“Per questo nasce il Partito democratico. Che si chiamerà così. A indicare un’identità che si definisce con la più grande conquista del Novecento: la coscienza che le comunità umane possono esistere e convivere solo con la libertà individuale e collettiva, con la piena libertà delle idee e la libertà di intraprendere. Con la libertà intrecciata alla giustizia sociale e all’irrinunciabile tensione all’uguaglianza degli individui, che oggi vuol dire garanzia delle stesse opportunità per ognuno. Il Partito democratico, il partito di chi crede che la crescita economica e l’equa ripartizione della ricchezza non siano obiettivi in conflitto, e che senza l’una non vi potrà essere l’altra. ” .
Così Walter Veltroni presentava al lingotto di Torino nel 2007 il Partito Democratico . Partito che oggi , dopo varie traversie ed evoluzioni , si trova ad essere la principale componente del governo Renzi , segretario democratico. In effetti guardando al 2007 quando Veltroni veniva eletto primo segretario, c’è stata una notevole evoluzione fino ad arrivare alla situazione odierna .
Il primo fattore fondamentale di tale diversità lo si comprende tenendo presente il panorama politico in cui il PD è nato. Formatosi, infatti, nel 2006 il secondo governo Prodi, si cominciarono a presentare una serie di conflittualità interne alla maggioranza di centrosinistra . Ciò creò delle difficoltà nello svolgimento dell’attività di governo per cui si pensò che una soluzione efficace per instaurare un equilibrio stabile nel centrosinistra sarebbe stata unire in un unico grande partito le due principali forze della coalizione :i DS e La Margherita. Così facendo si mescolarono due componenti , una che consisteva nella parte più progressista del PCI, i DS, l’altra formata dalla corrente cattolico-democratica della DC e alcuni radicali, confluiti nella Margherita .
Quando, dunque, nel 2008 il governo cadde , sembrò quasi naturale che l’unica personalità spendibile per il centrosinistra, alle elezioni, da contrapporre a Berlusconi , fosse il “Kennedy italiano”: appellativo che fu attribuito al segretario del nuovo grande partito di centrosinistra, che proprio al modello statunitense si ispirava. Tanto si credeva nel successo di questa creatura all’interno del centrosinistra, che si scelse di non dar vita ad una coalizione onnicomprensiva delle varie espressioni della sinistra , come invece aveva scelto di fare Prodi entrambe le volte in cui vinse contro Berlusconi. Si formò , pertanto , una coalizione che vedeva il PD come suo asse portante , con un ruolo da assoluto protagonista , e altri due movimenti , l’Italia dei valori di Di Pietro e i Radicali, con un ruolo da semplici coprotagonisti, quasi come fossero due stampelle.
Eppure ,nonostante le grandi aspettative ,il centrosinistra subì una sconfitta schiacciante dalla coalizione di centrodestra guidata da Berlusconi . Fu proprio in quelle elezioni politiche che la nuova creatura politica e lo stesso Veltroni che l’aveva ideata si giocarono il tutto per tutto: era il test di prova che , se fosse risultato positivo ,avrebbe dato al PD la legittimazione e l’autorevolezza necessaria per porsi come grande forza di governo, convincendo l’ambiente politico del centrosinistra che si trattasse di un esperimento ben riuscito. Proprio la mancanza di tale legittimazione fece sì invece che sempre di più crebbe la convinzione che unire due forze come i DS e La Margherita , già un po’ divisi al loro interno, fosse stato azzardato. Presentatasi da subito come difficoltà , essa si ripresento’ in ogni momento decisionale interno , sia a livello nazionale che locale . Per cui svanita , dopo la sconfitta elettorale, con le dimissioni da segretario di Veltroni , l’idea di un PD di ispirazione Kennediana , si decise di eleggere segretario Franceschini , ex La Margherita .
