Cogitanda – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png Cogitanda – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Una sera d’inverno http://www.360giornaleluiss.it/una-sera-dinverno/ Sun, 18 Feb 2018 20:31:05 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9212 Il crepuscolo moriva sulle strade umide, appena appena bagnate dalla pioggia della sera prima. Aria di festa e diffusa felicità incorniciavano un’atmosfera ottocentesca che donava ancora più splendore alla Città Eterna. Gabriele, giovane studente e ardito sperimentatore del gusto, passeggiava per le vie con in petto una sommossa, con un senso di inguaribile insoddisfazione, con

The post Una sera d’inverno appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Il crepuscolo moriva sulle strade umide, appena appena bagnate dalla pioggia della sera prima. Aria di festa e diffusa felicità incorniciavano un’atmosfera ottocentesca che donava ancora più splendore alla Città Eterna.
Gabriele, giovane studente e ardito sperimentatore del gusto, passeggiava per le vie con in petto una sommossa, con un senso di inguaribile insoddisfazione, con un’anima sul ciglio della decadenza. La sensibilità del giovane lo portava all’intensificazione d’ogni esperienza, fosse pure la più comune. Era capace d’arrivare al pianto nel guardare una particolare composizione floreale, assaporando la bellezza d’ogni forma creata dalla splendida natura. Ciò che più attirava il giovane, però, era quel senso di non rivelato nelle speranze delle persone, come se volesse nutrirsi dei sogni e delle idee di chiunque lui reputasse un individuo superiore. C’era del fascino nelle cose trattenute ma comunque evidenti, un senso dell’ignoto che provoca vaneggiamenti e fantasie che corrono veloci, scalpitano, inducono desiderio.

Col suo cappotto lungo avviluppato Gabriele vagava senza un preciso posto dove andare, poggiandosi al suo ombrello intarsiato, immaginandolo come un bastone da passeggio dell’alta borghesia dei secoli precedenti. Negozi, vetrine e locali illuminavano la sera che aveva ormai riempito i vicoli di Roma, aumentando le suggestioni del ragazzo desideroso del bello.
Non appena voltato l’angolo, Gabriele intravede in lontananza una figura muliebre che dal primo istante scatena una calamità interiore, un abbaglio, un lampo d’aria gelida che risveglia i sensi. In lontananza una ragazza avvolta da un lungo soprabito che avvolge quasi tutto il corpo, rivelando poco o niente al giovane febbricitante.
Gabriele aumentò il passo, desideroso di scoprire chi fosse Lei, quella figura divina che rendeva le statue antiche e le opere d’arte tutt’intorno un qualcosa di superfluo. Nell’avvicinarsi vide le sue mani, splendide, eleganti, perfette in ogni minuzia.

La giovane camminava a passo svelto, come s’avesse una direzione precisa; passi sapientemente calibrati che lasciavano trasparire fermezza d’animo, senso d’avventura, pericolosità. L’aria tremava di fronte al preambolo d’un incontro che appariva imminente, d’una scoperta sensazionale che toglie ogni senso al vecchio provare. Il cielo della sera si dipinse di voluttà inespressa, l’aria più fredda, d’improvviso.
“La lussuria ha un fascino gelido ma tiene caldi come fosse fuoco” pensava Gabriele, mentre si faceva strada tra la folla che lo distanziava dalla Sua musa sconosciuta. Tutti i sensi di lui erano tesi nella direzione della bramosia e del senso di conquista, ogni fibra del corpo rispondeva a questo impeto violento di mescolanza d’anime.
È straordinario quanto ardito senso estetico c’è nel cuore di chi s’impegna a cercare la bellezza nella vita d’ogni giorno. Tutto ciò che viene visto diventa un’opera d’arte di cui si è succubi e artefici al contempo. Creare ed esserne schiavi, vivere del proprio senso del gusto ed esserne sottomessi.

La distanza tra i due era ormai minima. Ogni atomo di Gabriele era sull’orlo del raggiungimento delle sue fantasie.
La chiamò:
“Scusami”
Nella voce di lui un misto d’incertezza e di senso di smarrimento, segno di una forte volontà. Perché egli sapeva che è nei momenti in cui si rischia di precipitare che si impara a spiccare il volo.
Lei si girò, quasi fosse infastidita e distratta da una piccola seccatura.

Nel guardarle il volto, Gabriele ebbe un sussulto, una scossa nel petto.
Egli non aveva mai visto una bellezza così raffinata, così limpida, chiara e fresca come le acque del mare.

The post Una sera d’inverno appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9212
Serapia, Sabino e il Vescovo Valentino http://www.360giornaleluiss.it/serapia-sabino-vescovo-valentino/ Wed, 14 Feb 2018 09:43:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9205 Febbraio è da sempre considerato il mese dell’amore, festeggiato dalle coppie il 14 durante la festa di San Valentino. Sebbene tutti conoscano la festività, la leggenda legata al motivo per cui si festeggia questo sentimento non è molto nota. San Valentino nacque a Terni in una famiglia patrizia e successivamente si convertì al cristianesimo, divenendo

The post Serapia, Sabino e il Vescovo Valentino appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Febbraio è da sempre considerato il mese dell’amore, festeggiato dalle coppie il 14 durante la festa di San Valentino. Sebbene tutti conoscano la festività, la leggenda legata al motivo per cui si festeggia questo sentimento non è molto nota.

