film – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Thu, 15 Feb 2018 11:32:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png film – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 “Wonder Wheel”: Woody Allen ma non troppo http://www.360giornaleluiss.it/wonder-wheel-woody-allen-non/ Sat, 16 Dec 2017 12:57:22 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9095 Sono poche le certezze nella vita. Come la morte, o le tasse. O l’annuale film del regista newyorkese, che nonostante avanzi con l’età continua a dare vita alla propria arte, quanto e più di prima. Instancabile. Probabilmente anche per esorcizzare i grandi dilemmi esistenziali che lo perseguitano da sempre e che sono ricorrenti nelle sue

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Sono poche le certezze nella vita. Come la morte, o le tasse. O l’annuale film del regista newyorkese, che nonostante avanzi con l’età continua a dare vita alla propria arte, quanto e più di prima. Instancabile. Probabilmente anche per esorcizzare i grandi dilemmi esistenziali che lo perseguitano da sempre e che sono ricorrenti nelle sue opere.
E quindi, esattamente 40 anni dopo il capolavoro “Io e Annie”, Woody Allen torna a Coney Island, New York, negli anni ‘50, per raccontarci una storia di forti passioni, sogni infranti e fugaci speranze.
“Wonder wheel” è la storia di Ginny, interpretata da una strepitosa Kate Winslet, cameriera disillusa, depressa e nevrotica. Succube di un marito violento e alcolizzato (buona anche la prestazione di Jim Belushi), che si rivela progressivamente altruista e sinceramente legato ai suoi cari. Impotente verso un figlio piromane e fuori controllo. Messa a dura prova da un’emicrania lancinante e da un rapporto conflittuale con la figliastra, quest’ultima peraltro ricercata dai gangster. La svolta sembra avvenire grazie ad un nuovo amore. Ma come insegna la tragedia greca, spesso menzionata nel film, il Fato tesse trame troppo complicate per i comuni mortali, si prende gioco di loro. E, alla fine, non risparmia nessuno.

Ginny sognava di diventare attrice e, nonostante avesse ormai riposto le proprie speranze, sembra risorgere, mentre parla dei suoi errori, seduta in spiaggia con il suo amante, Mickey, illuminata da una luce (di un immenso Vittorio Storaro, direttore della fotografia che impreziosisce la pellicola) che la rende per un attimo, ma solo per un attimo, una persona nuova.
Woody torna al dramma, il dramma puro (in stile “Un tram che si chiama desiderio”), questa volta non smorzato (come al solito) dalla sua ironia tagliente, dalle battute di spirito. Ci parla di fallimento, di illusioni, di sogni infranti. Lo aveva fatto in “Blu Jasmine”(2013), e ancora prima in “Interiors” e “Un’ altra donna”. In questo film raggiunge un picco di struggimento e sofferenza, delineando un personaggio che sembra discendere dalla Medea di Euripide, che distrugge se stessa e chi le è vicino. Ginny è “consumata dalla gelosia”, continua a mentire a se stessa per essere felice, ma il Fato, vero motore dell’intera vicenda, non avrà pietà di lei.
“Non venire mai al mondo, può essere il più grande dei doni”. Così disse Sofocle; e lo dice anche lo stesso Allen in “Match point”. Lui ci crede veramente e cerca di convincere il pubblico, questa volta più di altre, proprio eliminando (quasi) del tutto l’elemento comico.

Dirigere un film all’anno rende più difficile costruire trame particolarmente avvincenti, questo è innegabile, ma è anche vero che quando è riuscito a sviluppare determinate intuizioni, Woody, ha realizzato veri e propri capolavori. E poi, nonostante abbia superato gli 80, continua ancora a rinnovarsi e a spaziare da un genere all’altro come se fosse nel pieno della carriera (e degli anni). Peculiarità dei geni. Noi possiamo solo sperare nel genio ed aspettare. Perché Woody Allen è imprevedibile e ha sempre un messaggio per il pubblico. Come lui stesso dice: “in conclusione, vorrei avere un qualche messaggio positivo da trasmettervi. Ma non ce l’ho. Vi accontentate di due messaggi negativi?”. Accontentiamoci.

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Miss Peregrine – La casa dei bambini speciali di Tim Burton http://www.360giornaleluiss.it/miss-peregrine-la-casa-dei-bambini-speciali-di-tim-burton/ Mon, 23 Jan 2017 16:08:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8003 Una caratteristica che ha sempre portato il pubblico ad amare i film di Tim Burton è il fatto che ogni sua pellicola porta la sua firma indelebile dalla prima all’ultima inquadratura: ambientazioni fiabesche e gotiche, i protagonisti incarnati da personaggi stravaganti che si trovano a fronteggiare problemi quali la solitudine e l’emarginazione, queste caratteristiche sono

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Una caratteristica che ha sempre portato il pubblico ad amare i film di Tim Burton è il fatto che ogni sua pellicola porta la sua firma indelebile dalla prima all’ultima inquadratura: ambientazioni fiabesche e gotiche, i protagonisti incarnati da personaggi stravaganti che si trovano a fronteggiare problemi quali la solitudine e l’emarginazione, queste caratteristiche sono quelle che rendono i film di Burton senza ombra di dubbio suoi, e i personaggi indubbiamente frutto della sua mente da sognatore fuori dagli schemi.

