360 – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png 360 – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Bentornata Serie A! http://www.360giornaleluiss.it/bentornata-serie-a/ Fri, 29 Sep 2017 09:53:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8889 Finalmente possiamo dirlo: bentornata Serie A! D’altronde, per tutti gli appassionati il calcio non finisce mai: dalla fine dei campionati nasce l’attesa per le preparazioni atletiche, le amichevoli estive, il “calcio d’agosto” che non esprime mai il reale valore delle squadre, per poi arrivare alla prima giornata di campionato ed iniziare di nuovo a pregustare

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Finalmente possiamo dirlo: bentornata Serie A! D’altronde, per tutti gli appassionati il calcio non finisce mai: dalla fine dei campionati nasce l’attesa per le preparazioni atletiche, le amichevoli estive, il “calcio d’agosto” che non esprime mai il reale valore delle squadre, per poi arrivare alla prima giornata di campionato ed iniziare di nuovo a pregustare quell’aria particolare. Particolare perché una domenica senza calcio “è come un cielo senza stelle”, si vive il prepartita sin dal mattino per poi urlare a squarciagola durante i novanta minuti affinché la squadra del cuore possa vincere.

Ebbene, arrivati alla 6a giornata di campionato della Serie A, è già possibile analizzare la piega che il torneo sta prendendo in queste primissime partite. Partiamo dalle cosiddette “big”: con ormai la certezza di una Juventus sempre più forte e padrona (forse) del campionato, le altre squadre non sono mancate all’appello; la Roma, dopo una vittoria tutt’altro che convincente a Bergamo contro l’Atalanta e la sconfitta immeritata all’Olimpico contro l’Inter alla seconda giornata, si è ripresa, specialmente nelle ultime due partite, mostrando buon gioco e unità d’intenti nel perseguire il risultato, ma l’allenatore Di Francesco sa che la sua squadra ha ancora ampi margini di miglioramento.

La squadra che quest’anno, seguendo uno scenario prefiguratosi già verso la fine della scorsa stagione, sembra dover interpretare il ruolo da vera “antagonista” nella corsa allo “Scudetto” con la Juve è il Napoli: con 22 gol fatti e 5 gol subiti, la squadra di Maurizio Sarri è indubbiamente la più in forma del campionato. Da sottolineare in particolar modo la vittoria alla Quinta giornata all’Olimpico per 4-1 contro la Lazio, seppure abbia corso qualche brivido nell’ultimo turno a Ferrara contro la SPAL, vincendo la partita al minuto 83 grazie al gol di Faouzi Ghoulam.

Merita una menzione particolare anche la squadra di Simone Inzaghi: dopo un campionato sorprendente come quello dell’anno scorso, molti hanno espresso degli scetticismi riguardo alla continuità delle prestazioni dei biancocelesti; con la SPAL alla prima giornata (una partita a reti inviolate) e nella debacle col Napoli in casa, i cosiddetti “acquilotti” sono riusciti a mostrare un buon gioco, e in particolar modo a Milano contro il Milan, portando Ciro Immobile a due gol di distanza dal Capocannoniere del campionato, Paulo Dybala (a quota 10 gol).

Dopo aver menzionato il bomber della Serie A, non può mancare una breve analisi sulla Juve: breve, poiché i bianconeri hanno ripreso da dove avevano lasciato, macinando punti e mettendo in risalto soprattutto un Dybala in grandissima forma che, con la nuova numero 10 sulle spalle, piuttosto che soffrire della pressione sta sfornando prestazioni eclatanti tra cui due triplette messe a segno in appena 6 giornate di campionato.

Un’analisi particolare è da fare su due squadre che stanno cercando di riottenere quello “status quo” di grandi e temibili squadre della massima serie e che sono finite in un limbo dal quale sembra difficile uscire: Inter e Milan. Partendo dai Rossoneri, dopo un precampionato vissuto con un mercato scoppiettante, con acquisti messi a segno come Hakan Çalhanoglu, André Silva, Federico Musacchio, Ricardo Rodrìguez e su tutti Leonardo Bonucci dalla Juventus (il più clamoroso), la compagine di Vincenzo Montella non ha tuttavia dimostrato di essere ancora squadra; dopo la vittoria di Crotone, qualcosa sembra non aver funzionato tra i suoi giocatori: grave è stata la sconfitta contro la Lazio in casa ed ancor più grave, seppur con una vittoria nel mezzo, è stata la sconfitta contro una Sampdoria che sta sorprendendo sotto la guida di Giampaolo (già l’anno scorso aveva mostrato ottimi segnali) e che ha ridimensionato sia il gruppo tecnico del Milan sia il gruppo manageriale, con una forte presa di posizione da parte del nuovo AD Marco Fassone. Molte incertezze ruotano attorno ad una delle squadre più gloriose d’Italia, soprattutto per quanto riguarda il mercato fatto, poiché molti ritengono sia stata una campagna mirata a prendere tanti nomi, senza avere la consapevolezza di dover poi costruire un gruppo che si conosca e che sappia giocare: unica nota positiva il giovane Patrick Cutrone che sta sorprendendo gli addetti ai lavori e gli appassionati (decisivo giovedì per agguantare la vittoria al ’94 contro un modestissimo Rijeka).

Per quanto riguarda l’Inter, la situazione è completamente diversa: dopo l’ennesimo cambio alla guida tecnica, con l’arrivo di Luciano Spalletti dalla Roma, dopo le promesse di un mercato altisonante ma che in realtà è stato improntato nuovamente su delle spese controllate, i Nerazzurri sembrano essere partiti piuttosto bene rispetto ai cugini; le prime due vittorie, rispettivamente contro Fiorentina e Roma, sono state una ventata di aria fresca, soprattutto per i tifosi, depressi dopo anni di sofferenze e rinvigoriti con l’arrivo di uno dei migliori tecnici sul palcoscenico italiano; unica pecca di queste prime 6 giornate è il pareggio a Bologna. Nonostante la squadra di Spalletti sia la miglior difesa del campionato (e non è poco visti gli scarsi risultati degli ultimi anni), vige ancora un problema di non poco conto: i Nerazzurri hanno acciuffato i 3 punti con prestazioni appena sufficienti, senza esprimere buone trame di gioco e segnando negli ultimi 30-20 minuti delle partite.

Tuttavia, vi è un problema ricorrente che è visibile già in questo inizio di campionato: le cosiddette “neopromosse”. Guardando la classifica di Serie A, si può evincere come il Benevento e l’Hellas Verona stiano faticando e non poco ad entrare nel ritmo del massimo campionato, a differenza della SPAL, la quale sta mostrando grandi capacità e voglia di lottare per guadagnarsi la salvezza.

Soprattutto “le Streghe” mostrano evidenti lacune in fase difensiva, subendo imbarcate clamorose come quella a Napoli, e i dati parlano di solo un gol segnato (da Amato Ciciretti, trequartista scuola Roma) e ben sedici subiti.

