Tributo all’Irlanda del Nord

Un viaggio attraverso la storia dell'Irlanda del Nord, ricordando anche il talento di George Best, tutto alla vigilia dei primi europei della loro storia

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Il 31 marzo 1909 veniva impostato nei cantieri navali della Harland and Wolff il Titanic, completato poi esattamente 3 anni dopo. La più affascinante nave della storia non sarà, però, l’oggetto del nostro racconto; parleremo, piuttosto, del luogo dove essa venne costruita, e cioè Belfast, o più in generale l’Irlanda del Nord. L’area urbana della capitale si estende tra gli altipiani e i laghi al centro della regione, uno splendido territorio nel nord est dell’isola irlandese.

Nel 1920 venne riconosciuto l’auto-governo alla regione, nella quale però sono rimasti sempre accessi i contrasti tra gli unionisti, protestanti e gli indipendentisti cattolici; Belfast è stato sempre il teatro principale del vero e proprio conflitto tra queste due fazioni, dal quale scaturì una guerra civile dopo la cosiddetta bloody Sunday, il 30 gennaio 1972. Dopo qualche decennio di rappresaglie, omicidi e complessivamente 3500 morti, il 10 aprile 1998 si arrivò ad un compromesso con l’accordo di Belfast (noto anche come accordo del venerdì santo), con il quale si diede ufficialmente ragione di esistere all’Irlanda del Nord.

Quest’anno per la prima volta l’Irlanda del Nord parteciperà agli Europei di calcio, dopo aver già preso parte per 3 volte ai Mondiali. Il calcio è uno dei pochi sport nel quale questa regione si presenta autonomamente e con il simbolo dell’Ulster Banner, bandiera ufficiale dell’Irlanda del Nord fino al 1972, che ormai ha perso ogni significato ed uso, a parte quello settoriale dei gruppi unionisti.

Quando si considera questa nazionale, non si può non fare riferimento ad un grande personaggio proveniente da questa regione, precisamente da Belfast; uno degli atleti che ha fatto parlare di sé non solo per la pregevolezza del suo talento, ma anche per le vicende che lo hanno coinvolto fuori dal campo. Stiamo parlando di George Best.

Egli nacque nel quartiere protestante di Belfast, dove sventolava la Union Jack. Il padre lavorava nei cantieri navali dove fu costruito il Titanic. Georgie iniziò a camminare a dieci mesi, e a palleggiare a dodici. Il padre gli aveva riservato un posto in una tipografia; Bishop scrisse che Best i giornali non li avrebbe scritti, ma ci sarebbe finito sopra. Bob Bishop era l’osservatore del Manchester United, squadra storicamente cattolica; dopo aver visto per la prima volta il giovanissimo Georgie in campo, lo fece giocare subito in una partita di diciottenni, nonostante il ragazzo ne avesse solo 15.

Lo stesso Bishop inviò una lettera a Matt Busby, nella quale dichiarò di aver trovato un genio. Busby era un attaccante del Manchester City, che dopo la Seconda Guerra Mondiale venne chiamato ad allenare lo United. Nel 1945 dell’Old Trafford erano rimaste solo macerie dopo i bombardamenti aerei che avevano colpito durante il conflitto la città di Manchester. Negli anni successivi prese forma una grande squadra, che avrebbe dominato sull’Europa.

Nel 1958, durante il viaggio di ritorno da Belgrado, dove i Red Devils avevano giocato i quarti di finale di Coppa dei Campioni, l’aereo sul quale viaggiava lo United fece una sosta a Monaco di Baviera per un rifornimento. Era in corso una tempesta di neve e all’aereo si spezzò un’ala. Il deposito di carburante esplose e non si salvò nessuno, tranne Bobby Charlton e Bill Foulkes. Busby dopo 3 estreme unzioni, si collegò agli altoparlanti dell’Old Trafford dal suo letto d’ospedale promettendo di guarire e di vincere la Coppa dei Campioni.

Il 22 maggio 1963, giorno del suo diciassettesimo compleanno, George Best firmò il suo primo contratto da professionista. Il 14 settembre dello stesso anno, esordì in Premier League con la maglia numero 7. Il boxing day, 26 dicembre 1963, il Manchester United perse malamente, e due giorni dopo toccò a Georgie, che alla seconda presenza siglò il suo primo gol. Nel 1964 vestì per la prima volta la maglia della nazionale. Nel 1965 i Red Devils vinsero il titolo; il contributo del nordirlandese fu enorme: infatti Best giocò 59 partite su 60.

