Intervista all’ammiraglio Credendino: Operazione Sofia

Enrico Credendino è un ammiraglio di divisione della Marina Militare Italiana e comandante della missione EU NAVFOR MED. Invitato dalla professoressa di diritto internazionale Elena Sciso a tenere una lezione ai suoi allievi di scienze politiche, ci ha parlato dell'operazione Sofia, da lui diretta

Sofia

Com’è articolata l’Operazione Sofia?

L’operazione Sofia nasce all’indomani del naufragio nel Canale di Sicilia del 18 aprile 2015 dal quale sono nate una serie di operazioni dell’Unione Europea volte al contrasto di questi fenomeni, ispirate dall’Agenda Europea sulla Migrazione del 13 maggio scorso. Uno dei punti toccati da questo documento riguarda la lotta agli scafisti e al traffico di esseri umani ed è per questo che è nata l’Operazione Sofia, che ha l’obiettivo di combattere i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale. Questa missione si articola in diverse fasi. La prima, già conclusa, aveva il fine di comprendere le strategie e il metodo di lavoro degli scafisti. Oggi siamo nella seconda fase, che è ulteriormente suddivisa in due fasi (Alpha e Bravo). Alpha è una fase di polizia marittima in alto mare vicino alle acque territoriali libiche, mentre Bravo avrà le stesse funzioni, ma all’interno delle acque territoriali. Ci sarà poi una terza fase che si svolgerà sul suolo libico.

È possibile dire che ci siano stati risultati positivi finora?

Ci sono stati molti risultati positivi. Un buon risultato, dal punto di vista politico, è quello della volontà dell’Unione Europea di agire unita per risolvere un problema molto grave come questo. Sono infatti 24 su 27 i paesi UE che partecipano a questa missione ed è un record assoluto. Inoltre abbiamo finora arrestato oltre 60 scafisti, rese inutilizzabili oltre 100 imbarcazioni e salvato più di 13 mila persone. Questi sono ottimi risultati, infatti oggi gli scafisti non riescono più ad uscire dalle acque territoriali libiche perchè hanno più difficoltà a lavorare a causa della perdita delle proprie imbarcazioni che prima riuscivano sempre a recuperare dopo i salvataggi dei migranti in mare.

Quali problematiche sono sorte invece?

I problemi affrontati sono parecchi, per via della novità e della complessità di questa operazione. Infatti, abbiamo dovuto inventarla ex novo basandoci sul’esperienza di Mare Nostrum. Inoltre l’Unione Europea è un mondo complesso e quindi abbiamo dovuto convincere tutti i paesi membri nel sostenerci. In questo senso, è bene ricordare che la nascita dell’Operazione Sofia è un successo del governo italiano che è riuscito ad ottenere, per la prima volta, una missione europea sul Mediterraneo con un comando interamente italiano.

Com’è attualmente la situazione nel Mediterraneo a quasi un anno dall’attivazione dell’Operazione Sofia?

La situazione è molto mutevole. Prima dell’attivazione dell’Operazione Sofia, metà del traffico dei migranti arrivava dalle coste libiche e l’altra metà dalla rotta balcanica. Nel secondo semestre del 2015, quasi tutto il traffico si è concentrato sulla rotta balcanica, mentre, dall’inizio del 2016, abbiamo assistito ad un nuovo cambio di rotta.

In un’audizione di fronte alle commissioni difesa di camera e senato ha sottolineato la necessità di trovare un interlocutore libico. C’è riuscito?

L’unico interlocutore possibile, in Libia, è il nuovo governo che si sta insediando, quindi il presidente Fayez al-Sarraj con il suo governo di unità nazionale. Questo sarà l’interlocutore con la comunità internazionale quando sarà in grado di esercitare il pieno controllo sul territorio.

 

Si ringrazia la disponibilità dell’ammiraglio Enrico Credendino al quale porgo, a nome di tutta la redazione, gli auguri per il successo della missione che sta conducendo.

Ringrazio inoltre la mia collega e amica Elena De Santis che mi ha aiutato nella realizzazione dell’intervista che verrà trasmessa prossimamente anche su Radioluiss.