La Festa del Cinema di Roma giunge quest’anno alla sua dodicesima edizione e si conferma come un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati del grande schermo, data la ricchissima kermesse di prime visioni e incontri ravvicinati con i personaggi più in vista del mondo dello spettacolo. L’evento, iniziato il 26 ottobre, proseguirà all’Auditorium Parco della Musica fino al 5 novembre e oltre alle attesissime premiere di film come “I, Tonya” e “Cuernavaca”, vede in ogni giornata la partecipazione di star del cinema, attori e produttori di fama internazionale. Tra i tanti spiccano il due volte premio Oscar Christoph Waltz, la leggenda del basket americano Phil Jackson e David Lynch, uno dei cineasti più visionari in assoluto.
Domenica 29 ottobre invece, sul palco della trepidante Sala Sinopoli, è salito uno dei volti più amati del panorama hollywoodiano attuale, l’attore americano Jake Gyllenhall, protagonista di alcune tra le pellicole più acclamate, da pubblico e critica, degli ultimi anni, come “Animali Notturni” (2016) e “Lo sciacallo” (2014).L’attore è arrivato a Roma per presentare il suo ultimo lavoro cinematografico,”Stronger”,che racconta la vera storia di Jeff Baumer, il giovane operaio rimasto vittima dell’attentato alla maratona di Boston nel 2013. La bomba esplosa gli causò infatti la perdita delle gambe e il film intende raccontare il lungo e difficoltoso percorso di guarigione, fisico e mentale, che ha dovuto affrontare per riuscire a camminare e, soprattutto, per recuperare i legami con la sua famiglia. L’attore ha affermato che l’incontro con Jeff è stato fondamentale per “raccontare la storia nel modo più onesto possibile” e ama pensare al messaggio del film come ” un modo di comunicare positività e che ci ricorda che possiamo superare ogni sfida che ci si pone davanti”. Per la magistrale interpretazione di Gyllenhall non sono in pochi a ipotizzare una possibile nomination agli Oscar e forse addirittura una vittoria, casella ancora mancante nella finora sfavillante carriera dell’attore.
Durante l’incontro con il pubblico della Festa, Gyllenhall ha ripercorso i momenti più significativi e segnanti della sua carriera, commentando alcuni spezzoni delle sue pellicole più famose propostegli dall’intervistatore. Si è iniziato prevedibilmente da un vero e proprio cult, quale “Donnie Darko”, la cosiddetta “bibbia per gli adolescenti ribelli” e scelto dall’attore per essergli parso un ruolo che “andava oltre la superficie delle cose” e che era in grado di cogliere un più profondo senso di disagio e solitudine comune alla gioventù dei nostri tempi. In seguito si è passati al commento di uno dei capolavori del regista Ang Lee (definito dall’attore come “un cuore con un paio di gambe”),”Brokeback Mountain”, ricordato dall’attore con particolare affetto e commozione per essere stato tra i primi a correre il “rischio” (così percepito da molti nell’ambiente hollywoodiano del tempo) di raccontare una storia d’amore tra persone dello stesso sesso. Gyllenhall afferma senza esitazione, e tra gli applausi del pubblico, di averne letto il  copione senza pregiudizi, ma di averlo visto sempre e solo come “una storia d’amore che è giusto raccontare”, perchè è arrivata l’ora che “è giusto che accettiamo ciò che il nostro cuore sa essere giusto”. Infine l’attore si è divertito a raccontare qualche aneddoto sul suo modo di lavorare e sulla sua predilezione per l’improvvisazione, non essendo a suo dire “in grado di ripetere una battuta due volte allo stesso modo”. A differenza di altri infatti Gyllenhall considera il copione come un semplice “punto di partenza” e che le parole chiave per l’interpretazione di qualsiasi ruolo siano “preparazione e disciplina”, rivendicando una certa esigenza di “libertà” per entrare  al meglio nella parte.
Alla fine dell’intervista è stata poi mostrata  in Sala una clip di un film scelto appositamente da Gyllenhall per l’occasione e,  con stupore del pubblico, si trattava di una scena tratta dal film “La Strada” (1954) di Federico Fellini. Alla domanda del perchè della scelta l’attore ha rivelato che se non fosse stato per quel film lui probabilmente non si troverebbe dov’è adesso, essendo stato determinante nel destare in lui curiosità e ammirazione verso il mondo del cinema.