terrorismo – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png terrorismo – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Obiettivo Medio Oriente: l’eco di una nuova geopolitica triangolare anti – Isis http://www.360giornaleluiss.it/obiettivo-medio-oriente-leco-di-una-nuova-geopolitica-triangolare-anti-isis/ Thu, 17 Nov 2016 09:37:16 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7580 In silenzio o – meglio – « Raqqa è massacrata in silenzio ». Tuona come il titolo di un docufilm drammatico il nome del gruppo di attivisti in contatto con i colleghi della città irachena, sfortunata roccaforte e capitale siriana del Califfato. Ma purtroppo, al di là di un nome, c’è anche tanta realtà. Oltre

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In silenzio o – meglio – « Raqqa è massacrata in silenzio ».

Tuona come il titolo di un docufilm drammatico il nome del gruppo di attivisti in contatto con i colleghi della città irachena, sfortunata roccaforte e capitale siriana del Califfato. Ma purtroppo, al di là di un nome, c’è anche tanta realtà.

Oltre a Raqqa, anello debole delle terre mediorientali, sono diverse le città iracheno – siriane che fanno da presidio al Sedicente Stato Islamico nel quadro di una serie di offensive poste in essere da almeno quattro settimane, più o meno da quando è stata lanciata – per mano di Erdogan, d’accordo con Putin – l’operazione anti – Isis « Scudo dell’Eufrate ». All’obiettivo netto di annientare una volta per tutte l’Isis in Siria – che è anche l’obiettivo primo degli Stati Uniti, da sempre – la missione turca a trazione russa associa l’impegno contestuale di creare una safe zone in mano ai ribelli, così da poter ricacciare l’Isis verso est; il risultato fin’ora ottenuto è stato discretamente positivo ed ha visto la sottrazione di decine di villaggi e alcune importanti città al Califfato, come Jarablus, al Rai e Dabiq. Fortunatamente l’operazione – tutt’ora in corso – sembra svolgersi nella maniera più cauta possibile, cercando contestualmente di evitare i civili come bersaglio dei raid a matrice turca e statunitense.
E’ iniziato tutto a settembre, quando forze speciali statunitensi sono state dispiegate a Jarablus e al Rai per sostenere l’avanzata dei ribelli contro l’ Isis: episodio che risulta molto significativo in quanto condensa tutte le contraddizioni della strategia americana in Siria della lotta all’Isis. Se da un lato infatti la Cia assiste militarmente e logisticamente le Fsa (acronimo inglese per forze d’avanzata siriane ribelli), dall’altro il Pentagono fa lo stesso con i curdi dell’unità di difesa popolare (più nota come Ypg), incuranti dunque del fatto che Fsa e Ypg abbiano nei fatti interessi opposti: l’Ypg vuole creare un Kurdistan indipendente per soli curdi, a discapito delle popolazioni arabe locali e dell’unità territoriale della Siria (senza disdegnare in questo l’aiuto del regime siriano e della Russia), mentre l’Fsa ha come prerogativa l’unità del Paese e la lotta senza quartiere al regime siriano. Ma dietro ogni operazione si celano delle dinamiche strategiche non sempre facilmente comprensibili, e questa apparente contraddizione è la chiara manifestazione di come per gli Stati Uniti la priorità non sia fare guerra alla Siria – con la quale hanno anzi sempre preferito la politica del « buon vicinato » – quanto piuttosto statuire tra le eventuali regole d’ingaggio che in Siria si debba atta care solo Isis e non anche Assad.
D’altro canto, l’intervento turco in Siria  – avvenuto col tacito consenso della Russia – rappresenta sì il dato più tangibile del riavvicinamento tra Erdogan e Putin, ma solo laddove « Scudo dell’Eufrate » rappresenta al la risultante dell’accordo per le forniture di gas russo alla Turchia che ha sancito inevitabilmente il riavvicinamento tra Ankara e Mosca.

Ma a coronare tale scacchiere siriano dalle implicazioni non indifferenti, subentrerà ben presto – precisamente dal 20 gennaio 2017 a mezzogiorno – il neoeletto presidente americano Donald Trump che, dal canto suo, sembra avere tutte le intenzioni di associarsi ai due leader d’oltreoceano nella lotta al terrorismo; unica conditio sine qua non sarebbe quella di non seguire la linea interventista della precedente amministrazione americana, prospettata da Hillary Clinton nella realizzazione di una No – Fly Zone sui cieli siriani.

«Non possiamo dire nulla su cosa farà ma se combatterà il terrorismo ovviamente saremo alleati, alleati naturali come con la Russia, l’Iran e molti altri Paesi» – così si esprime il presidente siriano Bashar Al Assad in un’apertura di credito verso Trump, rilasciando un’intervista alla tv portoghese Rtp. Questi due mesi in Medio Oriente saranno di certo cruciali per il nuovo presidente americano, nonostante la vicenda sia ancora nella mani di Obama che gli ha fatto campagna contro come nessun presidente uscente aveva mai osato nell’ultimo mezzo secolo. Il futuro del caldo Medio Oriente, e dell’Europa – inevitabilmente e da sempre interconnessa – è tutto da scrivere.

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Attentato a Nizza: più di 80 morti http://www.360giornaleluiss.it/attentato-a-nizza-piu-di-80-morti/ Fri, 15 Jul 2016 11:12:22 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6825 A Nizza, durante i festeggiamenti del 14 luglio (ricorrenza della Presa della Bastiglia e festa nazionale in Francia), un camion si è lanciato sulla folla falciando i passanti. Il conducente era inoltre armato e sparava sui pedoni. L’attentatore era un franco tunisino di 31 anni, ucciso successivamente da due poliziotti. L’attentato è stato prontamente condannato dalla

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A Nizza, durante i festeggiamenti del 14 luglio (ricorrenza della Presa della Bastiglia e festa nazionale in Francia), un camion si è lanciato sulla folla falciando i passanti. Il conducente era inoltre armato e sparava sui pedoni. L’attentatore era un franco tunisino di 31 anni, ucciso successivamente da due poliziotti.