Purtroppo gli ultimi lavori del regista americano, quali ‘Big Eyes’, ‘Dark Shadow’ e i due ‘Alice in Wonderland’ avevano lasciato gli amanti del vero Burton a bocca asciutta, quasi preoccupati che questa nuova ricerca di uno stile diverso ma affine, lo avesse portato a perdere di vista se stesso con un inevitabile fatica ad infondere negli spettatori quelle tipiche sensazioni caratteristiche che sono parte integrante delle sue pellicole.

Burton, però, non si arrende, come potrebbe dopo capolavori come ‘Sweeney Todd’, e nel 2016 torna nelle sale cinematografiche con il film: ‘Miss Peregrine-La casa dei ragazzi speciali’. Storia, quella di Miss Peregrine, tipicamente burtoniana che racconta le avventure di Jake (Asa Butterfield), adolescente di Miami caratterizzato da due grandi, quanto malinconici occhi blu.

La morte del nonno e la velata consapevolezza che ha Jake di non appartenere al mondo “normale” lo spinge in una piccola isola del Galles alla ricerca di un gruppo di bambini dai talenti speciali che vivono in una casa diretta da una misteriosa direttrice, Miss Peregrin ( Eva Green). L’incontro con una bambina di nome Emma,cattivi che si fingono buoni, mostri mangia occhi, portali temporali sono solo alcuni degli elementi presenti nel film di Burton e che cambieranno per sempre la vita di Jake.

Nell’insieme è un film gradevole con caratteristiche originali che nonostante la quantità di colpi di scena riesce comunque a presentarsi allo spettatore con una certa linearità conducendolo a un finale che non lascia niente di non detto o in sospeso.

Ciò che col tempo pare stia tristemente venendo meno sono però le atmosfere, quella fiamma che rendeva i film di Burton tali che pare si stia spegnendo a poco a poco.

E’ così che il regista in mancanza dei suoi punti di riferimento ai quali aggrapparsi si affida a una sorta di usato garantito dando vita a un cliché cinematografico senza infamia e senza lode. E’ una situazione complicata nella quale incappano solo quei cineasti che hanno lasciato un segno, e Tim Burton è senza ombra di dubbio uno di questi. Miss Peregrin, purtroppo, non rappresenta ancora la risposta che il regista stava cercando per riuscire a ritrovare dentro di se ciò che rendeva egli stesso un ‘bambino speciale’ e di cui noi non possiamo far altro che aspettare il ritorno.

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Sequel: how to make it http://www.360giornaleluiss.it/sequel-how-to-make-it/ Mon, 26 Dec 2016 15:53:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7865 Cameron annuncia il sequel di Avatar. Solo pochi giorni fa il regista americano ha confermato l’uscita di Avatar 2, il sequel del famoso omonimo film del 2009 vincitore di tre premi Oscar. Ogni giorno arrivano notizie di questo tipo: registi che dopo anni di silenzio decidono di ritornare alla ribalta, o film makers che vogliono

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Cameron annuncia il sequel di Avatar. Solo pochi giorni fa il regista americano ha confermato l’uscita di Avatar 2, il sequel del famoso omonimo film del 2009 vincitore di tre premi Oscar.

Ogni giorno arrivano notizie di questo tipo: registi che dopo anni di silenzio decidono di ritornare alla ribalta, o film makers che vogliono darsi un’altra opportunità con un sequel, diventato quest’ultimo oggetto di discussioni sempre più accese e prorompenti.

Cos’è un sequel? Un appagamento del nostro desiderio di saperne di più, un bisogno forse morboso del nostro non saperci distaccare da un personaggio in cui ci siamo rivisti, o forse soltanto un semplice modo di far soldi? Alcuni credono si tratti solo di fan service, e ogni tanto è così. Ma spesso i sequel sono richiesti a gran voce dai fan, che si basano su filoni importanti della trama, e che richiedono, secondo gli appassionati, un approfondimento. Chissà che fine hanno fatto i protagonisti di ‘Harry ti presento Sally’, chissà se si amano ancora. Sono curiosità che vogliamo vedere chiarite, ed è diventata ormai consuetudine, per il mondo del cinema e della tv, vedere petizioni in cui si richiede a gran voce un sequel di qualsiasi tipo.

Rappresentano per i registi e per i fan anche un grosso rischio: vedere i propri personaggi preferiti venire storpiati, depersonalizzati, defraudati da ciò che ce li aveva fatti amare, tutto questo potrebbe farci rimpiangere di aver desiderato vedere il seguito. E’ quello che è successo per molti film, come Dirty Dancing, Mean Girls, Donnie Darko e così via. La lista è lunga, e lo stesso vale per i telefilm, come il nuovo arrivato nel mondo Netflix, Una mamma per amica.

