#donne – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Fri, 16 Mar 2018 19:15:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png #donne – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Donne e letteratura: da Virginia Woolf a “Storie della buonanotte per bambine ribelli” http://www.360giornaleluiss.it/donne-letteratura-virginia-woolf-storie-della-buonanotte-bambine-ribelli/ Wed, 15 Mar 2017 11:29:03 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8291 Nel 1929 Virginia Woolf offre una nuova interpretazione  del ruolo sociale attribuito alle donne difendendole  da forti accuse sessiste. Nel 1929 esce infatti “Una stanza tutta per sé”, il saggio in cui Virginia Woolf analizza il rapporto tra donne e scrittura non sulla base di una teoria del genio, come si era fatto negli anni

The post Donne e letteratura: da Virginia Woolf a “Storie della buonanotte per bambine ribelli” appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Nel 1929 Virginia Woolf offre una nuova interpretazione  del ruolo sociale attribuito alle donne difendendole  da forti accuse sessiste. Nel 1929 esce infatti “Una stanza tutta per sé”, il saggio in cui Virginia Woolf analizza il rapporto tra donne e scrittura non sulla base di una teoria del genio, come si era fatto negli anni precedenti, ma in riferimento ai mezzi e alle reali possibilità di cui le donne hanno disposto per poter fare letteratura. Si tratta essenzialmente di un viaggio attraverso raccolte poetiche e romanzi di diversi periodi durante il quale la Woolf non può fare a meno di constatare un’insufficienza o addirittura una completa assenza di voci femminili nella produzione letteraria ufficiale. La ragione non è da ricercarsi in una presunta inferiorità intellettiva della donna rispetto all’uomo  ma piuttosto nelle convenzioni e nelle convenienze degli uomini che hanno relegato le donne nel ruolo esclusivo di mogli e di madri, dipendenti dalle loro decisioni e dalle loro finanze. “Per tutti questi secoli le donne hanno svolto la funzione di specchi, dotati della magica e deliziosa proprietà di riflettere la figura dell’uomo a grandezza doppia del naturale.” Le scrittrici dell’Ottocento, infatti,  condividono una sola stanza di soggiorno con l’intera famiglia, si limitano ad osservare la loro piccola realtà in cui sono costrette a vivere  e a trascriverla sotto forma di romanzo, scrittura, quindi, decisamente più semplice e meno raffinata di quella maschile. Avvenne così per Jane Austen e per  la stessa Charlotte Brontë. Scrittrici sì ma non al pari del celebre Shakespeare per esempio.

La mancanza di mezzi e di pari opportunità è quindi il tema di cui Virginia Woolf si fa portatrice. In questo originalissimo trattato, Virginia Woolf teorizza come la subordinazione economica prima e psicologica dopo hanno condizionato tutta la letteratura femminile. Se c’è una libertà alla quale la donna  deve tendere , conclude la Woolf, è quella dalle sentenze emesse dagli uomini, dal bisogno di assecondarli , ma per realizzare il sogno dell’indipendenza è necessario possedere risorse proprie. Tanto emancipata da dire al marito, sposandolo, che non avrebbe rinunciato alla verginità iscritta nel suo nome solo per assecondare una usanza sociale. Tanto emancipata da riuscire a far valere la sua voce in un’epoca chiusa e bigotta dove le donne non erano al pari degli uomini; non solo scrittrice e saggista ma anche attivista britannica all’interno dei più svariati  movimenti femministi.

Guardiamo ora al presente. 2017: il mondo del web scioccato da una foto di Emma Watson in cui le si vede un capezzolo non la vuole più riconoscere come femminista. Le cose sono cambiate? Si e no. Sicuramente non si possono negare i cambiamenti in termini giuridici , come l’introduzione del suffragio universale e il riconoscimento di diritti politici e sociali anche alle donne ( art. 2 Costituzione italiana) ma nella considerazione immateriale le donne sono ancora un passo indietro alla figura dell’uomo. In questo contesto si inserisce il libro: “Storie della buonanotte per bambine ribelli”,  il libro femminista di favole della buonanotte , un libro che mette da parte le principesse per far posto alle donne che hanno segnato la storia e cambiato il mondo, con coraggio determinazione e generosità. Si tratta  della versione italiana di Good Night Stories for Rebel Girls,  il libro ideato dalle italiane Elena Favilli e Francesca Cavallo, e pubblicato grazie a una campagna su Kickstarter  ( il sito per raccogliere fondi online) ottenendo 675mila dollari da oltre 13.400 persone, record assoluto sul sito. Il libro raccoglie 100 favole della buonanotte con protagoniste cento «donne straordinarie del passato e del presente» che possano fare da modello positivo per le bambine: ci sono per esempio la regina Elisabetta II, Serena Williams, Hillary Clinton, Julia Child, Michelle Obama, Zaha Hadid e Rita Levi Montalcini, accompagnate dai ritratti disegnati da 60 illustratrici provenienti da tutto il mondo.

“C’era una volta una scienziata, una cantante, una scrittrice. Forse avranno amato un loro principe, ma non hanno avuto bisogno di lui per essere salvate.”