L’attentato è stato prontamente condannato dalla Comunità Francese del Culto Musulmano in contrapposizione ai sostenitori dell’ISIS che festeggiano sul web. Non c’è stata però ancora alcuna rivendicazione ufficiale. Intanto la Farnesina sta verificando l’eventuale presenza di dispersi italiani: al momento sarebbero due, marito e moglie, Angelo D’Agostino e Gianna Muset. La nuora non è più riuscita a contattarli dopo l’attentato e ha lanciato un messaggio di ricerca tramite Twitter.

Non essendo ancora chiaro il movente di questa strage, è sicuramente prematuro affrontare analisi relative ad un’eventuale matrice fondamentalista islamica. Quello che sembra chiaro ormai oggi però è come, in Europa, la quotidianità non possa più essere considerata sinonimo di tranquillità.

Se non può dirsi infatti che, in Europa, dal secondo dopoguerra in poi, sia regnata la pace incontrastata, è anche vero che, dopo gli attentati dell’IRA, in Irlanda, dell’ETA, in Spagna, e degli “anni di piombo”, in Italia, il Vecchio Continente si era abituato ad una relativa quiete, dagli anni ’90 in poi.

Infographic: Victims Of Terrorist Attacks In Western Europe | Statista

Immagine da https://www.statista.com/chart/4093/people-killed-by-terrorist-attacks-in-western-europe-since-1970/

 

Questa quiete, probabilmente alimentata dal processo di integrazione europeo, dopo essere stata sconvolta solamente da sporadici eventi come l’attentato a Madrid e quello a Londra compiuti da al-Qaeda nel 2004 e nel 2005, oggi deve tornare ad essere un miraggio? I cittadini europei sono forse condannati a vivere nel terrore che il prossimo attentato avvenga vicino casa propria?

Di sicuro, chi compie questi atti, vuole che pensiamo ciò. Il dovere di ogni singolo cittadino, a mio parere, è di sconfiggere, con l’uso della ragione e con la conoscenza, questa paura. Un buon modo per utilizzare la ragione in tal senso è chiedersi: è davvero così probabile morire in un attentato? Non secondo il National Safety Council.

Il National Safety Council è una organizzazione non governativa americana che stila ogni anno una classifica delle cause di morte più probabili. Chi, di coloro che leggerà, sarà abbastanza curioso da verificare, potrà rendersi conto che l’attentato terroristico non è neanche lontanamente contemplato come causa probabile di morte.

Per non vivere nel terrore basta poco. Basta avere la volontà di conoscere e di informarsi e la forza di non farsi sopraffare dal panico generale.

“La conoscenza è l’antidoto della paura” -Ralph Waldo Emerson

 

 

 

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Bruxelles: cosa sappiamo ? http://www.360giornaleluiss.it/esplosioni-a-bruxelles-almeno-28-morti/ Tue, 22 Mar 2016 12:29:30 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6176 Bruxelles stamattina si è risvegliata nel terrore. Alle 8 di stamattina, due esplosioni hanno coinvolto l’aeroporto di Zaventem (aeroporto che serve la capitale Belga) ed hanno provocato 13 morti e 35 feriti (dati provvisori). Tra le 9:10 e le 9:15 altre esplosioni hanno coinvolto la fermata della metropolitana di Maelbeek, in prossimità della sede della

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Bruxelles stamattina si è risvegliata nel terrore. Alle 8 di stamattina, due esplosioni hanno coinvolto l’aeroporto di Zaventem (aeroporto che serve la capitale Belga) ed hanno provocato 13 morti e 35 feriti (dati provvisori).

Tra le 9:10 e le 9:15 altre esplosioni hanno coinvolto la fermata della metropolitana di Maelbeek, in prossimità della sede della Commissione Europea. Alcune testimonianze raccontano anche di un’esplosione alla fermata Schuman, che si trova appena dopo quella di Maelbeek, ma il premier belga Charles Michel ha ufficialmente smentito questa notizia.

Solo alla fermata Maelbeek comunque, secondo altri dati provvisori, sarebbero morte altre 15 persone e rimaste ferite circa 55. Le autorità politiche locali stanno rilasciando dichiarazioni in queste ore nelle quali invitano la cittadinanza a mantenere il più possibile la calma e ad agire solidalmente con i propri concittadini più direttamente colpiti.

Secondo fonti governative e le agenzie di stampa locali, queste esplosioni sarebbero frutto di un attentato terroristico. Secondo la rete pubblica belga VRT avrebbe agito addirittura almeno un kamikaze e altre fonti riferiscono di urla in arabo e spari precedenti al primo attentato.

Il livello d’allerta è massimo e la popolazione è stata invitata a non effettuare spostamenti. Al fine di evitare spostamenti, è stato previsto che coloro che si trovino attualmente negli uffici istituzionali o nelle scuole non possano essere evacuati e che coloro che invece sarebbero dovuti entrare durante la giornata in queste sedi non possano entrarvi.

Sono state inoltre bloccate e sottoposte a controlli tutte le stazioni dei treni e delle metropolitane, oltre che l’aeroporto oggetto del primo attentato, e si starebbero svolgendo perquisizioni a tappeto da parte delle forze dell’ordine in tutta la regione colpita, secondo i media locali.

Nel frattempo, l’ISIS ha rivendicato la paternità dell’atto terroristico, come comunicato dall’agenzia Amaq, nota per i suoi legami con lo Stato Islamico ed è subito giunta la condanna morale dell’università Al-Azhar de Il Cairo (la più importante autorità religiosa musulmana sciita) che afferma che questi atti terroristici violano gli insegnamenti dell’Islam.

A Roma, sono state ulteriormente innalzate le misure antiterrorismo con particolare attenzione alle stazioni dei treni e delle metropolitane e agli aeroporti. Il premier Matteo Renzi, dopo aver partecipato al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza al Viminale, rilascerà questo pomeriggio alle 16 una dichiarazioni sugli attentati di Bruxelles.

Attendiamo ulteriori informazioni e approfittiamo per esprimere il nostro profondo cordoglio per le vittime e i loro familiari.