San Valentino nacque a Terni in una famiglia patrizia e successivamente si convertì al cristianesimo, divenendo Vescovo della stessa città nel 197, a soli 21 anni. La sua fama crebbe a tal punto che l’imperatore Claudio II il Gotico lo invitò a Roma per cercare di convincerlo ad abbandonare la sua fede, ma il Vescovo rifiutò cercando di convertirlo. Graziato dall’imperatore, che decise di non giustiziarlo per l’atto commesso, il successore Aurelio lo fece arrestare e uccidere il 14 Febbraio 273.

In realtà, il motivo legato alla festività dell’amore è legato ad una delle tante opere che egli fece in vita, aiutando due giovani, Serapia e Sabino.

Il matrimonio dei due amati era ostacolato dalla famiglia della ragazza cristiana, che non le avrebbe mai permesso di sposare un centurione romano pagano. Serapia tentò di convincere i propri genitori del loro amore, ma non riuscendo a far cambiare loro idea, si rivolse al Vescovo.

Il Vescovo dell'amore

Valentino, colpito dall’amore dei giovani, li informò che l’unico modo per celebrare le nozze sarebbe stato di far convertire Sabino, che accettò e si fece battezzare.

Quando tutto sembrava ormai risolto e i per i due si avvicinava il fatidico giorno, una terribile notizia sconvolse la quiete di quelle giornate di festa: Serapia era affetta da una forma avanzatissima di tisi. Ben presto la ragazza peggiorò e i genitori di lei, insieme a Sabino, chiamarono il Vescovo perché andasse presso il letto della moribonda.

Valentino venne accolto in casa e poco prima che potesse benedire Serapia venne interrotto da Sabino che in lacrime lo supplicò di non separarlo dalla sua amata, senza la quale avrebbe condotto una vita misera e infelice. Il Vescovo ascoltò le sue parole in silenzio e, alzando le mani al cielo per eseguire la benedizione, fece avvolgere i due giovani in un sonno che li unì per l’eternità.

Dunque, durante il 14 febbraio, si festeggia una storia di due giovani amanti che si giurarono amore per l’eternità e nell’eternità di una vita non terrena, sicuri che più nulla li avrebbe separati.

Le reliquie del Vescovo sono conservate a Terni dove diversi anni fa, durante degli scavi, è stata rinvenuta la tomba di Sabino e Serapia, i cui corpi sono stati ritrovati abbracciati l’uno all’altro.

The post Serapia, Sabino e il Vescovo Valentino appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9205
Rem http://www.360giornaleluiss.it/rem/ Mon, 12 Feb 2018 09:30:49 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9183 Sono le due di notte. E per adesso, sono due solstizi interi che volgono al termine. Adagio come il mio solito fare notturno, metto giù la penna e chiudo gli occhiali, contestualmente al diario. Ancora ricordo il giorno in cui l’ho comprato. Un diario nero, con un ghoul disegnato sulla copertina e degli schizzi d’inchiostro

The post Rem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Sono le due di notte. E per adesso, sono due solstizi interi che volgono al termine.
Adagio come il mio solito fare notturno, metto giù la penna e chiudo gli occhiali, contestualmente al diario. Ancora ricordo il giorno in cui l’ho comprato. Un diario nero, con un ghoul disegnato sulla copertina e degli schizzi d’inchiostro sul retro. Un po’ come fosse lo spirito dei miei sogni, la parte concreta delle immagini surreali che si costruiscono sotto le ciglia.

Alzandomi in piedi, mi accorgo di quanto freddo il mio corpo sia diventato stando a contatto col gelo secco della stanza. La stanchezza inizia a far tremare gli occhi che ruotando iniziano a chiamare il divano bianco latte. Mi siedo accanto ad una macchia nera della stessa penna con cui scrissi la sera prima, ed osservandola mi resi conto che anche stanotte le iridi dietro le palpebre mi avrebbero raccontato di nuovo.

Questa volta l’atmosfera è diversa. Tira vento, ma non sento freddo. Mi trovo sul marciapiede di una piazza raccogliendo un accendino giallo, giallo come un girasole. Mi tiro su per sciogliere il nesso tra i piedi e il marmo, e lentamente le mie dita iniziano a prendere fuoco. Lì il dubbio si fa più forte. Vorrei chiedere aiuto, ma non saprei da che lato girarmi. È dietro di me che ho lasciato il presente? O è proprio davanti a me che devo riprendere il mio passato?

Dietro le quinte del reale
Le colonne che reggono il palazzo alla mia sinistra iniziano a sfaldarsi. Macigni rossi iniziano a cadere sui miei piedi, e le dita cominciano a sentire l’aspro del calcestruzzo. Ansimo. Respiro talmente affannoso che qualcuno dietro di me riesce a sentirmi. Poggia le sue dita sulla mia spalla, ticchettandole ripetutamente sulla mia pelle. Sembra volermi dare una mano, ma quelle dita premono su di me più forte dell’acciaio, come se quella stessa mano si fosse poggiata sulla mia spalla non per aiutarmi, ma per spingermi più in fondo.