«Ci siamo rese conto che il 95 per cento dei libri e dei programmi tv con cui siamo cresciute non avevano bambine o ragazze in ruoli importanti. Abbiamo fatto un po’ di ricerche e scoperto che le cose non sono cambiate tanto negli ultimi vent’anni, e così abbiamo deciso di fare qualcosa», spiegano le autrici. Cavallo ricorda che «nei libri per bambini ci sono ancora molti stereotipi di genere» e i genitori non hanno a disposizione abbastanza cartoni animati, riviste o libri con modelli femminili positivi: «Per questo abbiamo creato questo libro». Il suo scopo delle scrittrici  è  dunque quello di dar spazio a una femminilità che non venga più rappresentata solo come debolezza, fragilità  e ingenuità, incarnandosi nella donzella in difficoltà e nella principessa altezzosa. Dal libro emerge chiaramente il fatto che essere donna significa innanzitutto possedere una forza trascinatrice, una passionalità che affascina, una solidità che emerge inaspettata, per reagire ai colpi più duri. Con questo libro, prima di andare a dormire, si invitano le bambine a sognare a occhi aperti. E a sognare in grande.  Anche una bambina ha il diritto di  sognare di diventare una  scienziata da Nobel, la  tennista  più forte del mondo, una candidata presidenziale, un’attivista che lotta per i diritti dei più deboli, una scrittrice di fama mondiale i cui libri continuino a essere letti anche a distanza di decenni dalla loro prima uscita. Finora il libro, che come già detto è il più finanziato nella storia del crowdfunding,  è stato tradotto in 12 lingue diverse e il 28 febbraio ha debuttato nelle librerie italiane, edito da Mondadori.

“Noi ci auguriamo che queste pioniere coraggiose siano di ispirazione”, scrivono le autrici nella prefazione, “Che i loro ritratti imprimano nelle nostre figlie la salda convinzione che la bellezza si manifesta in ogni forma e colore, e a tutte le età. Ci auguriamo che ogni lettrice comprenda che il successo più grande è vivere una vita piena di passione, curiosità e generosità. E che tutte noi, ogni giorno, ricordiamo che abbiamo il diritto di essere felici e di esplorare con audacia.

«Quando avevo 8 anni, ero confusa dal fatto che mi definissero una prepotente perché volevo dirigere la recita per i nostri genitori: ma ai maschi non succedeva. Quando avevo 14 anni ho cominciato a essere trattata come un oggetto sessuale da alcuni media. Quando avevo 15 anni le mie amiche hanno cominciato a lasciare le squadre degli sport che amavano perché non volevano diventare muscolose. Quando avevo 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti. Ho deciso di diventare femminista e la cosa non mi sembrava complicata. Ma le mie ricerche più recenti mi hanno fatto scoprire che “femminismo” è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare sono considerata una di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive contro gli uomini, persino non attraenti. Perché questa parola è diventata così scomoda?»      Emma Watson

The post Donne e letteratura: da Virginia Woolf a “Storie della buonanotte per bambine ribelli” appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
8291
Donne bianche e capelli neri http://www.360giornaleluiss.it/donne-bianche-e-capelli-neri/ Wed, 16 Nov 2016 09:38:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7568 Tutte le donne, più di una volta nella loro vita, si sono ritrovate davanti allo specchio nel tentativo di sembrare professionali, prima di presentarsi ad un colloquio o ad un incontro di lavoro. La sensazione di voler essere diverse, di voler cambiare il proprio corpo per rientrare nei canoni della bellezza sociale è una problematica

The post Donne bianche e capelli neri appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Tutte le donne, più di una volta nella loro vita, si sono ritrovate davanti allo specchio nel tentativo di sembrare professionali, prima di presentarsi ad un colloquio o ad un incontro di lavoro. La sensazione di voler essere diverse, di voler cambiare il proprio corpo per rientrare nei canoni della bellezza sociale è una problematica molto comune al sesso femminile. Il desiderio di cambiamento diventa poi ancora più impellente se si è una donna di colore, o comunque non bianca, che vive in una società dove il modello di riferimento è quello dell’“uomo bianco”.

L'artista afroamericana Endia Beal

L’artista afroamericana Endia Beal

Le battaglie per l’inserimento dell’uguaglianza di gender e di “razza” possono essere combattute in tanti modi, dalle manifestazioni alla scrittura, dalla televisione alla fotografia. Ed è infatti proprio quest’ultimo strumento che ha permesso a Endia Beal, artista afroamaricana, di immortalare la frustrazione che il corpo di una donna di colore può provare quando ha la sensazione di essere fuori luogo nel proprio ambiente lavorativo. Questa battaglia è iniziata già tre anni fa, quando Beal ha iniziato a raccogliere gli scatti per quella che sarebbe divenuta poi una mostra fotografica dal titolo “Can I touch it?”, in riferimento alla domanda che gli uomini bianchi del suo ufficio si facevano circa i suoi capelli, con il desiderio inespresso di sapere come sarebbe stato toccarli. La sensazione di essere una creatura esotica, dunque, non l’ha portata ad isolarsi, bensì a vincere l’imbarazzo e a cercare di condividere la propria diversità come parte della normalità. Il primo passo in questa direzione è stato quello di chiedere agli uomini del suo ufficio di toccare i suoi capelli: per molti di loro era la prima volta e la sensazione più comune, confessata dopo averlo fatto, era quella di stranezza.

Tuttavia, la paura del diverso ha riguardato anche le sue colleghe bianche: cosa avrebbero provato immedesimandosi il più possibile in una donna di colore? Per questo, Beal ha chiesto ad una quarantina di donne, alcune colleghe, altre sconosciute, di essere fotografate, dopo aver fatto loro un’acconciatura che le facesse assomigliare a delle donne nere. L’obiettivo era quello di dare uno spazio corporale a queste sensazioni: esplorare il corpo femminile per capire e far capire come una donna possa sentirsi al suo interno. L’immagine che ne è venuta fuori è una sovrapposizione di lineamenti diversi, un incontro di culture. Inoltre, l’aspetto più importante non è necessariamente la discrepanza fisica che si nota nel volto tra la donna bianca fotografata e i suoi capelli, ma il richiamo a tutte le storie complicate, le assunzioni, i silenzi, le lotte, presenti su quel volto. Questa idea ha incluso i confini razziali, di gender e generazionali: infatti, le persone spesso cercano di cambiare se stesse per calzare alla perfezione in certi ambienti.

