Politica – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png Politica – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Oltre il sipario http://www.360giornaleluiss.it/oltre-il-sipario/ Thu, 14 Dec 2017 14:54:06 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9090 Il potere è difficile da definire. C’è chi dopo averlo avuto lo ha ripudiato e chi non può farne a meno. L’unica cosa di cui si può essere sicuri è che ha una sua attrattiva e non ammanta solo chi lo detiene ma investe tutti coloro che non ce l’hanno. E’ curioso che l’unica maniera

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Il potere è difficile da definire.
C’è chi dopo averlo avuto lo ha ripudiato e chi non può farne a meno.
L’unica cosa di cui si può essere sicuri è che ha una sua attrattiva e non ammanta solo chi lo detiene ma investe tutti coloro che non ce l’hanno.

E’ curioso che l’unica maniera per ottenere il potere, in un paese liberal-democratico come il nostro, è irretire chi non ce l’ha. Già, perché senza legittimazione, in Italia, il potere non lo puoi conservare (per fortuna).
Ed è qui che si compiono i sacrifici! Non sempre è possibile essere coerenti con i propri valori in politica, ma si possono sigillare i più preziosi condividendone alcuni con gli altri.
La politica è così e anche se a volte si fanno scelte di convenienza, questo è il prezzo del pluralismo, che ci è così caro quando siamo noi la voce fuori dal coro e così fastidioso quando sono gli altri a pensarla diversamente da noi.
Ma ora, perché alcuni politici, che si vantano di essere integri e incorruttibili, vanno sempre contro corrente senza nemmeno fare lo sforzo di accordarsi per il bene dei cittadini?
Strano ma vero, chi fa compromessi non è forte, chi si accorda con il “nemico” non merita il nostro rispetto, poco importa quale sia la sostanza dell’argomento.
Chi invece si erge sopra la massa, chi si batte (non importa per cosa) in una irrealistica perenne battaglia contro coloro che soggiogano chi il potere non ce l’ha, è visto con ammirazione, un sentimento che viene dalla “pancia”. Siamo certi: lui si sta battendo per noi.
E’ proprio grazie alla teatralità della farsa che le emozioni tradiscono gli elettori, che per mancanza di interesse o per scarsa fiducia si informano soltanto sulle parole tracotanti di chi il suo mestiere lo fa bene (non la politica).
Però anche a questi uomini è richiesto un sacrificio: non si possono permettere il lusso di avere un’opinione vera (come la aveva l’opposizione di un tempo) a causa della loro natura liquida che si riversa sulle inquietudini, sui dubbi e sulle false coscienze di molti cittadini.
L’unico modo di acquistare voti fa leva sulla capacità di insidiare chi un’opinione non ce l’ha ancora e questa forza è e sarà considerevole fin tanto che ci saranno coloro che non credono nella politica.
La vera opinione di questi leader, se esiste, non si conosce: probabilmente non coincide con la condotta di partito e sicuramente non segue lo spirito degli elettori come una canna al vento.
Ma in fondo non è questo che interessa, ma il potere… quelli che il potere non l’hanno mai voluto.

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Reinventare il comunismo http://www.360giornaleluiss.it/reinventare-il-comunismo/ Sun, 17 Sep 2017 09:36:52 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8818 “Quelle di destra e di sinistra sono categorie politiche superate”. Ed è per tale ragione che porsi davanti alle problematiche sociali ed economiche con la logica di due valori di massima,contrapposti l’uno all’altro,è un modo di fare politica obsoleto,e quindi inefficace. E se anche esistono, come esistono, dei partiti che si connotano ancora come più

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“Quelle di destra e di sinistra sono categorie politiche superate”. Ed è per tale ragione che porsi davanti alle problematiche sociali ed economiche con la logica di due valori di massima,contrapposti l’uno all’altro,è un modo di fare politica obsoleto,e quindi inefficace. E se anche esistono, come esistono, dei partiti che si connotano ancora come più o meno di sinistra, è solo un’auto-proclamazione, uno slogan per raccogliere i voti di qualche milione di nostalgici. Il bipolarismo, almeno in Italia, è una strada impraticabile. La destra e la sinistra si somigliano troppo. Sono la stessa cosa.

Quanto scritto sopra è, oggi, l’opinione di molti tanto da essere considerato quasi un’ovvietà. Eppure, secondo il parere di chi scrive, le cose non stanno affatto così. La differenza che connota la coppia antitetica destra/sinistra, infatti, non è soltanto storica- e, pertanto, contingente e mutabile- ma anche e sopratutto genetica, primordiale, logica e quindi, immutabile.

Questo, almeno, da un punto di vista teorico.

Stando così le cose, verrebbe da chiedersi se un numero assai consistente di cittadini italiani ed europei siano semplicemente impazziti oppure se, effettivamente, la certezza che la sinistra progressista si è ridotta al fantasma di quello che era, non sia in qualche modo, giustificata.Verrebbe da chiedersi, cioè, se questo equivoco poteva essere evitato. E se, dopo la caduta del Muro di Berlino nell’89, il partito comunista italiano, che era il maggiore partito comunista europeo, era veramente costretto a cambiare il proprio nome. E se era veramente così necessario che esso virasse verso una politica di stampo liberale.