È ancora notte. I lampioni non cessano di lampeggiare, la luna non cessa di brillare, ed all’ultimo ticchettio di dita, i miei occhi si spalancano ad osservare una sagoma bianca a qualche metro da quella che potenzialmente potrebbe diventare la mia tomba. Ma è proprio quella luce che mi permette di definire questo “potenziale”. Rinvigorisco. Sono pronto a ribattere, e reagisco scuotendo il braccio dove si era posata la mano di ferro.

È in questo momento che mi risveglio.
Sono io. Padrone di me stesso e del mio corpo. Così padrone da riuscirlo ad osservare sdraiato sul divano, mentre sogna ed io, un’anima fantasma talmente leggera, fluttuo in un’aria color turchese.
Vorrei sorridere. Vorrei urlare al mondo la mia leggerezza. Vorrei gridare al mio cuore che la scelta è proprio davanti ai miei occhi, ma l’emozione inizia a crollare al rumore dei miei stessi denti che stridono.

La paura di fallire anche stavolta spegne le fiamme delle mie dita, toglie l’asfalto dai miei piedi, inizia a farmi sentire il morbido del cuscino dove mi ero addormentato.
Sono le due e cinque di notte. E per adesso, un altro sogno è giunto al termine, un altro solstizio sta iniziando.

The post Rem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9183
Il Ponte del diavolo http://www.360giornaleluiss.it/ponte-del-diavolo/ Fri, 26 Jan 2018 17:41:00 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9152 Per prima cosa vorrei ringraziare la mia amica e compagna di collegio Sofia, per aver condiviso con me questa curiosa leggenda tipica della sua regione, la Toscana. Grazie non-coinquilina! La leggenda toscana che tratteremo, tuttavia, non riguarda nessuna Sofia, ma è la storia del “Ponte del diavolo”. Molti anni orsono, i cittadini di Borgo a

The post Il Ponte del diavolo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Per prima cosa vorrei ringraziare la mia amica e compagna di collegio Sofia, per aver condiviso con me questa curiosa leggenda tipica della sua regione, la Toscana.

Grazie non-coinquilina!

La leggenda toscana che tratteremo, tuttavia, non riguarda nessuna Sofia, ma è la storia del “Ponte del diavolo”.

Molti anni orsono, i cittadini di Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca, affidarono ad uno dei migliori capomastri la costruzione di un ponte che permettesse loro di attraversare il fiume Serchio.

Stabilita la data di consegna, il capomastro si mise subito all’opera, nella speranza di finire il prima possibile. Passarono numerosi giorni, eppure i lavori non procedevano. L’uomo lavorava ininterrottamente, giorno e notte, senza mai riposarsi, senza perdere mai le speranze, mentre il giorno della consegna si faceva sempre più vicino.

Alla vigilia della consegna, quando ormai mancavano poche ore, egli si vide davanti un distinto uomo d’affari. Quest’uomo gli propose un patto che il capomastro non poté rifiutare: egli avrebbe terminato il ponte in tempo per il mattino seguente in cambio dell’anima di colui che lo avesse attraversato per primo.

Il mattino seguente tutto il popolo si recò presso il Serchio ed ammirò il ponte ormai ultimato. Il capomastro, che aveva ben compreso la natura soprannaturale dell’uomo d’affari, avvertì tutti di non attraversare il ponte fino al giorno successivo e si recò dal Vescovo in cerca di consiglio.

Quando al tramonto egli fu di ritorno, il diavolo si mise in attesa e, non appena udì dei passi sul ponte, rubò l’anima di colui che lo stava attraversando. L’essere però si rese subito conto di essere stato ingannato, perché l’anima non era del capomastro, ma di un maiale e, pieno di rabbia, si lanciò nel fiume e scomparve.

Negli ultimi anni il ponte è stato protagonista di diversi dibattiti sulla possibilità di un eventuale restauro. Numerosi sono i pareri contrastanti, anche se gli abitanti del luogo preferirebbero mantenere le caratteristiche gobbe di diversa grandezza del ponte, sotto il quale scorre il fiume.

The post Il Ponte del diavolo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9152
The Irrational Choice http://www.360giornaleluiss.it/the-irrational-choice/ Mon, 22 Jan 2018 13:34:41 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9143 Secondo un semplice calcolo, una persona dovrebbe impiegare circa cinque minuti della propria vita per leggere e – se l’autore è abbastanza bravo – comprendere un articolo di questa lunghezza. Niente di che, un battito di ciglia. Ma i benefici di questa lettura da cinque minuti? Sarà abbastanza interessante? Potrebbe arricchirci in qualche modo? In

The post The Irrational Choice appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Secondo un semplice calcolo, una persona dovrebbe impiegare circa cinque minuti della propria vita per leggere e – se l’autore è abbastanza bravo – comprendere un articolo di questa lunghezza. Niente di che, un battito di ciglia. Ma i benefici di questa lettura da cinque minuti? Sarà abbastanza interessante? Potrebbe arricchirci in qualche modo? In caso di risposta negativa, ecco che i cinque minuti, il battito di ciglia di cui parlavamo poco fa, diventano impiegabili per qualcosa di più importante o più vantaggioso.

È la tendenza individuale alla massimizzazione, un modo di ragionare e affrontare la vita ormai pervasivo che rientra, anche inconsapevolmente, in ogni campo in cui ci muoviamo. È la razionalità strumentale, direbbero alcuni. E forse l’unica forma di razionalità, aggiungerebbero altri.

È il sotto-sotto-prodotto dell’economia.

