Contatti

Viale Romania, 32 - 00196 Roma - Italy

Sentiti libero di contattarci!

«Vi dico che non era affatto un nerd come tanti della Silicon Valley, lui s’è sempre vantato di non aver
scritto una riga di codice in vita sua, di non capire neanche il lavoro dei programmatori; lui ha avuto una
vision, ma tanto, tantissimo… molto deve al fatto che…»
Simone interruppe le parole di Mario, alzando una mano, e quando fu certo di avere l’attenzione dei tre
amici, deglutì il boccone di pizza a portafoglio e aggiunse: «Secondo me un po’ nerd lo era, altroché!»
«E per quale motivo, di grazia?» inquisì Mario, che quando voleva darsi un tono metteva sempre lo
mezzo, nelle sue interrogative, il di grazia. Diceva che dava un tono aulico alle sue domande, e che lo
gratificava e lo coccolava nella sua qualità di studente di Lettere.
«Beh, dai. Uno che non trova di meglio che scegliersi come email il nome di un protagonista di un
romanzo wuxia, adesso non ricordo l’email, ma la passo facilmente recuperare dal web, e che come
mission aziendale s’ispira alla valori racchiusi nel romanzo Lo spirito della Spada a sei venature un po’
nerd deve esserlo, o no? Ma che stavi dicendo prima? Molto deve al fatto che?» concluse Mario,
«Eh, mi è passato per la mente!»
«A me invece piacerebbe essere nella sua, di mente» irruppe nel discorso Stefano, il terzo ragazzo del
quartetto. Invero i tre avrebbero potuto passare per fratelli, barbuti e segaligni com’erano. E arrapati alla
stessa identica maniera di tante altre matricole. Stefano aveva indicato con il mento Ludovica, una delle
più belle ragazze del corso di Lettere. Oltre a essere bella e preparata, Ludovica era arrivata all’università
con già la conoscenza avanzata di cinque lingue.
E le lingue sono sempre importanti.
«A me invece interesserebbe essere dentro il suo corpo, la mente la lascio a voi!» ridacchiò Simone.
Mentre i ragazzi ridevano, il quarto componente del crocchio che stava facendo pausa crogiolandosi al
sole, a mo’ di lucertole, sotto la statua del Dio Nilo, ebbe una smorfia di disappunto. Elvira, l’unica donna
del quartetto, pur non essendo affatto brutta, sembrava giocare, con quel look emo, a cercare di passare
inosservata. Era abituata ai commenti testosteronici dei ragazzi, s’infastidava però ancora quando a farli
era Mario. Mario, il suo Mario quando parlava di lui con l’amica confidandole il debole per il ragazzo,
insisteva per venire a cazzeggiare in quella piazzetta di Napoli.
È un crocevia esoterico che, stante anche quella statua con la cornucopia, non potrà che portarci bene,
sosteneva con enfasi.
È un posto magico, concludeva spesso, il suo Mario.
In quel momento, il sole di Aprile creava, quasi magicamente, dei deliziosi riflessi ramati sulla barba di
Stefano e scintillanti lucciccii del colore dello zaffiro sulle ciocche colorate di Elvira.
«Sì, ma come sarà visto secondo voi tra qualche anno? Ammesso che non lo facciano fuori prima,
s’intende. Come l’ennesimo e dispotico tycoon che leva la pelle ai dipendenti o come l’incantatore che
seppe vincere, novello Davide, una partita che sembrava persa per tutti (tutti!) gli analisti web 2.0 del
mondo tranne che per lui?» domandò Stefano, ritornando al topic di quella giornata.
Come sarà ricordato?
Che impressione avrà il mondo di lui?
«Oh» s’intromise Mario, «e qui arriviamo a qualcosa che dovrebbe interessarci. Il potere delle Parole in
un mondo che sembra volerne fare a meno e che pare diventare ogni giorno più afasico. Nella sua
battaglia contro quel gigante del web, invitto sino ad allora, il nostro amico, memore anche del fatto che
era stato un appassionato del Pingtan riuscì a tenere alto il morale con la fascinazione delle sue parole,
riuscendo a evocare e a far immaginare ai suoi collaboratori qualcosa di grandioso per cui lottare e
vincere. E vinsero, alfine. O dovrei dire che vinse?»
«Nessuno vince da solo!» intervenne Elvira.
«Né si salva da solo.» aggiunse Stefano.
«Giusto! Infatti lui non voleva tanto far soldi per sé, ma aiutare i commercianti della sua nazione a
competere meglio in un mondo globale. È un’altra cosa da tenere a mente, spesso quando aiutiamo gli
altri facciamo anche i nostri interessi»
Gli altri tre cominciarono a sbuffare e a guardarsi intorno. Mario era appassionato, ma a volte tendeva a
diventare didascalico ed ecumenico. Eccessivamente didascalico ed ecumenico.
Mario non parve accorgersene, perché non mancò di rimarcare che: «Ha sempre prestato, come sapete,
molta attenzione al lavoro di gruppo; gli piacciono, come immagini, le formiche e il tandem, simboli di

collettività e non di spietato individualismo.»
«Però il ricco è lui!»
«Certo, ma per farlo ha rinunciato a un lavoro sicuro e si è battuto, novello ma vincente don Chiscotte,
contro gli immaginari mulini a vento di una burocrazia ossessiva e pervasiva, che adesso gli chiede anche
il conto e lo minaccia; ma come uomini di Lettere e di Parola dovremmo avere grande rispetto per questo
affabulatore e appassionato di Pingtan, nato in un paese dove l’unica maschera possibile da metter su per
far carriera è rappresentata da volti enigmatici e scevri da ogni qualsivoglia emozione. E come non amare
uno che ha fatto scegliere il nome della sua company da una cameriera?»
Mario si interuppe e per qualche secondo parve seguire il corso dei suoi pensieri, poi posò gli occhi su
Ludovica e si ricordò di quello che dicevano di lei: «Ecco, la sua email era Feng Qingyang e lui voleva
solo imparare l’inglese… Solo che imparò il peggior inglese possibile: l’inglese australiano parlato dalla
famiglia Morley. Tutto è cominciato con la sua conoscenza dell’inglese, ma resta la domanda di come sarà
ricordato.»
Stefano, per tutta risposta, addendò famelico la pizza.
Gli altri risero.

Share:

contributor