O se, invece, il fatto che il sistema capitalistico non è mai stato messo sotto accusa da una parte così ampia della popolazione come accade oggi non riproponga in qualche modo tutti quei problemi, quelle tematiche e quei dubbi legati al Congresso tenutosi a Roma il 3 Febbraio del 1991 quando il PCI, tra le celebri lacrime di alcuni altissimi funzionari, cominciava a non esistere più.

Il capitalismo non è mai stato tanto fragile. Tanto che i due filosofi contemporanei più popolari, ossia Slavo Zizek e Alain Badiou, si proclamano comunisti anche se un partito comunista non esiste più nemmeno da loro, in Slovenia e in Francia.

Certamente, bisognava cambiare.

Se ne sentiva tutta la necessità.

Ma è altrettanto probabile che si potesse cambiare anche rimanendo all’interno di quel nucleo essenziale di valori che erano quelli tradizionali. E’ sicuro che il comunismo era ferito ed aveva bisogno di essere curato e reinventato, come l’amore.

Forse è stato soltanto tradito e abbandonato.

E oggi che ne avremmo realmente bisogno, anche perché in un mondo senza certezze un’ipotesi in più sembra qualcosa di più di un lusso superfluo, potrebbe essere già troppo tardi.

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HO VISTO UN RE http://www.360giornaleluiss.it/ho-visto-un-re/ Thu, 13 Oct 2016 16:25:09 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7215 Aveva novant’ anni e ancora tanta voglia di ridere e di vivere. Anche sul letto di morte ha voluto scherzare sul suo stato di salute: “E’ come una sfida a ramino. Puoi vincere o perdere, ma quel che conta è la partita.” Queste le ultime parole del drammaturgo italiano. Nato a Sangiano nel 1926, Dario

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Aveva novant’ anni e ancora tanta voglia di ridere e di vivere. Anche sul letto di morte ha voluto scherzare sul suo stato di salute:
E’ come una sfida a ramino. Puoi vincere o perdere, ma quel che conta è la partita.” Queste le ultime parole del drammaturgo italiano.

Nato a Sangiano nel 1926, Dario Fo crebbe in una famiglia molto creativa che presto l’avvicinò al mondo delle favole e del teatro. Nel 1940 la Seconda Guerra Mondiale irruppe con violenza nella vita degli italiani e il promesso scrittore, appena diciannovenne, si arruolò come volontario tra le file della Repubblica di Salò. Sopravvissuto agli orrori della guerra si avvicinò agli ambienti di sinistra ricevendo – contestualmente e non a torto – numerose critiche per il suo passato da neofascista. Nel 1954 incontrò e sposò il suo grande amore, Franca Rame. Dopo aver fondato nel 1962 la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, la coppia iniziò a lavorare per la Rai creando il celebre programma “Canzonissima”. Collaborazione che però terminò relativamente presto a causa della forte censura che nel frattempo veniva loro rivolta. Avveniva allora il primo avvicinamento al teatro che portò poi alla creazione dell’opera Miste Buffo; in essa Fo mostrò le sue grandi abilità nell’usare una satira sottile ma ben affilata. Con l’avvento degli anni di piombo s’interessò invece di politica e di vicende sociali, indirizzandosi verso un teatro che lui stesso definiva “di strada”. In quegli anni infatti andava maturando in lui la necessità di trovare un pubblico proveniente dalle classi più basse e discriminate. Decise così di dar luogo a rappresentazioni teatrali improvvisate in ambienti non tradizionali e anticonformisti. In particolar modo, fu con “Morte accidentale di un anarchico” – opera che fa riferimento alla morte di Pinelli – che Fo si avvicinò sempre più a movimenti radicali e anarchici per arrivare per l’appunto a difendere individui coinvolti in atti terroristici dallo sfondo politico. Tuttavia, per via di questa sua posizione politica fu inizialmente minacciato per poi ricevere anche delle forti intimidazioni. Nel 1973 la sua cara moglie venne sequestrata e stuprata da un gruppo di militanti neofascisti con il sotteso scopo di punire il marito per le attenzioni rivolte al mondo comunista. Fu profondamente anticlericale, anche se negli ultimi anni di vita – soprattutto da quando nel 2013 venne a mancare Franca – il suo pensiero cominciò ad accarezzare la possibile esistenza di un Dio. Con il programma Rai “Teatro di Dario Fo” si aprì al grande pubblico: elemento fondamentale per la sua candidatura al premio Nobel. Premio che arrivò nel 1997, “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Sorpreso per la vittoria, Fo commentò così: “Con me hanno voluto premiare la gente del teatro”.

Saviano, Fazio, Calabresi, il New York Times, il Senato italiano e tante altre Istituzioni hanno oggi espresso il proprio cordoglio per la sua inaspettata morte. Impossibile dire quanto sia stato importante per la cultura del nostro paese, lui che con la sua allegria e la sua particolare attenzione per la gente comune riusciva a fare della satira costruttiva e gioiosa. Nel 1997 gli veniva conferito a sorpresa il premio più ambito per la letteratura ed oggi, proprio nel giorno della sua morte, a diciannove anni di distanza lo stesso premio lo vince un altro grandissimo cantautore che, rompendo con gli schemi convenzionali, ha dedicato la sua vita a fare arte per il popolo: si tratta di Bob Dylan. Coincidenze? Io credo proprio di no.

