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La recente sentenza sul “Patto Stato-Mafia” ha, come era auspicabile, creato molto scalpore.

Ma non dobbiamo lasciare che questo scalpore annebbi la nostra mente, di cittadini prima di tutto, di giuristi, scienziati politici o storiografi poi.

Partendo da quella che è la vicenda giudiziaria, la sentenza di cui si parla è quella emessa dalla Corte di Assise di Palermo il 23 Settembre 2021. Sentenza che, in brevissima sintesi, assolve i carabinieri del ROS imputati, per la supposta e cd. trattativa, in quanto questa non costituisce reato nel nostro ordinamento, dichiara la prescrizione del reato per uno degli imputati e assolve dell’Utri per non aver commesso il fatto.

L’accusa nei confronti degli imputati non è propriamente quella di “Trattativa tra la Mafia e lo Stato” in quanto questa non costituisce reato nel nostro paese e, come è noto tra i giuristi ma degno di ricordare, i reati sono necessariamente tipici; ben individuati ed elencati in modo stringente dal legislatore. L’accusa è quella di avere in concorso fra loro minacciando, dal 1992 in poi, esponenti politici e delle istituzioni, prospettando stragi e delitti per condizionare l’attività del governo e degli altri organi politici quale il parlamento.

La prospettata azione, a prescindere da se sia stata commessa o meno, nel caso dell’accusa ai carabinieri, dunque a membri della ‘fazione’ Stato, non costituisce reato. I carabinieri dunque, non avrebbero fatto qualcosa di illecito contattando esponenti mafiosi per trattare una tregua, nel tentativo di placare lo stragismo mafioso. Piuttosto questo trattare rientrerebbe nei mezzi leciti utilizzabili per combattere la criminalità.

Per il mafioso, semplicemente, il reato si è prescritto, ma il soggetto è tutt’ora in carcere e rimarrà in carcere, per altri reati.

Per quanto concerne dell’Utri invece la sentenza ci dice che questo non ha commesso il fatto. Però la completa prospettazione logica della formula espressa in sentenza è che: in base alle prove proposte, e quindi disponibili, a fondamento dell’accusa Marcello Dell’Utri non ha commesso il fatto. È noto che Dell’Utri è già stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. È anche noto che i processi non sempre riescono a ricostruire la realtà dei fatti, in quanto le prove spesso permettono una parziale ricostruzione dei fatti.

È chiaro quindi che le sentenze non rispecchiano necessariamente la realtà. La verità fattuale può e spesso è molto diversa da quella processuale. La ricostruzione dei fatti che viene fatta in un processo ha bisogno di essere abbastanza ampia da permettere una condanna, provare fatti che sono torbidi, volutamente o per natura, spesso è pressoché impossibile. Se uno considera poi i poteri che ha lo Stato nell’occultare i fatti ci si rende facilmente conto di quanto avere affari di Stato sul banco degli imputati non sia il sogno dei Pubblici Ministeri, come evidenziato dalla storia di vita di Falcone e Borsellino.

Primo dei poteri di Stato per occultare i fatti è sicuramente il velo nero del Segreto di Stato, per parlare di quelli che soggiaciono allo stato di diritto, non tra i più quotati, in quanto comunque soggiacenti ad un certo livello di pubblicità, addentrarsi nel mondo dei poteri ‘grigi’ degli Stati non è neanche necessario considerando che ogni stato ha il proprio organo semi-sommerso: i Servizi Segreti e dell’Informazione.

Le sentenze sono il prodotto di un processo, nel quale si accusano specifici soggetti, basandosi sui fatti a disposizione e sulle leggi a disposizione. Infine non dobbiamo dimenticare, che la giustizia, per quanto teoricamente indipendente, sia un organo dello Stato, una pubblica amministrazione, per quanto molto particolare.

Detto questo alcuni autori hanno addirittura dubitato sulla coerenza delle accuse, sostenendo he alcuni degli accusati fossero soggetti che parteciparono con Falcone e Borsellino a sgominare l’azione mafiosa. Sostenendo quindi che il tutto fosse una manovra per azzittire. Reputo che un’ulteriore speculazione possa essere però inutile per andare all’essenziale in un quadro già complesso. Tenendo presente che quello che importa non sono tanto i nomi dei soggetti implicati quanto la struttura ed il quadro nel complesso. Visto che molti dei colpevoli sono probabilmente a piede sciolto o già defunti da decenni.