In ogni caso, a prescindere dal risultato, i sequel servono a rispondere alla domanda:e dopo cosa è successo?’. Prima di questa abbondanza di proseguimenti, come le infinite stagioni di Grey’s Anatomy, lo spettatore doveva ‘sorbirsi’ una storia imposta dall’alto, che iniziava e finiva in un determinato modo, e poteva solo fare congetture. In questi anni, il sequel è un ordine, un prerequisito di ogni cosa. Automaticamente, lo spettatore vuole di più, e spesso questo suo desiderio viene soddisfatto, a volte bene, a volte male.

Spesso deleghiamo questo nostro desiderio a chi di dovere, chiedendo a registi, sceneggiatori e attori di inscenare ancora una volta quel pezzo che ci era piaciuto tanto, in cui Sally fingeva un orgasmo di fronte a una cameriera. Fammi rivivere quella scena, chiediamo a gran voce. Ci raccontino ancora di come si sono innamorati, e se e come sono rimasti insieme quello scapestrato di Harry e l’ossessiva Sally. E’ un rischio, si sa, ma a volte il gioco vale la candela.

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Burberry compie 160 anni http://www.360giornaleluiss.it/burberry-compie-160-anni/ Wed, 09 Nov 2016 11:16:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7496 La celebre casa di moda britannica venne fondata nel 1856 quando, l’allora ventunenne, Thomas Burberry, apprendista di un importante sarto, aprì il suo primo negozio a Basingstoke, nell’Hampshire in Inghilterra. Per il suo centosessantesimo compleanno la maison ha deciso di festeggiare celebrando la propria storia, il proprio fondatore e il capo simbolo della casa, l’iconico

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La celebre casa di moda britannica venne fondata nel 1856 quando, l’allora ventunenne, Thomas Burberry, apprendista di un importante sarto, aprì il suo primo negozio a Basingstoke, nell’Hampshire in Inghilterra. Per il suo centosessantesimo compleanno la maison ha deciso di festeggiare celebrando la propria storia, il proprio fondatore e il capo simbolo della casa, l’iconico trench, in un cortometraggio diretto dal regista  Asif Kapadia, già premio Oscar per il documentario “Amy”.

“The Tales of Thomas Burberry” e’ un film realizzato sull’avventura del fondatore della casa: l’uomo che creò il primo modello di trench e soprattutto la formula di quel materiale impermeabile che tuttora rappresenta un punto di forza e un marchio di fabbrica. Molto sottolineato nel cortometraggio è il contributo fondamentale di Burberry nel creare un abbigliamento con il tessuto gabardine, adatto alle tre pionieristiche spedizioni in Antartide di Sir Ernest Shackleton, interpretato da Dominic West. Per vestire i panni del protagonista è stato invece scelto Domhnall Gleeson, reduce dall’ultimo episodio di “Guerre Stellari”, e noto al pubblico per aver interpretato il personaggio di Bill Weasley, uno dei fratelli maggiori di Ron, nella saga di Harry Potter. Nel cortometraggio recita anche Sienna Miller, interpretando il primo amore dello stilista.

Girato principalmente nel castello di Shirburn nell’Oxfordshire, questa location fa da sfondo per le trincee della prima guerra mondiale e per il laboratorio di Thomas, ispirato ai materiali presenti nell’archivio di Burberry. Per le scene di esplorazione sono state create delle riproduzioni di tende in gabardine realizzate nella fabbrica Burberry di Castleford nello Yorkshire.

Christopher Bailey, Chief Creative and Chief Executive Officer di Burberry  presentando lo spot ha detto:”Questo Natale, in cui festeggiamo il nostro 160esimo anniversario, volevamo raccontare, con parole nostre, la storia di Thomas Burberry :pioniere, inventore, innovatore, nonché la persona che sta dietro l’iconico trench. Il film che abbiamo realizzato è un breve sguardo ispirato alla sua vita intensa e straordinaria, che si è svolta nel corso della storia del ventesimo secolo in tutti i suoi tumultuosi alti e bassi”.

“Per rendere giustizia a questa storia – ha proseguito Bailey – ci siamo rivolti a un team di grandi talenti britannici del ventunesimo secolo. […]Ci sentiamo molto orgogliosi di condividere The Tale of Thomas Burberry in occasione di questo Natale: il suo spirito e la sua visione sono ancora al centro di qualunque cosa oggi facciamo in Burberry”

Il cortometraggio/spot pubblicitario, che apre la campagna di Natale 2016, ha avuto un impatto così forte sugli attori stessi e sul pubblico – al momento è stato visualizzato più di 4 milioni e mezzo di volte – che in molti, ad una sola settimana dall’uscita su Youtube, già chiedono che sia trasformato in un film vero e proprio.