Ovviamente, bisogna analizzare i dati e domandarsi come sia possibile che, in Serie A, il massimo campionato italiano, ci siano squadre che, in un qualche modo, abbassano sensibilmente il livello della competizione: sia chiaro, non è un’accusa né al Benevento né all’Hellas, ma una riflessione sulle capacità economiche esigue delle squadre di Serie B e di alcune compagini della stessa Serie A, che non permettono loro di poter fare acquisti di livello. Sarebbe ottimo se venissero concesse maggiori possibilità ai giocatori provenienti dalle giovanili, anche dei grandi club, di modo che possano guadagnare esperienza e garantire quell’adeguato ricambio generazionale che, purtroppo, la Nazionale di calcio non sta avendo dai tempi del Mondiale vinto in Germania nel 2006.

Discorsi, analisi, sogni di gloria, capocannonieri e sorprese; in ogni caso, possiamo finalmente dire: bentornata, Serie A!

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Zero: quello che non siamo http://www.360giornaleluiss.it/generazione-zero-non-siamo/ Thu, 08 Oct 2015 14:53:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4519 ISTRUZIONI PER L’USO Main Streaming ha la velleità di proporsi come un’esperienza che vada oltre la semplice lettura. Per fare ciò troverete, prima di ogni articolo, un box nel quale saranno indicati uno o più brani da accompagnare alla lettura. Le tracce proposte saranno sempre inerenti all’argomento e lo stile di scrittura cercherà di mantenere

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ISTRUZIONI PER L’USO
Main Streaming ha la velleità di proporsi come un’esperienza che vada oltre la semplice lettura. Per fare ciò troverete, prima di ogni articolo, un box nel quale saranno indicati uno o più brani da accompagnare alla lettura. Le tracce proposte saranno sempre inerenti all’argomento e lo stile di scrittura cercherà di mantenere lo stesso ritmo, più o meno incalzante, più o meno sostenuto, del brano che lo accompagna. Cliccate sul nome del brano e verrete indirizzati al video.

Le Luci della Centrale Elettrica – I Destini Generali

Ognuno di noi, nel corso della sua vita, attraversa la Storia, sì, esattamente quella con la s maiuscola. Non c’è modo di sfuggire alla storia e anzi è lei che, a seconda delle vicende umane e non, decide l’intensità delle nostre vite.
Mi spiego meglio. Pensate alla vita condotta da un maschio bianco della classe media in America negli anni del boom economico.Un lavoro, la prima auto, un matrimonio (magari anche un divorzio) e dei figli. Ipotizzo. Ora pensate alla vita di un bambino siriano che in dieci anni di vita ha visto più orrori di quanti ne possiate mai aver visti voi. Non c’è altro da dire: navighiamo sospinti dagli eventi storici, ed è l’intensità di questi, non la nostra forza di volontà, a determinare l’efficacia del nostro timone.
Pensate alla storia come una sinusoide. Ponendo sull’asse delle ordinate un ipotetico numero degli eventi significativi e su quello delle ascisse il dato cronologico potremmo collocare la nostra storia, quella della mia generazione, su di un tratto con grande pendenza, in cui, nel più breve arco di tempo accadono il massimo degli eventi significativi. La mia generazione, quella che inflazionalmente viene chiamata «zero», è una barca alla deriva nel mare della storia ed è qui che tutto torna. Navighiamo in acque inesplorate: la rivoluzione tecnologica ha così radicalmente cambiato il nostro mondo che non esistono, o sono ad ogni modo pochi, i fari da seguire. La mia generazione porterà sulle sue spalle il peso di cambiamenti di una portata così grande, che riesce difficile ora capire. Eppure ne intuiamo la portata, o dovremmo, quando vediamo il Medio Oriente franare o il progetto del liberalismo fallire in tutto il mondo.
La televisione pornografica, la crisi della carta stampata e la sharing economy. Il mondo cambia giorno dopo giorno e la storia ne fa il verbale. Credo allora che raccontare la mia generazione, che ha visto le ultime luci del tramonto e vedrà le prime dell’alba, vuol dire scrivere di quello che tra cinquant’anni sarà un altro impegnativo capitolo del Sabaducci-Vidotto, e per questo mi scuso con gli studenti del domani.
Main Streaming vi racconta le storie della Storia. Una traccia, sfortunatamente delebile, del cambiamento e dei ragazzi che da adulti si troveranno in prima fila a fare i conti con gli errori del passato.
Siamo una generazione terrorizzata dal mainstream, disgustata dalla pubblicità e stufa della tv in chiaro. Siamo quelli della musica underground, del «melafonino» e dei servizi streaming. Siamo il «popolo di internet» e forse questo è vero, siamo i pioneri di un mondo differente da quello dei nostri genitori e se abbiamo finora sbagliato molto, probabilmente il peggio deve ancora venire. Eppure siamo la generazione più istruita e specializzata di sempre e pagheremo gli errori dei nostri padri, forse perchè non potremo fare altrimenti, forse perchè avremo assunto maggiore consapevolezza di quanto stiamo affrontando.
Probabilmente, la storia dirà di noi che non siamo stati abbastanza, ma saremo comunque stati più di uno zero.

 

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Lo scudetto è di Sassari. La Dinamo entra nella storia http://www.360giornaleluiss.it/lo-scudetto-sassari-la-dinamo-entra-nella-storia/ Tue, 30 Jun 2015 08:27:59 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3948 La festa – È finito anche il momento dei caroselli e dei festeggiamenti in Sardegna (la cronaca locale parla di oltre 10mila persone in piazza solo a Sassari) e ora, a mente fredda, è possibile guardare indietro a quella che è stata sicuramente una delle serie finali più spettacolari che il campionato italiano abbia offerto.

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La festa – È finito anche il momento dei caroselli e dei festeggiamenti in Sardegna (la cronaca locale parla di oltre 10mila persone in piazza solo a Sassari) e ora, a mente fredda, è possibile guardare indietro a quella che è stata sicuramente una delle serie finali più spettacolari che il campionato italiano abbia offerto. Reggio Emilia e Sassari hanno dato vita a una finale storica che, per soli due punti, ha visto la squadra sarda trionfare in gara-7 sul parquet avversario. Tutto questo dopo che entrambe le semifinali (con Milano e Venezia) si erano chiuse a gara-7. Storica perché l’impresa di centrare nello stesso anno sportivo Supercoppa Italiana, Coppa Italia e Scudetto è qualcosa che negli anni recenti era capitato solo al rullo compressore Montepaschi Siena e non certo a una squadra che fino a sei anni prima militava nel campionato di A2. Si dice che la storia ricorda solo i vincitori, ma questa potrebbe essere l’eccezione, grazie alle stupende sette gare che queste squadre hanno regalato ai tifosi italiani, in particolare una gara-6 conclusa dopo tre supplementari con un finale al cardiopalma.

Un bellissimo spot per la pallacanestro, confermato da uno share televisivo inimmaginabile in Italia per un campionato che non sia quello di calcio (si è parlato di oltre 1.300.000 contatti per gara-7 su Rai3 e di punte del 40% in Sardegna per gara-6 su RaiSport).