Quella di Franceschini fu voluta dai “quadri dirigenti ” del PD come una segreteria di transizione , durante la quale si sarebbe dovuto cercare un accordo interno tra le varie correnti di ex DS e ex La Margherita per poi proporre un segretario nel congresso dell’anno successivo. Durante questo periodo l’asse del partito fu tenuta in un quasi perfetto equilibrio tra centro e sinistra dal segretario . Inoltre pur trattandosi di un periodo di transizione il nuovo segretario sfruttando le sue buone capacità comunicative , la sua credibilità e il fatto di essere relativamente nuovo sulla scena politica , riuscì a mantenere il gradimento degli elettori quasi allo stesso livello che era stato raggiunto da Veltroni alle elezioni , ovvero circa al 37 per cento . Nonostante la segreteria di Franceschini avesse fatto stilare un bilancio positivo , essa era pur sempre stata concepita come ” di transizione ” . Gli ex DS ,infatti , componente maggioritaria del partito , avevano accettato come segretario un ex Margherita , solo con tale condizione.
Al nuovo congresso ,quindi,la spaccatura tra le due componenti del partito riemerse con forza quando gli ex DS sostennero compattamente la candidatura di Pierluigi Bersani alla segreteria nazionale ,contro gli ex La Margherita uniti nel riproporre Franceschini . Il risultato , date tali premesse non poteva che essere la vittoria di Bersani . Se , però, con il segretario precedente l’asse del partito si era mantenuta in un quasi perfetto equilibrio tra centro e sinistra, con il nuovo si spostò verso sinistra. Bersani , come tutti gli ex DS ,proveniente dalla tradizione del partito comunista, cercò di proporre un modello di PD basato grossomodo su un’idea progredita di partito socialdemocratico, con una vocazione riformista, e sempre attento ai bisogni dei lavoratori e delle classi più deboli della società.
Questo modello di partito , proposto dal segretario, incontrò, però, sempre la contestazione da parte della minoranza interna, formata soprattutto da ex La Margherita. Ovviamente una forza politica così strutturata, raccoglieva un ampio consenso nell elettorato della sinistra, esclusa quella più radicale. Non era però capace di intercettare il voto dell’elettorato moderato e sopratutto della grande categoria dei cosiddetti “indecisi”. Infatti ,fin quando la leadership di Berlusconi nel centrodestra era stabile ,il consenso di una parte dei moderati andava a questa formazione politica. Lo spostamento a sinistra del partito ,inoltre ,si rivide anche nelle posizioni assunte dal PD su varie tematiche , in condivisione con un sindacato notoriamente di sinistra come la Cgil e anche nelle alleanze in vista delle elezioni del 2013, successive alla legislatura che vide prima Berlusconi e poi Monti alla guida del governo. Il Partito Democratico, infatti, si presentò alle elezioni politiche del 2013 alla guida di una coalizione che comprendeva Sel,guidato da Nichi Vendola e il partito socialista .
Tale impostazione non risultò però vincente: fu così che Bersani, candidato premier del centrosinistra, per una manciata di voti non riuscì a vincere le elezioni. Nonostante fosse considerato una persona seria e affidabile ,infatti, Bersani non fu capace di attirare il consenso dei cosiddetti indecisi, non solo per il difetto (rinfacciatogli sempre dalla minoranza del partito )della mancanza di attitudine da leader e di capacità comunicativa , ma anche perché i cosiddetti indecisi trovarono la loro espressione in un nuovo movimento politico: il Movimento Cinque Stelle.
Fondato nel 2009 da Beppe Grillo,tale creatura politica si propose come totalmente alternativa ai partiti politici tradizionali , dunque antisistema e proprio per questo capace di raccogliere il consenso di tutti coloro che nelle ultime tornate elettorali si erano astenuti dal voto ,perché disillusi rispetto alla possibilità che i partiti esistenti potessero ancora proporre qualcosa di utile per il paese e quindi di continuare a rappresentare un punto di riferimento di idee e di valori. Tuttavia il movimento fondato da Grillo ,non raccolse solo il voto degli indecisi ,ma anche di coloro che ,pur avendo votato precedentemente partiti come il PD o il Pdl, erano stati delusi dalle scelte di questi e da varie vicende che li avevano interessati e dunque vedevano nei Cinque Stelle una valida alternativa .