Quindi quello che possiamo dire di questa sentenza è che i soggetti accusati sono stati giudicati come riportato; che i carabinieri non hanno fatto qualcosa di illecito, che Dell’Utri, analizzati i fatti che si hanno a disposizione non ha commesso il fatto, e che per il mafioso il reato di cui sopra è prescritto.

Quello che non possiamo dire basandosi sulla sentenza è quanto segue: non possiamo dire che non ci sia stata una Trattativa Stato Mafia. Non possiamo dire che non ci siano state e che non ci siano collusioni tra lo Stato e le mafie, infatti il fatto che nel nostro ordinamento la collaborazione tra Stato e mafia, come evidenziato in questa stessa sentenza, non sia reato, sicuramente non è rassicurante. Non possiamo dire che la storia politica italiana non sia intrisa di collaborazione tra le Istituzioni dello Stato tutto e la mafia dalla costituzione repubblicana in poi, dalla nascita stessa delle nostre istituzioni.

Pasolini reputava che il compito dell’intellettuale davanti ai ‘misteri’ fosse quello di mettere insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero quadro politico. Lui stesso in Petrolio, il suo ultimo libro pubblicato postumo alla sua morte per omicidio, spiegava i rapporti tra lo Stato, la mafia e poteri sovranazionali.

Mino Pecorelli, giornalista d’inchiesta, assassinato un anno dopo il rapimento e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro, ci informava tra le altre cose, i rapporti tra altissimi esponenti dello Stato e delle mafie all’interno di gruppi quali la P2.

Lo stesso Craxi, esponente apicale dello Stato, ci disse, pubblicamente dal parlamento, all’alba di Tangentopoli, che i “i partiti, i giornali e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono a risorse aggiuntive di finanziamento in forma irregolare o illegale, e non credo che ci sia nessuno in quest’aula che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario”… “allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale”.

Questi sono alcuni dei piccoli pezzi, frammentati e disorganizzati, che ci possono aiutare a ricostruire la storia del nostro paese e così la Trattativa Stato Mafia.

Molti sono stati i tentativi di riorganizzazione, tra i vari notabile è “La Trattativa” docufilm, che si può trovare su Netflix.

Ve ne sono molti altri, da analizzare in altri articoli a seguire. Partendo da fatti del periodo storico precedente alle trattative: dal 1969, anno in cui vi fu la prima strage degli ‘anni di piombo’ a Piazza Fontana a Milano, fino al 1992, in cui avvengono gli omicidi Falcone e Borsellino, passando dal cuore degli anni di piombo, dal rapimento e omicidio dell’onorevole Moro nel 1978, l’omicidio Pecorelli nel 1979, alcuni tra quelli che potremmo definire “gli omicidi di Stato”, il compromesso storico e la sua fine, la guerra fredda ed il suo inevitabile impatto sui paesi d’occidente, in particolare in Italia, che aveva il partito comunista più forte d’Europa.

La storia è piena di fatti, spesso ambigui e al limite della speculazione. Fatti che in alcuni casi sono stati resi volutamente ambigui e quasi speculativi.

A molti anni di distanza è ora possibile dare a questi fatti un senso, seppure complessivo, che possa essere di grande aiuto per l’attuale cittadino a comprendere il proprio paese.

La macchina processuale ha certamente aiutato molto in questa ricerca, con numerose testimonianze dei pentiti, seppur da considerare con cautela, e con le varie ricostruzioni delle inchieste, anche parlamentari.

L’obbligo morale del cittadino è conoscere questi fatti così da poter agire di conseguenza, come avrebbero voluto Falcone e Borsellino. Il ruolo dell’intellettuale, come ci dice Pasolini, è quello di ricostruirli. I processi sono deboli tentativi di fare giustizia, che come abbiamo visto con gli omicidi di Falcone e Borsellino, spesso non riescono a darla, ma a volte una pagina scritta, una ricerca, una discussione possono fare più di una condanna o in questo caso, di una assoluzione.

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