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Conversazione con Carlo Freccero, CdA RAI http://www.360giornaleluiss.it/conversazione-con-carlo-freccero-cda-rai/ Fri, 18 Mar 2016 09:30:05 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6121 La RAI è un’azienda diversa dalle altre, non si può privatizzare, deve guardare agli ultra 65enni, è necessario rimanga svincolata sia dalla politica, sia dal libero mercato foriero di opportunità, ma pieno di trappole. Carlo Freccero, membro del Consiglio di Amministrazione della RAI dal 4 agosto 2015 per merito del Movimento 5 Stelle in seno

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La RAI è un’azienda diversa dalle altre, non si può privatizzare, deve guardare agli ultra 65enni, è necessario rimanga svincolata sia dalla politica, sia dal libero mercato foriero di opportunità, ma pieno di trappole.

Carlo Freccero, membro del Consiglio di Amministrazione della RAI dal 4 agosto 2015 per merito del Movimento 5 Stelle in seno alla Commissione di Vigilanza, non ha risparmiato battute e invettive senza fuggire dal confronto diretto con gli studenti.

I ragazzi della Interactive Students’ Association hanno invitato il noto autore televisivo nella facoltà LUISS di Giurisprudenza in via Parenzo per dibattere sullo spinosissimo tema del servizio pubblico mediale. Quali le sue virtù, quali i limiti? Cosa è necessario fare per rinnovarlo di fronte alle sfide del libero mercato moderno pieno di concorrenze private e tecnologiche? In breve si può svecchiare la RAI?

Tutto questo in due estenuanti ore di dibattito e Freccero-Show, non a caso in compagnia di un massimo esperto di audience e marketing televisivo.

Se infatti da una parte l’incontro è stato accattivante e ricco di spunti senza mai annoiare, dall’altra un simpatico Freccero ha dato molti segnali, ma senza mai concedere risposte concrete all’ambizione del rinnovamento.
C’è Netflix, ci sono i Social Network, ci sono i magnati stranieri della TV a pagamento che nessuno spazio lasciano alla RAI se non nei suoi noti programmi seguiti per lo più da una popolazione italiana in via di invecchiamento e vincolata ai soliti standard.
Si perdono introiti, si parla del classico story-telling sulla casta, si evita di rischiare nuove idee e palinsesti perché in fondo la RAI è la RAI e Carlo Freccero preferisce trasmettere piccoli bignami teorici sul “fare televisione”.

Io, cari ragazzi, vi dirò solo la verità, perché sono una persona onesta – ha detto Freccero agli studenti – Non c’è alcun segreto, né nel dire che in RAI difficilmente si entri solo per normale e meritocratico concorso, né nel dire che se non si attirano i giovani il problema non è poi così grave, tanto l’audience sarà sempre fatta dagli anziani. L’Italia fuori da ogni dubbio è un Paese che invecchia, dov’è il problema?”

Se poi si fa un cenno a passato, presente e futuro, “La RAI non deve essere manovrata dai partiti né dal governo – da qui la polemica con Anzaldi, oppure sul tanto odiato canone – Ma lo sapete a quanto ammonta quello della BBC? Le TV digitali ci mettono in difficoltà, ma sono gruppi come Mediaset, presto probabile acquisto di una cordata francese, a soffrire maggiormente, non la consolidata RAI.

Dunque, se Freccero tra battute e pillole di mass-mediologia quotidiana, ha intrattenuto in un lieto pomeriggio gli studenti LUISS, dall’altra le ironie sulla parodia dei social verso un medium classico, oppure la continua crisi dei talk show accompagnati dai sottili stratagemmi per rendere ancora accattivante il Festival di Sanremo, sono esempio di un trattare il problema senza veramente snidarne le complessità.

La RAI è in continua perdita e sembra avviarsi verso un futuro già scritto. Freccero spera di poterla internazionalizzare senza privatizzarla, di rifondarla senza l’impiego di un nuovo budget, di renderla nuovamente accattivante senza nuovi palinsesti o senza volti giovani e ancora non ampiamente conosciuti.
In fondo – ha concluso il membro del CdA RAI – Certe decisioni non spettano a me. Regna la legge del mercato senza che la RAI debba seguirla per sopravvivere, perché è un’azienda a parte, diversa dalle altre.”
Un suicidio assistito? In fondo se Carlo Freccero non può decidere nulla, di certo non possiamo farlo noi studenti illusi, sognatori e aspiranti giornalisti RAI che vivono da troppo tempo in altri ambienti mediali. La televisione fonda la sociologia contemporanea, ma ora è anche possibile farsi venire qualche lecito dubbio per gli anni a venire, se molti degli studenti che erano presenti in aula hanno affermato con leggerezza di non vedere più da anni il piccolo schermo.

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In Italia il popolo non elegge il Governo http://www.360giornaleluiss.it/in-italia-il-popolo-non-elegge-il-governo/ Mon, 14 Mar 2016 12:11:44 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6058 Esattamente. E se non fosse abbastanza chiaro, eccolo ripetuto di nuovo: in Italia i cittadini non eleggono il Governo. Ma andiamo con ordine. Chiunque abbia un account Facebook, una televisione, sappia leggere o molto semplicemente viva in Italia si sarà di sicuro imbattuto in questa storia che “siamo già al terzo Governo non eletto dal

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Esattamente. E se non fosse abbastanza chiaro, eccolo ripetuto di nuovo: in Italia i cittadini non eleggono il Governo. Ma andiamo con ordine.