Un progetto lungimirante, che ha reso ancora oggi questa donna un simbolo nella società statunitense per una lotta contro i pregiudizi. Pregiudizi per il colore della pelle o per il sesso, che devono essere abbattuti affinché nessuna donna si senta più chiedere di cambiare nome perché inappropriato o acconciatura perché poco conforme agli standard della società in cui vive. Le donne non sono oggetti, ma coscienze con la propria storia, al di là del sessismo e della discriminazione razziale.

The post Donne bianche e capelli neri appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
7568
La battaglia dei femminismi http://www.360giornaleluiss.it/la-battaglia-dei-femminismi/ Sun, 27 Dec 2015 09:51:18 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5536 Il fatto che la cantante Taylor Swift sia diventata la più giovane donna inclusa nella lista di Forbes tra le donne più influenti al mondo non convince proprio tutti. Camille Paglia, la nota e irriverente professoressa e critica americana, autrice di svariati trattati sul femminismo, non si trattiene dall’attaccare in un nuovo essay per Hollywood

The post La battaglia dei femminismi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Il fatto che la cantante Taylor Swift sia diventata la più giovane donna inclusa nella lista di Forbes tra le donne più influenti al mondo non convince proprio tutti.

Camille Paglia, la nota e irriverente professoressa e critica americana, autrice di svariati trattati sul femminismo, non si trattiene dall’attaccare in un nuovo essay per Hollywood Reporter, la Swift e tutte le sue colleghe, riaprendo un dibattito assai in voga negli anni 70.
Le cosiddette Squad Girls, le teenagers emancipate che attirano i riflettori e inflazionano ogni rivista di musica, cinema e moda, per Camille Paglia potrebbero quindi non rappresentare la donna come il vero sesso forte della nostra epoca.
Le note Drew Barrymore, Reese Witherspoon, Cara Delevingne, Selena Gomez, Emma Stone, Miley Cyrus, Jennifer Lawrence e Gigi Hadid, tanto per citarne solo alcune, sono sul banco delle imputate e la loro potrebbe quindi essere solo una finta emancipazione.
“Tutte queste notabilissime ragazze anni 90 – spiega Paglia nel sua tesi – Non fanno altro che il gioco sporco di una più profonda campagna pubblicitaria maschilista, che al di là di ogni buon proposito di queste apparentemente energiche militanti sfrutta ancora una volta la donna per la sua mera immagine esteriore”.
La tesi è abbastanza semplice, le conseguenze sono molto meno banali.
Come valutare il grado di libertà e riconoscimento dei diritti di una donna, soprattutto in merito al potersi denudare o esternare il proprio corpo senza soggezione?
Il dibattito nacque alla nascita della rivista Playboy, nel lontano 1953.
Una playmate era schiava dei desideri degli uomini o modella per un nuovo prototipo di donna occidentale padrona di sé contrapposta ad altre culture dove sarebbe costretta a coprirsi perfino il volto?
Se di femminismo dobbiamo parlare, vero è che di femminismi ne esistono molti e Camille Paglia, critica di molte correnti che dovrebbero incoraggiare la donna a coprire un nuovo ruolo nella società moderna, non fa altro che riaprire un dibattito mai chiuso e non abbastanza affrontato.
“Una donna deve andare oltre le forme e il dinamismo del proprio corpo – sostiene la studiosa – “Una Delevingne non trasmette alcun esempio a giovani donne desiderose di coltivare i propri talenti”.
Se da una parte vanno necessariamente esclusi gli estremismi di Paglia in una terminologia poco consona a una cattedra universitaria e assai aggressiva nei confronti di chi, in un modo o nell’altro, la propria carriera l’ha costruita senza precisi obblighi morali verso il mondo, dall’altra è bello poter ricordare quante fanno la differenza in svariati campi professionali e differenti talenti, attraverso sì la propria immagine ma donandone anche una marcia in più.
Si ricorderanno le prime campagne umanitarie in Africa di Audrey Hepburn, si può vedere un’Emma Watson impegnata nel suo femminismo #HeforShe come una Samantha Cristoforetti in viaggio per lo spazio, si potrebbero menzionare tante attrici e sportive che vengono premiate per il loro talento lasciando alle mere riviste di gossip qualche commento piccante sull’aspetto o sulla loro vita privata.
In fondo a ogni dibattito femminista si aggiungerà dunque un pizzico di realismo e concretezza. Non sarà un caso che da quasi undici anni in Germania ed Europa comanda non un cancelliere, bensì una cancelliera, l’Angela Merkel nuovo volto di Time (copertine alternative come si può intendere). Non sarà un caso che il fatturato sportivo personale più elevato e competitivo sia quello della tennista Maria Sharapova, che in termini di business, oltre la prevedibile vendita della propria immagine, è padrona di un elevato quantitativo di azioni in borsa, dalle automobili tedesche Porsche all’acqua francese Evian surclassando i divi del calcio Lionel Messi e Cristiano Ronaldo.
In immagine la donna vince facilmente, ma con il talento come valore aggiunto risulta decisamente invincibile.
Oltre le Squad Girls vittime di Camille Paglia, il mondo contemporaneo offre tanto altro che purtroppo non passa sempre per i titoli della stampa, come risulta sempre degno di essere ricordato il sacrificio politico di una donna come la pakistana Benazir Bhutto, uccisa nel 2007 solo per la volontà di cambiare il proprio Paese.
In fondo come dice lo stesso premio Nobel per la pace iraniano Shirin Ebadi, tanto per citare una vivace e partitista, ma bella espressione femminista: “Noi donne siamo più potenti degli uomini, ma questo per loro è un pericolo. In Medio Oriente non solo generalmente calpestano i nostri talenti, ma vogliono persino coprire i nostri volti, perché tra tutte le donne quelle che vivono nel mondo arabo e musulmano sono le più forti, per questo il loro terrore è ancor più grande”.