 

Onore ai vinti – Reggio Emilia ha dimostrato che con una squadra giovane e composta da tanti italiani sia possibile giocarsi il campionato fino infondo. Se dare tante responsabilità a un giocatore ormai affermato a livello europeo come Cinciarini può sembrare facile, sicuramente lo stesso non si può dire per tutto il (meritatissimo) spazio concesso ai vari Polonara, Della Valle, Cervi, Mussini e Pini i quali, con tutta probabilità, in altre squadre di pari livello sarebbero stati relegati a ruoli minori. Anche le altre scelte del duo Menetti-Frosini sono andate controcorrente: niente super-atleti, ma tanta sapienza cestistica con Kaukenas e Lavrinovic, Drake Diener come unico americano, Chikoko e Silins giovani nel posto giusto al momento giusto. Ai vinti rimane sicuramente l’amara convinzione che la serie non sarebbe stata la stessa senza gli infortuni di Mussini, Diener, Lavrinovic e Silins, ma la pallacanestro è anche questo e ciò non può che aggiungere valore ai risultati da loro raggiunti in Italia e in Europa nonostante queste grandi sfortune.

 

I Campioni – Nonostante l’inizio col botto (la vittoria della Supercoppa ad ottobre) non è stata una stagione semplice per il Banco di Sardegna. Doveva essere un anno di transizione con il rinnovamento di gran parte della squadra e il difficile addio ai cugini Diener, ma non è stato facile rimpiazzare gli idoli dei sassaresi. L’esperienza in Eurolega non è stata esaltante, in campionato è arrivata qualche sconfitta di troppo e ben presto è arrivato qualche fischio dagli spalti del PalaSerradimigni accompagnato da pesanti critiche sullo stile di gioco di Coach Sacchetti. A ciò hanno anche contribuito l’addio di Todic e Cusin, rimpiazzati in corsa dalla dirigenza sassarese, e qualche problema disciplinare di Sosa. La vittoria della Coppa Italia, in particolare la finale contro Milano, ha messo a tacere per un po’ queste voci, ma le stesse sono ricomparse a causa della discontinuità di alcuni giocatori e di alcune evitabili sconfitte.

Ma è dalla conquista dei playoff che è iniziato il vero e proprio miracolo sportivo, con le tre vittorie contro Trento, squadra ostica che due volte aveva battuto il Banco in stagione regolare, e la serie infinita contro Milano, chiusa solo in gara-7 nonostante il provvisorio 3-1.

La finale e questi playoff in generale sono stati l’esaltazione del gioco di Sacchetti: esplosivo, spensierato, con tanti alti e bassi, ma un’enorme libertà tattica e psicologica che permette ai giocatori di avere fiducia e di dare il meglio nei momenti decisivi. Lawal e Sanders hanno avuto una continuità impressionante, Logan e Dyson sono stati determinanti quando la palla pesava quintali e il nucleo di italiani, con Brooks, Kadji e Mbodj, è stato il perfetto collante.

 

Il Futuro – In casa Grissin Bon non è troppo difficile fare previsioni. Cervi sembra indirizzato verso Milano e Mussini ha già annunciato il salto in NCAA alla Saint John’s di New York. Drake Diener è dato in partenza e gli unici dubbi potrebbero riguardare gli acciacchi e l’età di Lavrinovic e Kaukenas, sebbene abbiano dimostrato di poter reggere, anche in condizioni precarie, fino alla fine di giugno. Sicuramente verrà sondato il mercato degli extracomunitari per un lungo e una guardia, in attesa delle decisioni estive dei due “vecchietti” lituani.

A Sassari, invece, sarà tutto più difficile. Lawal è in partenza per Barcellona (contratto da 3 milioni in 3 anni) e Sanders è tentato da diverse squadre turche. Logan pare avere trovato un accordo con la dirigenza sassarese per il prossimo anno ma, a causa del budget non ricchissimo, è abbastanza improbabile che si riesca a mantenere in Sardegna il gruppo degli americani. Coach Sacchetti, suo figlio Brian e Jack Devecchi hanno un contratto fino al 2018 ed è stato da poco ufficializzato l’accordo con Eyenga, ala congolese in uscita da Varese. L’ideale sarebbe portare in Sardegna qualche giocatore italiano di livello da affiancare al gruppo storico e ai lungimiranti colpi di mercato cui il GM Pasquini e il presidente Sardara hanno ormai abituato (e non è detto che, per una volta, non siano eccellenti riconferme).

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Tutti vorremo correre dietro ad un pallone. http://www.360giornaleluiss.it/tutti-vorremo-correre-dietro-ad-un-pallone/ Tue, 21 Apr 2015 19:12:09 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3321 Indonesia. Wonosobo. Stagione dei monsoni. Umido. Pioggia. Tempeste. Umido. Pioggia. Tempeste. Pioggia. Umido. Sole. La sveglia suonò alle 3.00am, la melodia avvolse la stanza energizzando e riscaldando l’ambiente. Mentre fuori era buoi e pioveva a dirotto. Quel giorno di gennaio io ed il mio partner in crime Gavin siamo saliti sul più attivo dei vulcani

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Indonesia. Wonosobo. Stagione dei monsoni.

Umido. Pioggia. Tempeste. Umido. Pioggia. Tempeste. Pioggia. Umido. Sole.

La sveglia suonò alle 3.00am, la melodia avvolse la stanza energizzando e riscaldando l’ambiente. Mentre fuori era buoi e pioveva a dirotto. Quel giorno di gennaio io ed il mio partner in crime Gavin siamo saliti sul più attivo dei vulcani che abitano il suolo indonesiano – Merapi.

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Abbiamo preso pioggia, freddo, acqua, aria per vedere niente di che, ma un timido sole sorgere ed illuminare la faccia del vulcano. Insoddisfatti. Molto insoddisfatti. Meglio la scarpinata sul Krakatoa, vulcano che nel 1883 eruttò drammaticamente entrando nella storia delle esplosioni più violente. Lì le scarpe si immergevano in una sabbia color nero cenere e ad ogni passo il terreno scricchiolava sotto i piedi, nel frattempo lo zolfo ti prendeva la testa procurandoti un piccola emicrania.

Insoddisfatti dunque siamo andati in città a Wonosobo, 810,000 abitanti, la quale si presenta confortevole e pulita alla vista e con un’imponente rotonda a forma quadrata che funge da piazza e da campo di allenamento per una squadra di calcio. All’inizio non sapevamo che i ragazzi che si stavano allenando facevano parte della famosa Ssb Bina Putra Wonosobo. Due campi, quattro porte, quarantaquattro tredicenni, due palloni, una casacca rossa.

Io e Gavin ci avviammo per una camminata di perlustrazione tra le viuzze della città. Chi andava in quattro in motorino, in ordine di posto – Bambina, Papà, Bambina, Mamma. Ovviamente senza casco. Chi possedeva un coloratissimo carretto di frutta fresca. Chi alzava la mano e la muoveva da destra a sinistra mimando un saluto. Chi correva e giocava dietro le ringhiere del parco della scuola concedendoci un sorriso. Chi sorrideva.