Perciò a perdere consenso fu anche il centrodestra, guidato sempre da Berlusconi, che non riuscì ad ottenere neanche il premio di maggioranza in Parlamento.Tale premio lo ottenne ,invece ,la coalizione di centrosinistra,che però da sola non aveva i numeri per governare. Dunque Bersani fu incaricato dal presidente della Repubblica, con un mandato esplorativo , di cercare un alleato per formare il governo ;ma fallito il tentativo di coinvolgere i Cinque Stelle,fu costretto a riconsegnare il mandato nelle mani del Capo dello Stato. Ciò determinò irreparabilmente la delegittimazione politica di Bersani: da segretario del PD e candidato premier del centrosinistra ,non era riuscito a vincere né a formare una maggioranza con i gruppi parlamentari esterni alla coalizione ,dunque non gli restava che dimettersi da segretario. Si presentò ,a quel punto, l’esigenza di formare un governo di unità nazionale ,che con il sostegno della maggior parte del Parlamento, desse il via ad una serie di riforme strutturali utili alla ripresa economica del paese. Alla guida di questo esecutivo il PD, vantando di aver avuto del premio di maggioranza, ottenne di porre un suo esponente :Enrico Letta.
Nel frattempo all’interno della Partito Democratico si decise più o meno unitariamente di eleggere un segretario pro tempore chi guidasse il partito fino alle nuovo congresso del 2013 ,sostenendo con convinzione l’attività dell’esecutivo. Fu così che venne eletto alla segreteria nazionale l’ex segretario della Cgil ,Guglielmo Epifani. Nel frattempo cominciava a raccogliere sempre più popolarità e consenso il sindaco di Firenze ,membro anch’egli del PD ,che già si era candidato ,perdendo, nel 2013 alle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato premier della coalizione: Matteo Renzi.
Il giovane sindaco fiorentino si propose fin dall’inizio come “Rottamatore” della vecchia classe politica ,di tutto ciò che gravitava intorno ad essa e che l’aveva caratterizzata fino ad allora: l’uso di un linguaggio a volte poco comprensibile da parte dell’elettorato e l’attaccamento a un modello di partito ormai superato . Ma ciò che Renzi rinfacciava maggiormente alla classe politica ,era soprattutto l’immobilismo della maggior parte dei suoi esponenti ,che rimanevano a ricoprire ruoli istituzionali per troppi mandati. Fu proprio questo ,infatti ,uno dei cavalli di battaglia utilizzati da Renzi per screditare anche la classe dirigente del suo partito. Dalla sua, inoltre , egli aveva un’ ottima capacità comunicativa che sfruttava appieno per parlare in modo diretto all’elettorato, sia trasmettendo messaggi chiari contenenti ciò che gli elettori in un certo senso volevano sentirsi dire e sia prospettando un modello d’Italia che avrebbe corso ad una velocità differente da quella a cui si era abituati fino ad allora. Così Renzi, proponendosi come il politico ideale del futuro che sapeva parlare al elettorato e farsi interprete delle sue esigenze, si candidò al congresso del partito democratico tenutosi nel dicembre 2013 stravincendo contro il candidato sostenuto dalla cosiddetta vecchia guardia del partito.