Chiunque abbia un account Facebook, una televisione, sappia leggere o molto semplicemente viva in Italia si sarà di sicuro imbattuto in questa storia che “siamo già al terzo Governo non eletto dal popolo”. In pratica, gli ultimi tre Governi in ordine di tempo, rispettivamente Monti, Letta e Renzi non sarebbero legittimi in quanto non votati dal popolo italiano. È così dunque che politici, giornalisti, attori, calciatori, baristi-del-bar-sotto-casa, parrucchieri, complottisti e chi più ne ha più ne metta fanno a gara a denunciare questa presunta e gravissima violazione della nostra democrazia. Eppure, nonostante il grande credito di cui goda questa affermazione che per dirla alla De André “come una freccia dall’arco scocca/vola veloce di bocca in bocca”, le cose non stanno esattamente così.

Prima d’iniziare ad entrare nei dettagli, so per certo che il lettore si starà domandano in virtù di quale titolo mi conceda la facoltà di scrivere queste righe. Senza alcuna vergogna ammetto di farlo dal basso della mia laurea triennale in Scienze Politiche. Sono il primo a rendersi conto che là fuori ci sia fior fiore di costituzionalisti, giudici, avvocati, ma anche semplici studenti di giurisprudenza infinitamente più competenti in materia. Credo tuttavia che dire quello che si pensa con rigore logico ed educazione non possa essere offensivo nei confronti di nessuno.

Per capire perché in Italia i cittadini non eleggono il Governo, bisogna innanzitutto andare a vedere che cosa dice in merito un documento chiamato Costituzione della Repubblica Italiana, il che è pressapoco come andare a leggere il manuale d’istruzioni per capire come funziona il videogioco. La voce che ci interessa è l’articolo 93, il quale si trova nel titolo III della seconda parte della Costituzione che per l’appunto disciplina struttura e funzionamento del Governo. Al comma 2 qui troviamo scritte le seguenti parole: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.”

Possiamo quindi già vedere come non siano i cittadini a votare direttamente il Presidente del Consiglio ma sia invece il Presidente della Repubblica a nominarlo dopo lunghe consultazioni. Successivamente, concordata la formazione di Governo da “mettere in campo”, il nostro Governo deve però passare attraverso l’accettazione da parte del popolo, che come ricorda l’articolo 1 è sovrano. Questo avviene tramite il meccanismo della fiducia, ovvero: sulla base dell’articolo 94, per poter “scendere in campo” la nostra formazione deve ottenere il sì della maggioranza di Camera e Senato, in cui siedono rispettivamente Deputati e Senatori eletti dai cittadini. Questi, in virtù della loro rappresentanza del popolo italiano e attraverso lo strumento della fiducia fanno in modo che i cittadini possano avere una forma di controllo sull’approvazione della squadra di Governo proposta.

I lettori più attenti potrebbero però sollevare un’obiezione: se le cose stanno così, perché nel 2009 sapevamo che se il centro-destra avesse vinto le elezioni Silvio Berlusconi sarebbe diventato Presidente del Consiglio? Perché addirittura nel 2006 Romano Prodi e il Cavaliere si sfidarono in un dibattito televisivo per dimostrare agli italiani chi fosse il più adatto dei due a governare il paese?

Ciò è successo perché dall’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica (per intenderci, a partire dal 1994) si è venuta a creare nel nostro sistema politico una fase di sostanziale bipolarismo, accompagnata da un aumento dell’importanza dei leader di partito o di coalizione.

Per bipolarismo intendiamo una situazione per cui nello spazio politico ci sono o due grandi partiti o due grandi coalizioni (raggruppamenti di partiti) che messi insieme riescono a catturare circa i 3/4 dei voti disponibili. Ad esempio gli Stati Uniti, dove Repubblicani e Democratici sono le due grandi famiglie che si contendono il controllo delle istituzioni. Parallelamente, i partiti e le coalizioni hanno iniziato ad indicare chi sarebbe stato il loro candidato Presidente del Consiglio tanto nei simboli quanto nelle campagne elettorali: si veda per l’appunto nel 2006 la Casa delle Libertà con Berlusconi e L’Unione con Prodi.

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Attenzione perché qui arriviamo al punto cruciale. So benissimo che quello che sto per dire disorienterà il lettore, ma a lui chiedo un ultimo sforzo di concentrazione. L’obiezione mossa è corretta. In virtù della prassi di cui abbiamo appena parlato, non è del tutto sbagliato dire che nell’ultimo ventennio i cittadini hanno eletto il Governo. Quello che però è profondamente scorretto, ma soprattutto pericoloso, è tentare di convincere la gente che la formazione di un Governo senza “essere andati a votare” sia una gravissima violazione della democrazia e che per tanto debba essere rimossa con le buone, e forse meglio ancora con le cattive.

I Governi Monti, Letta e Renzi hanno tanta legittimità quanta ne avevano i Governi Berlusconi e Prodi dal momento che è la Costituzione ad averne permesso la formazione. Se così non fosse, la maggior parte dei Governi della Prima Repubblica dovrebbe essere considerata illegittima dal momento che ogni legislatura ha visto almeno un cambio di Governo senza tornare alle urne. Noi che siamo nati e cresciuti verso la fine del secolo possiamo pure commettere questo errore, ma come è possibile che persone come i nostri genitori, che hanno vissuto e magari anche fatto politica negli anni 60,70,80, diano credito a questa storia?