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La caducità dell’amicizia: Two Mothers http://www.360giornaleluiss.it/la-caducita-dellamicizia-two-mothers/ Sun, 23 Oct 2016 09:53:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7245 Eros. Amicizia. Incesto. Tre parole difficili, ma allo stesso tempo estremamente facili da collegare tra di loro. Two Mothers ne è l’esempio perfetto. Roz e Lil, due madri, due amiche, due sorelle, due donne che si conoscono fin dall’infanzia e che da allora sono rimaste inseparabili, danno vita ad una dimensione erotica che risucchierà le

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Eros. Amicizia. Incesto. Tre parole difficili, ma allo stesso tempo estremamente facili da collegare tra di loro. Two Mothers ne è l’esempio perfetto. Roz e Lil, due madri, due amiche, due sorelle, due donne che si conoscono fin dall’infanzia e che da allora sono rimaste inseparabili, danno vita ad una dimensione erotica che risucchierà le loro vite fino all’estremo. Una scintilla, un forte desiderio di passione che spinge Roz, inizialmente felicemente sposata con Harold, ad iniziare una relazione con Ian, il figlio della vedova Lil, e quest’ultima sarà a sua volta sedotta da Tom, il figlio di Roz, mosso più da vendetta che da amore vero e proprio.

Per Roz e Ian tutto inizia con un complesso gioco di sguardi e di gesti che li porterà alla prima fugace notte di passione, nessuno dei due ha bisogno di parole per esprimere i propri sentimenti. Per Tom e Lil la situazione è ben diversa: la loro prima notte insieme è più un modo per vendicarsi l’uno della madre e l’altra del figlio. Ciò porta comunque ad un momento di stallo, dove Roz e Lil si ritrovano faccia a faccia ammettendo entrambe di aver fatto un errore e promettendosi di dimenticare ciò che è successo e di non rifarlo mai più. Ovviamente non funziona: la passione torna ad accendersi appena ognuna rivede il proprio “amante” ed entrambe finiscono per rimanere di nuovo vittime del proprio eros.

Da lì in poi la situazione degenera: Harold lascia Roz per accettare un’offerta di lavoro a Sydney, dove si costruirà una nuova famiglia, mentre lei si fidanzerà ufficialmente con Ian e Lil farà lo stesso con Tom. Ormai tutti e quattro hanno accettato la situazione e continuano a vivere le proprie vite come se nulla fosse cambiato, cercano sempre di evitare la questione, ma il gioco di sguardi c’è sempre e non mancano momenti di imbarazzo. Emblematica è la scena in cui sono tutti e quattro seduti a tavola dopo aver finito di cenare e Ian, rivolgendosi a Roz, osa dire “Ti aspetto in camera tua”, costringendo di riflesso Tom a dire a Lil “E io nella tua”. È un continuo ping pong tra le due coppie, dove è sempre Ian che serve e Tom che risponde.

Passano i mesi e due anni dopo sembra che si sia trovato finalmente un equilibrio, tutti sembrano vivere serenamente e soprattutto hanno un rapporto di reciproco rispetto. Ma tutto è destinato a finire, e il primo a cedere è Tom. Durante un viaggio di lavoro a Sydney, dove era andato ad aiutare il padre a dirigere uno spettacolo teatrale, si invaghisce di Mary, l’attrice protagonista, sua coetanea. All’inizio è solo uno sbaglio, un momento di confusione, perché infatti Tom ritorna tra le braccia di Lil. Tuttavia una consapevolezza si sta facendo strada dentro di lui: Lil era ed è sempre stata solo un modo per vendicarsi di Ian e Roz, nulla di più. Poteva anche darsi che fosse nato qualcosa tra di loro, ma sicuramente non era destinato a durare, e Mary ne è la prova. Alla sua festa di compleanno, Tom sceglie definitivamente Mary, passando tutta la notte con lei invece che con Lil, la quale capisce tutto e decide di lasciarlo andare.

Tutto è ormai finito, anche Roz si rende conto che non ha senso continuare ad illudersi. L’unico che non riesce a capire è Ian, a detta sua ancora follemente innamorato di Roz. Passano le settimane, i mesi, Tom si sposa con Susan, mentre Ian ancora non riesce a credere che sia tutto finito e la sua follia lo porta ad avventurarsi con la tavola da surf in un mare agitatissimo, dove rischia la morte. Tuttavia in ospedale inizia a passare molto tempo con Hannah, una ragazza conosciuta al matrimonio di Tom e follemente innamorata di lui. Non passa molto prima che i due inizino una relazione, ma Ian continua ad amare Roz e per questo non vuole andare avanti con Hannah. Tuttavia, quando quest’ultima lo va a trovare a lavoro per dirgli che è incinta, il ragazzo è costretto a ripensarci.

Gli anni passano e ora Tom e Ian sono felicemente sposati e ognuno di loro ha figli. Le due rispettive famiglie, insieme alle nonne Roz e Lil, passano una tranquilla giornata a mare dove Ian e Roz, rimasti da soli sulla spiaggia, condividono un ultimo, intenso sguardo, facendo capire che, anche se non lo danno a vedere, il fuoco che animava la loro passione in realtà non si è mai spento.