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Nella piazza l’allenamento proseguiva e l’umidità si faceva sempre più appiccicosa. I due campi che guardavano a nord erano divisi da una lingua di piastrelle e nel mezzo c’era un maestoso verdeggiante albero che concedeva la sua ombra ai ragazzi e alle mamme per rifocillarsi e riprendersi dalle fatiche. Noi non potevamo non andare li, a riposarci come fanno le persone del luogo.
La casacca rossa. Abbandonata nel prato, stava sicuramente aspettando di essere indossata. Io e Gavin ci guardammo. “Let’s do it”. Fu la sua risposta. Sapeva già quello che passava per la mia testa. Presi la casacca, la indossai e mi misi a sedere vicino le promesse del calcio indonesiano.

I ragazzi non parlavano benissimo inglese e la timidezza prevalse, ma da buon italiano iniziai a parlare a gesti. Siamo o no conosciuti nel mondo per questo nostro indiscusso talento?

Un nano millesimo di secondo ci volle per svoltare questa giornata monsonica.

Si avvicinò una mamma che si improvvisò intermediario, con ottimo successo, tra me i ragazzi ed il coach. Dopo qualche domanda, ci trovammo di sorpresa divisi in due squadre, la palla a centro campo e i passanti fermi incuriositi a bordo campo. Il fischio del fischietto sancì il via alla partita.

Tiro, passaggio, passaggio, palla persa, corri, cross, umidità, corri, passaggio, fallo,  prendi fiato, punizione, tiro, rimessa dal fondo, colpo di testa, passaggio, assist, GOAL, 1-0, palla al centro, passaggio, passaggio, tiro, duplice fischio. Palla al centro, fischio, passaggio, fallo, colpo di testa, rimessa da lato, acqua, corri, passaggio, tiro, palla persa, corri, corri, cross, GOAL, 1-1, palla al centro, passaggio, tiro, triplice fischio finale.

Era un normale giorno nella città di Wonosobo, dove il team locale Ssb Bina Putra Wonosobo si stava allenando.

Una casacca rossa, ventidue sorrisi, un’unica squadra.

2013.01.001039.Indonesia.Java copy

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Una rivalità…”Clásica”! http://www.360giornaleluiss.it/una-rivalita-clasica/ Wed, 25 Mar 2015 09:36:51 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2888 Una delle partite, quella andata in scena durante l’ultima giornata di Liga, con più fascino e talento sul rettangolo da gioco degli ultimi anni, quella che milioni (se non miliardi) di persone aspettano con ansia per una stagione intera, alimentando dibattiti e chiacchiere da bar che, negli anni non hanno fatto altro che gettare benzina

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Una delle partite, quella andata in scena durante l’ultima giornata di Liga, con più fascino e talento sul rettangolo da gioco degli ultimi anni, quella che milioni (se non miliardi) di persone aspettano con ansia per una stagione intera, alimentando dibattiti e chiacchiere da bar che, negli anni non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco di una rivalità che affonda le sue radici addirittura nella dittatura Franchista. Nata soprattutto come contrapposizione politica e di stile di vita, con ripercussioni continue in ogni aspetto della vita quotidiana, della quale il Calcio, un po’ come in Italia, è parte integrante e fondamentale. Stiamo parlando, ovviamente, del Futbol Club Barcelona e del Real Madrid Club de Futbol.

La rivalità tra le due compagini è ormai considerata leggendaria, un po’ perché sono le due squadre più titolate di Spagna, un po’ perché rappresentano due modi opposti di viverla, la Spagna. Da un lato Madrid, la Corona, il centralismo della Capitale dello Stato e della regione della Castiglia. Dall’altro Barcellona, la Catalogna e quella spinta indipendentista mai cessata che, con punte di fanatismo, si trasforma in odio verso tutto ciò che è Reale e Madrid.

Che gli abitanti delle città non vadano granché d’accordo è chiarissimo, ma perché questo si ripercuote anche sul calcio? Tra squadre di tale importanza, la competizione è inevitabile che diventi accesissima, se poi si aggiungono le connotazioni politiche di cui sopra, ci sono tutti gli elementi per trasformare questa storia (o forse sarebbe meglio dire queste storie), in vera e propria Leggenda, che ha in alcune tappe ben precise, il fondamento della rivalità stessa. La prima scintilla arriva, come detto, negli anni di Francisco Franco, accusato dai Catalani di proteggere e favorire il Real Madrid vista come squadra di regime, sospetto mai del tutto confermato, anche se nel 1943 durante il doppio confronto di finale della Copa del Generalisimo l’andata terminò con un secco 3-0 Blaugrana, seguito da un quantomeno sospetto 11-1 Merengues che portò la coppa a Madrid, con susseguenti insinuazioni (a mio parere più che fondate) di pressioni fatte da entità più o meno conosciute, ai giocatori del Barça per perdere quella partita. Ma questo fu chiaramente solo l’inizio.

Negli anni, avendo a che fare con due squadre così importanti e blasonate, è capitato anche che ci siano stati contrasti per accaparrarsi i migliori giocatori del momento (ai quali bisogna chiaramente aggiungere clamorosi passaggi da una parte all’altra della barricata). Il caso più eclatante fu quello che ebbe come protagonista La Saeta RubiaDon Alfredo Di Stefano. All’inizio degli anni ’50, infatti, quando ancora giocava in Argentina e iniziarono le trattative per l’inevitabile passaggio in Europa, si aprirono le ostilità tra Blaugrana e Blancos. Il contratto di Di Stefano era “diviso” tra due club Argentini: il River Plate e i Milionarios. Il Barça raggiunse l’accordo con il secondo, mentre il Real con il primo: si decise così che il giocatore avrebbe diviso la sua carriera tra le due squadre. L’allora Presidente del Barcellona, però, dopo le dure contestazioni dei tifosi, decise di ritirarsi dalla trattativa, permettendo che Don Alfredo si accasasse a Madrid, diventando uno dei giocatori più forti di ogni epoca.

Dopo un lungo periodo di stallo, si arriva ai giorni nostri, agli scontri del recente passato che ognuno di Noi ricorda con piacere e a quelli del prossimo futuro che si aspettano con ansia. La rivalità degli ultimi anni, forse più intensa che mai, si deve soprattutto a due grandi coppie di personaggi. La prima, ormai definitivamente dissolta, è la coppia Mourinho-Guardiola, che ha animato i Clasicos negli anni del Tiki Taka, dei Por qué? e della Manita. Ma soprattutto nello splendido anno, il 2011, in cui tra Liga, Copa del Rey, Supercoppa Spagnola e Champions League, tra le due squadre ci sono stati 7 incontri in un solo anno solare. A rendere il tutto ancor più interessante, se mai ce ne fosse stato bisogno, ci ha pensato l’altra coppia alla quale facevo riferimento, quella alla quale dobbiamo il miglior calcio degli ultimi anni, che ha acceso un nuovo duello che divide il mondo intero: Messi e CR7. Per gli amanti del calcio scegliere è come chiedere ad un bimbo se si voglia più bene a mamma o a papà, ma il giorno in cui si ritireranno ci renderemo conto di quanto sia stata una fortuna immensa vederli uno contro l’altro ogni domenica, nello stesso campionato, al culmine delle rispettive carriere. Una delle cose per cui, sicuramente, bisognerebbe ringraziare gli Dei del Calcio.