Molto probabilmente ci sarà un giorno in cui anche gli Italiani andranno a votare il loro Governo così come accade in Inghilterra, dove vige una variante della democrazia parlamentare appositamente chiamata “Premierato”, ad indicare l’investitura popolare diretta del Capo del Governo. Ma per citare le parole di Aragorn di fronte al Cancello Nero “non è questo il giorno”.

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Sànchez pronto a governare con il patto PSOE-Ciudadanos http://www.360giornaleluiss.it/sanchez-pronto-a-governare-con-il-patto-psoe-ciudadanos/ Thu, 25 Feb 2016 10:17:45 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5822 Il futuro governo spagnolo ha forse emesso il suo primo vagito. A oltre due mesi dalle ultime elezioni, la Spagna si prepara a un inizio politico di marzo dove il leader del partito socialista Pedro Sànchez tenterà l’investitura a capo del governo grazie al sostegno di Ciudadanos e di tutti gli altri partiti di sinistra,

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Il futuro governo spagnolo ha forse emesso il suo primo vagito.

A oltre due mesi dalle ultime elezioni, la Spagna si prepara a un inizio politico di marzo dove il leader del partito socialista Pedro Sànchez tenterà l’investitura a capo del governo grazie al sostegno di Ciudadanos e di tutti gli altri partiti di sinistra, Podemos escluso perché Pablo Igleasias è intenzionato a perseguire una determinante astensione.

In queste ultime ore infatti Albert Rivera, leader di Ciudadanos, il partito emergente di centro-destra, ha stretto la mano di Sànchez e l’accordo con i socialisti, una mossa che può senza dubbio sbloccare lo stallo politico che si era creato nelle scorse settimane.

Ciudadanos aveva presentato cinque punti per un programma di governo che vedrà in primo piano la riforma del mercato del lavoro, del fisco, e che quindi aspettava solo di essere accolto dai socialisti.
“Un governo riformista e di progresso” lo hanno definito i due leader, certamente un esecutivo di rottura con il precedente del Partido Popular.

Per questo sabato è previsto l’incontro promosso dal leader di Izquierda Unida Alberto Garzòn che vedrà un confronto di idee tra il PSOE, Podemos e Compromis, oltre la già menzionata IU. Il tutto per definire un programma unanime per tutte le forze politiche che andrebbero a costituire il nuovo governo.

Entro la prossima settimana, la prima di marzo, ci saranno l’investitura, la consulta dei gruppi parlamentari e la votazione in parlamento. Sufficienti 175 voti, tra i quali sarà determinante anche l’astensione di Podemos.

Inutile ricordare il dissenso dei Populares, per i quali Mariano Rajoy minimizza l’accordo raggiunto. Il vice presidente per l’organizzazione PP, Fernando Martinez Maìllo, invece  ne contesta l’eccessiva considerazione.

Non è un atto di governo – ha affermato Maìllo in una conferenza stampa ad hoc – Anche noi abbiamo avanzato le nostre proposte in cinque punti, però Pedro Sànchez era troppo impegnato nel gioco del signor no. Ora che ha accettato la proposta di Rivera, sappia che ha ignorato la mano tesa del partito che ha vinto le elezioni, nel mancato rispetto dei 7 milioni di cittadini che hanno scelto il PP. Prima delle elezioni Rivera era propenso a sostenere l’investitura di Rajoy.
A questo punto, se il PP continua a dire di possedere un programma di governo migliore, procedendo nella direzione seguita dal Paese negli ultimi quattro anni, è certo che la nuova prospettiva dell’esecutivo sembra ora pendere a sinistra e troverebbe concordi tutte quelle parti che, pur con idee estremamente diverse, sono stanche di Rajoy e del suo partito travolto dagli scandali e dalla corruzione.

Per tutti i cittadini, favorevoli o meno, la “reforma laboral“, come la chiamano in Spagna, è appena cominciata, ma solo dalla prime votazioni parlamentari e dagli esiti del programma PSOE-Ciudadanos ci sarà modo di capire se la rivoluzione dei lavoratori riguarderà almeno quelli che potranno sedere per la prima volta sugli scranni del governo.          

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PSOE-Podemos. Poco tempo e nessun accordo http://www.360giornaleluiss.it/psoe-podemos-poco-tempo-e-nessun-accordo/ Tue, 16 Feb 2016 22:08:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5798 58 è il numero attuale dei giorni “decisivi” per formare un nuovo governo in Spagna. 14, quelli che avuto finora a disposizione il leader del partito socialista Pedro Sànchez, per volere del re Felipe VI, per essere il nuovo Primo Ministro. I negoziati vanno avanti ogni giorno, ma ogni notte le soluzioni per i problemi

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58 è il numero attuale dei giorni “decisivi” per formare un nuovo governo in Spagna. 14, quelli che avuto finora a disposizione il leader del partito socialista Pedro Sànchez, per volere del re Felipe VI, per essere il nuovo Primo Ministro. I negoziati vanno avanti ogni giorno, ma ogni notte le soluzioni per i problemi da risolvere sembrano sempre più lontane al tramonto di un’altra giornata vana.

L’esito delle ultime elezioni si sa, è stato diabolico sotto molti punti di vista, in primis numericamente per impedire l’agevole costituzione di una maggioranza solida in un momento delicato del Paese. In secundis, perché non appare ancora chiaro chi abbia vinto alle urne in uno Stato dominato storicamente da un estinto bipartitismo.