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Anteprima The Martian: il mix tra intrattenimento e scienza http://www.360giornaleluiss.it/anteprima-the-martian-mix-intrattenimento-scienza/ Wed, 30 Sep 2015 14:50:49 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4415 La sera del 29 settembre si è svolta l’anteprima del film “Il Sopravvissuto” presso la sede dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) di Tor Vergata. Tra gli ospiti presenti l’astronauta Samantha Cristoforetti e il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini Premetto che non ho potuto seguire, per problemi tecnici, l’intero panel chiamato “Uomo su Marte” in cui

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La sera del 29 settembre si è svolta l’anteprima del film “Il Sopravvissuto” presso la sede dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) di Tor Vergata. Tra gli ospiti presenti l’astronauta Samantha Cristoforetti e il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini

Premetto che non ho potuto seguire, per problemi tecnici, l’intero panel chiamato “Uomo su Marte” in cui sono intervenuti la Cristoforetti, il direttore dell’ASI Battiston, il responsabile del coordinamento delle missioni scientifiche e di esplorazione robotica dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) Fabio Favata e il capo della Comunicazione dell’Aeronautica Militare, il generale Claudio Salerno.

Il giorno dopo la scoperta dell’acqua su Marte durante la fine del panel si è discusso dei due atterraggi sul pianeta rosso, del trapano italiano con la punta di diamante e del fatto che sotto la superficie di Marte è tutto ancora un mistero.

infine una piccola curiosità svelata dal responsabile del coordinamento delle missioni scientifiche e di esplorazione robotica, sulla terra sono presenti dei sassi marziani, infatti quando un meteorite colpisce Marte, alcuni frammenti del pianeta rosso possono raggiungere la terra. Nello specifico sono presenti alcuni di questi sassi nel polo sud e nel deserto (se vi trovate da quelle parti e trovate un sasso, vi consiglio di tenerlo).

imageFabio Favata ha concluso il suo intervento dicendo che non è ancora del tutto esclusa la possibilità che su Marte ci possa essere vita, intesa come vita fossile o semplicemente come molecole sotterranee che possono portare alla vita.

Qualche istante prima dell’inizio del film è salito sul palco Andrea Cuneo (direttore marketing della Fox) che ha raccontato alcuni particolari della pellicola: prima di tutto il film è tratto da un libro scritto dal biologo Andy Weir (anche il protagonista del film è un biologo) in capitoli e che ha avuto un enorme successo. Cuneo ha inoltre raccontato che per ricreare l’ambientazione del terreno su Marte, gli esperti hanno dovuto cimentarsi nella lavorazione di tre tipi di terra.

Passiamo ora alla recensione del film, cercherò di essere breve e di non spoilerare la trama.The Martian è un film d’azione con una storia molto forte, ma non per questo non riesce a togliere qualche sorriso durante l’intera visione.

Per quanto riguarda gli effetti speciali, devo dire che questi sono veramente di altissima qualità, dopotutto il regista è Ridley Scott.

Gli attori sono di fama mondiale e tra questi troviamo Kate Mara e Matt Damon (le ragazze troveranno molto interessante una scena del film. Dovete guardarlo per sapere quale).

Se siete indecisi se guardare il film al cinema o vederlo a casa non posso che consigliarvi di comprare i biglietti e guardarlo su un mega schermo per essere coinvolti e trasportati nello spazio extraterrestre.

Non posso che concludere allegandovi il trailer del film e augurandovi buona visione!

Ci si vede su mar… al cinema!

 

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“Dear Twitter, does anyone know where Frank is? #FindFrank” http://www.360giornaleluiss.it/dear-twitter-anyone-know-frank-findfrank/ Mon, 01 Dec 2014 15:41:43 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1216 “Caro twitter, qualcuno sa dov’è Frank?”. Ma la vera domanda è “qualcuno ha mai visto in faccia Frank?”. È questa l’interrogativo che ci accompagna mentre veniamo trascinati dentro una storia divertente, decisamente strana ed originale, attraverso l’avventura di una band dal nome impronunciabile: gli SORONPRFBS. Jon (Domhnall Gleeson) è il protagonista del film. È un

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Caro twitter, qualcuno sa dov’è Frank?”. Ma la vera domanda è “qualcuno ha mai visto in faccia Frank?”. È questa l’interrogativo che ci accompagna mentre veniamo trascinati dentro una storia divertente, decisamente strana ed originale, attraverso l’avventura di una band dal nome impronunciabile: gli SORONPRFBS.

Jon (Domhnall Gleeson) è il protagonista del film. È un giovane normale in cerca della sua strada, e come tanti altri, un twittatore compulsivo. Il suo sogno è quello di diventare un cantautore, e per questo prende ispirazione da tutto quello che trova – “signora con il cappotto rosso cosa fa con quella borsa? signora con il cappotto blu conosce la signora con il cappotto rosso?” – senza purtroppo riuscire a comporre nulla di decente ed autentico.