The post La battaglia dei femminismi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
5536
Fat shaming, thin shaming e il nostro confuso concetto di curvy http://www.360giornaleluiss.it/fat-shaming-thin-shaming-e-il-nostro-confuso-concetto-di-curvy/ Mon, 23 Mar 2015 08:47:02 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2663 Fat shaming e thin (o skinny) shaming sono due termini coniati per definire l’atto di insultare o criticare in maniera degradante qualcuno per il fatto di essere grasso o magro. Da sempre il problema più conosciuto è senza dubbio il primo, è sicuramente più facile imbattersi in insulti rivolti a persone in sovrappeso o obese

The post Fat shaming, thin shaming e il nostro confuso concetto di curvy appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Fat shaming e thin (o skinny) shaming sono due termini coniati per definire l’atto di insultare o criticare in maniera degradante qualcuno per il fatto di essere grasso o magro.

Da sempre il problema più conosciuto è senza dubbio il primo, è sicuramente più facile imbattersi in insulti rivolti a persone in sovrappeso o obese o perlomeno lo era fino a qualche anno fa. Un fenomeno nuovo continua a crescere ultimamente nella nostra società, aumentano le modelle oversize , si moltiplicano le campagne che inneggiano alla “donna vera”, il termine curvy viene usato come vanto; se da una parte questo nuovo modo di pensare ha il merito di provare a scalfire i modelli spesso irreali che da sempre il nostro mondo ci propone, dall’altra parte ha evidenziato almeno due aspetti negativi.

Per prima cosa risulta subito chiaro sfogliando giornali o imbattendosi in campagne su internet che il concetto di curvy si presta a moltissime interpretazioni: da alcune case di moda che per ragazza curvy intendono una taglia 42 semplicemente molto prosperosa, che è semplicemente un comportamento ipocrita, alla modella plus-size Tess Holliday, che ha recentemente lanciato una campagna chiamata “every body is flawless”, ogni corpo è perfetto, ma Tess Holliday non è semplicemente una ragazza un po’ in carne, porta la taglia 56 e pesa più di 117 chili, questo vuol dire che è clinicamente obesa, non curvy. L’eccessiva esaltazione del grasso è sbagliata per il semplice fatto che essere obesi è molto pericoloso per la salute. Ci sono invece molti esempi di modelle oversize sane, in carne ma in forma e sarebbe auspicabile che con il tempo si convergesse sempre più su questa immagine di donna curvy quando se ne indica una, evitando entrambe gli eccessi sbagliati delle teglie 42 e 56.

Un’altra conseguenza negativa di questo movimento crescente è che, con un certo sentimento di rivalsa, in alcuni casi l’eccessivo orgoglio fat può sfociare appunto nel thin shaming. A chi non è mai capitato di leggere su Internet la classica frase “le vere donne hanno le curve”, questo è semplicemente falso perché ovviamente non è il grasso corporeo a definire la nostra identità.

Ma al di là del considerare giustamente sbagliati entrambi i tipi di body shaming possiamo davvero dire che sono insulti paragonabili e gravi nello stesso modo? No, non possiamo, ed il motivo è semplice: nel nostro mondo, nella nostra società essere magri rimane una forma di  privilegio. Ci sono una serie di benefici e vantaggi che vanno a braccetto con l’essere magri e tutti questi benefici e vantaggi hanno anche la conseguenza di discriminare chi non rientra nella categoria molto selettiva di corpo accettabile. Questi privilegi includono ad esempio essere in grado di entrare in qualsiasi negozio e trovare tanti capi che stanno bene e donano o più in generale il fatto che il tuo corpo è considerato normale e questo vuol dire che è di solito anche considerato attraente sessualmente. Guardando una persona magra inoltre in genere si è portati a pensare che sia in salute e fisicamente in forma e non si viene giudicati caratterialmente (come pigro o indisciplinato ad esempio) solamente per la forma del proprio corpo

E comprensibile che essere insultati per essere magri possa far male ed è un comportamento da condannare in ogni caso ma non è paragonabile alla costante cultura del fat shaming nella quale viviamo. Grasso non è bello ma se ignoriamo il fatto che c’è una differenza tra persone magre e non, neghiamo ipocritamente tutti i privilegi e le oppressioni che esistono da sempre e continueranno ad esistere.

The post Fat shaming, thin shaming e il nostro confuso concetto di curvy appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
2663
Boschi-Mania, 10 motivi legati al successo del ministro più in voga http://www.360giornaleluiss.it/maria-elena-boschi-ci-piace/ Fri, 27 Feb 2015 08:38:17 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2220 Sempre al centro della notizia, obiettivo prediletto dei paparazzi, soggetto migliore delle copertine: Maria Elena Boschi fa parlare di sé. Negli ultimi giorni ha concesso un intervista a Chi aprendo le porte della sua vita privata. Rotocalchi e grandi testate sono letteralmente impazzite. Risultato? Ci piace, sempre di più. Ecco il perché in 10 motivi:   #1

The post Boschi-Mania, 10 motivi legati al successo del ministro più in voga appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Sempre al centro della notizia, obiettivo prediletto dei paparazzi, soggetto migliore delle copertine: Maria Elena Boschi fa parlare di sé. Negli ultimi giorni ha concesso un intervista a Chi aprendo le porte della sua vita privata. Rotocalchi e grandi testate sono letteralmente impazzite. Risultato? Ci piace, sempre di più.

Ecco il perché in 10 motivi:

 

#1 – Donna tra gli uomini

Emancipazione e parità di genere, soprattutto in politica, sono concetti ancora utopici nonostante i vari tentativi del sistema rispetto al superamento di questa disuguaglianza, dalle quote rosa alla doppia preferenza mista. In più sarebbe una falsità negare la difficoltà di una donna a lavorare in un ambiente di soli uomini. La nostra Maria Elena, nonostante per qualcuno l’essere giovane, bella e donna possano essere discriminanti, si difende bene raggiungendo tutti i suoi obiettivi e dimostrando che oltre le gambe c’è di più. Chapeau.

