
Nella sua penna trovano rifugio gli eretici e gli spiriti liberi che tentano di sfuggire ai roghi allestiti dai moderni. In lui convivono l’esilio a San Casciano, i paesaggi fiabeschi della “pallida madre”, il bosco di Junger, la teatralità siciliana, i grandi spazi del secolo breve, i corvi bianchi che non mancano in nessuna lista nera, l’oro del Reno e le Valchirie di Wagner, i valzer del vecchio mondo e il sigillo dei profeti.
Il vero merito di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, è il rifiuto categorico di sottostare ai capricci del pubblico in platea. La dittatura dell’opinione pubblica non gli impedisce di raccontare ciò che il “buonsenso” proibisce di narrare, di mettere nero su bianco ciò che la “vile prudenza” vieta di scrivere.
Insomma Buttafuoco, cognome evocativo, forgiato dalla fantasia medievale e accolto dal sole del mezzogiorno, rientra nell’esercito del politicamente scorretto. Con lui ho discusso di tutto e il tutto è stato tirato in ballo: storie sbagliate, umanesimo europeo, scacchiere geopolitico , tramonto dell’Occidente e avanzata dell’Est.
Tu sei l’autore de “I cinque funerali della Signora Goering” e de “Le Uova del Drago”. I tuoi romanzi sono dei veri e propri “casi letterali”. Nel narrare le vite degli angeli del male, penso a Hermann Goering e alla spia Eughenia Lenbach, cosa pensi di ottenere?
Un’assoluzione a vantaggio dei protagonisti o un riscatto per i vinti?

“E’ un’altra narrazione, ma solo perché ci troviamo in un contesto, tipicamente italiano, che ha una sua singolarità: quella di aver confinato in un angolo angusto una prospettiva che deve essere necessariamente storica e allo stesso contestualizzata. Alludo a una prospettiva contemporanea, che ti accompagna.
L’Italia a differenza di altre realtà, che tutelano l’eredità della propria storia, tende a rimarcare la superiorità dei posteri rispetto al passato. Una superiorità etica, persino estetica, destinata a sconfinare in esiti imbarazzanti. In Italia i pensatori, gli intellettuali, persino gli artisti che dovrebbero praticare l’eresia, la disobbedienza, la sovversione, sono dei gendarmi totalmente concentrati nel bacchettare qualunque cosa fuoriesca dal recinto dell’ideologicamente corretto.
Allora, io per quel che mi riguarda, ti dico che ho semplicemente avuto a che fare con i demoni, per evitare che l’eccessivo esorcismo portasse al risultato di potenziarli e farli diventare ancora più letali rispetto alla loro dimensione. Ho raccontato le cose che erano state cancellate, quelle storie che prima o poi tornano, perché il fumo trova sempre uno spiraglio da cui uscire.
L’anno scorso ero al teatro greco di Siracusa, ho assistito a una rappresentazione magnifica, potentissima, in cui non tutti hanno avvertito il vero segnale, erano le “Troiane” di Euripide. Il racconto di Euripide, il greco, accende i riflettori sul destino degli sconfitti. E la scenografia mi ha evocato l’immagine di Dresda in fiamme, bombardata. Si, le mura di Ilio erano le mura di Dresda.