Tutti homines oeconomici dunque? Calcolatori, pratici, alla continua ricerca del meglio, se va bene anche con il minor sforzo. Un quadro un tantino triste e sicuramente un po’ troppo utilitarista rispetto a quello che ci piace dipingere dell’umanità. In quali casi gli uomini hanno speso qualcosa di effettivamente o soggettivamente importante, senza aspettarsi alcuna ricompensa, latente o meno, materiale o meno? Ultimamente è più raro assistere ad un evento del genere, ma è necessario non lasciarsi rinchiudere nella “gabbia d’acciaio” (Weber) e cercare l’eccezione.

Parliamo di ideali. Parliamo di passione. E non la passione che porta ad una gratificazione che pareggia i conti alla fine. Nemmeno di ideali che promettono una scalata o un riconoscimento. Si tratta del pathos come slancio e sofferenza, e degli ideali come costruzioni che per loro natura non garantiscono un’esatta realizzazione o razionalizzazione. Questi sconosciuti hanno mosso quelle “battaglie” portate avanti nonostante la consapevolezza di non riuscire a salire alla fine sul carro del vincitore.

Si tratta di forme di irrazionalità che non rimangono nella sfera privata e non muovono lotte “individuali”, come potrebbe avvenire per sentimenti ed emozioni, per esempio l’amore, nel caso non si volesse classificare – con una punta di cinismo – anche quest’ultimo come una tendenza istintiva alla massimizzazione del proprio bene, nel senso più strettamente metafisico e spirituale. Passione e ideali, pur essendo sentiti profondamente dall’individuo, creano coesione e collaborazione perché travalicano la dimensione privata e più intima. È questa la loro forza.

Irrazionali quanti siano andati avanti in questo modo, sicuramente. Potremmo dire incoscienti? In alcuni casi sì, con il rischio di risultare perfino maledettamente – e spaventosamente – coerenti. Ma essi ci aiutano a ridare un po’ di colore a quel triste quadro dell’umanità che si presentava poco fa. Ben vengano dunque il pathos e gli ideali e la scelta intelligente di rinunciare alla razionalità in alcuni momenti della propria vita.

The post The Irrational Choice appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9143
Non ho il pollice verde http://www.360giornaleluiss.it/non-pollice-verde/ Sat, 06 Jan 2018 09:29:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9127 Lasciatemi essere chi voglio essere, lasciatemi essere chi dico di essere. Lasciatemi sbagliare nel mio modo giusto di vedere le cose che poi maturerà al tempo opportuno. Lasciatemi i miei tempi, i miei spazi, che a volte si stringono un po’. Lasciatemi il mio mondo, solitario ma così colorato da far bruciare gli occhi. Lasciatemi,

The post Non ho il pollice verde appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Lasciatemi essere chi voglio essere, lasciatemi essere chi dico di essere. Lasciatemi sbagliare nel mio modo giusto di vedere le cose che poi maturerà al tempo opportuno. Lasciatemi i miei tempi, i miei spazi, che a volte si stringono un po’. Lasciatemi il mio mondo, solitario ma così colorato da far bruciare gli occhi. Lasciatemi, me.

È così bello quando a volte riusciamo ad auto convincerci che sì, possiamo far finta che tutto il mondo intorno a noi (ed intendo il mondo di relazioni, più strette o meno) non esista. Ma più che non esistere del tutto, è come se fossimo capaci di pensarlo come in stand-by, un flusso di fiume in pausa, una lancetta dei secondi prima di corsa poi ferma. Le preoccupazioni diminuiscono, la mente sembra più leggera. Che giorno è oggi? Non lo so e mi va bene così.

Decidiamo di dedicarci a chi vogliamo, a cose che ci fanno solo bene. Momenti che si allungano e acquistano valore anche se tempo e spazio si stringono. Poco tempo, pochi chi. Eppure, ogni istante scelto diventa una memoria, diventa qualcosa da ricordare per davvero. Come uno di quei racconti che facilmente troveresti in un diario non giornaliero né settimanale, con pagine interamente bianche non segnate da righe ma da lacrime di gioia e di dolore. Pagine ingiallite, angoli consumati.

Stringere lo spazio diventa sempre di più un’esigenza involontaria, un bisogno di ricevere emozioni vere. E quando gli occhi si alzano verso il mondo esterno, così carico di foto con finti sorrisi che non diventano ricordi ma solo un post da cui togliere il proprio nome tra un paio d’anni, gli angoli delle labbra si levano leggermente, gustando il piacere di sentirsi nel (piccolo e ristretto) spazio giusto.

Il mio mondo mi piace proprio per questa sua caratteristica: capace di stare insieme, amante della solitudine. Quando i rumori del mondo esterno bussano troppo forte, chiudere la porta è facilissimo. No, non voglio starci. No, non sono così. Si, decido io con chi passare questo tempo prezioso. Che sia con me stessa, che sia con chi rientra anche nella nostra più totale solitudine, che sia con il valoroso protagonista di un romanzo… la scelta è solo mia.

Eppure, questi momenti si contrappongono a giornate in cui le porte sono spalancate. Il colore non manca mai in realtà, neanche quando la porta è chiusa. Il portone mi piace riverniciarlo ogni stagione, ma anche ad ogni cambiamento di umore. Praticamente, il pennello è sempre a portata di mano. Ma quando le porte sono aperte, sul muro del mondo si dipingono strisce grezze di vernice, stese in modo grossolano e spesso, con qualche colatura; come se qualcuno avesse preso un po’ di vernice nel palmo della mano e l’avesse lanciata contro la parete bianca.