Ulteriori aggiornamenti

Il bilancio, ancora provvisorio, dei morti sale a 34. I feriti sarebbero invece oltre 230 e, come comunicato dall’ambasciata italiana, tre di questi sono italiani, ma non versano in gravi condizioni. Le forze dell’ordine, durante alcune perquisizioni a Schaerbeek, hanno ritrovato esplosivi, un kalashnikov e una bandiera dell’ISIS.

Il numero degli attentatori è ancora incerto, ma alcune registrazioni all’aeroporto avrebbero individuato tre sospetti di cui però solo uno non si sarebbe già fatto esplodere, secondo le dichiarazioni del procuratore federale belga Frederic Van Leuw. I ricercati, in totale, sarebbero comunque almeno cinque. Fonti di polizia affermano che sono stati trovati ordigni inesplosi nello stesso aeroporto del primo attentato.

Secondo l’intelligence irachena, questi attentati sono stati pianificati in Siria, ma non avevano come obiettivo Bruxelles. Il cambiamento di target sembra essere dovuto alla cattura dell’attentantore di Parigi Salah Abdeslam. Il governo belga ha indetto tre giorni di lutto nazionale e durante la giornata si sono succeduti altri allarmi bomba, fortunatamente non confermati.

Le reazioni agli attentati sono state tra le più disparate. Oltre alle sopracitate dichiarazioni della comunità musulmana sciita, la famiglia reale belga ha espresso la sua solidarietà al popolo definendo “vili e odiosi” gli attentati di oggi. Il ministro della difesa israeliano ha parlato di una vera e propria terza guerra mondiale nei confronti dei nostri valori comuni.

Il premier francese ha dichiarato che giungerà domani a Bruxelles per una conferenza stampa congiunta con il premier belga e per riunirsi con lui e la commissione UE per discutere un piano di lotta contro il terrorismo.

Varie manifestazioni di solidarietà ci sono state oggi nei confronti del popolo belga. La Tour Eiffel è stata illuminata con i colori della bandiera del Belgio, ma anche in Italia non sono mancate manifestazioni come quella, a Roma, di fronte all’ambasciata belga, promossa dall’onorevole Stefano Fassina.

Hanno suscitato invece reazioni contrastanti le lacrime dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea Federica Mogherini, la quale è stata molto attaccata sui social.

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Putin annuncia il ritiro delle truppe dalla Siria http://www.360giornaleluiss.it/putin-annuncia-ritiro-delle-truppe-dalla-siria/ Thu, 17 Mar 2016 19:41:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6108 “Con gli obiettivi ormai quasi raggiunti, ho ordinato al Ministro della Difesa di avviare il ritiro delle nostre forze in Siria, già a partire da domani”. Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato, durante un discorso televisivo alla nazione, l’ormai prossima conclusione della missione in Siria. Impegnate dall’Ottobre del 2015 a supportare

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“Con gli obiettivi ormai quasi raggiunti, ho ordinato al Ministro della Difesa di avviare il ritiro delle nostre forze in Siria, già a partire da domani”. Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato, durante un discorso televisivo alla nazione, l’ormai prossima conclusione della missione in Siria.

Impegnate dall’Ottobre del 2015 a supportare le forze siriane fedeli al presidente Bashar al Assad , le truppe russe inizieranno da oggi un parziale ritiro dalla regione dopo quasi sei mesi durante i quali hanno contribuito a ridare forza alle truppe governative messe alle strette dalle varie fazioni ribelli e terroristiche in questo momento impegnate nel conflitto siriano.

Dal 30 Settembre 2015, data del primo attacco aereo, le forze russe hanno impiegato nella loro campagna aerea circa un centinaio di velivoli delle varie specialità, supportati da circa 4mila uomini e diverse unità navali facenti parte della neonata squadra del Mediterraneo e un complesso apparato di difesa aerea e navale schierato a protezione delle basi operative.

La campagna aerea ha contribuito a dare slancio all’offensiva delle truppe governative la quali hanno recuperato gran parte del terreno perduto dall’inizio del conflitto ponendo sotto assedio numerosi piazzeforti ribelli fino all’entrata in vigore del “cessate il fuoco” mediato durante i colloqui di Ginevra. Il tributo fin qui versato dalle truppe russe conta la morte di 5 membri della missione e la perdita di un elicottero e di un caccia-bombardiere Sukhoi-24, quest’ultimo abbattuto, in seguito ad una violazione dello spazio aereo turco, dall’aviazione di Ankara.

Lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha affermato che, sebbene la missione sia conclusa, le truppe russe manterranno una certa presenza nella regione al fine di vigilare sul rispetto della tregua operando con missioni aeree di “routine”. Il Cremlino ha specificato che la Russia continuerà a mantenere operative la base aerea di Hemeimeem, nella provincia di Latakia, e quella navale nel porto di Tartous. Non si tratterà quindi di un ritiro completo ma di una significativa riduzione della presenza russa nell’area con l’intento di favorire i colloqui in corso a Ginevra sperando che questi portino ad effetti concreti nel minor tempo possibile.

“Per quanto ne so l’unico piano B è la guerra ad oltranza” questo il commento dell’inviato speciale dell’ONU, Staffan de Mistura “È necessario un cambiamento politico e nuove elezioni. Il vero problema è la diversa interpretazione della transazione politica”

Informato telefonicamente dallo stesso premier russo, il presidente Bashar al Assad, si è detto pronto a ricercare una soluzione politica del conflitto annunciando che le elezioni parlamentari si terranno, come previsto dal calendario, il mese prossimo all’interno delle aree attualmente sotto il controllo governativo escludendo ancora una volta sia le ambasciate che i campi profughi. Le richieste delle fazioni di opposizione più moderate sono incentrate sulla necessità di una transazione politica tramite elezioni presidenziali da tenersi entro 18 mesi. A questa richiesta le parti fedeli ad Assad hanno replicato dichiarando di non poter “immaginare un futuro senza il Presidente”.

Mediare tra le due parti non sarà facile ma i primi segnali da Ginevra sono risultati positivi e costruttivi. Fino ad ora le due parti non hanno ancora avuto un incontro diretto ma i mediatori dell’Onu si sono detti ottimisti riguardo alla possibilità di trovare una soluzione politica di compromesso.

