Il nuovo guilty pleasure di Netflix

Ben ritrovati cari lettori, come avete passato questo Natale?
Particolare è la parola che meglio descrive il mio. Vado subito al dunque e vi dico che sotto l’albero ho trovato un regalo che davvero non mi aspettavo e sapete da chi è arrivato?
Babbo Netflix, che il 25 Dicembre ha lanciato il suo nuovo guilty pleasure nei quasi 190 paesi in cui il servizio è disponibile. Una storia che finalmente ci racconta cosa sia successo dopo il fatidico bacio tra Mr Darcy e Mrs Elizabeth Bennet.
Fare all’amore? Oh buon Dio! Non sia mai!
E invece è proprio così care le mie seguaci di Jane Austen. Forse una volta per tutte sono state aperte le porte al pornosoft anche nelle serie rosa ottocentesche, dove notoriamente i personaggi sviluppano i propri sentimenti solo ad un livello tendenzialmente platonico.
È proprio il caso di dire: tana libera tutti, Signori e Signore! E visto che siamo in confidenza, vi dirò fin da subito che sono una di quelle persone che, per dirne una, ha visto Orgoglio e Pregiudizio in tutte le salse possibili ed immaginabili.
La Rhimes dunque non mi ha lasciato scampo questa volta e ammetto di aver letteralmente divorato gli 8 episodi (da un’ora ciascuno) della prima stagione in una notte. Ero partita con la famosa intenzione di guardare un solo episodio e vi dirò di più, scegliendo quasi a caso. E invece…

Siamo nel mondo dell’Inghilterra Georgiana, nel cosiddetto periodo Regency, nei primi anni dell’800, dove però, vi anticipo fin da subito, troverete anche la musica di Ariana Grande.
In quegli anni, come risaputo, per le giovani donne appartenenti alle nobili famiglie facoltose prima o poi arrivava il meraviglioso ed estenuante momento del debutto in società. Una presentazione che segnava l’inizio ufficiale di una gara, ma cosa dico, una guerra senza remore, per la conquista del marito perfetto secondo la società, le famiglie e magari, ma non per forza, anche per le giovani future spose. L’Amore, con la A maiuscola, era il vero lusso: auspicabile ma non necessario, mi permetto di aggiungere.
Una trama con sentimenti sfacciati e poco inclini alla pacatezza ed al contegno come erano invece… non so, in Becoming Jane? Ad esempio. Vi presento la serie nipote di Orgoglio e Pregiudizio, figlia di Downtown Abbey e Gossip Girl, che crescendo assume i lineamenti di un softporn così angelicamente marcati da divenire ad un certo punto il core della stessa linea narrativa.

Questo il volto della nuova serie di Netflix offerta in esclusiva sulla piattaforma streaming. Ma chi dà i volti ai personaggi e quale è la trama? Sappiate che mi astengo da spoiler ed anticipazioni per scelta: odio gli spoiler!
Phoebe Dynevor è Daphne Bridgerton, figlia maggiore della importante e nota famiglia Bridgerton. Avete presente Serena Van Der Woodsen?. Una bellezza senza tempo che dà sicuramente molto al suo personaggio: figlia perfetta, sebbene irrequieta, ed ansiosa di fare il suo debutto in società, sperando di incontrare un uomo altrettanto perfetto e di vivere un’autentica storia d’amore come quella dei genitori.
Accanto a lei, nella veste di Simon Bassett, Duca di Hastings, c’è Regé-Jean Page. Che dire, il pubblico femminile ringrazia chiunque abbia scelto Page per interpretare il Duke. Infatti, se non lo avete già fatto, avrete modo di apprezzare il suo sopracciglio, e non solo.
Ancora disponibile, Bassett fa la sua apparizione attirando subito l’attenzione di mamme ambiziose in cerca di una sistemazione per le proprie figlie e quale miglior scelta se non un Duca? Tuttavia, l’ostentazione del proprio titolo e soprattutto la ricerca di una moglie non sono il primo pensiero di questo affascinante giovane, fin quando il suo destino si intreccia con quello della signorina Bridgerton nel tentativo di liberarsi dalle aspettative di una società competitiva come quella della Londra benestante e dalle avances soffocanti che animano i salotti dell’alta società.