Dopo aver gettato i colori contro il muro, alcuni nodi si formano nella lunga chioma dorata del nostro amato mondo solitario. Il flusso del fiume non si ferma, la lancetta dei secondi non smette mai di correre. Ci sono cose che non possiamo rinviare a lungo, cose che non possiamo mettere in stand-by. Soprattutto perché poi sciogliere i nodi fa sempre male, qualsiasi sia il pettine. E allora bisogna occuparsi dei nodi come fiori che, prima di appassire, ci offrono l’ultima opportunità per salvarli.

Non ho il pollice verde. Il mio mondo con il mio tempo e i miei spazi mi sembra così perfetto e confortevole. Bisogna davvero dare conto al mondo esterno? Bisogna davvero coltivare tutto e far crescere un rigoglioso giardino? Io dico ancora, a modo mio, no. Voglio un orto, non un giardino, perché i fiori non mi piace guardarli appassire con le mani nelle mani.

E questo orto lo voglio all’interno delle mie porte. Questa è la parte più importante: coltivare sì, ma con chi e cosa scelgo di dividere quel tempo speciale, quel tempo che crea ricordi. Voglio dare retta al mondo che mi dà emozioni vere, perché altrimenti le pagine del mio diario ingialliscono senza alcun inchiostro. Dico sì ad un po’ di sana scelta ed egoismo, quel pizzico che serve per farci essere felici: riconoscere ciò che ci fa stare bene.

E allora lasciatemi, me. Lasciatemi il mio portone giallo e l’orto delle meraviglie che poi colgo e cucino per tutti, col grembiule bianco macchiato che mi fa sentire un po’ una pittrice. Lasciatemi i colori abbaglianti e la solitudine, il mio paradosso preferito. E se bussate, siate pronti a vivere vere emozioni.

The post Non ho il pollice verde appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9127
La Sirena di Napoli http://www.360giornaleluiss.it/la-sirena-napoli/ Sat, 23 Dec 2017 09:15:02 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9115 “In fondo al mar, in fondo al mar…” Tutti gli appassionati Disney e non, ricordano questa canzone del famosissimo classico “La Sirenetta”, ovvero Ariel, la fantastica sirena che fece un patto con la strega del mare per poter raggiungere l’amato principe Eric. Le sirene sono figure mitologiche molto antiche, di origine greca, il cui nome

The post La Sirena di Napoli appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
“In fondo al mar, in fondo al mar…”

Tutti gli appassionati Disney e non, ricordano questa canzone del famosissimo classico “La Sirenetta”, ovvero Ariel, la fantastica sirena che fece un patto con la strega del mare per poter raggiungere l’amato principe Eric.

Le sirene sono figure mitologiche molto antiche, di origine greca, il cui nome significa “coloro che intrappolano con il canto”. E su questo il vecchio caro Walt ci aveva azzeccato, donando ad Ariel una voce stupenda.

Eppure la mitologia e i numerosi scritti che riguardano queste, riportano differenti versioni di questa figura: dalla più classica metà donna metà pesce a uomini barbuti con mammelle o metà donne e metà uccelli, con artigli lunghi come Arpie. Le sirene però non utilizzavano la loro voce per incantare qualche principe, bensì i marinai che, stregati, si gettavano in mare o dirottavano la nave verso gli scogli.

L'origine della città partenopea

Una delle prime comparse della sirena, la abbiamo nel capolavoro omerico dell’Odissea come abitanti delle acque fra Scilla e Cariddi, che avevano provocato la morte di milioni di marinai. Il loro potere malefico sarebbe però svanito costringendole al suicidio solo se un uomo fosse stato in grado di respingerle.

Il giovane Ulisse era stato avvertito dalla maga Circe della loro presenza, ma non volle rinunciare ad udire il fantastico canto di queste creature. Avvisò i suoi compagni di usare dei tappi di cera per evitare di essere stregati dal loro canto e, lui escluso, si fece legare all’albero maestro della nave, riuscendo quindi a proseguire il suo viaggio.

Respinte con tanto ingegno, le sirene si lasciarono morire trasportate dalle correnti. Partenope, figlia del dio-fiume Acheloo e della musa Melpomene e particolarmente nota per la sua voce, arrivò fino agli scogli di Megaride, dove alcuni pescatori ne trovarono il corpo.

Le vennero assegnate numerose onorificenze, infatti il piccolo villaggio prese il suo nome divenendo poi la splendida città di Napoli, nota anche come la “città partenopea”.

Oltre al nome, Napoli le rende onore grazie alla bellissima “statua della sirena” situata in zona di Mergellina.