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Turchia-Costa d’Avorio, il contagio del terrore http://www.360giornaleluiss.it/turchia-costa-davorio-il-contagio-del-terrore/ Tue, 15 Mar 2016 15:42:06 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6063 Sentir parlare di vittime e attentati non è certo una novità, eppure il 13 marzo ha segnato il passo per una nuova fase del terrorismo internazionale, non inaspettata, ma non per questo meno preoccupante. In Turchia l’autobomba che è esplosa nel centro di Ankara, provocando quasi 40 vittime e circa 125 feriti, non è altro

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Sentir parlare di vittime e attentati non è certo una novità, eppure il 13 marzo ha segnato il passo per una nuova fase del terrorismo internazionale, non inaspettata, ma non per questo meno preoccupante.

In Turchia l’autobomba che è esplosa nel centro di Ankara, provocando quasi 40 vittime e circa 125 feriti, non è altro che il quarto attacco in tre mesi al presidente Erdogan, il quale aveva di recente promesso stabilità e sicurezza. In Costa d’Avorio, Paese dove negli ultimi anni si stava consolidando una convivenza pacifica tra diverse confessioni religiose e buoni numeri dal punto di vista turistico, i cittadini sono di punto in bianco piombati in un terrore tradizionalmente proprio di altri stati africani come la Nigeria per via di Boko Haram e la Somalia per via di Al Shebaab.

Tayyip Erdogan, pur con i suoi successi elettorali, è sempre meno padrone del proprio Paese, tanto che il primo ministro Ahmet Davutoglu ha convocato subito una riunione urgente con il Capo di Stato Maggiore. Da una parte il malcontento dei cittadini di fronte a libertà sempre più limitate per questioni di sicurezza, dall’altra queste che servono a ben poco al fine di prevenire attacchi come quello appena portato a segno dai responsabili.
I primi sospetti cadono ancora una volta sui Curdi del PKK, come già era avvenuto lo scorso 17 febbraio, ma quanto è chiaro che non ci sia la matrice dello Stato Islamico, sebbene la Turchia sia malvista perfino dalla coalizione occidentale per le sue ambiguità?

Se Ankara diventa gradualmente una capitale sempre più a rischio, tutt’altro che sorprendente è invece l’attacco di Abidjan, nota località balneare ivoriana, dove un commando armato venuto dal mare ha riversato raffiche di kalashnikov in una spiaggia dove trascorrevano le vacanze principalmente turisti stranieri.
L’attacco segna il contagio del terrorismo nei confronti dell’Africa, sebbene qui, a differenza del caso turco, la rivendicazione sia chiaramente dell’Aqim, i gruppi Qaedisti presenti nel Maghreb.
Questi combattenti non sono altro che cellule salafite  nate in Algeria e diffusasi nella parte occidentale dell’Africa, marcando una chiara espansione del terrorismo in aree dove questo era stato fino a qualche tempo fa completamente assente.
Un mezzo colpo di scena che porta una nuova condizione di timore e sospetto sia a livello locale che in ambito internazionale.

Così, mentre sembra che i vertici sulla Siria e la tregua in un Paese martoriato da cinque anni di guerra stiano andando, almeno nei propositi, nella giusta direzione, ecco che nuovi fronti e mosaici complessi si aprono e intersecano in altri fronti nevralgici dello scacchiere internazionale.
In Mali era servito l’intervento francese, in Libia lo stato anarchico della regione fa fronte alla titubanza europea e americana, in Medio Oriente la Russia ha annunciato un parziale ritiro da molte basi.
Il mondo sembra un malato asfissiato da un male contagioso e aggressivo, ma le medicine occidentali sono state finora solo pretesto per nuove metastasi, a meno che, tristemente, ogni male e ogni cura abbia perso ormai la sensibilità degli occhi del mondo, dove un giorno si annuncia un attentato, e l’indomani pure.

img_4246.jpg@LolloNicolao   

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Islam NON è terrorismo http://www.360giornaleluiss.it/islam-non-e-terrorismo/ Tue, 17 Nov 2015 09:29:04 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5052 È molto difficile per me trovare le parole per descrivere il mio stato d’animo, dopo ciò che è accaduto la scorsa notte a Parigi. Ogni volta che tento, mi sembra di esprimere concetti vuoti e privi di significato, che sembrano voler dire tutto e nulla allo stesso tempo: paura, rabbia, compassione… In compenso sembra esserci

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È molto difficile per me trovare le parole per descrivere il mio stato d’animo, dopo ciò che è accaduto la scorsa notte a Parigi. Ogni volta che tento, mi sembra di esprimere concetti vuoti e privi di significato, che sembrano voler dire tutto e nulla allo stesso tempo: paura, rabbia, compassione…

In compenso sembra esserci chi qualcosa da dire lo ha trovato e così si è avventurato in improbabili analisi politiche e socioculturali, postando un impressionante numero di citazioni della Fallaci e twittando frasi cariche d’odio nei confronti dell’Islam, che sembra apparire alla mente di qualcuno come un mostro mitologico metà divinità e metà tritolo, piuttosto che una religione.
Ci sono giornalisti, della cui professionalità ed onestà intellettuale a volte è lecito dubitare, che hanno sparato a zero su un intero popolo di fedeli – circa un miliardo e mezzo di persone, tanto per dire – su quotidiani a tiratura nazionale.
C’è chi (molti “chi”) ha sentito forte dentro di sé il bisogno di avvertirci del fatto che se davvero vogliamo proteggere l’Occidente, dobbiamo capire che non è possibile convivere con persone che vogliono imporre il velo alle nostre donne, togliere il crocifisso dalle aule delle nostre scuole, costringerci con la forza delle armi e della paura ad abbandonare la nostra tradizione. Ah, dimenticavo: «Dovremmo anche affondargli i barconi».

