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Gli italiani sono da sempre stati un popolo dalle grandi sorprese. Pieni di risorse, hanno dimostrato il loro valore in praticamente tutti i campi in cui si sono trovati ad agire. Gli esempi sono sconfinati e si ritrovano nei secoli della nostra storia: Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Enrico Fermi e molti altri ancora.

Di uno spessore diverso, ma comunque sempre importanti per il nostro popolo, sono state le imprese sportive, oltre a quelle storiche.

Sono tanti gli sport in cui le selezioni italiane hanno brillato (basti pensare agli ori olimpici di scherma, nuoto…) ma in particolare quello che ha sempre avuto più eco è stato senz’altro il calcio: certe competizioni sono riuscite a mettere d’accordo persone che pensano in modo diverso e soprattutto hanno messo dalla stessa parte (cosa estremamente rara) gli italiani, anche se solo per pochi giorni.

Winston Churchill una volta disse che “gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Ecco allora che giocatori come Paolo Rossi, Francesco Totti e tanti altri agli occhi dei tifosi possono diventare dei veri e propri eroi.

Purtroppo però non sempre la storia è sempre rosea. Come molto spesso accade, anche la nostra nazionale ha attraversato un periodo di declino o per meglio dire di transizione, in cui c’è stato un susseguirsi di delusioni, con pochi e sporadici sprazzi positivi. Il punto più basso è stato decisamente toccato con la mancata qualificazione alla coppa del mondo del 2018 (impossibile dimenticare la disastrosa era Ventura).

La retorica sportiva era da anni incentrata su frasi come “continuiamo a vantarci di un trofeo vinto anni fa”, e ancora “nel frattempo le altre nazionali vincono”, tesa a sminuire la situazione sportiva italiana forse più del necessario.

C’è bisogno di rinnovamento e lo capiscono tutti: lo storico portiere della nazionale Buffon si ritira per lasciare spazio ai più giovani e il commissario tecnico viene sostituito da Roberto Mancini, ex gloria blucerchiata e già allenatore tra le altre di Inter e Manchester City.

È proprio da qui che parte il riscatto della nazionale italiana: inizia con questo processo di rinnovamento. Più spazio ai giovani e al contempo il mantenimento in squadra dei senatori, in modo tale da avere un giusto equilibrio tra forze fresche ed esperienza. Come tutti i processi di rinnovamento però anche questo ha delle tempistiche non immediate: non si possono raccogliere subito i frutti di questo lavoro ma fin dal primo momento si può intravedere una squadra che, seppur acerba, ha tutti i requisiti per fare bene in futuro. Dopo un percorso lineare e convincente nelle qualificazioni, arriva finalmente il giorno di inizio della rassegna europea.

Nella fase a gironi assistiamo a una vera e propria forza della natura, con l’Italia che finisce in testa al gruppo a reti inviolate e con il massimo del punteggio: bisogna tornare indietro di qualche anno per ritrovare un Italia che fosse così sicura sul campo da gioco.

Agli ottavi di finale cominciano le prime vere fatiche per la nazionale la quale comunque non si arrende e dopo due partite intense (contro Austria e il Belgio dei campioni) raggiunge la semifinale.

Davanti agli azzurri si pongono i tre volte campioni d’Europa della Spagna di Luis Enrique (comunque orfana di giocatori fondamentali quali il difensore Sergio Ramos). In questa partita assistiamo alla prima vera sofferenza dalla nazionale, con gli spagnoli che attaccano e palleggiano per centoventi minuti. Al vantaggio azzurro di Chiesa risponde il pareggio dello juventino Morata e, dopo i supplementari a reti inviolate, si arriva alla famigerata lotteria dei rigori. L’ultima volta che le due squadre avevano raggiunto i rigori in una competizione era l’europeo del 2008 che aveva visto vittoriosa la Spagna di Casillas. Questa volta però sono gli azzurri a segnare il rigore decisivo e a passare il turno, raggiungendo la finale.

L’arrivo all’ultima partita del torneo rievoca i fantasmi del passato: l’Italia ha vinto l’ultima volta l’europeo più di cinquant’anni prima (era il 1968) e per ben due volte (nel 2000 e nel 2012) ha raggiunto la finale, dovendosi però arrendere alla compagine avversaria (rispettivamente Francia e Spagna). Ma questa volta si respira un’aria diversa rispetto all’ultima finale disputata, tutta la nazione è fiduciosa e crede che si possa veramente portare il trofeo a Roma.

All’ultimo atto gli azzurri si trovano di fronte la nazionale inglese. I “Tre Leoni” hanno raggiunto l’ultima partita del torneo in modo convincente (anche se non con poche sofferenze nella semifinale contro la Danimarca) e sono oltremodo accesi per questo incontro: si tratta infatti della prima finale europea per la squadra inglese e la seconda in assoluto a 55 anni dalla prima (il vittorioso mondiale del 1966 giocato in casa).

Per l’intera durata del torneo tifosi e commentatori inglesi hanno già proclamato vincenti i propri giocatori con la frase poi divenuta famosa “it’s coming home” in riferimento ovviamente alla coppa spettante alla squadra vincitrice. Come dimenticare poi le uscite a effetto di alcuni commentatori (in particolare l’ex attaccante inglese Gary Lineker) volte a sminuire con sarcasmo l’operato l’italiano.

In questo clima acceso e spettacolare la nazionale italiana si presenta a Wembley, nel tentativo di espugnare la roccaforte inglese e vincere la coppa. La sera dell’11 luglio, di fronte a più di 53000 tifosi inglesi e solo 7000 italiani, va in scena l’atto finale del torneo che si protrae ormai da un mese.

L’apertura delle marcature solamente al secondo minuto è firmata Inghilterra: cala per un attimo il silenzio tra i tifosi italiani, che tutto si aspettavano tranne di andare in svantaggio dopo così poco tempo. Ma è in questi momenti di difficoltà che viene fuori la forza dello spirito di squadra, che l’Italia ha già dimostrato tante volte di avere. Dopo una partita intera all’insegna dell’attacco e del possesso palla, gli azzurri trovano il tanto agognato pareggio, nato dai piedi di un difensore, Leonardo Bonucci. Nonostante i numerosi tentativi però il risultato della partita rimane invariato, complice anche l’ottimo lavoro del portiere inglese Pickford. Si arriva dunque, per la seconda partita consecutiva, ai rigori. Nonostante il primo errore dal dischetto sia di un italiano, l’attaccante Andrea Belotti, l’Italia riesce a vincere l’incontro, grazie anche alle parate di uno dei suoi uomini migliori, Gianluigi Donnarumma.

La nazionale riesce quindi a superare tutte le difficoltà incontrate e ad essere più forte tutte le critiche ricevute, giungendo ad alzare –meritatamente- la coppa, attraverso le mani del capitano e baluardo della difesa Giorgio Chiellini.

L’aspetto più affascinante di questa avventura è senz’altro il riscatto dopo le delusioni degli anni precedenti e dopo i commenti negativi ricevuti. Riscatto che dimostra, ancora una volta, come in qualsiasi ambito un gruppo affiatato e ben coordinato possa fare la differenza nelle situazioni di difficoltà.

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