La sua occasione arriva grazie ad un colpo di fortuna: il tastierista degli SORONPRFBS tenta (in un modo discutibile) il suicidio, e proprio in quel momento arriva Jon pronto a sostituirlo.

Gli SORONPRFBS sono una band molto particolare ed a confermarlo sono le personalità dei suoi stessi membri: da un manager uscito da un ospedale psichiatrico ed ancora troppo ossessionato dai manichini, a Clara(interpretata da Maggie Gyllenhaal) una donna attraente ma anche molto aggressiva e pronta ad usare la violenza per un nonnulla. E poi c’è Frank, il frontman del gruppo. Ma chi è veramente Frank? Così come il regista Lenny Abrahamson in occasione dell’anteprima (proiettata a Roma il 28 ottobre) ha dichiarato in un video: Frank è un mistero, dentro un enigma, dentro una strana testa; tutti vogliono capire chi è l’uomo dietro la maschera. Infatti il volto di Frank è celato da una stravagante testa gigante, e nessuno lo ha mai realmente visto. (Stando a ciò che ha detto lo stesso Fassbender, indossare una testa gigante per tutta la durata delle riprese è stata un’esperienza piuttosto affascinante)


È un enigma che inizia ad ossessionare Jon: perché volersi nascondere quando si ha molto da dare come nel suo caso: quello di un genio che riesce a trarre ispirazioni dalle piccole cose, dallo sfregarsi degli spazzolini da denti alle porte che si chiudono.
Trascinato a sua insaputa in un luogo di montagna, Jon conosce quei tanto agognati “15 minuti di celebrità”. Inizia a riprendere la band in ogni momento, postando poi i video su Youtube. Dai 14 followers iniziali Jon arriva a vantarne più di mille, in un crescendo di visualizzazioni ai suoi video. La riservatezza della band, che si nutriva del proprio anonimato, viene violata da un nuovo arrivato: Pel di Carota.

È un film in grado di appassionare, alternando la comicità a scene profonde e piene di sentimento con molta naturalezza. Accolto con un generoso 92% di recensioni positive dal severissimo “Rotten Tomatoes”, mi sono chiesta perché mi abbia preso così tanto e la mia risposta è stata: l’attualità del messaggio. Dall’uso spasmodico che il protagonista fa dei social network al concetto della maschera e della voglia di nascondersi al mondo. Frank, dopo tutto, è un uomo invidiabile: lui è libero. Libero dai preconcetti che legano una persona all’aspetto, e libero di potersi esprimere in qualsiasi modo. Voler forzare quella sua corazza sarebbe come andare contro la sua natura. Ed una volta levata si è davvero così soddisfatti? Una volta che è tutto finito, d’altronde, non si può tornare al principio.

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La “Swinging” dei Fab Four http://www.360giornaleluiss.it/la-swinging-dei-fab-four/ Fri, 28 Nov 2014 08:49:14 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=471 Londra, 1960, il ritmo della città era cambiato radicalmente; la musica si diffondeva ovunque, le gonne si facevano più corte, la moda più varia, il cinema più “free” e l’aria carica di elettricità. L’Inghilterra si preparava a riconquistare la propria indipendenza culturale. Cullata dal mordente della musica dei Beatles, Londra oscillava tra rinnovamento, frenesia di

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Londra, 1960, il ritmo della città era cambiato radicalmente; la musica si diffondeva ovunque, le gonne si facevano più corte, la moda più varia, il cinema più “free” e l’aria carica di elettricità. L’Inghilterra si preparava a riconquistare la propria indipendenza culturale. Cullata dal mordente della musica dei Beatles, Londra oscillava tra rinnovamento, frenesia di vivere e ipocrisia, mostrando una realtà sempre più patinata; ogni immagine di degrado e povertà veniva coperta dalla stampa e dalle televisioni, creando così un’immagine illusoria ancor più intensa di quella reale. In questa Londra di contraddizioni e illusioni, il prodotto più significativo fu il fenomeno dei Beatles, definiti da Renzo Arbore “una rivoluzione a 360 gradi di un’epoca in musica”.

Affermatisi nel 1963, i quattro di Liverpool, catturarono l’attenzione del grande pubblico soddisfacendo la voglia di lasciarsi alle spalle le macerie e le disgrazie della guerra e farsi travolgere dal consumismo e dal bisogno di trasgredire, per ripartire con la certezza che il futuro non potesse essere che migliore. Quasi tutto era nuovo, e anche quando non lo era, lo sembrava. Attraverso la musica nera e bianca, quella popolare e quella colta, i Beatles trovarono la miscela per il successo. Ovviamente gli ingredienti della loro alchimia erano nati precedentemente; dietro alle loro canzoni si celavano gli stili musicali più disparati, dal rock, blues, folk, alla musica classica e barocca.