Questi “chi” possono provare quanto vogliono a convincermi che «islam brutto», «barconi molto brutti» o, per essere meno aggressivi (dai!), che l’integrazione fra la nostra cultura e quella islamica è un miraggio. Che ci provino pure, ma me è stato sempre detto di non fare “di tutta l’erba un fascio” e non credo di essere un “buonista” se continuo a non vedere analogie tra islamismo e terrorismo. Me lo dimostrano le donne e gli uomini di religione islamica che hanno espresso il proprio dissenso contro l’abuso da parte dell’ISIS (più correttamente, dell’autoproclamato Califfato dello Stato Islamico) degli insegnamenti della loro religione, per seminare odio e terrore in Europa come in Medioriente.
Lo dimostrano i comunicati stampa delle comunità islamiche italiane, il cui contenuto può ben essere riassunto prendendo in prestito le parole del presidente dell’Ucoii, Unione delle comunità islamiche d’Italia, Izzedin Elzir: «Vogliamo dimostrare la nostra solidarietà e l’abbraccio a tutto il popolo francese. Questi attentati terroristici non sono attacchi contro i francesi ma contro tutta l’umanità. È un momento di rabbia, dolore e condanna totale, senza se e senza ma».
Lo dimostrano gli arresti del 12 novembre scorso a Merano (BZ), per i quali la collaborazione di immigrati musulmani con intelligence e forze di polizia è risultata fondamentale.

Lo dimostra, per tornare ai social, la campagna #NotInMyName.

I musulmani in Medioriente sono le prime vittime della follia omicida degli affiliati all’ISIS e sono le prime vittime della discriminazione in Europa attualmente. Dobbiamo aver rispetto per loro, per le loro vite e per i loro morti quanto per i nostri.

La data del 13 novembre 2015, come quella del 7 gennaio 2015, non potremo mai dimenticarla, non dobbiamo dimenticarla: solo così riusciremo a non fare il gioco di chi vuole che viviamo nella paura, di chi vuole ridurci “ad uno”.

Asteniamoci dall’avere pregiudizi immotivati e ricordiamo che è stato l’uomo a fare del male, non un Credo. E, soprattutto, restiamo umani.

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L’11 settembre di Parigi. #JeSuisParis http://www.360giornaleluiss.it/l11-settembre-di-parigi-jesuisparis/ Sun, 15 Nov 2015 10:17:23 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5033 Il mondo si è fermato. Parigi è stata assediata dal terrorismo. Un attentato, quello che a riguardato la capitale francese, che è stato definito, dalle agenzie di stampa, “un attacco terroristico senza precedenti in Europa”. L’attacco è stato rivendicato: subito dopo la strage, dall’ISIS che ha sostenuto, in un comunicato, la loro intenzione punitiva nei

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Il mondo si è fermato. Parigi è stata assediata dal terrorismo. Un attentato, quello che a riguardato la capitale francese, che è stato definito, dalle agenzie di stampa, “un attacco terroristico senza precedenti in Europa”.

L’attacco è stato rivendicato: subito dopo la strage, dall’ISIS che ha sostenuto, in un comunicato, la loro intenzione punitiva nei confronti di un paese che si sta impegnando strenuamente nella lotta allo Stato Islamico. I morti sono più di cento e i feriti addirittura più di duecento.

L’inizio della strage è stato all’incirca alle 21 di venerdì 13 novembre, quando un kamikaze si è lasciato esplodere vicino allo stadio di Parigi dove si stava svolgendo un’amichevole tra Francia e Germania. Il presidente Hollande è stato tempestivamente evacuato, mentre i giocatori e il pubblico sono rimasti all’interno della struttura per motivi di sicurezza e di ordine pubblico.

I terroristi hanno poi sparato ad alcuni passanti e clienti di alcuni locali del X e XI arrondissement, un secondo kamikaze si è fatto esplodere di fronte ad un altro locale vicino allo stadio ed un altro ancora a Boulevard Voltaire.

Verso le 22, i terroristi hanno cominciato ad assalire il teatro Bataclan, dove si stava svolgendo un concerto del gruppo rock californiano “Eagles of death metal”, e hanno preso più di cento ostaggi e a sparare sul pubblico. Contemporaneamente un quarto kamikaze si fa esplodere nei pressi dello stadio.

Poco dopo le 22, viene convocato un summit al ministero dell’interno per reagire allo stato di tensione innescatosi nella città e vengono diramati comunicati delle autorità che invitano alla calma e a rimanere a casa o nei locali in cui si trovano.

Poco prima delle 23, all’interno dello stadio di Parigi, scatta il panico, la partita viene interrotta e il pubblico si riversa nel campo di gioco.

Alle 23:30, si conclude il summit al ministero e viene attivato il piano “Rouge Alpha”, operazione volta a contrastare gli attentati multipli come quello di quelle ore. L’esercito scende nelle strade e vengono messi posti di blocco per evitare che i terroristi possano scappare.

A mezzanotte circa, il presidente Hollande, in diretta TV, annuncia lo stato d’emergenza nazionale e la chiusura delle frontiere per evitare la fuga dei ricercati. Subito dopo raggiungerà i colleghi ministri in un consiglio dei ministri straordinario.

Mezz’ora più tardi, le teste di cuoio irrompono nel Bataclan per far evacuare i sopravvissuti, ma alcuni kamikaze si fanno esplodere.

Oggi, la Francia può contare sulla solidarietà di tutto il mondo occidentale per reagire a quello che, secondo buona parte dell’opinione pubblica, è stato una dichiarazione di guerra in piena regola da parte dell’ISIS.

#JeSuisParis

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L’ISIS in pillole http://www.360giornaleluiss.it/lisis-in-pillole/ Sat, 03 Oct 2015 09:00:02 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4439 Il nome: un po’ di chiarezza. Il 29 giugno 2014 l’ISIL (stato islamico dell’Iraq e del Levante) – meglio noto come ISIS (stato islamico di Iraq e Siria)- si affaccia sulla scena internazionale, autocostituendosi in califfato con a capo Abu Bakr Al-Baghdadi. Nei documenti ufficiali però non compaiono le parole ‘Iraq’ e ‘Levante’, questo perché

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Il nome: un po’ di chiarezza.

