Il mese di ottobre, tanto amato (o odiato) per la sua festività importata dall’America, sarà dedicato ad una leggenda sulla regione Basilicata. Nonostante il trambusto di settembre, che non mi ha permesso di essere presente al nostro solito appuntamento mensile, sono qui per parlarvi della leggenda di uno spirito molto particolare.
Spiriti e mostri saranno i protagonisti della notte di Halloween, specialmente i più spaventosi. A differenza di questi però, la figura del “monachicchio” si contraddistingue per la bontà e l’allegria. Uno spirito tutt’altro che terrificante o orrendo, con sembianze umane ben definite. Il “monachicchio” è infatti lo spirito di un bambino, morto poco prima del suo battesimo. Nonostante questa macabra circostanza, lo spirito del bambino è completamente innocuo e si presenta tra le vie del paese durante il giorno.
Il suo intento non è di spaventare o di mandare malefici, bensì di poter godere dei piaceri dell’infanzia che gli sono stati strappati via. Camminando fra le strade della città con il berretto rosso che lo identifica, cerca altri gruppi di bambini per poter giocare e divertirsi con loro.
Ama correre, nascondersi e ridere con loro in modo spensierato, senza cattive intenzioni. Questo spirito infatti, dopo aver fatto amicizia con i bambini, propone loro un gioco che prevede di rincorrersi a vicenda finchè uno di loro non riesca a strappargli il suo cappello rosso dalla testa. Il fortunato potrà raccogliere la montagna di monete che cadrà dal suo cappello.
Il “monachicchio” assume diversi nomi nelle varie città della Basilicata ma in tutte si presenta, contrariamente alla maggior parte delle previsioni, come uno spirito benevolo che agisce durante il giorno per divertirsi. Nonostante ciò, come ogni bambino, anche lui è solito fare dei dispetti. Diversi contadini e pastori hanno infatti riportato di averlo trovato a dormire sotto al ventre dei loro animali, soprattutto cavalli e asini, dopo aver annodato o intrecciato la loro criniera.
Questa leggenda è molto sentita nella regione e ne troviamo una testimonianza anche nelle parole di Carlo Levi, che nel suo libro “Cristo si è fermato a Eboli” li descrive così:
“…esseri piccolissimi, allegri, aerei, corrono qua e là, e il loro maggiore piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetti. Fanno il solletico sotto i piedi…danno pizzicotti … e fischiano come zanzare. Ma sono innocenti: i loro malanni non sono mai seri, hanno sempre l’aspetto di un gioco… il solo modo di difendersi dai loro scherzi è appunto di cercargli di afferrarli per il cappuccio… appena riavrà il suo prezioso copricapo, fuggirà con un gran balzo, facendo sberleffi e salti di gioia…”