La verità è che il limite di 4000 battute (ufficialmente sforato) impostomi per questo articolo, ci porta momentaneamente alla fine del racconto delle storie dei Clasicos, ma sull’argomento potrebbero esserci pagine e pagine da scrivere, talmente tante che si potrebbe creare una vera e propria enciclopedia. La Nostra fortuna è che queste due squadre non sembrano avere la minima intenzione di cedere il primato in Spagna, in Europa e nel Mondo, dunque ci toccherà vivere ancora per un bel po’ le nuove storie che questa meravigliosa partita avrà da offrirci nelle stagioni avvenire. Un sacrificio che, personalmente, sono pronto a fare.

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Art for art’s sake- Retina Festival, giorno 2 http://www.360giornaleluiss.it/art-arts-sake-retina-festival-giorno-2/ Mon, 16 Mar 2015 15:56:22 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2216 E’ bello vedere come, anche per la seconda -ed ultima- giornata, il Retina Festival sia pieno di gente che va avanti e indietro per le sale. Maledico il tempo che la sera prima ci ha fatto quasi morire di freddo, complice anche la pioggia scrosciante ed un ombrello da dividere in tre. Oggi invece fa

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E’ bello vedere come, anche per la seconda -ed ultima- giornata, il Retina Festival sia pieno di gente che va avanti e indietro per le sale. Maledico il tempo che la sera prima ci ha fatto quasi morire di freddo, complice anche la pioggia scrosciante ed un ombrello da dividere in tre. Oggi invece fa caldo ed io, giustamente, ho addosso un maglione pesante.
Come se non bastasse, nel viale semi-buio che porta all’ingresso, vengo quasi investita da un’improbabile guida turistica in bicicletta e con le capacità al pari di Dora l’Esploratrice, che poi fugge a pedalate con due tizi nordeuropei a seguito. Le cose strane accadono pure al di fuori del Macro Factory.

Varcata nuovamente la soglia, decido -in preda a non so quale sete di sapere- di vedermi tutti i filmati della sezione Corpo. Probabilmente sono io altamente paranoica, fatto sta che, davanti ad un’opera quale “Misdeed” dell’artista turco Recep Akar, i brividi lungo la schiena non sono mancati: cinque persone in una stanza buia che ansimano e si contorcono, e -come chicca finale- il suono improvviso di un carillon, che vorrebbe essere simbolo di speranza in onore di chi è riuscito a resistere all’oscurità (ao’, sta scritto nelle brochure), ma che a me ha fatto solo accapponare la pelle. Credo avrò gli incubi per molto tempo, la mia insonnia ringrazia.
Colpa della tensione o meno, non appena parte il video successivo, di soli 26 secondi, quasi mi alzo di scatto, trattenendo urla e benedizioni indirizzate ai Tell No One per aver utilizzato come colonna sonora della loro “Metanoia” una canzone dei Muse, “Take a Bow”. Non se l’è mai inculata nessuno dal 2006, ma ho comunque avuto un moto di affetto quasi materno, consapevole che l’amore (o la malattia?) per certe band non mi passerà mai.

Lasciandomi alle spalle gioie e dolori provocati dalla visione di quasi un’ora di stramberie (nella mia testa ormai frulla solo la parola ANSIA), vado alla ricerca di qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere.
A quanto pare qui se non hai l’aria da finto alternativo non ti fanno entrare, perciò fermo il primo ragazzo hipster che mi trovo davanti. Esordisce lodando l’intera organizzazione del Festival, definendola impeccabile rispetto ad altre iniziative simili che, in passato, Roma ha completamente snobbato. Infatti mi dice di essere abbastanza esperto dell’ambiente. Miracolo. La prima persona dopo una lunga lista di gente che, la sera prima, probabilmente era presente solo per la birra a pochi euro e il dj set a base di Moderat.
Dopo poco scopro che per molti anni ha vissuto nel mio stesso paesino in Toscana, e me ne vado pensando che il caso si sarebbe potuto impegnare di più, che so, facendomi trovare davanti l’uomo della mia vita.

In compenso, incrocio Walter Paradiso, che ormai mi saluta come una vecchia amica; evidentemente l’intervista del giorno prima gli è piaciuta. Quasi mi manca pure il nostro amichetto giapponese, innamorato perso della mia stretta di mano, e quel suo oh-oh-oh da cartone animato anni ’90.
(Per leggere le interviste di Walter Paradiso e Yukio Ogura a cura di Giovanni Cerrati, clicca qui.)

Le ultime persone con cui parlo sono una coppia di studenti: lei una tedesca in erasmus, non spiccica parola manco in inglese, elfico o lingua madre, lui un ventenne curioso che tenta di capire qualcosa in più di questa arte ma che si perde nel suo stesso discorso.
“No, cioè,  figo qui. Le luci, le cose strane. Le scene sparaflashose mi hanno un po’ turbato, ma mica è facile dare un’interpretazione a questa roba, sai? Però molto bello, figo.”
Seh. Va beh, ciao. Magari voleva solo provarci con la tipa dalla bionda chioma germanica.

Il bello, però, deve ancora venire: nella seconda sala incappo in un tizio travestito da zebra, con tanto di cappuccio con le orecchie e scaldamuscoli maculati e, dopo un breve, serio e professionale scambio di opinioni con Giovanni via telefono (“FAGLI LE FOTO CON LA MACCHINETTA”, “MA E’ TROPPO SGAMANTE”, “FAI FINTA DI FOTOGRAFARE ALTRO. FAGLIELA DI SPALLE. COME TI PARE. MA LO VOGLIO. PAGALO.”, “QUESTA CITTA’ E’ UNA JUNGLA.”) decido letteralmente di braccarlo.
Anche uno dei supervisori se ne è accorto e se la ride sotto i suoi hipsterissimi baffi a manubrio mentre mi metto a sedere di fianco a Tigerman, già beatamente stravaccato nella sala Percezione. Mi fingo interessata al filmato di una catenella d’oro che cade in loop, in realtà sono concentrata a trattenere le risate.
Dopo svariati minuti di agonia, ripresosi dal suo stato di catalessi ed io da forti dolori addominali, decido di dire definitivamente addio alla mia dignità rivolgendogli la parola.