Il 29 giugno 2014 l’ISIL (stato islamico dell’Iraq e del Levante) – meglio noto come ISIS (stato islamico di Iraq e Siria)- si affaccia sulla scena internazionale, autocostituendosi in califfato con a capo Abu Bakr Al-Baghdadi. Nei documenti ufficiali però non compaiono le parole ‘Iraq’ e ‘Levante’, questo perché l’obiettivo del neonato IS è quello di ridefinire i confini del Medio Oriente. Inoltre, l’uso del termine “califfato” rievoca l’istituzione nata per sostituire Maometto e mantenere una coesione sociale e religiosa della comunità islamica. Dal fronte internazionale arriva presto un nuovo nome da usare principalmente nelle relazioni diplomatiche: DAESH Il termine è l’adattamento dell’acronimo arabo di ISIS.

Tutto ciò potrebbe sembrare un’inutile e poco appassionante disquisizione sul nome, ma tra IS e DAESH la differenza è sostanziale.  Almeno secondo il ministro degli esteri francese, che ha deciso di non definire più i miliziani jihadisti uno “stato” perchè farlo potrebbe corrispondere ad una legittimazione.

ISIS, ISIL, IS, DAESH, persino EIIL, sono perciò solo alcuni dei nomi che vengono usati per definire il califfato. Tuttavia, il tentativo dei governi di delegittimare l’avanzata dei miliziani sunniti togliendo loro la definizione di “Stato” non convince in molti. Lo stesso presidente Obama ha dichiarato: “Questo gruppo si fa chiamare “Stato Islamico”, ma mettiamo in chiaro due cose: l’ISIL non è islamico. Nessuna religione difende l’assassinio di innocenti e la maggior parte delle vittime dell’ISIL sono musulmane. L’ISIL certamente non è uno Stato. È prima il ramo di Al Qaeda in Iraq”.

 

Il Califfo: Abu Bakr Al-Baghdadi

Tra il 96 e il 2000 Abu Bakr Al-Baghdadi vive in Afghanistan con Abu Musab al-Zarqawi. Entrambi collaborano con i jihadisti e con i talebani a Kabul.

Nel 2005 viene recluso a Camp Bucca, un carcere gestito dall’esercito USA, dove entra in contatto con un gruppo di jihadisti di al-Qaeda, con il quale getta le basi della sua ascesa nell’IS. Nel 2009, quando la prigione chiude, al-Baghdadi viene rilasciato.

Dopo la morte di Abu Omar al-Baghdadi, diviene il leader del gruppo terrorista ISI (Stato Islamico dell’Iraq), braccio di al-Qaeda. Il movimento, nato nel 2000, con il nome di “Organizzazione del monoteismo e del Jihad”, era stato fondato proprio da al-Zarqawi. Da questo gruppo di militanti nascerà poi l’ISIS che, nel giugno 2014 inizia l’avanzata verso Baghdad.

Il 29 giugno viene annunciata la ricostituzione del califfato, che si estende da Damasco (Siria) a Diyala (Iraq). Al-Baghdadi, autoprocalmandosi “califfo di tutti i musulmani”, brandisce ufficialmente entrambe le spade di Gelasio, quella temporale e quella spirituale, decretando il suo potere religioso oltre che politico e mettendo da parte gli imam e i predicatori radicali, che si sono rifiutati di riconoscere la sua autorità.

 

Finanziamenti: non solo petrolio

Per parlare delle casse dello Stato Islamico, bisogna innanzitutto distinguere tra fonti di finanziamento dirette e indirette.

Tra le fonti dirette, sicuramente l’estrazione di petrolio costituisce la più grande risorsa del califfato. Il gruppo ricava circa 44mila barili al giorno dai pozzi siriani e 4mila da quelli iracheni. Il regime di Assad, alla costante ricerca di petrolio, i turchi e curdi iracheni – sebbene siano tutti nemici dell’Isis – sono tra i suoi principali clienti. Oltre al greggio vi sono i fondi delle banche dei territori conquistati, la tassazione sulle attività commerciali e il pedaggio richiesto sulle principali strade. Certo, l’imposizione di tasse costituisce un passo importante verso la legittimazione del califfato.

Per quanto riguarda le fonti indirette, invece l’IS ha un sistema di auto-finanziamento basato anche sul contrabbando di ostaggi, sebbene sia plausibile che alcuni dei primi finanziamenti siano giunti da varie ONG dei paesi della penisola araba. Sul banco degli imputati vi sono l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait ed il Qatar. Inoltre, parte dei proventi deriverebbero dal commercio di reperti archeleologici, dal traffico di esseri umani e da saccheggi ed estorsioni. Anche se fare i conti del califfo non è certo facile, si stima una disponibilità di circa 2 miliardi di dollari, che lo renderebbe certamente gruppo terroristico operante nel mondo islamico più pericoloso di sempre.

 

Strategia Mediatica: terrorismo digitale

Sin dalla nascita, avvenuta con un comunicato web, il califfato ha dimostrato di essere in grado di gestire la comunicazione in maniera impeccabile. La sua social media strategy, attribuibile ad Ahmad Abousamra, si fonda su due punti: la minaccia e il reclutamento.

L’attuazione del primo punto -la c.d. strategia del terrore- è molto semplice: si basa su videomessaggi intimidatori come il famoso “message to America”, primo di una lunga serie di cruente decapitazioni. Per realizzare il secondo punto, invece, i jihadisti puntano all’emulazione di foreign fighter già arruolati. Il target in questo caso sono giovani occidentali perciò, il mezzo di comunicazione preferito per attivare in loro questo sentimento di emulazione, di desiderio di sfida e per realizzare questa imponente call to action, è Facebook, che però sta attuando una forte censura.

Per assicurare la più ampia diffusione possibile dei messaggi esiste un’imponente e sofisticata rete di account collegati tra loro che amplificano ogni post, tweet o video proveniente dai membri più influenti dell’organizzazione. Esisteva anche un’app, disponibile fino allo scorso anno sul playstore, chiamata “The Dawn of Glad Tidings” (L’alba delle buone notizie) che permetteva ai gestori degli account ufficiali dell’ ISIS di utilizzare gli account dei seguaci per poter mandare i loro messaggi unificati.