 

#2 – Fattore B

Bella e brava, qui è proprio il caso di dirlo: what else? Il Ministro per le Riforme costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento ha solo 34 anni e rappresenta  la vittoria di quante si sono sentite dire nella vita “quindi sei anche intelligente?”. La sua bellezza ha fatto il giro del mondo, preceduta però dal suo lato B fotografato durante il giuramento. “Inconveniente” che capita a chi, nei momenti più importanti, sta di spalle, sia che si accompagni la sorella principessa d’Inghilterra all’ altare, sia che si giuri dinanzi al Capo dello Stato.

 

#3 – Sempre elegante, sempre low cost

In ogni occasione anche i critici più severi si ritrovano a dover ammettere l’eleganza del Ministro, sempre promossa a pieni voti. Ha sbaragliato tutti, sin da subito, con quel tailleur blu elettrico indossato al giuramento: spiccava tra le altre donne scelte da Renzi per il suo team, tra una Madia molto incinta e una schiera di completi tutti sul nero, in cui il massimo dell’osare sono state le giacche della Lorenzin e della Mogherini (glicine per l’una, rosa salmone per l’altra). Alcune di loro indossavano firme di stilisti noti, ma non c’è stato niente da fare: gli occhi erano tutti per Maria Elena e il suo completo Zara. Ciò a riprova del fatto che la spesa non è necessariamente proporzionale al risultato.

 

#4 – Non corre dietro l’amore

Glielo diceva la nonna che “l’amore non vuole che gli si corra dietro”, e lei segue il suo consiglio. Dall’inizio del mandato è single e boccia il Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, ormai idolo delle donne europee.

 

#5 – Un anno da ministro e due chili in più

Finalmente un personaggio pubblico che ammette di essersi lasciato andare rispetto alla linea. Ormai ci hanno stancato le super donne che, sfoggiando un eterna 38 ben riempita, dichiarano di mangiare tutto mentre fanno tutto, dal programma in tv all’uncinetto. Cara Maria Elena, grazie! Ora ci sentiremo tutte meglio con i chili in più che acquisteremo durante Pasqua.

 

#6 – La Bella a sinistra

Prima del suo arrivo non si capiva bene se era un luogo comune politico post ’68 o un undicesimo comandamento sfuggito alla stampa: le belle sono a destra, le belle dentro a sinistra. Si deve ammettere che rispetto a beltà, la destra è sempre stata meglio fornita ma Renzi aveva annunciato il cambiamento e così è stato. Ci auguriamo solo che non abbia rottamato l’autore dei Comandamenti!

 

#7 – La famiglia prima di tutto

Abituati ad una politica fatta di compagne che portano a spasso il cane, amanti e scandali sessuali quasi non ci sembra vero. La Boschi ha sempre mostrato il suo attaccamento alla famiglia e rispetto agli eventi che hanno travolto il padre all’interno del caso della Banca dell’Etruria si dice molto dispiaciuta nonostante l’Antitrust abbia rigettato le accuse di conflitto di interessi mosse nei suoi confronti.

 

#8 – Very Normal People

Ad Aprile “scapperà” per un weekend con le amiche e ammette di voler poterlo fare più spesso. Le piace andare in discoteca, anche se ormai fa le cinque del mattino in Senato e le manca tanto poter fare una passeggiata tranquilla o andare al cinema. Non ha nessuno che l’aiuta e lava, stira e fa la spesa. Insomma, ci piace tanto perché è vera e normale: una svolta se pensiamo che chi l’ha preceduta pagava i fagiolini ottanta euro al chilo!

 

#9 – Tutti d’accordo

Che gli uomini cedessero alla sua beltà, non c’erano dubbi, ma conquistare le donne è un’ altra storia, e lei ce l’ha fatta. Insomma, Maria Elena Boschi sembra mettere d’accordo proprio tutti! Anche in politica, rispetto a quanti l’accusano di fare riforme senza ascoltare gli altri risponde che si è sempre impegnata a sentire il parere altrui, dai cittadini agli esperti, seppur in alcuni momenti sia necessario imporre dei ritmi per raggiungere gli obiettivi fissati.

 

#10 – Successone!

Dal punto di vista politico è pienamente soddisfatta di quest’anno di mandato che si chiude in positivo: la legge elettorale è stata approvata alla Camera e al Senato; è passata la riforma costituzionale e il Jobs Act. È fiera, seppur non pienamente soddisfatta, d’aver risolto le crisi aziendali di Taranto, Gela, Terni, Trieste e Piombino e si augura di risolvere presto la disoccupazione giovanile, che colpisce molti dei suoi coetanei.

 

 

The post Boschi-Mania, 10 motivi legati al successo del ministro più in voga appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
2220
100 anni di bellezza (ma non solo) in Iran http://www.360giornaleluiss.it/100-anni-di-bellezza-ma-non-solo-iran/ Mon, 23 Feb 2015 08:35:03 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2111 Solo pochi mesi fa su siti di giornali online e social network era diventato virale un video del canale youtube Cut’s videos che mostrava in poco più di un minuto l’evoluzione di capelli e trucco femminile negli USA nel corso di 100 anni, successivamente era stato pubblicato un video con lo stesso tema ma con

The post 100 anni di bellezza (ma non solo) in Iran appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Solo pochi mesi fa su siti di giornali online e social network era diventato virale un video del canale youtube Cut’s videos che mostrava in poco più di un minuto l’evoluzione di capelli e trucco femminile negli USA nel corso di 100 anni, successivamente era stato pubblicato un video con lo stesso tema ma con protagonista la donna afroamericana. Giunti ora al terzo video in time-lapse della serie “100 years of beauty” i creatori hanno scelto l’Iran e il tono del video cambia. L’evoluzione del look femminile diviene un mezzo per spiegare in modo immediato anche il cambiamento del ruolo della donna nel paese, attraverso non solo trucco e capelli ma anche ponendo l’accento su colori e espressioni della donna del video.