I Fab Four non avevano inventato né un ritmo nuovo né un genere di melodia nuova, ma avevano fuso tutto il meglio di ciò che già esisteva alla temperatura giusta e con l’abilità compositiva di Lennon e McCartney. George Martin, produttore e discografico, affermò che “la loro curiosità era la loro forza”. I quattro di Liverpool rappresentarono non solo una rivoluzione in campo musicale, ma anche un fenomeno di costume. Lanciarono un nuovo modo di essere giovani a tutti i livelli. Durante i dieci anni della loro unione il look degli Scarafaggi, oltre che alla loro musica, mutò notevolmente: dai classici completi con la cravatta, agli abiti bizzarri e colorati in broccato e seta degli ultimi giorni; dal caschetto con la frangia, alle lunghe chiome incolte accompagnate da barba e baffi. Ovviamente questa loro evoluzione di immagine fu seguita e imitata dai giovani di tutto il mondo. L’atmosfera grigia della Londra degli anni sessanta improvvisamente si accese di mille colori e la musica di quattro ragazzi venuti dalla working class di una provincia industriale, si fece inno di questa rivoluzione di cui ancora oggi si parla.

Per entrare dentro al delirio di quegli anni, consiglio la visione del film “Blow up”, del regista Michelangelo Antonioni. La pellicola racconta la storia di un fotografo affermato che, cercando scatti in un parco londinese, fissa per errore la scena di un omicidio. Mosso dalla curiosità, il protagonista si ostina a voler scoprire la verità, ma il vortice oscillante della Swinging finisce per travolgerlo. Nella visione onirica della scena finale, si ritrova così ad assistere ad una surreale partita di tennis dove non ci sono né racchette né palline, dove l’immaginario si mescola alla realtà, rendendolo incapace di distinguere il vero dal sogno.

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Festival dei cortometraggi – un’esperienza internazionale? http://www.360giornaleluiss.it/festival-dei-cortometraggi-unesperienza-internazionale/ Tue, 18 Nov 2014 18:32:42 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=984 Appena tornata dall’Erasmus ho pensato che un buon modo per rimanere nell’ambiente degli studenti stranieri sarebbe stato far parte del festival dei cortometraggi di Uppsala. Detto fatto, insieme alla ragazza italiana alla quale faccio da buddy mi sono iscritta al volontariato all’Uppsala International Short film festival. Quest’anno si focalizzava sui Paesi Bassi e c’erano tanti

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Appena tornata dall’Erasmus ho pensato che un buon modo per rimanere nell’ambiente degli studenti stranieri sarebbe stato far parte del festival dei cortometraggi di Uppsala. Detto fatto, insieme alla ragazza italiana alla quale faccio da buddy mi sono iscritta al volontariato all’Uppsala International Short film festival. Quest’anno si focalizzava sui Paesi Bassi e c’erano tanti registi e attori, sia di paesi europei che extraeuropei. Per lo più venivano da vicino, probabilmente perché costa molto di meno arrivare dalla Francia che dall’Indonesia, ma comunque è venuta una ragazza proprio da lì e, insieme a lei, da Stoccolma, l’ambasciatore indonesiano. È poi arrivato pure un esponente dalla Polonia, con la sua personale interprete. Sembrava tutto molto importante e in grande contrasto rispetto al vecchio teatro/centro giovanile dove si trova l’ufficio del festival.

Tutti questi personaggi mi hanno fatto riflettere su che cosa significa Internazionale. Può essere davvero di tutto. Allora qual’era l’elemento internazionale, in quel contesto?
Ogni anno si organizzano due gare: una per i film stranieri, una per quelli svedesi. La giuria era composta da uno svedese, un’italiana, uno scozzese e un’olandese, quindi era decisamente internazionale. Il pubblico era svedese, ma essendo a Uppsala, ci sono sempre delle persone non del posto che si sono trasferite per lavorare o per fare ricerche all’università. I volontari che si occupavano dei lavori più semplici erano, in gran parte, studenti stranieri. Durante la settimana ho lavorato con dei ragazzi inglesi, francesi, sudamericani, bangladesi, tedeschi, cinesi. Con poche domande si può imparare tanto sugli altri Paesi durante un turno poco stressante.

L’entrata è completamente gratuita per i volontari e, così, dopo il mio solito turno, un giorno mi è capitato di andare allo screening dei film che riguardavano il ritorno, l’immigrazione e il cambiamento. C’era quello che ha vinto uno dei premi internazionali, Mondial 2010 di Roy Dib, ma più importante, c’era la regista iraniana Laleh Barzegar, in gara con il suo film Der Tag Wirdkommen. Dopo aver visto il film – che è girato in Germania e che accentua le sfide che gli stranieri incontrano -, ci siamo fermati un attimo per farle delle domande. L’unico problema era, però, che non parlava inglese. Qui uno potrebbe chiedersi: “che cosa ci fa una ragazza che non è capace di esprimersi in inglese ad un festival internazionale del film?”. Ma è proprio quello che sostengo, l’elemento più internazionale di tutti,  la capacità di coinvolgere tutti. Invece di farle parlare inglese, costringendola ad usare un vocabolario molto più stretto per esprimersi, uno dei volontari – questa volta un ragazzo svedese -, traduceva le domande poste in inglese in tedesco e, sentita la risposta, traduceva per noi ascoltatori in inglese. Barzegar poteva, in quel modo, esprimersi come preferiva utilizzando il tedesco, senza scendere a troppi compromessi. Chi poteva sapere che il tedesco sarebbe stata la lingua più utile durante quella serata? L’inglese può essere essenziale, ma non lo è sempre. È sempre utile saperlo, ma sarebbe meglio non limitarsi a sapere solo le lingue più diffuse.