Un tempo si giravano video in analogico con sfondi di fortuna, oggi i terroristi dispongono dei più avanzati strumenti di video e photo editing per la realizzazione dei messaggi propagandistici, insieme alle competenze di occidentali arruolati o di persone formatesi in occidente.

 

Obiettivo: Lo Stato Islamico

Dal momento che l’ISIL non riconosce la comunità internazionale, si può certamente affermare che il suo obiettivo non è quello di costruire uno Stato al fine di ottenere un riconoscimento da essa. L’IS però impara dagli errori di Al-Qaeda e non agisce come un parassita ospite di un altro stato, si ricostituisce con un proprio corpo, sviluppandosi sulle carcasse di Iraq e Siria. L’organizzazione vuole imporsi come erede di Al Qaeda, troppo debole dopo l’eliminazione di Osama bin Laden. Lo Stato islamico vuole raccogliere l’eredità del gruppo terrorista.

L’11 settembre 2001 Osama bin Laden ha umiliato gli Stati Uniti e l’occidente dimostrando che la “vera fede” poteva colpirli. Lo sceicco voleva sfidare l’America, e allo stesso tempo formare un esercito di volontari attirando a sé migliaia di giovani musulmani alla ricerca di una vendetta per i secoli di dominio occidentale sull’islam.

Gli stessi obiettivi guidano lo Stato islamico, una creazione della negligenza del regime siriano. Bashar al Assad sperava infatti di proporsi come unica alternativa all’estremismo islamico rivolgendo i suoi sforzi repressivi contro i democratici e lasciando che lo Stato Islamico crescesse senza mai contrastarlo. Alla fine, però, l’organizzazione è sfuggita del tutto al suo controllo, penetrando in Iraq con l’ambizione di creare un nuovo stato sunnita libero dal controllo delle autorità sciite di Damasco e Baghdad.

Tuttavia, la cosa che desta maggiore preoccupazione è la capacità dei miliziani di Al-Baghdadi di manipolare e controllare un’intera generazione di giovani musulmani iracheni – e non solo, come dimostra il crescente numero di foreign figthers – per aumentare il proprio consenso. Il denaro costuisce sicuramente il principale fattore trainante, basti pensare che i combattenti di al-Baghdadi sono i più pagati, ma come in un circolo vizioso, il crescente consenso contribuisce a rafforzare la sua capacità di resistenza e di reclutamento sul territorio.

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Il terrorismo raccontato da chi lo ha vissuto http://www.360giornaleluiss.it/il-terrorismo-raccontato-da-chi-lo-ha-vissuto/ Tue, 21 Apr 2015 21:01:36 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3337 Intervista a Shamza Hassan, ex rifugiata di guerra e oggi collaboratrice dell’ambasciata somala in Italia  n molti Paesi arabi e musulmani le donne sono ancora costrette a rimanere in casa, a sposarsi solo con il permesso degli uomini di famiglia, a svolgere azioni quotidiane come camminare per strada o guidare solo attraverso eccezionali permessi. Ma se le donne

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Intervista a Shamza Hassan, ex rifugiata di guerra e oggi collaboratrice dell’ambasciata somala in Italia 

In molti Paesi arabi e musulmani le donne sono ancora costrette a rimanere in casa, a sposarsi solo con il permesso degli uomini di famiglia, a svolgere azioni quotidiane come camminare per strada o guidare solo attraverso eccezionali permessi. Ma se le donne vedessero il mondo attraverso Facebook, Instagram e Pinterest? Se lo leggessero attraverso internet e Twitter? Per questo uno degli input delle primavere arabe è partito proprio dalle donne suscitando per reazione nuove ondate di terrorismo che si sono scatenate in tutta l’area medio orientale e nell’Africa settentrionale. Shamza Hasssan è fuggita dalla sua Somalia nel lontano 1992, allo scoppio del conflitto, agli albori dei signori della guerra e alle origini del gruppo terroristico militare degli Al Shabaab. Lavorava per il Ministero delle pari opportunità, ora vive in Italia e lavora come governante pur collaborando con l’ambasciata del suo Paese. Frequenta attivamente la Moschea di Roma, centro religioso e culturale per tutti i connazionali dei quali condivide il destino.

A Mogadiscio è esplosa l’ennesima autobomba, uccidendo quattro persone e ferendone altre dieci. E’ solo l’ultimo di una lunga escalation di attentati che stanno nuovamente devastando la Somalia. Signora Shamza Hassan, per lei quanto durerà?

La gente è cattiva, la religione non c’entra, ricchezza e potere sono gli obiettivi di chi vuole il male delle persone. Sono brutti eventi in un Paese povero come il nostro, combattono per il nulla sollevando tanta polvere. Nelle ultime settimane sentiamo continuamente parlare di attentati, in televisione come in radio. La gente è stata cattiva e continuerà ad esserlo, hanno ucciso i profeti ed Isa (Gesù- ndr), Maometto non avrebbe voluto questo.

La maggior parte delle notizie oggi ripercorre la scia dell’Islamic State, il nuovo Califfato che vuole imporre il proprio credo religioso e politico ripartendo dall’antica famiglia dei Qu’raysh. In particolare le ultime notizie sul terrorismo sono passate in primo piano dopo l’attentato che ha colpito la redazione di Charlie Hebdo di Parigi…

A me quelle vignette non sono mai piaciute. Maometto in sedia a rotelle è blasfemia, anche i cristiani dovrebbero sentirsi offesi.

Il New York Times fu l’unico quotidiano americano e internazionale a riprendere paradossalmente questa tesi, ma vale la satira un attacco terroristico?

Assolutamente no, è questione di persone. C’è la cattiveria e c’è il male, per la conquista delle poltrone in politica come nella lotta per il potere nei gruppi religiosi e militari più poveri. Anche per la satira esiste un limite. La Somalia è in guerra da 23 anni eppure non molti giornali ne parlano. Per un attentato a Parigi per giorni si parlava solo di questo. E ne parlavano male nonostante in Africa stiano morendo migliaia ti persone, non solo per la fame ma anche per il terrorismo. La religione non c’entra. Siamo tutti fratelli: cristiani, ebrei e musulmani, i popoli del libro, perché abbiamo ognuno il suo libro Sacro. Il nostro Corano è stato macchiato dal sangue della cattiveria umana e i terroristi sanno che la colpa ricadrà su di loro al momento del giudizio.