L'origine della città partenopea

The post La Sirena di Napoli appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9115
Requiem http://www.360giornaleluiss.it/requiem/ Sun, 17 Dec 2017 14:35:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9099 L’aria fresca del mattino inondava la piazzola del mercato; nel frattempo acquirenti e passeggiatori si aggiravano sotto il primo, tiepido sole. La brezza filava leggera e portava lontano l’odore delle patate appena cavate, quello acre dell’aglio o quello inconfondibile del pesce fresco. Andrea si muoveva svelto fra i più mattinieri e le casse di verdura,

The post Requiem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
L’aria fresca del mattino inondava la piazzola del mercato; nel frattempo acquirenti e passeggiatori si aggiravano sotto il primo, tiepido sole. La brezza filava leggera e portava lontano l’odore delle patate appena cavate, quello acre dell’aglio o quello inconfondibile del pesce fresco. Andrea si muoveva svelto fra i più mattinieri e le casse di verdura, fermandosi solo dai commercianti di fiducia. Ogni mattina lo stesso giro, gli stessi orari, la stessa spesa e forse anche gli stessi occhi a scrutarlo, senza che in fondo lo guardassero davvero. In breve ebbe tutto l’occorrente per la cena.

Preoccupato di non essere pronto in tempo, cominciò a pulire e riordinare l’appartamento già lindo; nel primo pomeriggio, la tavola era imbandita; al tramonto, Andrea, dopo essersi lavato e fatto la barba, si annodava la cravatta davanti allo specchio. Diede un rapido sguardo alla casa, trovandola perfetta. Si sedette infine sul divano e iniziò a fissare l’orologio.

Lei era molto puntuale: le lancette scoccavano le otto quando Andrea sentì un rumore di tacchi che salivano le scale. Nonostante la preparazione psicologica, si agitò, combattuto fra l’impulso di correre ad aprire e le buone maniere, che imponevano di attendere il suono del campanello. Udito il tintinnio, Andrea si precipitò ad aprire.

“Ciao papà!” esclamò la ragazza sulla soglia.

“Ciao Chiara, prego entra”.

Tutti i parenti dicevano che Chiara non assomigliava molto al padre e, vedendola crescere, anche Andrea se ne convinse. Le appese la giacca e la fece accomodare a tavola, curandosi di scostare la sedia per farla sedere.

“Com’è andato il volo?” chiese Andrea.

“Tutto bene grazie, l’unico problema è stato arrivare all’aeroporto. Un traffico immane”.

“Non potrei mai abitare in una città grande come Londra. Con John, tutto bene?”.

“Direi proprio di sì. I primi problemi di convivenza sono superati, e lui ha ottenuto un aumento” rispose Chiara, mentre Andrea serviva lo sformato di verdure e un calice di vino.

“E tu papà, come passi le tue giornate?” domandò la ragazza.

“Beh, solita vita da pensionato. Niente di nuovo sotto il sole. L’unica cosa che faccio davvero è ingrigire”.

“Hai solo settant’anni, non lo sai che è la nuova gioventù?” Rise Chiara.

“Oh bene, allora domani andrò a comprarmi dei pattini e ci farò un giro”.

“I pattini si usavano negli anni ottanta papà”.

“Hai detto che dovevo tornare giovane, non hai specificato quale giovinezza”.

Trascorsero buona parte della serata discorrendo della vita di Chiara a Londra e del suo lavoro, o delle stranezze dei vecchi amici di Andrea. Nel frattempo gustavano la cena e Chiara elogiò più volte la cucina del padre, che non era mai stato bravo a fingersi modesto. La sala comunicava con la cucina ed era illuminata da una luce soffusa, quasi lunare. La condensa sul vetro delle finestre era solcata da piccole goccioline d’acqua; queste s’intrecciavano a formare gocce più grandi, o scendevano rapide senza incontrarsi. Nell’appartamento di Andrea i colori sembravano rispondersi da una stanza all’altra, grazie a precise simmetrie e accostamenti. Le foto erano sistemate in ordine di tempo, gli ammennicoli disposti dal più piccolo al più grande e i mobili ad angolo retto fra loro.  Una maschera tribale africana appesa al muro e un kriss malese dal pamor damascato creavano un piacevole contrasto con un arredamento tutto sommato classicheggiante e rendevano più accogliente la casa.

“Qualche giorno fa sono stata in quel locale che ti dicevo al telefono l’altra volta -disse Chiara- e c’era un tizio all’ingresso che era identico e spiccicato a Ryan Gosling. Jasmine per poco non si beccava un ordine restrittivo da un perfetto sconosciuto”.

“Chi è Ryan Gosling?” rispose Andrea storpiando la pronuncia del cognome.

“Lascia stare papà, tu sei rimasto a Marlon Brando e Maria Schneider”.

Andrea nel frattempo raccoglieva i piatti sporchi per portarli nel lavello e, come talvolta accade, le parole uscirono dalla bocca di Chiara senza passare per il cervello. Dicono che quelle sono le parole migliori, perché vengono dal cuore, lo stomaco o da altre interiora, ma la gente dice troppe cose senza farle passare prima per il cervello.

Ovvero dell'amore

“Perché non mi racconti come vi siete conosciuti tu e la mamma?” esclamò.

“Come mai ti è venuta voglia di saperlo?” rispose Andrea vagamente incupito.

“Non me l’hai mai detto, sono curiosa”.

Il padre lasciò perdere i piatti e tornò a sedersi di fronte alla figlia. Chiuse un istante gli occhi e prese un lungo, profondo respiro.