Non è uno spoiler dire che la storia d’amore tra Daphne e Simon sboccia velocemente, fino a rappresentare il caposaldo dell’intera prima stagione, come non lo è dire che anche altre vicende vengono narrate.
Ad esempio incontrerete l’erede dei Bridgerton, l’appassionato Anthony (Jonathan Bailey), come anche il secondogenito, l’artista incompreso Benedict (Luke Thompson) ma soprattutto, ascolterete la pungente voce di Lady Whistledown, una Gossip Girl rivisitata che con i suoi frequenti pamphlet scandalistici influenza in maniera profonda le vicende dei salotti spettegolando di tutto e di tutti.

Dà la voce a questa donna dall’identità sconosciuta la leggendaria Julie Andrews, che con grande stupore di tutti si è prestata ancora una volta ad una collaborazione con Netflix. La voce della Andrews (la tata magica di Mary Poppins nel film Disney del 1964; Tutti insieme appassionatamente del 1965; più di recente, la regina di Genovia in Principe Azzurro cercasi) ha dato sicuramente quel qualcosa in più alle parole taglienti e talvolta offensive della scrittrice che si diverte a rivelare chi si sposerà con chi, chi vorrebbe farsi chi e chi è incinta di chi.
Non voglio dirvi altro se non che la chiara chiave moderna con cui temi triti e ritriti come questo sono stati trattati ha dato spazio ad apprezzamenti come anche a tante critiche. Senza dubbio una serie di passaggio le cui fondamenta meritano quantomeno di essere approfondite sia per la scelta del cast chiaramente diversity approved, che per le colonne sonore e ancora per i look nonché per la fedeltà degli elementi portanti rispetto ai libri. Scusa, quali libri?

Ecco una cosa che non vi ho detto. La serie porta sullo schermo il frutto della penna di Julia Quinn, scrittrice americana che ha debuttato nel 2000 con il primo dei nove romanzi rosa storici della saga intitolata “La saga dei Bridgerton”. La prima stagione, tratta dal primo libro Il Duca ed Io (Oscar Mondadori), rappresenta il primo progetto debutto della collaborazione tra Shondaland e Netflix ed è uno tra i primi lavori annunciati il 20 luglio 2018, quando ancora era conosciuto come “Untitled Bridgerton Project”.
Dell’accordo siglato nel 2017, vale la pena sottolinearlo, fa parte la nota sceneggiatrice e produttrice televisiva statunitense Shonda Rhimes, creatrice di Grey’s Anatomy, Scandal e How to get away with murder. Accanto alla Rhimes hanno lavorato Betsy Beers e Chris Van Dusen. In particolare, quest’ultimo, al suo fianco fin dai tempi di Grey’s Anatomy, sembra aver imparato molti dei trucchi della maestra e lo stile spregiudicato ed al contempo innovativo è sicuramente un elemento che accomuna tutti i capolavori della Regina. Per alcuni aspetti, viene quasi da dire che l’allievo abbia superato la maestra.
In un’intervista, Van Dusen sottolinea che la serie è rimasta molto fedele ai libri. Gli elementi principali e più amati sono stati infatti riproposti sullo schermo ma allo stesso tempo, aggiunge, sono stati inseriti anche elementi nuovi e moderni che hanno aperto agli autori una grande porta su temi importanti dell’epoca e che hanno contribuito a donare alla serie un colore del tutto originale.
Tra questi vi è l’imponente figura della Regina Charlotte (Golda Rosheuvel, mito del West End), personaggio creato ad hoc e nonostante tutto ben integrato. Probabilmente i produttori hanno ritenuto sufficiente l’inserimento di questo personaggio di colore e del suo matrimonio con Giorgio IV per trattare la nascita di un mondo tollerante e non razzista, quale è quello proposto negli episodi, ma è davvero così? È davvero sufficiente un semplice legame interrazziale come unica giustificazione e supporto di una trama in cui il razzismo sembra non essere mai esistito? Lascio a voi la libertà di farvi un’idea su questo punto.

