Brokered convention? No, grazie

Con la vittoria di Donald Trump nelle primarie in Indiana del 3 maggio si sono ritirati gli ultimi due avversari del magnate newyorkese alla nomination del Partito Repubblicano per la conquista della Casa Bianca, ossia Ted Cruz e John Kasich. Senza questi due contendenti, nessuno può bloccare la corsa del tycoon per conquistare i 1237 delegati utili per la candidatura repubblicana con la maggioranza assoluta dei voti, evitando la cosiddetta brokered convention. Prima di analizzare questa convention “aperta”, occorre sottolineare che, durante la convention repubblicana che si terrà a Cleveland nel prossimo luglio, per il primo scrutinio i delegati saranno vincolati a votare il candidato con cui sono stati eletti alle primarie. Ragion per cui, senza più rivali, Trump diventerà il candidato del Grand Old Party in vista delle elezioni presidenziali dell’8 novembre. Per impedire ciò, nelle ultime settimane, Cruz e Kasich avevano stipulato una sorta di alleanza per non far raggiungere la maggioranza assoluta dei delegati al newyorkese e arrivare alla brokered convention.

Questa si ha quando nessuno dei candidati, al termine del primo scrutinio della convention, ha ottenuto la nomination come candidato presidente, in quanto non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei delegati al termine delle primarie. Dopo la prima votazione, la convention diventa aperta (open o contested) e i delegati sono liberi di votare anche per i candidati che non li hanno eletti e addirittura per esponenti che non si sono presentati alle primarie (come il presidente della Camera dei Rappresentanti Paul Ryan). Si vota ad oltranza e si assiste a innumerevoli trattative e accordi sottobanco fino a quando uno dei candidati non ottiene la maggioranza assoluta. I vari Stati si regolano diversamente nelle convention. Molti costringono a votare il candidato per cui si è impegnati solo al primo scrutinio; altri, come l’Iowa, costringono i delegati a votare il proprio candidato, al primo scrutinio, anche se questi si è ritirato. Il caso più estremo è la Pennsylvania, che in nessun modo vincola i propri delegati. Da quando esistono le primarie moderne (dagli anni Settanta del secolo scorso), al candidato a cui è andata la maggioranza relativa sono stati procurati i voti per vincere al primo scrutinio, al fine di non contraddire la volontà espressa dagli elettori durante le primarie. Ciò è successo in due occasioni: nel 1976 al repubblicano Gerald Ford e nel 1984 al democratico Walter Mondale.

Nelle primarie repubblicane del 2016 le cose sarebbero potute andare diversamente, in quanto Trump, con i suoi modi di fare populisti e la sua politica di estrema destra (ad esempio la proposta di erigere un muro al confine con il Messico), è inviso a gran parte dell’establishment del partito. Quindi, se il tycoon tavesse avuto avversari più competitivi al posto dell’ancora più estremista Ted Cruz, avremmo potuto assistere ad una brokered convention dagli esiti decisamente molto incerti.