“Portava una giacca di jeans -disse- e delle scarpette basse, i capelli castani raccolti in una lunga treccia e masticava una gomma americana. Sembrava una delle tante spocchiose che aspettavano il tram. Non so perché ma sono andato a sedermi nell’unico posto libero vicino al suo. Non era troppo alta, né troppo magra; mi sentivo a mio agio standole a fianco, perché neppure io ero mai stato qualcosa di preciso. Dopo due o tre fermate iniziò a parlarmi e se ne uscì con una memorabile recensione di “Singin’ in the rain”. Dio quanto parlava! E quando parlava troppo le si coloravano le guance. Scendemmo alla stessa fermata, solo che io non dovevo scendere lì, e lei neppure”.

“Dovevate essere proprio due teste calde” sorrise Chiara. “Ricordo che da piccola mi avevi fatto vedere una foto in cui tu e la mamma eravate in barca a vela”.

“Ce la scattò un certo George, al largo delle coste di Bequia. Tua madre quel giorno non la smetteva di ridere. Rideva per qualsiasi cosa. Non l’avevo mai vista così felice, e così bella. Il sole chiudeva i suoi verdissimi occhi -disse Andrea carezzando l’aria come per accarezzare i ricordi- e quando si passava la mano nei capelli, tutti i braccialetti che aveva facevano un rumore particolare, come quando si accende un fiammifero. Ma prendi con le pinze tutto quello che ti racconto, negli anni ci ho ricamato sopra; di noi due ero io quello romantico” concluse con un filo di voce.

Pur non dubitando delle parole del padre, Chiara insisteva a picchiettarsi il ginocchio ed era visibilmente turbata. “Io non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me: mi hai cresciuta da solo, mi hai dato tutte le possibilità. Sei un buon padre. Però da come ne parli, tu e la mamma vi siete amati davvero, allora perché qui non c’è una sua foto, perché non sei mai andato al cimitero, perché non sei venuto neppure il giorno del funerale?”.

Andrea non si scompose: aspettava quella domanda da sempre.

“L’hai appena detto: tua madre l’ho amata, e l’amo ancora. Sai cosa si deve fare quando due conigli hanno vissuto sempre insieme e uno dei due muore? Bisogna lasciare il coniglio morto vicino a quello vivo, fino a che non si accorgerà che l’altro non c’è più. Solo allora si può seppellire quello morto” rispose Andrea.

“Che cosa vuoi dire?”.

“Non ho mai seppellito tua madre, per me non è mai morta. Avere intorno sue fotografie, o qualsiasi cosa che me la ricordi non farebbe altro che ucciderla di nuovo, nell’unico posto in cui vive ancora”.

La ragazza rimase lungamente in silenzio.

“Scusa papà” disse poi sottovoce.

“Non preoccuparti Chiara. Forza, mangiamoci una fetta di dolce” rispose Andrea.

“Un’ultima cosa. Quando ti fece chiamare nella sua stanza, prima di morire in ospedale, cosa ti ha detto?” domandò Chiara stropicciando il tovagliolo.

Negli occhi del padre, la figlia vide passare come un’ombra scura. Un buio che durò poco, presto sopraffatto dall’affetto con cui l’uomo guardava sempre Chiara.

“Disse che mi amava e che dovevo prendermi cura di te, poi mi strinse la mano e poi la macchina a cui l’avevano attaccata iniziò a suonare… Beh, lo sai cosa è successo dopo” concluse Andrea. La ragazza capì che il tempo della memoria era finito.

La serata volse al termine. Chiara abbracciò forte il padre e, nel chiudere l’uscio, fece pianissimo.

 

Fuori il cielo notturno era limpido e stellato. L’uomo stava ultimando la pulizia dei fornelli, quando sentì una voce acuta e leggera. Dietro di lui, sulla poltrona cenere, sedeva una donna magra, con le scarpette basse e i capelli castani raccolti in una lunga treccia.

“Grazie per non averle detto la verità”, disse la donna.

“Che senso avrebbe farle del male ora come ora” rispose Andrea.

“Chiara aveva ragione, sei stato un buon padre”.

“Le ho semplicemente voluto bene”.

“Hai fatto molto di più. Hai reso mia figlia felice e lo hai fatto scegliendolo, scegliendo di essere suo padre. Te ne sei mai pentito?”.

“Mai -e aggiunse- Chiara non t’assomiglia tanto, deve aver ripreso dal padre”.

La donna prese a guardare con gli occhi grandi il bianco del soffitto e notò che delle piccole crepe, appena visibili, disegnavano i contorni di un cipresso.

“Potrai perdonarmi un giorno?” chiese.

Andrea la guardò un’ultima volta, poi spense la luce e andò a dormire.

The post Requiem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9099
Oltre il sipario http://www.360giornaleluiss.it/oltre-il-sipario/ Thu, 14 Dec 2017 14:54:06 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9090 Il potere è difficile da definire. C’è chi dopo averlo avuto lo ha ripudiato e chi non può farne a meno. L’unica cosa di cui si può essere sicuri è che ha una sua attrattiva e non ammanta solo chi lo detiene ma investe tutti coloro che non ce l’hanno. E’ curioso che l’unica maniera

The post Oltre il sipario appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Il potere è difficile da definire.
C’è chi dopo averlo avuto lo ha ripudiato e chi non può farne a meno.
L’unica cosa di cui si può essere sicuri è che ha una sua attrattiva e non ammanta solo chi lo detiene ma investe tutti coloro che non ce l’hanno.