Continuando, per chi sa cogliere ed apprezzare le sottigliezze dei dialoghi sono state mantenute alcune battute comiche ed ironiche tra i fratelli, intenti a prendersi in giro, con un taglio non così comune nelle serie che conosciamo. Questo è stato un dettaglio che personalmente ho apprezzato fin da subito, come del resto le colonne sonore, nonostante queste ultime sul web abbiano riscosso pareri contrastanti.
Dalla quinta sinfonia di Beethoven a Billie Eilish, si incontra un mix tra classico e moderno che trasporta lo spettatore dritto nella scena a fianco del personaggio, rendendo più semplice ed immediata l’empatia con esso e percepibile il suo stesso stato d’animo. Le musiche, afferma il protetto della Rhimes, sono state aggiunte solo alla fine delle riprese quando è stato finalmente possibile avere una quadro chiaro di cosa sarebbe stata la serie sullo schermo.

Il risultato di un’attenta analisi sono stati anche la scelta della location e dei look. Le riprese sono iniziate ad agosto 2019 e Londra e Bath sono alcuni dei luoghi, oltre alle campagne inglesi, scelti per sorreggere il romanticismo di questa travolgente storia d’amore.
Veniamo al Look. Sebbene possa risultare difficile da credere, i costumi realizzati per le otto puntate iniziali sono stati ben 7500, cui si aggiungono gli accessori fedeli all’epoca, almeno quelli!, direbbe qualcuno.
La protagonista Daphne ad esempio ha avuto libera scelta per 104 abiti e possiamo aggiungere, giustamente, considerando l’impegno che l’attrice ha messo nella preparazione delle riprese: nei sei mesi di preparazioni ha svolto quotidianamente tre ore di fitting.

A curare il suo look è stato Mark Pilcher che si è ispirato a Guerra e Pace nella versione interpretata da Audrey Hepburn. Ecco spiegata la palette dei toni dell’azzurro per lo stile Bridgerton; stile che come i più attenti avranno notato rimanda chiaramente agli anni ’60, specie nel caso della protagonista.
Come spesso accade nelle serie storiche, la dottoressa Hannah Greig ha supervisionato in veste di consulente l’accuratezza storica, pur non astenendosi dal dare quel tocco di contemporaneità più volte ribadito che ha reso innovativa ma fedele questa serie rivoluzionaria firmata Shonda Rhimes, regalando una veste sexy ed originale ad un genere classico come quello rosa ambientato nella società ottocentesca.
Forse le stesse parole di Regé-Jean Page possono spiegare la filosofia alla base di questo grande lavoro controcorrente in parte non compreso e probabilmente non apprezzato del tutto:
«L’essere umano resta lo stesso in qualsiasi periodo storico, con domande simili e gli stessi problemi di cuore quando è innamorato. Nell’Ottocento i sentimenti ed i desideri venivano repressi, invece Bridgerton li mostra e questo cambierà d’ora in poi il modo in cui i racconti in costume verranno realizzati».
Romanticismo ed incontri proibiti dal tasso erotico elevato per accompagnare segreti e pettegolezzi, scandali e rivelazioni, in una serie in cui, a detta di alcuni, indubbiamente qualche scivolone c’è stato ma che comunque, ammettiamo anche questo, rimane un lavoro ricercato ed appassionante.
L’astuzia della scrittura e l’interpretazione moderna delle rigide regole della società britannica rapiscono lo spettatore fin dal primo momento che inevitabilmente rimane incollato allo schermo fino alla fine. La regina della corte di Shondaland ha compiuto di nuovo il suo incantesimo e non solo, è addirittura riuscita a lanciare il nuovo aggiornamento del genere classico della (non più) vergine Bennet che finalmente prende coraggio ed ammette di voler fare sesso. Il tutto senza scivolare nella banalità da soap opera e mantenendo addirittura un’aura innocente.
Ma la storia non finisce qui cari lettori, in fondo siamo solo al primo romanzo!
XOXO Bridgerton