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In Texas è stata approvata una legge che vieta l’aborto dopo le sei settimane di gravidanza.  

La legge

Nonostante il Coronavirus prosegua implacabile con i suoi contagi, il mondo continua. In certi casi, però, anziché andare avanti, si torna indietro.

Negli Stati Uniti, in estate, è stata approvata la legge S.B.No.8, (il testo legge: https://capitol.texas.gov/tlodocs/87R/billtext/pdf/SB00008F.pdf#navpanes=0)

firmata dal governatore repubblicano Greg Abbott, detta anche “hearthbeat ban”. Il nome, cioè “divieto del battito cardiaco” si riferisce alla presunta attività cardiaca dell’embrione entro la sesta settimana di gravidanza, ora limite massimo per l’aborto in Texas.

Primato texano

Per capire meglio di che si tratta, è necessario menzionare che questa non è la prima legge che cerca di limitare o vietare gli aborti negli Stati Uniti. Era già successo in passato, ma quelle leggi erano state bloccate in 12 stati. Il Texas, invece, storicamente conservatore, è riuscito a stabilire un macabro primato nella limitazione delle libertà delle proprie cittadine.

Lo stato è il primo a riuscire a superare il blocco della Corte Suprema ottenendo 5 voti favorevoli e 4 contrari. Questo mancato stop è figlio di una Corte suprema modellata durante il mandato del presidente Trump e i cui componenti sono in prevalenza conservatori, con una maggioranza di 6 contro 3. La legge antiabortista è figlia di questa formazione e, come specifica la giudice della Corte Suprema S. Sotomayor nella sua dichiarazione, (https://www.supremecourt.gov/opinions/20pdf/21a24_8759.pdf). La legge proibirà l’interruzione di gravidanza ad almeno l’85% dei pazienti e di conseguenza molte delle cliniche che al giorno d’oggi garantiscono aborti chiuderanno. “È chiaramente incostituzionale secondo precedenti esistenti”, specifica la giudice nel suo intervento alla Corte Suprema.

Cosa si intende per “battito cardiaco”

La legge utilizza il termine un “battito cardiaco fetale” e lo definisce come “un’attività cardiaca o una contrazione stabile e ripetitiva del cuore fetale nel sacco gestazionale”. Ciò implica che vi sia un’attività cardiaca in un periodo – le sei settimane limite per ricorrere alla procedura – in cui il cuore del feto non è ancora formato.

Cosa succede in caso di stupro e incesto

Un tempo così limitato rende difficile poter ricorrere alla procedura abortiva perché va considerato anche che in molte non sono a conoscenza della gravidanza entro quel periodo, oppure l’hanno appena scoperta, ma non riescono a prendere un appuntamento per abortire entro gli stretti limiti. Inoltre, la legge non prevede eccezioni per gravidanze risultanti da stupro o incesto. Non sono escluse nemmeno le “gravidanze non praticabili” (con tracce di battito) che sono quelle nelle quali il bambino non ha possibilità di sopravvivenza e nemmeno i feti con patologie intrattabili. L’unica eccezione prevista è per le “emergenze mediche”, termine non definito chiaramente dalla legge. Sono i dottori che avranno la possibilità di decidere se la propria paziente rientri in quest’ultima categoria, tenendo a mente l’eventualità poter essere denunciati.

Rischio denuncia

Infatti, ad aggiungersi a un quadro che appare già atroce, c’è anche la possibilità che coloro che aiutino le donne desiderose di abortire vengano denunciati da qualunque privato cittadino. Il testo della legge specifica che sia denunciabile chi “consapevolmente venga coinvolto in una condotta che aiuti o favorisca lo svolgimento o l’induzione di un aborto, incluso pagare o rimborsare il costo dell’aborto” [Section 171.208 (Page 6)].

E non finisce qui.

Non solo chi aiuta le donne corre il rischio di finire sotto processo, ma chi sporge la denuncia potrà ottenere 10.000 dollari per ogni aborto e il rimborso delle spese legali del processo, mentre chi si difende dalle accuse dovrà pagare le spese legali autonomamente, anche nel caso risulti innocente.

È ovvio che questo sistema comporterà un isolamento spaventoso per le donne che decideranno di abortire, poiché chiunque le aiuti rischia di essere denunciato e dover pagare per la propria compiacenza.

Nel caso la donna sia vittima di abusi, il suo stupratore sarà esente dal poterla denunciare e quindi guadagnare dalla sua violenza. Certo è che, considerato che spesso gli abusi non vengano denunciati o ottengano condanne, questa specifica risulta quanto mai marginale. Persino la madre di una minore che aiuti la figlia ad abortire potrebbe essere denunciata.

Aziende contro la legge

C’è chi, tra i privati, ha deciso di schierarsi contro la legge apertamente. È emblematico l’esempio di Lyft, impresa di trasporti, che ha deciso di garantire la copertura delle spese legali dei suoi autisti nel caso accompagnino donne ad abortire. Uber si è subito accodato e la CEO ha ringraziato per il push su un tweet.

Allo stesso modo altre due aziende hanno deciso di sostenere la causa apertamente. Bumble, una compagnia fondata e diretta da donne, ha annunciato in un tweet di essere contraria alla legge, così come Match, proprietaria di varie app di dating (Hinge, Tinder e OKCupid).

La reazione dello stato

Il Dipartimento di Giustizia ha citato in giudizio il Texas, considerando la legge incostituzionale perché non permette alle donne texane di usufruire di un diritto costituzionalmente protetto. Per l’amministrazione Biden è la seconda volta che il Dipartimento di Giustizia cita in giudizio uno stato. Il presidente sottolinea come la legge sia incostituzionale e ricorda il precedente Roe v. Wade del 1973, utilizzata odiernamente come cardine per le sentenze sull’aborto. Il 2021 è stato l’anno in cui la norma del ’73 ha ottenuto il maggior numero di restrizioni.

Anche Hilary Clinton si è espressa a riguardo e ha parlato della Corte Suprema che “scegliendo di non fare nulla, ha consentito che un bando incostituzionale sull’aborto entrasse in vigore”.

Ritorno al passato

Per quanto si possa essere indignati per una legge che filtra tra le maglie della legislazione statunitense, l’hearthbeat law è figlia dei nostri tempi.

Dopo l’elezione di Trump e la sua nomina di tre giudici della Corte Suprema, c’è stato uno sbilanciamento a favore delle forze conservatrici negli Stati Uniti che è stato la spinta finale per rompere la barriera della Corte Suprema, da parte di stati che già da anni cercano di far approvare leggi simili.  

Non bisogna illudersi, però.

L’aborto dopo le sei settimane, pur essendo vietato, continuerà comunque ad avvenire, solo che le donne saranno costrette a spostarsi stati limitrofi.

Come al solito, a farne le spese saranno le categorie più svantaggiate che dovranno arrangiarsi ove possibile e ricorrere a tecniche abortive di fortuna e personale medico non qualificato, rischiando la vita per esercitare il diritto ad essere padrone del proprio corpo.

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