”; e se per alcuni studiosi, quali per esempio Emile Durkheim, questo era considerato come conseguenza di certi fattori sociali, la Chiesa e drastiche scelte democratiche continuano a difendere l’idea della morte come insindacabile dalle scelte dell’uomo. Eutanasia non è sinonimo di libertà. Ma non solo: ricordiamo che persino Oriana Fallaci, donna controversa e anima laicissima, mai approvò l’eutanasia, definendola: “Una bestemmia nonché una bestialità, un masochismo. Io non ci credo alla buona-Morte, alla dolce-Morte, alla Morte-che-Libera-dalle-Sofferenze. La morte è morte è basta».

Decidere di porre fine a qualcosa di così grande e imprevedibile come la vita non è da tutti. Chi decide di farlo si aspetti di essere chiamato eroe, ma anche codardo, incosciente o folle.

 

 

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Intervista a Paolo Bonolis: “Una vita tra ironia e spettacolo” http://www.360giornaleluiss.it/vita-ironia-spettacolo-intervista-paolo-bonolis/ Thu, 06 Nov 2014 16:30:34 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=191 27 ottobre, h.15: nell’aula Nocco tutti i posti a sedere sono terminati, anche se manca ancora un’ora all’inizio della conversazione con Paolo Bonolis. La conferenza, moderata da Angelino Molinaro e organizzata dall’associazione studentesca Lep, avrebbe di lì a poco contato oltre 700 partecipanti. Paolo Bonolis arriva in università con qualche minuto di anticipo, ‘almeno se

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27 ottobre, h.15: nell’aula Nocco tutti i posti a sedere sono terminati, anche se manca ancora un’ora all’inizio della conversazione con Paolo Bonolis. La conferenza, moderata da Angelino Molinaro e organizzata dall’associazione studentesca Lep, avrebbe di lì a poco contato oltre 700 partecipanti.
Paolo Bonolis arriva in università con qualche minuto di anticipo, ‘almeno se fumiamo una sigaretta’. Si beve un caffè al bar, firma qualche autografo e scatta un numero sconsiderato di selfie con gli studenti.
Una volta tête-à-tête, tra una risata e l’altra, chiedo a Bonolis di raccontarmi un po’ di sé. Dalla chiacchierata sono usciti fuori cinque simpatici consigli.

1) Superate i vostri limiti. Bonolis da balbuziente a conduttore tv.
“Sono stato balbuziente fino ai 12 anni. Fino in quinta elementare potevo essere interrogato solo per iscritto, visto che in una interrogazione orale facevo passare le ore senza riuscire a concludere due frasi. Facendo teatro, però, ho capito che quando sapevo una cosa la riuscivo a dire senza balbettare; mi hanno spiegato che il problema era un eccesso di pensieri che volevano uscire tutti contemporaneamente, e si creava un ingorgo, tipo sul raccordo anulare – ride – il trucco sta nel riuscire a creare una corsia preferenziale attraverso la quale, con il linguaggio, di volta in volta, si fa uscire il pensiero necessario”.

2) Scegliete quali attitudini sviluppare. Bonolis sceglie il linguaggio e nel 2010 vince il Guiness World record per aver detto più parole possibili in un minuto (332).
“Credo che se lavori nel campo della comunicazione il linguaggio, la capacità di svilupparlo e il saper giocare con le parole sia fondamentali. Se lavori in questo campo e non riesci ad esprime al meglio quello che vorresti, è un po’ come fare lo sportivo ed avere il fisico di un bruco. Funziona così in tutte le professioni. Cosa vuoi fare da grande- avvocato, magistrato, giornalista? Qualsiasi cosa sceglierai dovrai avere delle attitudini specifiche e sviluppare determinate caratteristiche che sono già in te, ma che devono essere sempre più alimentate affinché la tua professione sia svolta al meglio”.

3) Studiate. Bonolis, laureato in scienze politiche, da giovane sognava la carriera diplomatica.
“Più cose sei in grado di conoscere e più sei in grado di evitare che gli altri calpestino il tuo quotidiano, in tutte le maniere che puoi immaginare. Riuscire a capire ciò di cui stai parlando o ti parlano è un vantaggio gigantesco. Ragazzi, non dovreste mai rinunciare a questa fortuna, paghereste in futuro un dazio nei rapporti interpersonali, soprattutto in quelli guidati dalla logica predatoria. Più sai e più sei in grado di difenderti e di scegliere”.

4) Accettate anche gli effetti collaterali della vita, col sorriso.
“Ogni medaglia per aver valor di conio deve avere due facce: dal successo derivano vantaggi sociali, anche quotidiani, e svantaggi, che però sono sopportabili. Gli effetti collaterali sono relativi: a differenza dei grandi divi del cinema e della musica, proiezioni idolatrate dei nostri sogni, il personaggio televisivo è più una componente familiare, una sorta di elettrodomestico con la faccia da scemo come la mia. Il rapporto con i fan non è morboso, niente stalking e cose del genere, a parte qualche vecchiacchia che ogni tanto ci prova..”

5) Non perdete mai di vista i veri valori e la famiglia.

“Se sei libero da impegni sentimentali, puoi vivere la tua esistenza nella maniera che ritieni più opportuna. Ma se stringi un patto con una persona, e questo patto genera tanti altri patti all’apparenza più piccoli, ma tremendamente più importanti, credo che si debba smettere di pensare col soggetto io e iniziare a pensare col soggetto noi. Quando lo si fa, tante cose cambiano e la smetti di fare il pistola. Tutelando le persone con cui passi la tua esistenza, tuteli anche te stesso”.

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