Senza dubbio i conflitti sembrano essere di natura politica e sfruttano la religione come pretesto, ma come sciogliere i nodi dell’immigrazione, dei rifugiati di guerra, del Medio Oriente in chiave non fideistica ma pragmatica o delle primavere arabe che sono fallite, perché sono fallite, vero?

A volte sembra una questione di semplice buon senso. Chi fugge vuole salvare almeno la propria vita, molti politici in Italia non conoscono il significato della parola guerra, a Roma come in altre vostre città si sta bene solo per il fatto di non essere minacciati ogni giorno dalle bombe, la gente questo non lo capisce.

Ma le primavere arabe?

Sempre i giornalisti, trovano nuove espressioni per vecchie storie. La Francia non ha fatto la rivoluzione? L’Italia non ha combattuto il dominio straniero? Ieri è toccato a voi, perfino emigrare, oggi è il nostro turno, ma fino a quando ci saranno il male e l’interesse economico occidentale e ci saranno le persone semplici tenute nell’ignoranza, una via risolutiva non sarà ripercorribile. Io sono fuggita dal mio Paese e amo l’Italia per avermi accolto, spero di tornare in Somalia ma non ci credo. I miei fratelli sono in Svizzera, mio cugino è in America, spero di terminare questo periodo di contributi per avere la pensione minima tra un anno, ne mancano tre ai settant’anni.

Complimenti, per il suo Paese quindi nessuna speranza nemmeno in un insperato intervento della comunità internazionale?

Le persone agiscono secondo i propri interessi, chi nel bene, chi nel male. Barack Obama è il presidente degli Stati Uniti, non importa chi sia o a quale partito appartenga. Deve fare gli interessi politici ed economici degli Stati Uniti. Lo stesso Putin, lo stesso Merkel, Hollande e anche Renzi. Seguono l’Ucraina per il gas, la Libia e l’Iraq per il petrolio, la Somalia non ha niente che interessi il mondo se non la pace di tanta povera gente che non ha nulla da dare in cambio. Fare la guerra è un business come tanti altri, ma il suo prezzo un giorno sarà proprio Allah a farglielo pagare…

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ISIS: Sparge Terrore ma Perde Terreno http://www.360giornaleluiss.it/isis-sparge-terrore-ma-perde-terreno/ Wed, 08 Apr 2015 11:55:58 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3009 L’ISIS è Al Qaeda 2.0 ed è forse una delle più grandi minacce con cui l’Occidente si è mai dovuto fronteggiare. Stiamo parlando di uno dei gruppi terroristici più evoluti, che usa i moderni mezzi della comunicazione di massa per garantire una forza propagandistica mai vista. Se pensiamo all’ISIS, viene subito in mente la loro

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L’ISIS è Al Qaeda 2.0 ed è forse una delle più grandi minacce con cui l’Occidente si è mai dovuto fronteggiare.

Stiamo parlando di uno dei gruppi terroristici più evoluti, che usa i moderni mezzi della comunicazione di massa per garantire una forza propagandistica mai vista.

Se pensiamo all’ISIS, viene subito in mente la loro rapida avanzata nella regione della Mesopotamia e la progressiva vittoria sull’Iraq, Siria e Libia. Vediamo immagini e video di soldati sotto l’insegna del califfato che ogni giorno conquistano una nuova città; ma se non fosse così?

La realtà è che la maggior parte delle notizie che sappiamo sull’ISIS sono spesso esagerate e false. Ci sono diverse prove che indicano che l’unica vittoria che i terroristi hanno in tasca è quella mediatica, sul campo di battaglia la storia è differente.

L’ISIS ha subito una battuta d’arresto ormai da mesi e sta perdendo molte posizioni. Gli Jihadisti sono stati sconfitti a Tikrit il 31 Marzo dall’esercito Iracheno fiancheggiato da milizie sciite. La città perduta è una delle più importanti roccaforti sunnite ed era stata presa dal califfato l’estate scorsa. Tra le città perse negli ultimi mesi ci sono anche Kobane, in cui secondo esperti militari l’ISIS avrebbe perso circa 1400 uomini. Poi Sirte e Mosul, che indicherebbero la devastante caduta militare dello stato islamico. Secondo “The Economist” il califfato avrebbe perso da Giugno 2014 un quarto dei propri territori.

Il declino del resto non è solo marcato dalle sconfitte militari. L’ISIS potrebbe aver iniziato a truccare anche i sanguinosi video delle esecuzioni a base della loro propaganda tra i quali, per esempio, il massacro degli ostaggi Egiziani Copti. Secondo esperti dell’emittente americano “Fox News” il video sarebbe un falso. Le prove risiedono nel sangue falso che appare nel filmato, asincronia audio-video e la dimensione dei terroristi, che in confronto ai prigionieri appaiono di ben più grandi dimensioni.

Qualcosa invece che non grande è il loro terreno di conquista: non solo il califfato ha perso un quarto dei propri territori, ma possiede anche poco di quelli che dichiara di aver conquistato. In parole povere, il controllo effettivo sui loro territori (Nord-Ovest dell’Iraq e Est della Siria) è solo a “macchia di leopardo”: in concreto, comprendente solo qualche città e le infrastrutture.

Come potrebbe invece la NATO sostenere gli alleati arabi contro il califfato? L’intervento militare non è auspicabile, poiché così facendo si creerebbero dei martiri e combatteremmo una difficile guerra di occupazione. L’Occidente ha già avuto considerevoli effetti con i raid sui giacimenti petroliferi. Infatti, a causa dei bombardamenti, i Jihadisti hanno perso gran parte dei loro finanziamenti. Ora, senza risorse economiche, l’impeto iniziale è destinato a fermarsi e come tutte le rivolte, quella del califfato si placherà.

Quindi non ci resta altro che resistere contro il terrorismo e vivere le nostre vite normalmente; se l’ISIS riuscisse a cambiare il nostro stile di vita, sarebbe senz’ altro una enorme vittoria per loro.

 

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