Nel 1968 lo United arrivò in semifinale di Coppa dei Campioni, e trovò come avversari i Galacticos del Real Madrid. Il gol decisivo lo segnò proprio Bill Foulkes, uno dei 2 calciatori sopravvissuti al disastro di Monaco, proprio su assist di George Best. Tornato a Manchester, Georgie ricevette dalla Football Writers’ Association il premio di calciatore dell’anno, diventando il più giovane della storia ad ottenere tale riconoscimento. La finale era stata organizzata a Wembley, e gli avversari erano i portoghesi del Benfica. Al fischio finale dell’arbitro siracusano Concetto Lo Bello, il punteggio era fermo sull’1 a 1. Al terzo minuto del primo tempo supplementare Georgie segnò dopo aver smarcato anche il portiere; la partita finì 4 a 1, e lo United fu la prima squadra inglese a vincere la Coppa dei Campioni, solo dieci anni e tre mesi dopo l’incidente aereo.

Anche Busby, quindi, riuscì a mantenere la sua promessa, quella promessa fatta da un letto di ospedale dopo il disastro di Monaco di Baviera. Simbolico fu l’abbraccio tra il manager e Bobby Charlton al centro del campo nello stadio di Wembley. Questo successo spianò la strada al campione nordirlandese verso la vittoria del pallone d’oro, precedendo proprio Eusebio, leader di quel Benfica sconfitto in una bellissima ed emozionante finale.

Le imprese di Best sono rimaste sicuramente indelebili nella mente di chi ha avuto la fortuna di vederle, ma sono testimoniate anche dai tanti murales a Manchester e anche nella sua Belfast; su uno di questi si legge “Jesus saves, but Best scores on a rebound” cioè “Gesù salva, ma Best segna sulla respinta”.

Georgie segnò un gol contro l’Inghilterra rubando il pallone al leggendario portiere Gordon Banks, ma venne annullato. Ha giocato 38 partite con la sua nazionale, con la quale non ottenne praticamente alcun successo. Nel 1965 la sua nazione pareggiò una clamorosa partita in casa dell’Albania su un terreno di gioco di erba che era stata tagliata a mano con la falce: questo pareggio costò l’esclusione dell’Irlanda del Nord dai mondiali in Inghilterra del 1966.

Durante una partita al Windsor Park, stadio della nazionale nordirlandese, Best venne chiamato con l’epiteto chiaramente dispregiativo che veniva utilizzato dai protestanti nei confronti dei cattolici: “Fenian bastard”, con cui spesso lo stesso Georgie chiamava un suo storico compagno di squadra scozzese e cattolico, Pat (detto Patty) Crerand. L’ultima partita con la nazionale la giocò a Rotterdam nel 1976, contro la grande Olanda di Johan Cruijff, che ad un certo punto venne puntato da Best, che lo saltò con un tunnel; incredibilmente il nordirlandese dopo averlo superato, gettò la palla fuori, si avvicinò all’olandese e gli disse: “Johan, sei il più grande, non ho dubbi. Ma solo perché io non ho più tempo”.

Busby nel 1971 passò nella dirigenza, e in panchina gli subentrò Frank O’Farrell; purtroppo il nuovo manager non dimostrò un particolare interesse per Best, che quindi nel 1974 decise di lasciare lo United. La sua carriera lontano da Manchester non vale di essere raccontata. Il primo gennaio 1974 giocò la sua ultima partita con i Red Devils, che perse in casa del Queens Park Rangers per 3 a 0; chiuse quindi la sua esperienza principale con 137 gol in 361 partite.

Georgie iniziò a spegnersi il 20 gennaio del 1994, quando morì il suo secondo padre Matt Busby: il figlio Sandy Busby durante il funerale sussurrò queste parole nell’orecchio di Best: “Lo sai che ha amato te più di tutti gli altri?”. George Best muore il 25 novembre 2005. Venne seppellito accompagnato da una folla di venticinquemila persone; sicuramente nel cuore di quella gente risuonerà sempre una frase, che ha reso quei momenti indimenticabili dietro al feretro di un grande campione, genio e sregolatezza: “Pelè was good; Maradona was better; but George was THE BEST”.

Ecco come l’Irlanda del Nord, e anche la sua capitale Belfast, sono state teatro di brutali eccidi e aspri scontri, ma anche culla di splendide e stupefacenti giocate. Finalmente anche questa regione si affaccia nella competizione più importante del continente europeo nell’ambito delle squadre che rappresentano le varie nazioni (anche se non è sempre così, ed è proprio l’Irlanda del Nord a confermarlo). Ed è proprio nei pub e nelle strade di Belfast che ha avuto luogo la grande festa iniziata la sera del 5 ottobre scorso, e durata per tutta la notte: c’era da celebrare un grande traguardo, che potrebbe riaffermare l’esistenza di questa parte dell’Irlanda, proprio 96 anni dopo la prima volta, quando nel 1920 fu concesso l’auto-governo, inizio di un ciclo di affermazione dell’intrigante identità nordirlandese.