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Questo Natale, è stato il cinema a farci i primi regali. Tanti film interessanti e, a modo loro, emozionanti.

Si ride e si riflette con “Don’t look up” di Adam McKay, graffiante satira sulla comunicazione (o meglio, sull’ incomunicabilità) ai tempi dei social media, che non risparmia riferimenti al negazionismo in tema covid. Purtroppo, verso l’epilogo cade eccessivamente nel farsesco e si concede qualche lungaggine.

Difficile non emozionarsi, invece, davanti al crepuscolare “Cry macho”, ultima fatica di quel pimpante novantunenne che è Clint Eastwood. Un’opera malinconica, quasi lirica, in cui Clint mette in discussione tutto ciò che lui stesso ha rappresentato per una vita intera, quel machismo che, alla fine dei conti, appare sopravvalutato. Insegnandoci che quando sei giovane credi di avere tutte le risposte, “ma invecchiando, capisci che non ne hai nessuna”.

È appena uscito nelle sale “Diabolik”, dei Manetti Bros. Versione fedelissima ai fumetti, dalla caratterizzazione dei personaggi alle sfumature cromatiche (i colori spenti richiamano lo storico bianco e nero delle pagine). La regia strizza l’occhio a Hitchcock, sia nei virtuosi piani sequenza che nei rapidi spostamenti di macchina, che evidenziano ogni dettaglio ed aumentano la suspense. La recitazione invece appare sottotono (si salvano giusto Marinelli e Mastrandrea, gli altri no).

Appassionante “House of Gucci”, di Ridley Scott (che invece ha deluso con “The last duel”), che racconta la storia intensa e travagliata fra Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani. La vicenda è romanzata, ma il film si distingue per un’ottima recitazione (Lady Gaga shakespeariana, convincenti anche Jared Leto e Al Pacino) e per una rete di intrighi familiari che ricorda la saga del Padrino. Qualche luogo comune di troppo sull’Italia, ma, per il resto, siamo soddisfatti.

Dulcis in fundo, l’immensa pellicola di Sorrentino, “È stata la mano di Dio”, la migliore di questo Natale. Un’opera che sa fondere sapientemente molti elementi: umorismo popolare e sarcasmo spietato; spaccato sociale e intimità familiare; dramma personale e narrazione romanzesca. Racconta la solitudine e i turbamenti giovanili, le pulsioni sessuali e i drammi familiari, attraverso una recitazione profondamente istrionica, una regia attenta e meticolosa, e una galleria di personaggi felliniana. Tra poesia e racconto di formazione, fortemente autobiografico.

La sottile linea rossa che collega tutti questi film, si può ritrovare in un certo disinteresse attribuito alla trama, o quantomeno al finale. Come avveniva nel teatro greco, gli autori sembrano più attenti alle emozioni che l’opera deve suscitare nello spettatore, che sia il riso, il pianto, la presa di coscienza. Non importa se sappiamo già che Maurizio Gucci verrà assassinato, Diabolik prevarrà sulla legge e Clint Eastwood sui propri fantasmi del passato.

Perché, come viene detto nel film di Sorrentino, “il cinema non serve a niente, però ti distrae”.

E certamente non è poco.

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Caporedattore Cult Web per l’A.A. 2017/18 Vicedirettore responsabile Web 2019/20 Direttore per l’A.A. 2020/21