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Donald Trump non si ferma: nelle primarie del Partito Repubblicano di martedì 15 marzo ha vinto 3 stati su 5 (Florida, Illinois e North Carolina), mentre in Missouri i conteggi dei voti, quando sono stati scrutinati circa il 99% dei seggi, lo danno di oltre 2000 voti davanti a Cruz. John Kasich è invece è riuscito a ottenere un’importante vittoria in Ohio, lo stato di cui è governatore, conquistando i 66 delegati che assegnava.

I risultati hanno avuto un primo, importante effetto: Marco Rubio, dopo aver perso nel suo stato di casa, la Florida, si è ritirato. Inizialmente visto come il favorito per la vittoria, Rubio ha però inanellato una serie di risultati deludenti, riuscendo ad arrivare primo solamente a Washington D.C., in Minnesota e a Puerto Rico: la Florida era il suo punto di non ritorno, e con 168 delegati ottenuti fin qui ha deciso di fermarsi.

Rimangono quindi in gara Donald Trump, Ted Cruz e John Kasich. La nomination di Trump come candidato repubblicano alle presidenziali di novembre sembra essere in discesa: ma può ancora essere fermato?

Per essere nominato, un candidato deve ottenere il 50%+1 dei delegati totali: ne servono 1237. Al momento Trump guida la classifica con 621 delegati, seguono Ted Cruz con 395 e John Kasich con 138. Da qui al 7 giugno (l’ultimo giorno di primarie, in cui si voterà contemporaneamente in California, Montana, New Jersey, New Mexico e South Dakota) saranno assegnati 918 delegati e la maggior parte in stati con il metodo maggioritario winner-takes-all: vale a dire che basterà un solo voto in più del secondo per aggiudicarsi tutti i delegati assegnati in quello stato.

John Kasich non può matematicamente raggiungere il numero magico di 1237 delegati: eppure non si è ritirato. La sua speranza è quella condivisa da molti funzionari del Partito Repubblicano: punta tutto su una brokered convention, una convention contestata. Ma andiamo con ordine.

La convention è l’assemblea del partito, che per i Repubblicani quest’anno si terrà a Cleveland, Ohio, tra il 18 e il 21 luglio: in quest’occasione, i delegati eletti con le primarie si riuniranno per votare il candidato presidente. I delegati si dicono pledged, promessi, perché in teoria devono votare per il candidato a cui sono stati assegnati nel loro stato: i 66 che si è aggiudicato Kasich stanotte in Ohio, alla convention di Cleveland voteranno per Kasich. E lo stesso vale per i candidati che si sono ritirati: i 168 delegati di Rubio voteranno per Rubio.

Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta dei delegati, però, è necessario procedere con una seconda votazione: a questo punto una parte di delegati viene “liberata” e può votare chi vuole. Si aprono di conseguenza trattative e negoziazioni tra delegati, funzionari e candidati per cercare di convergere su un candidato.

Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta nemmeno in questo caso, si procede con una terza votazione, in cui una parte ancora maggiore di delegati è libera di votare chi vuole, e così via, finché un candidato non raggiunge la maggioranza.

A questo punto, potrebbero ottenere la nomination anche John Kasich (tra i tre il più moderato e ben visto dall’establishment), Ted Cruz (difficile: è l’uomo più odiato dal partito) o anche qualcuno che non sia tra i candidati (Mitt Romney? Paul Ryan?).

Da quando le primarie sono come le conosciamo oggi, c’è stata solo una brokered convention: però era una puntata di The West Wing. Prima accadeva più abitualmente (Franklin Delano Roosevelt fu eletto Presidente nel 1932 ed era stato candidato dopo una brokered convention democratica), ma il sistema era molto diverso.

Ma converrebbe ai Repubblicani? Trump non avrà forse la maggioranza assoluta, anche perché adesso Cruz e Kasich concentreranno la campagna in stati dove hanno più probabilità di vincere. È invece molto probabile che raggiunga la maggioranza relativa: scegliendo un candidato che non sia Trump, il GOP non terrebbe in considerazione una fetta consistente dell’elettorato, con il rischio di perderlo alle elezioni generali di novembre.

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