Euripide da greco si può consentire la pietas, l’ethos nel narrare i vinti, a celebrarli, a mettere sul piatto anche la spietata determinazione dei vincitori sugli sconfitti. Mentre nel contesto di oggi non è possibile! Sarebbe come immaginare Ernest Hemingway a Dresda, intento a rendere onore alle donne di quella città che trascinano i corpi dei loro uomini maciullati e devastati dalla guerra. Impossibile! Impossibile! Ed io credo che quello sia il perimetro in cui cominciare a lavorare. Ci sono altre realtà ,che noi reputiamo terrificanti, dove il rapporto con la propria identità e con la propria storia non è posto in questi termini.
Tant’è vero che la Russia, culla e patria della rivoluzione bolscevica, che dopo la rivoluzione francese rappresenta il secondo capitolo di un preciso percorso del pensiero occidentale, non ha mai cancellato da se stessa il sentiero che dalla fondazione dei russi fino ad oggi, trascina sentimenti, romanzi, film e progetti del futuro che contengono tutto: da Cirillo e Metodio che diffondono il loro alfabeto; tengono dentro gli zar, Stalin, il loro rapporto col mondo e il disegno del mondo, secondo l’unico vero principio che stabilisce le relazioni tra le entità sovrane statuali e le comunità: la volontà di potenza.”
Carl Schmitt, il giurista e l’avventuriero intellettuale di Plettenberg, amava definirsi “un europeo, non un occidentale”. Qual è il compito dell’europeo moderno?
“Il compito dell’europeo moderno è lo stesso compito dell’europeo in epoca medievale e successivamente in epoca rinascimentale. I tedeschi hanno una formula ben precisa: la marcia verso est. Ovvero, il ricondursi alla matrice comune di storie, di sensibilità, di ricerche, che si cristallizza nell’animo di tre amici: Hölderlin, Schelling ed Hegel, quando si affacciano dalla torre sul fiume Neckar e lì avvertono la destinazione che lo stesso fiume da loro verso oriente.
Noi sappiamo che c’è una grande tradizione, oltre che scientifica, politica, geografica, letteraria, che accomuna questo unico continente: il continente euroasiatico. Prendiamo come esempio la Cina, creazione e creatura di un mongolo. Quello che noi vediamo oggi è il risultato di un’operazione che venne imposta e stabilita da un nomade, Gengis Khan, che radunò varie espressioni geografiche per la costruzione dell’attuale impero.
La cosa che ci meraviglia è sempre la loro reazione rispetto a ciò che rappresentiamo. Ti riporto un fatto che mi ha divertito tantissimo. Ho avuto il piacere di incontrare una docente cinese che lavora in Italia, il suo stupore dipendeva dal fatto che ci fossero delle basi americane in territorio italiano. Insomma, l’europeo deve ricondursi a un rapporto diretto con l’oriente, che contiene tutte le storie, che noi conosciamo, ma che non sappiamo svegliare.
E vogliamo parlare dell’India? Cos’ha in comune con noi una civiltà che da miliardi di anni prega molteplici dei e contemporaneamente ha a disposizione l’arma nucleare? Una radice, una storia, che è quella di numerosi dei che attraversano l’idea universale di Roma, di Atene, di Europa, la splendida ragazza che viene rapita da Zeus in quell’orizzonte che i sovranisti difficilmente riuscirebbero a individuare, ma sempre Anatolia è, sempre medio-oriente è!
Un europeo, dunque, deve avere chiara questa prospettiva, altrimenti finisce tutto. Non possiamo frammentarci in singole realtà, il nostro destino è un destino continentale, è stato sempre tracciato da un’idea molto più alta, molto più grande; lo abbiamo riscontrato attraverso gli imperi, attraverso le grandi pagine della filosofia, della letteratura; sappiamo perfettamente, cara Giulia, che in qualche angolo del cosmo in questo momento stanno sedendo insieme Dante Alighieri e Confucio.
Quando ti avventuri in una tavola di Hugo Pratt, a un certo punto sbuca il barone sanguinario, quanto di più azzurro nello sguardo, quanto di più nordico, forgiato com’è nell’accademia militare del baltico, lancia nella più esaltanti delle battaglie l’orda asiatica, e diventa lui l’espressione compiuta di una profonda radice plurale, perché i vantaggi che noi abbiamo rispetto un mondo che attende ancora la parola… è la pluralità.”

“E questa pluralità di spiriti e di esperienze storiche può convergere in un’unica e grande identità?
“Certo, che cos’è che ci differenzia? Quando Schmitt afferma: “Sono europeo, non sono occidentale”, sta dicendo: “io credo nell’imperium, che contiene tutte le storie, non nel dominium che azzera le esperienze storiche.”
“Spostiamoci oltreoceano. Concluso lo scontro tra Donald Trump e Joe Biden, quali saranno le ripercussioni sull’attuale assetto geopolitico e gli effetti relativi al rapporto tra Usa/Repubblica Popolare Cinese?
“Premetto: siamo costretti a tifare per Trump. Temo di più il deep state del Partito Democratico americano. Questi ultimi sono quelli che spostano la democrazia con le bombe. Tuttavia, non ho sufficiente competenza per avventurarmi nelle ipotesi. Ritornando al rapporto/scontro tra Usa e impero celeste, la cosa che mi fa impressione è questa: metti a confronto Xi Jinping e Donald Trump.
Tu capisci che Trump è una cosa nuova, inaudita, eccentrica, il biondo che fa impazzire il mondo, una figura stravagante tra le icone pop della politica americana. Guarda Xi e prova a immaginarlo cinquanta, settanta, cento, cinquecento, mille, duemila anni fa…sarebbe proprio com’è ora!
La Cina è una realtà statuale potente, che ha avuto la capacità di raggiungere il lato nascosto della luna, che mantiene immutato il proprio profilo politico e culturale. E’ come se quel popolo , per ritornare al nocciolo del discorso, avesse ancora la consapevolezza delle cose passate. Cosa accadrà dopo queste elezioni americane? Persisterà la solita e imbarazzante formula del “domani sarà migliore di oggi e soprattutto di ieri”, una fame di progresso e di futuro che ci condurrà a perdere la bussola del presente e la rotta.”