Dice di chiamarsi Diego e di essere un video motion designer. In parole spicce, si occupa anche lui di questo genere di arte, ma il suo pezzo forte è la video-grafica. Faccio fatica a stare dietro a ciò che dice perché parla con un tono di voce pacato ma inudibile, anche a causa della musica apocalittica proveniente dall’altra stanza. Mostro bandiera bianca alla mia sordità.
Gli chiedo di descrivermi festival e video-arte in due parole. Esplorativa e giovane, non si sbilancia in spiegazioni: come un’opera, anche lui lascia a noi l’interpretazione.  Pragmatismo a parte, si definisce abbastanza soddisfatto della mostra, ma critica le salette troppo piccole, aggiungendo che forse sarebbe stato saggio fare un’ulteriore scrematura dei filmati da proiettare, vista la scarsa disponibilità di spazio.
Ora però la domanda che tutti aspettano, l’unico motivo che vi ha spinti a leggere fin qui, presumo: perchè ti sei vestito così quando ormai pure il Carnevale di Viareggio è finito?
Candidamente mi risponde di vestirsi sempre da animale, pure per andare al mercato o alle poste, e forse mi lascio scappare qualche “davvero?” di troppo, ma non ci fa caso e si mette felice davanti all’obiettivo della mia reflex.
Mi lascia il nome del suo sito, avvertendomi che al momento non è visibile perché ha avuto problemi col dominio, e infatti a casa provo a cercarlo ma la faccina di Google Chrome mi mostra triste il broncio. Però dal profilo Facebook vedo che effettivamente dispone di una notevole collezione di costumi. Ah, quello da zebra deve essere il suo ultimo acquisto.
Lo saluto consapevole di aver parlato con un placido egocentrico, più che con un matto. Rimane però una delle poche persone brillanti incontrate lì dentro.

Ad esser sincera, non so dare una conclusione adeguata a questa esperienza, forse una delle più strambe che abbia mai vissuto. Perdonate anche il continuo tono sarcastico dei nostri articoli, dovete ammettere che si presta benissimo a certi “personaggi” in cui siamo incappati e forse questo non è altro che un modo per sopperire alla nostra pura ed ingenua ignoranza in materia: già, di video-arte continuiamo ancora a non capirci un cazzo.

Scherzi a parte, andate alle mostre, interessatevi anche a ciò che vi pare strambo: potrebbe essere un’ottima occasione per arricchire il vostro bagaglio culturale, così come lo è stato per noi.
Ulteriore avvertenza: astenersi persone ansiose, paranoiche o altamente impressionabili. In un modo o nell’altro, certe volte bisogna riconoscere che l’arte non è per tutti.

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Roma: la storia eterna http://www.360giornaleluiss.it/roma-la-storia-eterna/ Mon, 16 Mar 2015 12:52:16 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2554 Prendiamo una bella giornata di sole, clima tiepido, di quelli che ti invogliano ad uscire di casa dopo un lungo e freddo inverno. Bene, adesso inseriamoci, per avere uno spettacolo perfetto, uno dei palchi scenici più belli di sempre, quello di Roma, la città eterna. Una Roma che tutti ammirano, piena di monumenti che ci

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Prendiamo una bella giornata di sole, clima tiepido, di quelli che ti invogliano ad uscire di casa dopo un lungo e freddo inverno. Bene, adesso inseriamoci, per avere uno spettacolo perfetto, uno dei palchi scenici più belli di sempre, quello di Roma, la città eterna. Una Roma che tutti ammirano, piena di monumenti che ci permettono di essere famosi in tutto il mondo.
Ma Roma è solo questo? Chi vive in questa splendida città non può negare che essa riservi mille sorprese e non smetta mai di stupire. Una di queste è la recente apertura del Bunker di Mussolini a Villa Torlonia.

La Villa, situata sulla Nomentana, non troppo lontano da Porta Pia, racchiude vari edifici, adibiti a musei e mostre, tra cui la famosa Casa delle Civette, e un parco immenso dove in molti vanno a fare jogging e a rilassarsi.

Tra il 1925 e il 1943, Giovanni Torlonia Jr. la affittò alla cifra simbolica di una lira a Benito Mussolini, che ci si trasferì con la sua famiglia.Quando la guerra si fece sempre più minacciosa, il duce pensò bene di costruire lì un rifugio dove poter mettere in salvo la sua vita e quella dei suoi familiari durante i bombardamenti.Il primo ambiente scelto fu quello sotto il laghetto del Fucino, nel parco, attrezzato nel 1940 e fatto dotare di doppie porte blindate e di un sistema antigas di filtraggio e rigenerazione dell’aria, che veniva azionato con una manovella. L’illuminazione era a batteria, vi erano un gabinetto, un telefono, la cassetta del pronto soccorso ed un letto.Tuttavia, a causa dello spazio ridotto, la convivenza al suo interno sarebbe stata possibile solo per poco più di cinque ore.Il dittatore decise allora di realizzare un secondo rifugio, più funzionale, all’interno dello stesso Casino Nobile, che fu utilizzato dal 1942 al 1943.

Mussolini fece poi scavare sotto il piazzale antistante al Casino un bunker, ad una profondità di più di 6 metri, con una pianta a forma di croce e galleria a sezione circolare, il tutto coperto da uno strato di cemento spesso quattro metri. Tuttavia i lavori di rifinitura, come il sistema di aerazione, non furono terminati a causa delle difficoltà incontrate durante lo scavo, dovute ad un territorio poco adatto per sostenere tutta la struttura, ma soprattutto per via dell’arresto improvviso di Mussolini.La visita di questi siti, oggi totalmente ristrutturati, è arricchita anche da dei pannelli illustrativi che aiutano i visitatori a comprendere meglio una delle mille facce del ventennio fascista. Inoltre, vi sono riproduzioni degli oggetti che erano stati posti lì da Mussolini o dai suoi familiari, oltre ad un apparecchio radio che riproduce il messaggio di annuncio della caduta del dittatore.

Un lavoro di ristrutturazione che ha permesso di valorizzare un altro angolo di Roma, di mettere in luce aspetti nascosti di un’epoca fatta di dolori, guerre e distruzioni che dovrebbero non ripetersi mai.
Quale occasione migliore, dunque, per imparare qualcosa e scoprire un altro angolo della città eterna? Roma infatti non è solo rovine, non è solo passato, ma è storia che vive e della quale noi siamo parte.

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Culturama, un’esperienza d’ amore http://www.360giornaleluiss.it/culturama-unesperienza-d-amore/ Thu, 12 Mar 2015 09:50:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2472 Esattamente un anno fa, sono entrata a far parte dello staff organizzativo di Culturama, quasi per gioco: un po’ per curiosità, un po’ perché avevo scritto già qualche articoletto per 360°, questo giornale universitario di cui mi sono letteralmente innamorata ad una giornata della matricola di ormai, aihmè, tre anni fa . Dopo qualche riunione

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Esattamente un anno fa, sono entrata a far parte dello staff organizzativo di Culturama, quasi per gioco: un po’ per curiosità, un po’ perché avevo scritto già qualche articoletto per 360°, questo giornale universitario di cui mi sono letteralmente innamorata ad una giornata della matricola di ormai, aihmè, tre anni fa .