E’ curioso che l’unica maniera per ottenere il potere, in un paese liberal-democratico come il nostro, è irretire chi non ce l’ha. Già, perché senza legittimazione, in Italia, il potere non lo puoi conservare (per fortuna).
Ed è qui che si compiono i sacrifici! Non sempre è possibile essere coerenti con i propri valori in politica, ma si possono sigillare i più preziosi condividendone alcuni con gli altri.
La politica è così e anche se a volte si fanno scelte di convenienza, questo è il prezzo del pluralismo, che ci è così caro quando siamo noi la voce fuori dal coro e così fastidioso quando sono gli altri a pensarla diversamente da noi.
Ma ora, perché alcuni politici, che si vantano di essere integri e incorruttibili, vanno sempre contro corrente senza nemmeno fare lo sforzo di accordarsi per il bene dei cittadini?
Strano ma vero, chi fa compromessi non è forte, chi si accorda con il “nemico” non merita il nostro rispetto, poco importa quale sia la sostanza dell’argomento.
Chi invece si erge sopra la massa, chi si batte (non importa per cosa) in una irrealistica perenne battaglia contro coloro che soggiogano chi il potere non ce l’ha, è visto con ammirazione, un sentimento che viene dalla “pancia”. Siamo certi: lui si sta battendo per noi.
E’ proprio grazie alla teatralità della farsa che le emozioni tradiscono gli elettori, che per mancanza di interesse o per scarsa fiducia si informano soltanto sulle parole tracotanti di chi il suo mestiere lo fa bene (non la politica).
Però anche a questi uomini è richiesto un sacrificio: non si possono permettere il lusso di avere un’opinione vera (come la aveva l’opposizione di un tempo) a causa della loro natura liquida che si riversa sulle inquietudini, sui dubbi e sulle false coscienze di molti cittadini.
L’unico modo di acquistare voti fa leva sulla capacità di insidiare chi un’opinione non ce l’ha ancora e questa forza è e sarà considerevole fin tanto che ci saranno coloro che non credono nella politica.
La vera opinione di questi leader, se esiste, non si conosce: probabilmente non coincide con la condotta di partito e sicuramente non segue lo spirito degli elettori come una canna al vento.
Ma in fondo non è questo che interessa, ma il potere… quelli che il potere non l’hanno mai voluto.

The post Oltre il sipario appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9090
Del vivere secondo virtù http://www.360giornaleluiss.it/del-vivere-secondo-virtu/ Mon, 11 Dec 2017 11:39:46 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9086 Come sarebbe il mondo se scegliessimo di vivere, ognuno, secondo le proprie virtù e le proprie ambizioni? Come sarebbe il mondo se ogni giorno, ognuno di noi, si alzasse con il sorriso perché consapevole di vivere secondo i propri valori? Come sarebbe il mondo se ognuno di noi prendesse in mano la propria vita, decidendo

The post Del vivere secondo virtù appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Come sarebbe il mondo se scegliessimo di vivere, ognuno, secondo le proprie virtù e le proprie ambizioni? Come sarebbe il mondo se ogni giorno, ognuno di noi, si alzasse con il sorriso perché consapevole di vivere secondo i propri valori? Come sarebbe il mondo se ognuno di noi prendesse in mano la propria vita, decidendo di vivere secondo i propri termini?
Siamo qui solo di passaggio. Persino il ricordo di noi potrebbe non vivere nel tempo se non creiamo qualcosa di grande. Il punto di partenza è la consapevolezza.
Bisogna pendere atto che tutto questo finirà. Io non sarò più niente. Tu non sarai più niente. Nessuno di noi lo sarà. Ognuno di noi nasce con un tempo limitato da spendere qui. Tutto questo spaventa se ci si pensa, ed è perfettamente normale. Ma da questa visione può, e deve, scaturire una rinascita; da questo momento in poi tutto perde di significato. Il nostro tempo è limitato, abbiamo davvero bisogno di sprecarlo per cose che non portano giovamento?

È da qui che il frastuono quotidiano diventa solo un lieve brusio, costante, ma in sottofondo.
Dal silenzio, poi, ci si può ascoltare. Dallʼascolto, poi, ci si può capire. Dalla comprensione, infine, scaturiscono le azioni che determinano la nostra realtà. È vivere la realtà secondo i propri pensieri il fine ultimo di questa vita, cercando di essere dʼispirazione per gli altri. Ma per poter dare, in maniera incondizionata, occorre prima essere completi ed in pace con se stessi.
Quindi coltiva i tuoi interessi, impiega il tuo tempo secondo virtù e capacità che possiedi, vai oltre le cose. Sviluppa la curiosità di un bimbo che non si accontenta mai, che cerca sempre di scoprire tutto. Tutto. Prenditi cura di te stesso; della mente e del corpo, che è il posto dove vivrai per sempre.
Coltiva la pazienza: come un fuoco inestinguibile, guarda alle disavventure come momenti di crescita, di riflessione, di miglioramento. O si vince o si impara; non si perde mai.
Sii resiliente.
Vivi nel momento presente, senza ansie per il futuro e imparando a dimenticare, perché rimuginare su cose accadute è come cercare di avere un passato migliore.
È vero, siamo su questo mondo per un periodo limitato, ma le nostre capacità sono infinite. Abbraccia completamente chi sei, fanne un vanto, esponilo senza paura.
Inizia a vivere davvero.

The post Del vivere secondo virtù appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9086