La ragazza, la modella iraniana americana Sabrina Sarajy si trasforma ad ogni decennio e con lei assistiamo indirettamente ai tumultuosi cambiamenti nella storia dell’Iran. Il primo look si riferisce al 1910 e la modella viene mostrata senza trucco, con sopracciglia molto folte e un hijab bianco, l’espressione molto seria del volto rimanda ai pochi diritti e alla sottomissione delle donne iraniane in quel periodo. A cominciare dagli anni venti assistiamo già al primo cambiamento, le donne stanno cominciando ad acquisire diritti e il velo porpora, portato lento, che lascia intravedere i capelli acconciati alla moda ne è il simbolo.

Il vero cambiamento avviene negli anni ’30. Verso la fine del decennio precedente infatti sale al potere Reza Pahlavi, il penultimo Scià di Persia; comincia un’epoca di grandi cambiamenti per il paese e, per quanto riguarda le donne, è del 1936 il provvedimento con il quale viene bandito l’hijab, considerato dallo Scià un segno di oppressione femminile. Nel video esso viene infatti sostituito da Sabrina con un cappellino in voga nella moda occidentale di quegli anni. Nei decenni successivi si nota come la modella, sempre senza velo, segua fondamentalmente le tendenze di  tutto il mondo e anche storicamente alle donne vengono riconosciuti sempre più diritti, fino ad acquisire, negli anni ’70, la parità in materia di matrimonio e divorzio, il trucco è pesante, la posa è spensierata, riflette la convinzione che la disuguaglianza sarà presto un lontano ricordo.

Tutto cambia negli anni ottanta, dal 1979 in poi, con la rivoluzione guidata dall’ayatollah Khomeini contro lo Scià, in Iran la Shari’a sarà legge e, se all’inizio della rivoluzione alcune donne per manifestare solidarietà alla causa dell’ayatollah avevano scelto di rimettere il velo, presto sarebbe diventato obbligatorio; l’espressione di Sabrina è nuovamente seria, un hijab nero le circonda completamente il viso. Avvicinandoci però al nuovo millennio il velo diventa nuovamente più lento fino agli anni duemila per i quali Cut’s videos ha deciso di rappresentare simbolicamente la “rivoluzione verde”, la lotta giovanile per ottenere diritti umani e civili, con la modella che indossa un hijab verde dal quale sfuggono i capelli.

L’ultimo look rappresenta la contemporaneità: i capelli di  Sabrina Sarajy sono sciolti e acconciati, appena coperti da un velo solo appoggiato su testa e spalle, l’espressione è serena e sicura, il sorriso finale come a sottolineare la speranza nel futuro.

 

The post 100 anni di bellezza (ma non solo) in Iran appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
2111
Lunàdigas, le non madri: un viaggio oltre i confini della maternità http://www.360giornaleluiss.it/lunadigas-le-non-madri-un-viaggio-oltre-confini-della-maternita/ Thu, 15 Jan 2015 13:09:01 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1768 Fiocco rosa questo 22 gennaio al Fandango Incontri di Roma. A nascere non é una bambina, ma un progetto tutto al femminile sulle donne che di bambini hanno deciso di non averne. Unite dal 1991 in una collaborazione all’insegna del trattamento di tematiche sociali importanti, le due autrici e registe, Marilisa Piga e Nicoletta Nesler,

The post Lunàdigas, le non madri: un viaggio oltre i confini della maternità appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Fiocco rosa questo 22 gennaio al Fandango Incontri di Roma. A nascere non é una bambina, ma un progetto tutto al femminile sulle donne che di bambini hanno deciso di non averne.

Unite dal 1991 in una collaborazione all’insegna del trattamento di tematiche sociali importanti, le due autrici e registe, Marilisa Piga e Nicoletta Nesler, hanno deciso di realizzare una ricerca che, coinvolgendo 130 donne e durata tre anni, possa finalmente dare voce ad una tema il quale, stigmatizzato, é stato finora troppo poco raccontato.

Childfree” vengono denominate in Inghilterra le donne che decidono di non avere figli e che non per questo si sentono incomplete. Sì, perché é molto diverso da “childless”, ossia coloro che non hanno potuto averne e che suggerisce, quindi, l’idea di una mancanza. “Lunàdigas” le chiamano invece Marilisa Piga e Nicoletta Nesler, parola della lingua sarda usata dai pastori per definire le pecore che non vogliono figliare. Non rami secchi, no segnate da Dio: queste sono donne la cui scelta é consapevole, consapevole tanto quanto quella di divenire madre.

Oggigiorno le Lunàdigas sono molte e, secondo l’Ocse, la scelta di non avere figli é un dato in continua crescita, soprattutto in Italia dove, nonostante la solida formazione cattolica, é stato registrato il più alto numero d’Europa di donne senza figli. Fenomeno tanto dirompente quanto taciuto. 

Ad interrompere il silenzio sono donne coinvolte da tutta la penisola, donne di qualsivoglia orientamento sessuale, donne giovani e donne mature. Donne comuni ma anche donne famose: Veronica Pivetti e Margherita Hack, per citarne alcune.

Innovativo non é solo il progetto ma lo é anche la forma. Il veicolo di distribuzione sarà infatti un web doc pubblicato all’interno del sito www.lunadigas.com , “perché gli audio-video integrati a testi e collegamenti ipertestuali ci permettono di raccontare più storie, di approfondirle e offrire a chi guarda diversi percorsi narrativi. Crediamo che la rete sia un motore importantissimo per trasformare la testa delle persone e la cultura in generale”, affermano le due autrici e registe del progetto. All’avanguardia la sostanza e all’avanguardia la forma di questo documentario che si dimostra essere all’altezza dei cambiamenti della società, sia dal punto di vista psico-sociale che dal punto di vista comunicativo.