Essere internazionali non significa sempre avere una lingua comune, ma avere dei modi comuni di comunicare.

 

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La lotta dell’uomo contro la storia http://www.360giornaleluiss.it/la-lotta-delluomo-contro-la-storia/ Sun, 01 Jun 2014 13:33:03 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=187 Ambientato tra gli anni ‘70 e un futuro di guerra e distruzione, X-men Giorni di un futuro passato è probabilmente il miglior film tra quelli recenti sulla saga dei mutanti e senza dubbio il più ambizioso. La regia di Bryan Singer, tornato sul tema dopo undici anni dall’uscita del primo X-Men, riesce a gestire alla

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Ambientato tra gli anni ‘70 e un futuro di guerra e distruzione, X-men Giorni di un futuro passato è probabilmente il miglior film tra quelli recenti sulla saga dei mutanti e senza dubbio il più ambizioso. La regia di Bryan Singer, tornato sul tema dopo undici anni dall’uscita del primo X-Men, riesce a gestire alla perfezione i due piani temporali: il film non risulta mai essere confusionario o difficile da seguire, ma, anzi, appare unitario e coerente. La regola dell’acquario (in un film di fantascienza non importa quanto assurde siano le regole della dimensione spazio-temporale, l’importante è che siano rispettate fino alla fine) è mantenuta per tutto il film e questo contribuisce all’armonia dell’opera.

Nel futuro, i mutanti soccombono senza alcuna possibilità di resistenza alle potenti sentinelle, robot creati da Bolivar Trask (Peter Dinklage) appositamente per distruggere la specie mutante. Il professor Charles Xavier (Patrick Stewart) e il suo avversario di sempre Magneto (Ian McKellen) tentano un piano disperato: rimandare indietro nel tempo Wolverine per cambiare gli eventi che hanno portato alla creazione delle Sentinelle e salvare così la specie. Nel passato Wolverine trova il classico spaccato della società americana degli anni 70’ scossa dalla guerra in Vietnam e dalla morte di JFK. All’epoca, il giovane Charles (James McAvoy) è un uomo sconfitto dalla vita, senza poteri e con Hank McCoy, la Bestia (Nicholas Hoult) come unico amico e conforto, mentre Magneto (Micheal Fassbender) è confinato in una prigione di massima sicurezza. Sarà Wolverine a ritrovare i due e a convincerli a collaborare. Tuttavia Wolverine, il macho tutto muscoli e pieno di sé, non ha un ruolo di primo piano. I veri protagonisti sono i due giovani amici-nemici, il loro rapporto contraddittorio e la loro relazione con Mistica, (Jennifer Lawrence) il motore di tutta la storia, alla quale sicuramente poteva essere dedicato uno spazio maggiore.
Il film scorre veloce, la sceneggiatura è ben costruita e gli attori sono eccezionali. Lo stile di Ian McKellen farebbe invidia alla Regina Elisabetta, Micheal Fassbender nei panni dello stesso personaggio da giovane ha lo stesso carisma e portamento, Hugh Jackman è perfetto nel ruolo del supereroe spaccone e l’animo tormentato di James McAvoy tiene davvero incollati allo schermo. Il tutto è condito con stupefacenti effetti speciali che rendono epiche le battaglie tra mutanti e sentinelle, delle vere opere d’arte grafica. In mezzo al turbinio di scontri, esplosioni, inseguimenti, compare il tema che fa da fondo a tutto il film: l’ineluttabilità del tempo e la predestinazione. È possibile invertire il corso della storia? Il tempo è davvero un flusso inarrestabile che scorre verso un’unica direzione come spiegato dalla teoria quantistica enunciata da Hank quando gli sforzi dei nostri eroi appaiono vani? Oppure questo flusso può essere alterato? L’uomo e le sue azioni possono cambiare il corso della storia come sembra credere il giovane Charles?
L’opera di Bryan Singer, degno proseguo del prequel X-Men l’inizio, rilancia definitivamente la saga dei mutanti, un po’ opacizzata dalla fine della precedente trilogia, X-men Scontro Finale, fornendo una risposta a tutte queste domande. Il messaggio finale, portato al pubblico per bocca del giovane Charles, è potente e chiaro. Un messaggio di speranza per l’umanità tutta, normale o mutante che sia.

 

Questo articolo è stato scritto da Davide Masciocchi

 

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