Mariano Rajoy ha rifiutato per ben due volte l’investitura del re e preferisce aspettare, a maggior ragione ora che il Partido Popular è investito da una nuova serie di scandali legati ai finanziamenti illeciti, soprattutto ora dove a Madrid le dimissioni di Esperanza Aguirre hanno portato all’elezione di Cristina Cifuentes.
La neo-eletta si è subito lanciata in una campagna di sensibilizzazione per tutelare l’immagine del partito, ma con il suo annuncio di primarie per la scelta di nuovi giovani leader per i populares, si apre ora un varco che porta irrimediabilmente la vecchia classe dirigente alla rottamazione, se si vuole arginare l’inevitabile emorragia di voti che la cronaca rischia di portare.

La partita però, come è prevedibile, si gioca a sinistra e a poco servono le esultanze per gli scandali dai quali è sommerso il PP, quanto la Galizia e la Cantabria per la neve e il maltempo in questi giorni.
A dispetto di ogni nuovo caso di corruzione, si veda per esempio il processo senza fine che vede coinvolta la sorella del re, Doña Cristina de Borbòn, meglio conosciuta come “la Infanta” e moglie del accusato e indagato Iñaki Urdangarin sulle questioni fiscali, è la nuova classe dirigente a dover dettare il passo, quella dei coetanei Pedro Sànchez e Pablo Iglesias.
Questi ultimi purtroppo stanno alimentando molte voci su un possibile loro rapporto negativo, elemento che spiegherebbe tante difficoltà nella ricerca di un accordo efficace nella formazione di un nuovo governo.

Se infatti Sànchez, dopo le prime titubanze da parte dei presidenti socialisti delle regioni autonome, è ora l’indiscusso leader del PSOE, tanto che a tutt’oggi sarebbe l’unico candidato alle primarie del partito, dall’altra parte il suo dinamismo non trova un patto con quello che sarebbe numericamente il più solido alleato, ovvero il partito emergente Podemos.
Iglesias sta facendo di tutto per complicargli le cose, chiedendo con forza un referendum per la Catalogna, proposta che i socialisti non possono accettare, e presentando documenti per riforme economiche che i ministri dell’attuale governo a matrice PP giudicano fantasiose e causa potenziale di nuove crisi, con l’innalzamento delle imposte e un nuovo indebitamento pubblico.
Di fronte a questo Sànchez non cede un millimetro e la sua resistenza è perfino ben vista e lo tutela dal fuoco amico socialista.

In tal maniera è facile capire che l’accordo non possa essere trovato. A destra invece, mentre Ciudadanos prova a mettere fretta e pressione, il PP rimane in silenzio schiacciato dai suoi problemi.
Nel continuo chiacchiericcio e attraverso il botta e risposta dei diversi partiti, si distingue con veemenza Adriana Lastra, braccio destro di Sànchez all’interno del Congresso, appena prima che scadano i quattro giorni rimasti per trovare un accordo di governo a sinistra.

“La linea rossa che stiamo perseguendo è l’unica via per un governo onesto. I fatti di Madrid che travolgono il PP parlano da soli e se la Aguirre rappresentava la corruzione della Capitale, Rajoy rappresenta ancora oggi quella di tutta la Spagna. Inutile aggiungere che Iglesias veda ancora la politica come un film, nel quale non riesce ancora a comprendere il disperato bisogno del Paese di avere un nuovo governo.”

Dalla parte di Podemos il deputato Erregòn difende i suoi dicendo che basterebbe una nuova riunione tra i leader Sànchez e Igleasias per dirimere la questione, ma il primo si è già espresso sulla non necessità di un ulteriore incontro dopo quella che sembra essere stata un’algida cena fra i due.

Quattro giorni alla fine del tempo stabilito dal re e dalla Costituzione per un governo di sinistra con a capo Pedro Sànchez. Come già detto precedentemente, gli scandali, la cronaca e le incertezze sono propense a portare una soluzione neutrale, quella di nuove elezioni che potrebbero pure non essere una soluzione, bensì l’origine di nuovi problemi per un Paese ancora provato dalla crisi e nel quale, succubi dell’incertezza politica, anche le borse e gli investimenti finanziari cominciano a traballare con nuovi e ripetuti indici negativi.   

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Sànchez vuole evitare le urne tra i veti dei partiti http://www.360giornaleluiss.it/sanchez-vuole-evitare-le-urne-tra-i-veti-dei-partiti/ Sun, 07 Feb 2016 19:56:37 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5727 Non importa che tre leader dei quattro partiti più votati in Spagna si siano salutati e dati giovialmente la mano in occasione dei Goya, la notte degli “Oscar” spagnoli. I negoziati vanno avanti, l’accordo è tutt’altro che prossimo e il leader dei socialisti Pedro Sànchez, supportato da tutta la direzione del suo partito, sta portando

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Non importa che tre leader dei quattro partiti più votati in Spagna si siano salutati e dati giovialmente la mano in occasione dei Goya, la notte degli “Oscar” spagnoli. I negoziati vanno avanti, l’accordo è tutt’altro che prossimo e il leader dei socialisti Pedro Sànchez, supportato da tutta la direzione del suo partito, sta portando avanti ogni possibile confronto che riesca a raccogliere il numero minimo per conquistare la maggioranza e spodestare dalla Moncloa l’attuale primo ministro in funzione Mariano Rajoy, leader del Partido Popular, acerrimo rivale storico del PSOE.