Cameron Diaz, in un’intervista a Cosmopolitan afferma “Le donne hanno paura di dire che non vogliono figli. Ma io penso che le cose, adesso, stiano cambiando. Ho più amiche che non hanno bambini, rispetto a quelle che li hanno. Onestamente, non abbiamo bisogno di più bambini. Abbiamo un sacco di persone su questo pianeta. Qualcuno penserà che le mie parole siano delle stupidaggini e che io muoia invece dalla voglia di diventare mamma. Ma la mia risposta è: “No”! Sono ancora giovane. Ho una vita incredibile. In un certo senso, ho questo tipo di vita proprio perché non ho figli”.

Marilisa Piga e Nicoletta Nessler si sono infatti interessate a questo tema sia perché loro stesse hanno scelto di essere delle Lunàdigas, sia perché si sono accorte dell’impressionante sommerso taciuto. Taciuto perché, seppur tantissime, sono percepite, e spesso finiscono per percepirsi loro stesse, come esseri contro natura e quindi destinate al silenzio.

Lunàdigas, per dirla con le parole di Thirsà Tirapelle, sarà un progetto rivoluzionario poiché ha dato, e darà, a molte donne la possibilità di rivendicare la loro libertà di scelta.

In attesa del grande giorno, non perdete il trailer disponibile su Youtube al link https://www.youtube.com/watch?v=ILoZR_0FxoM.%28ANSA%29 e tutte le anticipazioni, discussioni e riflessioni reperibili sulla pagina Facebook “Lunàdigas: il Webdoc”: enjoy&share it!

 

 

The post Lunàdigas, le non madri: un viaggio oltre i confini della maternità appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
1768
Women on Waves, Onde di speranza http://www.360giornaleluiss.it/women-waves-onde-di-speranza/ Fri, 09 Jan 2015 09:10:00 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1252 L’ufficio olandese di Women On Web è composto da un’unica stanza, caffè solubile, bustine di camomilla, sei computer e tanti occhi stanchi di chi tenta di rispondere alle 8000 richieste di aiuto che arrivano ogni mese. Il sito, nato nel 2006, fornisce aiuto alle donne che vogliono interrompere una gravidanza ma non possono farlo, perchè

The post Women on Waves, Onde di speranza appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
L’ufficio olandese di Women On Web è composto da un’unica stanza, caffè solubile, bustine di camomilla, sei computer e tanti occhi stanchi di chi tenta di rispondere alle 8000 richieste di aiuto che arrivano ogni mese. Il sito, nato nel 2006, fornisce aiuto alle donne che vogliono interrompere una gravidanza ma non possono farlo, perchè in molti paesi l’aborto è illegale.

L’idea della dottoressa Rebecca Gomperts è che l’aborto sia qualcosa che le donne possano gestire da sole: “Non intendiamo sostituirci al sistema sanitario, semplicemente vogliamo aiutare quelle donne in quei posti in cui non possono esercitare liberamente un loro diritto. Lo facciamo spiegando loro che se assumono una combinazione di due farmaci (Misoprostolo e Mifepristone n.d.r.) possono indurre a casa, in tutta sicurezza, un aborto spontaneo. Le pillole espellono l’embrione, ma bisogna mettere in conto un po’ di crampi e sanguinamento. Se l’emorragia è troppo intensa bisogna andare in ospedale a farsi fare un raschiamento. In questo modo, però, i medici non possono sapere se l’aborto è spontaneo o indotto, e la donna non rischierà nulla.”
L’attivismo della Gomperts nasce quando, da bambina, ebbe la possibilità di partecipare ad alcune missioni in compagnia della madre su una nave di Greenpeace. Durante una delle missioni le capitò di incontrare delle donne sudamericane che le raccontarono di come, nel loro paese, l’aborto fosse illegale e come, per disperazione, molte di loro ricorressero a metodi estremi quali candeggina e veleno. Sempre durante uno di questi viaggi, qualcuno le confidò il principio di diritto del mare: una natante che naviga in acque internazionali deve sottostare alle leggi del paese di cui batte bandiera. In parole povere, se in Olanda l’aborto è legale, su una nave olandese che si trova in acque internazionali l’interruzione di gravidanza è legale.
Fu così che nacque Women on Waves, un’iniziativa che prevedeva l’utilizzo di navi olandesi in acque internazionali su cui far salire le donne per dar loro le pillole e farle tornare a casa per abortire. L’iniziativa riscontrò non pochi problemi, spesso le navi venivano allontanate dalle coste dalla marina militare. Ma creare scompiglio era proprio ciò a cui la Gomperts mirava. Farsi sentire, e dar voce alle donne altrimente invisibili che sono costrette ad abortire illegalmente. Far in modo che alle donne vengano riconosciuti i loro diritti. “L’aborto non è tanto una scelta personale, quanto più una decisione. Una decisione che si ritiene essere la migliore in quel preciso momento.” La dottoressa Gomperts vive ormai da anni tra cause e denunce. “Tutte vinte. Quello che faccio non è illegale. Mi muovo su un confine, piego le leggi ma non le infrango mai.” Anche le ragazze che lavorano in ufficio si muovono sul filo del rasoio. Non dicono mai “Se prendi queste pillole puoi abortire” ma invece “Secondo l’organizzazione Mondiale della sanità, se si assume questo farmaco…”
Il rapporto tra chi chiede aiuto e chi risponde si basa interamente sulla fiducia. Non è prevista nessuna richiesta di ecografia, nessun esame. Se una donna afferma di essere incinta da tot settimane, le credono e basta. “Nessuno mente quando c’è di mezzo la sua salute ed incolumità. Quando ci danno una datazione sbagliata, poi riscrivono sempre: scusate, ho mentito, posso usarle lo stesso?”. L’uso dei farmaci è consigliato fino alla nona settimana di gestazione. Teoricamente, potrebbero essere utilizzati fino alla fine, ma il feto, con il passare delle settimane, cresce e si struttura, rendendo l’aborto più difficile.
Con questo metodo, dall’inizio della campagna, sono state salvate 47000 donne ogni anno, donne che sarebbero altrimenti costrette a ricorrere a metodi alternativi che nel 90% dei casi risultano in morte certa.
Questo è ciò che rende il lavoro della dottoressa Gomperts straordinario. La forza di capire che l’aborto è un atto di necessità e non di egoismo, come spesso insegnano nei paesi in cui è illegale. La fiducia, l’onesta, la voglia di rendere questo mondo migliore e di ricordare alle donne che hanno una scelta, che in realtà spetterebbe loro di diritto.

