Il 26 aprile del 1478, venne ordita la “Congiura dei Pazzi”. La Firenze del quattrocento, signoria affermata nel centro della penisola, era retta da quasi un secolo dalla famiglia Medici: Cosimo il Vecchio e Piero il gottoso erano preceduti a Lorenzo il Magnifico.
Nonostante la città fosse disciplinata fa una efficiente Costituzione, che prevedeva una sorta di democraticità del potere (il governo era composto da 9 membri che venivano scelti a sorte ogni 2 mesi, a garanzia di rappresentatività di tutte le famiglie fiorentine), i Medici provarono, durante il loro potere, a scegliere sempre come membri del governo dei loro alleati.
Gli anni passati, infatti, Cosimo de Medici aveva speso tutti i soldi della città per assicurarsi l’amicizia delle più importanti famiglie fiorentine; quando venne scoperto fu esiliato dalla città.
Fortunatamente per lui, una famiglia alleata tornò al potere e lui poté rientrare in città, adoperandosi per non far eleggere i suoi nemici ed escludendo di proposito la famiglia dei Pazzi, importanti banchieri in città. Quando Lorenzo salì al potere, la situazione non era migliorata: Papa Sisto IV chiese un prestito per intraprendere un campagna militare nella terra di Imola e Lorenzo lo negò, poiché quella provincia rientrava nelle sue mire espansionistiche, consigliando a tutte le famiglie fiorentine di fare lo stesso. Al contrario, i Pazzi lo concessero, facendosi amico lo stato pontificio, ma divenendo nemici della famiglia de Medici.

Fu probabilmente nel 1477 che la congiura venne progettata, grazie a Jacopo e Francesco de’ Pazzi, ai quali si aggiunse Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, avversario dichiarato dei Medici i quali avevano tramato per non dargli la cattedra fiorentina, favorendo invece un loro congiunto, Rinaldo Orsini. Una volta eliminati i Medici, il comando di Firenze sarebbe passato nelle mani di Girolamo Riario.

Il Papa raccomandò di evitare spargimenti di sangue: si trattava ovviamente di un suggerimento formale, di cui i congiurati non tennero conto: i due Medici, infatti, sarebbero dovuti essere eliminati fisicamente. Il responsabile diretto o indiretto dell’omicidio sarebbe dovuto essere GiovanBattista Montesecco, che non era un sicario e si rifiutò di compiere un atto talmente efferato, a maggior ragione in una chiesa durante una funzione religiosa. Per tale motivo venne sostituito.
Forti dell’aiuto di Roma e anche di Napoli, i congiurati decisero di elaborare un piano per sovvertire il governo e cambiare la famiglia al potere in città. Con la benedizione del Papa, fu scelta la messa del 26 aprile come data dell’attacco.
Originariamente il piano era quello di avvelenare Lorenzo e Giuliano de’ Medici durante un banchetto a Villa Medici il giorno precedente a quello programmato, per festeggiare l’avvenuta elezione del cardinale Raffaele Riario, nipote dello stesso Sisto IV. Non è noto se lo zio Sisto IV avesse informato o meno del piano dei congiurati il nipote.
Dell’avvelenamento, invece, dovevano occuparsene Jacopo de’ Pazzi e Girolamo Riario, che avrebbero dovuto versare il veleno in una delle libagioni destinate ai due fratelli. L’occasione del banchetto, sarebbe dovuto essere un diversivo per deviare i sospetti dagli esecutori materiali della congiura. Quel giorno, però, imprevisto portò i congiurati a rimandare l’impresa al giorno successivo, durante la messa in Santa Maria del Fiore.
Lorenzo venne solamente ferito, Giuliano De Medici e Francesco Nori morirono per difendere Lorenzo e la congiura fallì: i congiurati vennero appesi ai finestroni del palazzo del governo. Venne ordinata la “damnatio memoriae” della famiglia Pazzi, che sarà consegnata, in negativo, alla storia della città, in una delle sue pagine più terribili.