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L’Ape è una misura che sarà introdotta nella prossima Legge di Stabilità e consiste in un anticipo pensionistico. Questo consentirà ai lavoratori pubblici e privati di andare in pensione tre anni prima rispetto al raggiungimento dei requisiti utili per il pensionamento ordinario. Naturalmente, usufruire di questa misura non sarà gratuito, in quanto si prevede una decurtazione economica variabile in base all’età e ai contributi versati. L’obiettivo immediato è far andare in pensione coloro che sono stati bloccati dallo scalone secco della Riforma Fornero, ossia le generazioni nate tra il 1951 e il 1953 con già vent’anni di contributi versati che, arrivati ad un passo dalla pensione, hanno visto allungarsi i tempi per l’uscita dal lavoro. Questi soggetti potranno andare in pensione tre anni prima del dovuto, dal 1° gennaio 2017. La flessibilità in uscita è riservata agli uomini che nel 2017 avranno almeno 63 anni e 7 mesi e alle donne con almeno 62 anni e 7 mesi. Durante i tre anni di pensione anticipata, i soggetti coinvolti riceveranno un trattamento economico ridotto, in forma di prestito, erogato dalle banche e richiesto dall’Inps, che fungerà da intermediario. L’Istituto dovrà certificare la contribuzione del lavoratore; dopodiché si rivolgerà alla banca per perfezionare il prestito; infine ci sarà l’accordo con il lavoratore su strumenti come la RITA (Restituzione Integrativa Temporanea Anticipata), in modo da ridurre la somma da finanziare. La RITA serve a reclamare con qualche anno di anticipo la pensione integrativa privata e si spera che possa funzionare come “ponte” sino alla maturazione dei requisiti di vecchiaia. Una volta raggiunti i requisiti, i soggetti dovranno restituire quanto ricevuto nei tre anni attraverso un piano di ammortamento ventennale, tramite delle trattenute sull’assegno pensionistico da parte dell’Inps. Gli interessi sul prestito saranno a carico dello Stato. Dato che il costo dell’anticipo verrà scaricato sull’assegno pensionistico e quindi pagato dal lavoratore, si potrebbe arrivare a una rata di restituzione pari al 25% dell’assegno per vent’anni in corrispondenza del massimo anticipo (3 anni e 7 mesi). Questo significa che la misura non sembra affatto conveniente per i lavoratori con molti contributi versati. Inoltre, sembra che saranno esclusi i cosiddetti “precoci”, cioè coloro che vantano 60 anni di età e 40 di contributi. Tuttavia, c’è da constatare la presenza di detrazioni fiscali importanti per le situazioni di maggior disagio (si parla di disoccupati da lungo periodo, invalidi, lavoratori con redditi pensionistici al di sotto di determinate soglie, soggetti che compiono attività logoranti), che dovrebbero compensare l’impatto delle rate di restituzione dell’anticipo. A questi soggetti lo Stato ripagherà buona parte dell’anticipo fiscalizzando l’onere di restituzione del prestito (il cosiddetto Ape sociale). Non mancano sin d’ora polemiche nel mondo della scuola, in quanto al lavoro degli insegnanti non viene riconosciuto il logorio professionale, motivo per cui probabilmente questi non potranno usufruire degli sgravi fiscali.

Va fatta una distinzione tra Ape volontario, con rate di restituzione a tassi molto elevati, e Ape per ristrutturazione aziendale, nei casi in cui le aziende vogliano “svecchiare” il personale (in questo caso l’azienda stessa dovrà accollarsi parte del costo dell’anticipo pensionistico). Per quanto riguarda la prima categoria, non è ancora chiaro se il lavoratore possa chiedere l’intero valore della pensione o soltanto una quota, magari a sua scelta in modo da poter ripagare in modo più efficiente il prestito. In conclusione, l’Ape introduce certamente flessibilità per i lavoratori in uscita, ma non sarà certo una misura vantaggiosa per chi prenderà una pensione medio-alta. Un ultimo aspetto riguarda anche il costo della misura per le casse dello Stato: questo dovrebbe essere a costo zero, ma potrebbe non essere così, dato che il prestito viene concesso a persone che potrebbero non sopravvivere tanto a lungo da ripagare il rimborso ventennale del finanziamento. Ciò comporterà la stipula di un’assicurazione a favore delle banche e a carico della finanza pubblica. Secondo alcune stime, il costo dell’Ape potrebbe aggirarsi attorno ai 700 milioni di euro.

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Studente di Scienze Politiche