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Sebbene questi siano i “giorni della merla”, quindi i più freddi dell’anno, oggi voglio farvi viaggiare attraverso storie di pirati, mari e principesse, sperando di riscaldare almeno i vostri animi.

Uno dei luoghi più affascinanti che la natura ci ha regalato è il Monte Conero, un promontorio di 572 metri sul livello del mare, dove circa 30 anni fa venne istituito il rimo Parco Natural delle Marche.

Quello che può sembrare un semplice colle, oltre che ad essere uno spettacolo naturale dal paesaggio incontaminato, è anche una fonte di misteri e leggende, che avvolgono persino l’origine del suo nome. Il monte venne infatti denominato così dopo che il pirata Conero vi sbarcò, guidato dal delfino che aveva liberato dopo aver fatto infuriare gli dei che cercarono di ostacolarlo con una tremenda tempesta.

I pirati erano soliti approdare su questo monte in ricerca di un riparo duranti i loro viaggi. Una nave in particolare, dopo i numerosi saccheggi alle navi venete, era solita fermarsi nelle grotte del monte. I pirati di questa nave, una ciurma di saraceni, sbarcò in una grande grotta che neppure le lanterne riuscivano a illuminare totalmente. I giorni erano scanditi dalle sfumature del colore del mar Adriatico che bagna la costa del monte.

Questa volta, i pirati, dopo aver riposto i tesori trafugati, si occuparono della bellissima principessa che avevano rapito. La ragazza, non appena scese dalla nave, non riuscì a trattenere le lacrime, intimorita dai volti che la circondavano. Allora il capitano cercò di tranquillizzarla: “Nessuno ti farà del male. Quando tuo padre avrà pagato il riscatto ti lasceremo libera. Altrimenti sarai mia schiava”. Alcuni componenti della ciurma vennero mandati il mattino seguente a Venezia per trattare con il Principe e richiedere il riscatto. I giorni passarono, e la principessa non faceva altro che bagnare le rocce con le sue lacrime ogni sera, quando, al calar del sole, le sue speranze di ritornare a casa si facevano sempre più vane.

Tutti i pirati la rispettavano e la trattavano con riguardo, portandole spesso doni dalle navi saccheggiate. Rubarono i bottini di altre cento navi, ma dei Saraceni inviati a Venezia non vi era nemmeno l’ombra; così il capitano andò dalla fanciulla per dirle che il giorno successivo sarebbe dunque diventata sua schiava. Ella, arresasi al suo destino, rispose: “Sì, lo so, e so che hai aspettato molto e che sei stato sempre buono con me”. Il capitano rimase colpito da tanta dolcezza e gentilezza che mai gli era stata rivolta e decise di pensare a fondo sul da farsi prima che il sole fosse sorto.

Quando, il mattino successivo, egli andò dalla principessa con buone intenzioni dovute alle parole che tanto avevano fatto breccia nel suo cuore, non vi trovò nessuno. Lo scoglio dove era seduta la principessa aveva fatto posto ad una sorgente di acqua pura e limpida che si versava nelle acque del mare.

La principessa si era dissolta nelle sue lacrime, che aveva versato non solo durante la notte, come suo solito, ma durante tutto il giorno, mossa da un dolore tanto forte che la sciolse.

La grotta è raggiungibile solo via mare, dopo che nel ‘900 l’ingresso crollò a causa dell’erosione, ed è nota come la “Grotta degli Schiavi”, dati i numerosi prigionieri che ospitò durante i secoli.

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