Gli esponenti di questo ultima, infatti ,tra cui D’Alema e membri storici del PD ,essendo consapevoli della forza elettorale di Renzi, preferirono non esporsi in prima persona per sfidarlo e sacrificare invece un parlamentare del PD ,già segretario della Figc ,poco conosciuto peraltro dall’elettorato: Gianni Cuperlo. Così diventato segretario l’8 dicembre 2013 ,Renzi cominciò ad assumere una posizione sempre più critica rispetto all’operato del governo sostenendo che fosse necessaria una svolta. Svolta che, in un primo momento ,in qualità di segretario cominciò ad operare nel partito , continuando tuttavia a rassicurare Letta sul suo sostegno al governo; e che in seguito ,però, invoco’ anche per l’esecutivo sostenendo che ormai quest’ultimo aveva perso il sostegno della maggior parte degli italiani, in quanto non era riuscito a pieno nel suo intento . Fu così che Renzi in una direzione del partito ,leggendo una lettera indirizzata a Letta ,lo ringraziò per il lavoro svolto e gli chiese formalmente di fare un passo indietro dimettendosi da Presidente del Consiglio.
Così divenuto Primo Ministro, da un lato dopo non molto cominciò a porre in essere una serie di riforme orientate a rendere più veloce e flessibile il mondo del lavoro in generale e in particolare i meccanismi per l’assunzione e il licenziamento dei lavoratori da parte dei privati. Dall’altro lato l’attività di governo si orientò verso una riforma del sistema scolastico che aumentasse il potere di valutazione degli insegnanti in mano ai presidi e verso un progetto di riforma costituzionale che desse più potere all’esecutivo e in particolare al Primo Ministro ,orientando l’ordinamento statale italiano verso una svolta presidenzialista. Inoltre tale progetto di riforma costituzionale , ad oggi non ancora approvato dal parlamento ,prevederebbe una trasformazione dal sistema bicamerale perfetto ad un sistema unicamerale nel quale solo il partito che ricevesse alle elezioni il premio di maggioranza potrebbe far eleggere anche parlamentari direttamente dai cittadini: tutti gli altri partiti potrebbero far eleggere soltanto soggetti preventivamente indicati dagli stessi in apposite liste di candidati.
Complessivamente ,dunque ,l’attività riformatrice messa in campo dal governo Renzi ha incontrato fino ad oggi e continua ad incontrare forti resistenze da parte dei parlamentari appartenenti alla minoranza del partito oltre che da quelli dell’opposizione. Proprio per ovviare a questo inconveniente e per riuscire ,pertanto ,a portare avanti senza ostacoli l’attività riformatrice ,il leader del PD ha creato nei mesi scorsi un’alleanza con una parte dell’opposizione, in particolare con il partito di Berlusconi, Forza Italia ,grazie alla quale è riuscito ad approvare una nuova legge elettorale ,la riforma del sistema scolastico e la riforma del lavoro.Ovviamente l’orientamento seguito dal governo nel fare ciò ha trovato fin dall’inizio un appoggio sempre più convinto da parte di Confindustria e una opposizione più o meno costante da parte dei sindacati e in particolare da parte della Cgil.
C’è chi dunque ha giudicato e continua giudicare tale attività come positiva per il paese, in quanto capace di consentire una maggiore crescita economica; d’altra parte c’è anche chi ,però ,giudica l’attività governativa come ispirata da politiche tendenzialmente più di centrodestra e filo liberali e addirittura, a tratti, ispirate anche ad una visione autoritaria e dispotica della gestione dell’apparato statale e del potere in generale. Certo è che tale modus operandi ,attira i consensi di coloro che precedentemente avevano appoggiato partiti di centro destra, anche sostenitori di politiche filo-industriali e inevitabilmente della stessa classe imprenditoriale italiana.
Insomma questo Partito Democratico, che da un leader di ispirazione kennedyana ,ad uno riformista di sinistra dialogante con la Cgil e che ora si ritrova con un leader tendente alle posizioni di Confindustria , è in costante trasformazione . Non si sa questo processo evolutivo a cosa porterà ,ma certo è che per il momento la strada intrapresa non sembra essere quella che potrebbe riportarlo al PD delle origini: il partito di chi crede possibile coniugare ” la libertà intrecciata alla giustizia sociale e all’irrinunciabile tensione all’uguaglianza degli individui, che oggi vuol dire garanzia delle stesse opportunità per ognuno” come disse il suo fondatore.