Le consultazioni di Sànchez, incaricato di formare un nuovo governo la scorsa settimana, sono andate avanti senza sosta nelle ultime ore, ma ogni sforzo sembra vanificato dai serrati veti incrociati degli altri partiti, che temendo il rischio di perdere seggi in una potenziale nuova tornata elettorale, si apprestano a mantenere ogni promessa fatta agli elettori arroccati nei propri castelli ideologici.

Sànchez ha avanzato proposte a Pablo Iglesias, leader della nuova formazione partitica Podemos, e continua ostinatamente a rifiutare la mano tesa di Rajoy, ben disposto a mettere fretta al suo rivale, ma strategicamente “colpevole” nell’aver rifiutato per ben due volte l’investitura di Re Felipe nel formare un nuovo esecutivo.
Il segretario generale dei Populares Marìa Dolores de Cospedal però attacca i socialisti accusandoli di voler dialogare con chiunque, tranne che con i veri vincitori delle elezioni del 20 dicembre scorso.
Agli squisiti attacchi politici vanno doverosamente aggiunti e menzionati tre aspetti, di cui il primo riguarda la prospettiva economica di un Paese che, pur affacciandosi da poco alla ripresa, deve secondo le stringenti direttive di Bruxelles tagliare oltre 8 miliardi del deficit pubblico nell’arco del 2016, mentre i secondi sono più che altro due chiavi di lettura strategiche.
Sànchez sta tentando di mettere d’accordo il leader di Ciudadanos Albert Rivera e l’inflessibile Iglesias su un accordo progressista di governo mentre, in un mancato appoggio da parte di Podemos, sarebbero necessari i numeri dei partiti indipendentisti, quelli catalani quanto quelli del PNV di Andoni Ortuzar, leader del nazionalisti baschi.

Non occorre specificare quanto la credibilità di un ideale nuovo esecutivo sia messa a dura prova pur di giocare sulla volontà di porre fine al governo dei Populares, ma il veto incrociato del PSOE nei confronti di Rajoy e la chiusura di Iglesias verso Ciudadanos rende il miracoloso accordo privo di fondamenti concreti.
Unico risultato il tempo che scorre e l’inesorabile annuncio a nuove elezioni da parte del re, pronostico nel quale tutti i partiti stanno giocando strategicamente e incubo nel quale ogni formazione che spera di mantenere i propri seggi, si potrebbe ritrovare a gestire gli stessi numeri della precedente legislatura appena formatasi.
In fondo non si può sbloccare nessuna partita di poker se nessuno dei giocatori al tavolo è disposto a rischiare, così da costringere il mazziere a distribuire nuovamente le carte, ma minando seriamente nel corso di questa mano, la credibilità di un Paese che in minima parte stava tirando fuori la testa dal guscio della crisi e come sempre per merito dei sacrifici sostenuti dagli elettori.

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Podemos accusato di ricevere fondi illeciti dall’Iran http://www.360giornaleluiss.it/podemos-accusato-di-ricevere-fondi-illeciti-dalliran/ Sat, 16 Jan 2016 11:49:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5605 Il 20 dicembre il successo elettorale a livello nazionale del partito politico guidato da Pablo Iglesias, oggi emergono invece già diverse inchieste sul presunto finanziamento illecito del nuovo movimento votato in Spagna da quasi un elettore su cinque. Podemos è una forza politica che, come tante nella penisola Iberica come negli altri Paesi, dopo essere

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Il 20 dicembre il successo elettorale a livello nazionale del partito politico guidato da Pablo Iglesias, oggi emergono invece già diverse inchieste sul presunto finanziamento illecito del nuovo movimento votato in Spagna da quasi un elettore su cinque.

Podemos è una forza politica che, come tante nella penisola Iberica come negli altri Paesi, dopo essere entrate nel sistema sono sempre pronte ad annunciare e portare tante sensazionali novità, ma purtroppo, non appena l’agone pubblico fa partire l’ingranaggio delle ricerche, neanche i più speranzosi riescono a evitarne l’onda. In termini semplici l’accusa che muove il sito di informazione El Confidencial, notizia di cui parlano a dire il vero più i media stranieri di quelli spagnoli, sarebbe quella di un finanziamento che ammonta ad oltre cinque milioni di euro da parte di un’emittente televisiva spagnola, amministrata e gestita dal magnate iraniano Mahmoud Alizadeh Azimi, un uomo dagli stretti contatti con il governo di Teheran.

Hispan Tv, questo il nome dell’azienda televisiva, ha anche diverse volte ospitato lo stesso Pablo Iglesias, sollevando in buona parte il dibattito sopra il conflitto di interessi che legano in Spagna i media alle differenti forze politiche, soprattutto se la provenienza dei fondi del businessman iraniano sono a tutt’oggi ancora poco chiari. Ciò che maggiormente preoccupa i vertici del partito al momento è il tempismo con cui queste accuse siano state sollevate, in una fase storica dove la terza forza politica del Paese ha vinto attraverso l’ultima tornata elettorale 69 seggi, dietro solo alle due forze tradizionali spagnole, quella dei popolari di Mariano Rajoy (PP) e quella dei socialisti di Pedro Sanchez (PSOE).