Dopo qualche riunione del giornale organizzata esclusivamente per la gestione del festival, ho capito che non c’era nessun gioco: c’erano invece tante persone appassionate, serie e piene di entusiasmo, intente a realizzare un progetto grandioso e, soprattutto, esclusivo.

Culturama è il primo Festival dell’informazione organizzato interamente da studenti universitari, un’ esperienza che ha permesso a noi semplici studenti di entrare in contatto con un mondo che cambia continuamente. Due giornate di convegni sul mondo dell’informazione, dell’editoria, dei nuovi media.

Me ne sono subito innamorata e mi sono buttata a capofitto in questa esperienza, che non si è rivelata solo una semplice partecipazione ad un progetto, ma una vera e propria esperienza d’amore.

Prima di Culturama , avevo avuto pochissime occasioni di entrare in contatto con i miei caporedattori, con i membri del 360° stesso, perfino con la stessa direttrice, che al tempo era Giulia Perrone. Grazie a quelle due giornate, ho scoperto una nuova “famiglia”, pronta ad accogliermi a braccia aperte e a valorizzare i miei punti di forza.

Ma Culturama è, ovviamente, molto altro.

Culturama significa stampare volantini distribuendoli non solo in tutto il nostro ateneo, ma anche negli altri atenei romani, perché Culturama è aperto a tutti.

Significa condividere le tue opinioni sulla politica e l’economia del tuo paese con veri giornalisti.

Significa scambiare battute con Beppe Severgnini e vederlo autografarti il suo libro, o chiedere di persona a Marco Frittella del TG1 la sua opinione sulle scuole di Giornalismo.

Significa vedere il direttore de “Internazionale” in un acceso dibattito con un corrispondente francese, o, ancora, discutere di crisi umanitarie con il portavoce dell’Unicef, un laureato LUISS. Ascoltare estasiati la prigionia in Siria e liberazione di una giornalista freelance agli esordi e, solo due ore prima, accorgersi che, prima di intervenire, Riccardo Bocca ha fatto una foto a noi del pubblico e l’ha pubblicata su Twitter.

Significa festeggiare l’ultimo giorno di convegni ballando la pizzica salentina con tutto lo staff.

Mi sono chiesta cosa pensassero le persone che mi vedevano letteralmente saltellare per i corridoi della LUISS in quei due giorni, se mi stessero prendendo per pazza o se anche loro fossero in quelle stesse condizioni. Quel che è certo è che i miei compagni di corso ora mi “odiano” per tutto lo spam che ho fatto in quei giorni sulla pagina Facebook del mio corso di laurea. Ma li ringrazio, perché sono venuti ad assistere alle conferenze e ne sono rimasti entusiasti.

Mi sono sentita grata in quei due giorni: avevo scritto solo pochi articoli per 360°, non ero parte del direttivo, non avevo un bagaglio di esperienze pari a quello di molti altri membri del mio giornale nel campo della comunicazione e del giornalismo. Io però sentivo che potevo farcela, potevo farcela anch’io. Potevo credere un po’ di più in me stessa e avvicinarmi pian piano a quel mondo.

Solo dopo la prima giornata, ricordo di essere tornata a casa stanchissima ma con il cuore gonfio di gioia, la testa piena di idee, spunti, opinioni, emozioni, ma soprattutto piena di tanta, tantissima voglia di mettermi in gioco. E non ero l’unica, ovviamente.

Oggi, un anno dopo, a ormai un mese dall’ inizio della seconda edizione di Culturama, sento che quella voglia di mettermi in gioco io ce l’ho ancora, ed è più viva che mai.

Nel frattempo, sono diventata caporedattrice per 360° e mi occupo della rubrica Attualità per il sito web. Ho scritto qualche articolo in più e ho rapporti più stretti con alcuni membri del giornale e con i miei stessi redattori. Anche quest’anno contribuirò nel settore del Marketing per Culturama, per quello che posso. Nonostante tutto infatti, non dimentico che sono ancora una semplice studentessa universitaria prossima alla laurea, con tanta strada da fare. Ma il diritto di sognare e credere in ciò che mi piace non può togliermelo nessuno, anzi. Culturama me lo ricorda tutti i giorni.

Ora sta per tornare.

Il programma è quasi chiuso, i giornalisti sono in contatto con noi e danno la loro disponibilità. Inutile dirlo, troverete tutta la nostra redazione e i nostri volontari lì, in prima fila, carichi come non mai: le edizioni passano, ma l’entusiasmo e la nostra voglia di partecipare restano.

Chissà se qualche nuovo lettore, studente o professore saltellerà con me nei corridoi quest’anno.

 

CULTURAMA 2015. Tenetevi pronti per il 10 e 11 Aprile, ovviamente in LUISS. Stiamo arrivando.

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Dedicato ai rifugiati http://www.360giornaleluiss.it/dedicato-ai-rifugiati/ Wed, 04 Mar 2015 14:05:05 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2330 in dall’inizio del mio percorso accademico sono stata interessata dalle tematiche concernenti i diritti umani e la loro tutela a livello internazionale. Questa curiosità mi ha portato a scegliere di scrivere la mia tesi triennale sulla campagna internazionale contro le mutilazioni genitali femminili “BAN FGM” che infatti ha rappresentato una pietra miliare nelle campagne volte

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Sin dall’inizio del mio percorso accademico sono stata interessata dalle tematiche concernenti i diritti umani e la loro tutela a livello internazionale. Questa curiosità mi ha portato a scegliere di scrivere la mia tesi triennale sulla campagna internazionale contro le mutilazioni genitali femminili “BAN FGM” che infatti ha rappresentato una pietra miliare nelle campagne volte alla protezione dei diritti delle donne. Quest’anno, anche a causa delle tragedie in mare che sono state protagoniste della cronaca italiana degli ultimi anni, ho avuto modo di interessarmi ed approfondire le diverse misure di assistenza e protezione dei rifugiati nel suolo italiano ed europeo e le diverse strategie impiegate dalle agenzie e istituzioni internazionali.

Qualche giorno fa sono tornata da un viaggio a Ginevra organizzato da ASP Roma, un’associazione di ragazzi di scienze politiche della LUISS che organizza spesso attività culturali e ricreative volte al confronto tra studenti e alla riflessione su alcune tematiche riguardanti la società. Il viaggio è stato parte integrante del progetto “Alla scoperta delle Organizzazioni Internazionali” svolto in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e organizzato principalmente da Efrem Garlando e Giovanni Starita, con l’aiuto fondamentale del coordinatore accademico Professor Cherubini e del Professor Le Fevre, il quale si è anche occupato di accompagnarci durante viaggio e di organizzare le visite con i funzionari internazionali. Il progetto comprendeva la partecipazione a quattro seminari, principalmente incentrati sullo studio della legislazione italiana ed europea per i rifugiati e sull’analisi dello scenario geopolitico del Mar Mediterraneo. Completavano l’esperienza la visita presso la sede di diverse organizzazioni internazionali a Ginevra, tra cui il quartier generale dell’UNHCR, e un workshop finale a conclusione del progetto.