The post Women on Waves, Onde di speranza appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
1252
Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne http://www.360giornaleluiss.it/giornata-mondiale-per-leliminazione-della-violenza-sulle-donne/ Thu, 04 Dec 2014 20:47:51 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1241 Breve riflessione di un nostro redattore sulla Giornata mondiale contro il femminicidio Il 25 Novembre è stata la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne ma mai come oggi, ci si sente in dovere di ribadire un concetto importante. Non è l’istituzione del reato penale di femminicidio che può contrastare un fenomeno sempre più dilagante,

The post Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Breve riflessione di un nostro redattore sulla Giornata mondiale contro il femminicidio

Il 25 Novembre è stata la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne ma mai come oggi, ci si sente in dovere di ribadire un concetto importante.

Non è l’istituzione del reato penale di femminicidio che può contrastare un fenomeno sempre più dilagante, quantomai più diffuso mediaticamente, come quello della violenza di genere. Non è neanche il ricorso a brutali pene corporali, come suggeriscono ciclicamente voci di popolo dopo alcuni episodi particolarmente violenti.

Il reato di femminicidio non è una soluzione perchè esistono già i reati di omicidio e aggressione e quindi come potrebbe cambiare la situazione attuale, inserendo quella che, di fatto, non sarebbe altro se non un’aggravante dei suddetti reati? Per quanto riguarda le pene corporali, non reputerei necessaria la discussione sull’inutilità di queste pratiche (rimando, in questo senso, al “Surveiller et punir” di Michel Foucault e al “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria) dal momento che sono anche vietate dal dettato costituzionale (art.13 e art.27). Ciò che più si avvicina ad un ottimo metodo per combattere questa problematica sociale è la propaganda massiccia degli ultimi mesi per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema tramite affissione di manifesti per le strade delle città e pubblicità in televisione e sui social network.

Certamente non è una soluzione nemmeno questa (potrebbero conferire il premio Nobel per la pace agli ideatori di queste campagne, se così fosse), ma permette di individuare il punto fondamentale attorno al quale bisognerebbe lavorare: la prevenzione. L’inefficacia di queste iniziative è dovuta al fatto che possono senz’altro informare il pubblico, ma non educarlo. Ed è proprio questo che serve. Ciò che manca infatti non è come punire un uomo colpevole di violenza nei confronti di un’esponente del gentil sesso, bensì l’educazione, fin da bambini e con continuità, alla sacralità dell’essere umano in genere e, in particolare, della donna.

frase scritta donne Giornata mondiale per leliminazione della violenza sulle donne

The post Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
1241
Le donne nei media arabi, un mondo di stereotipi http://www.360giornaleluiss.it/le-donne-nei-media-arabi-un-mondo-di-stereotipi/ Wed, 19 Nov 2014 21:40:58 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1016 Abbattere i pregiudizi, abbatterli ad ogni costo. Se una conferenza sul mondo arabo è moderata dalla professoressa Francesca Maria Corrao e ha per ospiti Renata Pepicelli, l’autrice del volume presentato in questo incontro “Le donne nei media arabi” e poi Azzurra Meringolo, Emiliana De Blasio e Ingrid Salvatore lo scopo non può essere che questo.

The post Le donne nei media arabi, un mondo di stereotipi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Abbattere i pregiudizi, abbatterli ad ogni costo. Se una conferenza sul mondo arabo è moderata dalla professoressa Francesca Maria Corrao e ha per ospiti Renata Pepicelli, l’autrice del volume presentato in questo incontro “Le donne nei media arabi” e poi Azzurra Meringolo, Emiliana De Blasio e Ingrid Salvatore lo scopo non può essere che questo. Vincere i soliti stereotipi che deformano ambienti e processi sociali diversi dai nostri.
“Necessario un punto di vista alternativo, lontano dalla solita narrazione dei media occidentali, privo delle classiche critiche sul ruolo del velo e sulla realtà femminile nei vari e variegati mondi arabi.” Il dibattito è aperto ma la posizione rimane la medesima. Le relatrici del convegno convergono ampiamente sui cultural studies al fine di non perdere di vista l’obiettività delle ricerche. “Le donne sono tutt’altro che emarginate, in certi casi subiscono violenza, ma nulla sembra ormai fermare la loro determinazione nel voler essere voce delle primavere arabe e leader del cambiamento che sta sconvolgendo il mondo musulmano, anche grazie alle molteplici realtà mediatiche. Dalla tv a Facebook, da Twitter ai blog, dai panel discussion a Instagram e Pinterest…” La conferenza è piena di contenuti pur senza perdere d’occhio né le tempistiche Luiss né il fine dell’incontro. Con una sintesi ben premeditata l’aula 303 di Viale Romania ha ricevuto nell’arco di un’ora e trenta minuti una nuova lente per leggere il mondo. Non solo di carattere occidentale ma di natura universale. Un nuovo binocolo intellettuale per vedere e cercare di capire, anche se solo attraverso i media internazionali, che le donne hanno in mano il loro destino e che sanno sfruttarlo al meglio. Velo o non velo, libertà completa o vigilata, i femminismi arabi sono quanto di più moderno queste realtà sociali sappiano proporre. Un’idea con la quale l’Occidente è chiamato a convivere vincendo le proprie insite manie di occidentalizzazione.

The post Le donne nei media arabi, un mondo di stereotipi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
1016