La transizione dal bipartitismo a una presenza partitica multipla tra gli scranni del parlamento della Moncloa di Madrid sta infatti complicando non poco la fase di formazione delle commissioni parlamentari e delle specifiche alleanze, se contiamo anche il quarto partito, Ciudadanos guidato da Albert Rivera e le tante formazioni politiche inerenti il fitto gioco della autonomie regionali che negli ultimi tempi stanno destando molta preoccupazione anche a livello nazionale. Tra queste ultime va necessariamente ricordato il caso catalano che, mosso da un nuovo nazionalismo ha nominato il nuovo leader del governo della Generalitat di Barcellona, l’ex sindaco di Girona, l’indipendentista Carles Puigdemont.

Accuse come quella sollevata ai danni di Podemos, in un quadro internazionale dove viene naturale associare finanziamenti medio orientali a fondi che possono in qualche modo legare il terrorismo alle democrazie occidentali, è tutt’altro che ben accolta dai nuovi parlamentari e non farà dormire sonni tranquilli a Pablo Iglesias.

Ora che il nuovo movimento ha iniziato a districarsi nella politica nazionale ecco la sua prima grande sfida di credibilità, le reazioni a questa non saranno da sottovalutare, proprio nel momento in cui tutto lo slancio e l’entusiasmo dei risultati elettorali rischia di essere minato prima di poterne raccogliere i frutti politicamente più concreti.    

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La Spagna sceglie Rajoy ma saluta la maggioranza http://www.360giornaleluiss.it/la-spagna-sceglie-rajoy-ma-saluta-la-maggioranza/ Wed, 23 Dec 2015 15:37:58 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5524 Le urne hanno rispettato i sondaggi. L’affluenza è stata superiore al 73% confermando l’entusiasmo per il voto di domenica scorsa, il nuovo parlamento si divide in quattro confermando la fine del bipartitismo e l’ascesa di Podemos e Ciudadanos. “E’ una Spagna nuova quella in cui viviamo” ha detto proprio Pablo Iglesias, leader di Podemos, alla

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Le urne hanno rispettato i sondaggi. L’affluenza è stata superiore al 73% confermando l’entusiasmo per il voto di domenica scorsa, il nuovo parlamento si divide in quattro confermando la fine del bipartitismo e l’ascesa di Podemos e Ciudadanos. “E’ una Spagna nuova quella in cui viviamo” ha detto proprio Pablo Iglesias, leader di Podemos, alla fine dello spoglio delle urne. Senza dubbio ha ragione. La tradizione che ha voluto per quarant’anni di democrazia due forze politiche al comando in continuo confronto deve abituarsi all’idea di essere finita, lasciando spazio a un sistema pluripartitico e aperto ad ogni imprevedibile scenario. Mariano Rajoy vince e sembra rimanere al governo, tuttavia nulla sarà più facile come prima. La più naturale alleanza di governo con il partito di Albert Rivera raccoglierebbe poco. Il 28% del Partido Popular sommato al 13,7 di Ciudadanos è assai lontano dalla maggioranza assoluta. Nulla toglie a un governo di larghe intese la possibilità di nascere, soprattutto se la seconda e la terza forza politica del Paese sono rispettivamente il PSOE di Pedro Sànchez con il 22,1% e Podemos con il 20. Si apre dunque una fase di ampia concertazione e, come ha detto lo stesso primo ministro Rajoy, ciò è fondamentale per non far perdere alla Spagna e ai mercati la scia della ripresa e della crescita.

Una fase di nuova responsabilità dopo gli schiaffi morali della campagna elettorale, i colpi che nessun partito si è risparmiato. Ora è il tempo dei fatti, ma i numeri sono propensi a complicare notevolmente le cose, alla luce di una volontà politica dei cittadini spagnoli così frastagliata.

L’ascesa dei nuovi partiti incoraggia la voglia di cambiare il Paese e di promuovere un nuovo modo di pensare la politica. La vittoria relativa di Rajoy suggerisce l’esatto opposto, mostrando come oltre uno Spagnolo su quattro pensi che le scelte del Partido Popular siano state paradossalmente impopolari, ma alla fine giuste o quantomeno necessarie, dato l’insieme delle difficoltà e delle sfide interne e internazionali che il mondo attuale propone. Oggi nasce una nuova Spagna, ma il parto di un nuovo governo sarà alquanto complesso. I popolari conquistano 122 seggi, molti, ma non moltissimi se guardiamo a una maggioranza assoluta che dovrebbe essere costituita come minimo da 186 deputati. A questi numeri si aggiungono quelli delle altre tre forze politiche principali, i 90 seggi dei socialisti, i 69 di Podemos, i 40 di Ciudadanos, più gli altri delle comunità autonome che hanno confermato di essere in piena crescita, come i partiti baschi e quelli catalani. Particolarmente rilevante a Barcellona è stato l’impatto della alcaldesa, il sindaco Ada Colau, che ha fornito forse il più grande endorsement a Pablo Iglesias, peraltro ex studente laureato in scienze politiche ed Erasmus presso l’università pubblica della capitale catalana.

A questo punto non resta quindi che seguire gli esiti della concertazione e dell’era del dialogo, tutt’altro che prevedibile, tutt’altro che scontata. Rajoy festeggerebbe a metà, se non avesse tanto lavoro per formare una nuova maggioranza, magari più credibile e popolare della prima.

 

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