Lo scorso semestre ho svolto un interessante tirocinio presso il Ministero dell’Interno nel dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione. Quale migliore occasione di questo viaggio per approfondire anche la tematica dei rifugiati? La possibilità di andare a Ginevra e poter ascoltare dal vivo la testimonianza delle persone che lavorano nelle istituzioni internazionali mi ha definitivamente convinto a partecipare. Vorrei inoltre sottolineare che i seminari sono stati interamente accessibili e gratuiti per tutti e la LUISS ha messo a disposizione una borsa di studio che copriva il 50% delle spese di viaggio e di alloggio a Ginevra.

Avevo una grande aspettativa sia per l’organizzazione e lo svolgimento dei seminari a Roma che per il viaggio a Ginevra e l’esperienza è andata oltre le mie aspettative. I seminari sono stati tenuti da importanti funzionari ed esperti nel campo tra questi la Dott.ssa Sami – portavoce UNHCR per il Sud Europa, Francesca Napoli – operatrice socio-legale al Centro Astalli di Roma, Dott. Schilling – Vice delegato UNHCR per il Sud Europa e il Dott. De Felice – Contrammiraglio della Marina Militare. La loro partecipazione e quella di tanti altri è stata particolarmente importante poiché, discutendo in maniera esaustiva le tematiche di loro competenza, hanno dato numerosi spunti di riflessione per accendere il dibattito tra i partecipanti. Dibattiti che si sono rivelati estremamente formativi poiché hanno fornito considerazioni utili sulle modalità di gestione dei flussi e sulle strategie da adottare in ambito nazionale e internazionale. Alcuni relatori hanno inoltre arricchito gli incontri con le loro testimonianze personali raccontando alcune situazioni di emergenza che hanno dovuto affrontare e narrando le storie di alcuni rifugiati che hanno vissuto la paura di morire e la disperazione di dover scappare di loro paesi. Uno dei seminari che mi hanno colpito di più ha riguardato la legislazione italiana nell’ambito della tutela dei rifugiati, nel quale si sono affrontate non solo le maggiori problematiche del nostro paese nel servizio di accoglienza e protezione, ma anche le possibili prospettive future in materia. Ritengo, infatti, che la scelta di dedicare un seminario a questa tematica sia stata un’ottima idea, dati i miglioramenti che si dovrebbero e potrebbero fare non solo in ambito italiano ma anche europeo.

Questa esperienza mi ha permesso di comprendere al meglio, e da un punto di vista privilegiato, le fondamenta su cui si basa il complesso sistema di coordinamento tra le politiche italiane, europee ed internazionali dedicate alla tematica dei rifugiati. Rispetto ad altri progetti a cui ho aderito, credo che questo sia stato organizzato molto bene poiché ha complessivamente arricchito la mia conoscenza sulle organizzazioni internazionali che si occupano di questa materia, ed in particolar modo sul lavoro dell’UNHCR. Sono infine convinta che sia necessario sensibilizzare l’opinione pubblica ed affrontare con gli studenti le tematiche che riguardano i rifugiati affinché quest’ultimi non vengano più percepiti come un onere o un peso per la società. Al contrario, la loro accoglienza e integrazione è un’opportunità per regalare loro una nuova pace, secondo l’infrangibile rispetto per i diritti dell’uomo ormai saldamente stabiliti dal diritto internazionale.

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Questo articolo è stato scritto da Thea Restovin

Thea Restovin è una studentessa di 23 anni dell’ultimo anno di laurea magistrale in International Relations del programma di Doppia Laurea della LUISS Guido Carli e dell’Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali. I suoi interessi riguardano le relazioni tra Unione Europea e Russia, il ruolo della società civile nella global governance ed i diritti delle donne e dei rifugiati.

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Dolce e amaro: il Double Degree di Maria Chiara http://www.360giornaleluiss.it/dolce-e-amaro-il-double-degree-di-maria-chiara/ Sat, 28 Feb 2015 14:25:33 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2231 È passato quasi un anno da quando ho scoperto di essere stata presa per il programma di Double Degree con l’ULB. Questo infatti non sarà il solito racconto di una studentessa partita per un Erasmus in una delle mille-e-una mete offerte dalla nostra università. Questa è l’esperienza di chi come me ha vissuto – e

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È passato quasi un anno da quando ho scoperto di essere stata presa per il programma di Double Degree con l’ULB. Questo infatti non sarà il solito racconto di una studentessa partita per un Erasmus in una delle mille-e-una mete offerte dalla nostra università. Questa è l’esperienza di chi come me ha vissuto – e sta vivendo – in prima persona, un programma che ti porta per un anno intero a frequentare un’altra università. Vivendo in prima persona non solo la quotidianità dei corsi universitari, ma anche dell’amministrazione burocratica e di quella accademica, dovendo alla fine del percorso discutere due tesi per l’ottenimento dei due titoli di laurea. Date queste premesse, devo essere sincera. Quando mi hanno chiesto di descrivere la mia esperienza ho avuto molte remore, per il semplice fatto che sono 5 mesi che sono qui a Bruxelles e i sentimenti di odio e amore si alternano continuamente. La mia reticenza è dovuta al fatto che è quasi un taboo raccontare i problemi che si riscontrano e le difficoltà alle quali si deve far fronte da soli quando si vive un’esperienza del genere. Soprattutto per una persona come me, che si ritrova per la prima volta, perlomeno seriamente, lontana da tutto e da tutti. Tutte queste sensazioni devono essere relazionate a dove mi trovo. Bruxelles è una città particolare, una città dove non si può sviluppare un senso di appartenenza, perché girandola si capisce che tutte le persone intorno a te sono straniere come te. Il melting-pot culturale e linguistico è così forte che non appena si esce ci si ritrova in una Babele fatta di lingue, culture e nazionalità che ti affascinano e spiazzano allo stesso tempo. Naturalmente questo è l’effetto delle numerosi sedi istituzionali europee ed internazionali che qui a Bruxelles hanno trovato da tempo la sede dei propri affari. Nonostante questo dei lati positivi ci sono. Li ritrovo soprattutto quando penso alla mia crescita personale. In questi 5 mesi sono cresciuta, sia caratterialmente che a livello di competenze acquisite. Caratterialmente mi sono messa alla prova. Inevitabilmente abitare da sola ti porta a maturare e a crescere. Dal punto di vista delle competenze, essere a Bruxelles significa essere di fronte ad un mercato del lavoro più dinamico rispetto a quello italiano, praticamente significa che sono già al secondo stage da quando sono qui, avendo potuto spaziare sia in termini di mansioni che di tipo di luogo di lavoro. Date queste considerazioni, se dovessi fare un resoconto di metà avventura Bruxelles e il mio Double Degree hanno un gusto dolce amaro. Davanti a me ho ancora 4 mesi, vedremo quali saranno gli sviluppi di questa avventura, vedremo quale sarà il mio giudizio finale.
Dolce e amaro: il DOuble Dregree di Maria Chiara2

 

Questo articolo è stato scritto da Maria Chiara Properzi

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