L’organizzazione ed il delivery dell’offerta dei sistemi sanitari, da sempre centrali nelle
strategie di supporto allo sviluppo del contesto socio–economico oltre che al miglioramento
dello stato di salute della popolazione, sono oggi chiamate ad avviare un processo evolutivo
che ne consenta la sostenibilità futura senza dover rinunciare alla qualità delle cure
prescritte.
Infatti, il modello sanitario (in Italia ma non solo) è ancora basato su un paradigma di attesa:
i providers di salute attendono il manifestarsi di sintomi, patologie e traumi prima di
prescrivere e avviare i percorsi di cura individuali per ogni paziente.
Tale approccio, tra le diverse implicazioni di cui si fa carico, comporta spesso un capacità di
risposta del sistema salute caratterizzata da tempistiche lente e incapaci di affrontare
efficacemente ed efficientemente emergenze inattese e imprevedibili come il diffondersi di
pandemie.
Questi eventi estremi sono infatti capaci di impattare negativamente sui sistemi
sanitari in maniera direttamente proporzionale all’assenza di una medicina personalizzata e
di iniziativa, che ne mitighi gli effetti.
L’esigenza di imprimere un’accelerazione al cambio di paradigma di tali sistemi,
ridisegnando processi, organizzazioni, modelli e strategie di offerta dei servizi si basa
pertanto su tre principali ragioni:
- l’invecchiamento progressivo della popolazione, e le implicazioni relativa alla
gestione dell’invecchiamento sano e attivo; - l’evoluzione tecnologica che abilita sistemi capaci di efficientare strutturalmente l’offerta di salute;
- la pressione esercitata su ospedali e sistemi sanitari dalla pandemia.
L’attuale emergenza sanitaria ha infatti aggiunto ulteriore complessità allo scenario: da un
lato le persone continuano ad essere affette da patologie, dall’altro i soggetti più fragili sono
esposti agli effetti dell’infezione Sars–Cov2.
Un recentissimo studio della SIC (Società
Italiana di Cardiologia), pubblicato sulla rivista European Heart Journal e condotto su 54
ospedali italiani, afferma che la mortalità per infarto in Italia è triplicata nel periodo
pandemico, rispetto al 2019, passando dal 4,1% al 13,7%.
Le ragioni sono prevalentemente
di ordine organizzativo e sistemico, perché da un lato le reti ospedaliere e dell’emergenza
hanno dovuto adeguarsi alla crisi pandemica, concentrando le risorse sul focus del
momento, e dall’altro la paura del contagio ha tenuto i pazienti lontani dagli ospedali.
Population Health Management, un modello di sanità evoluta

L’efficacia di strumenti,
tecnologie, dispositivi e processi è tuttavia reale solo se contestualizzata in una strategia
sistemica di Population Health Management (PHM).
Infatti, le strutture organizzative della
PHM forniscono un modello operativo inteso a “migliorare contemporaneamente salute, costi
ed esperienza (engagement and empowerment) per un dato gruppo di persone” (Gartner
2016). Tale approccio concettuale si fonda su quattro dimensioni interconnesse:
- identificazione e caratterizzazione della domanda di salute,
- definizione dei servizi dedicati a clusters di popolazioni con simile profilo di rischio
- organizzazione e coordinamento degli stakeholder coinvolti nel percorso di cura e
presa in carico, - offerta di strumenti che supportino il delivery dei servizi sanitari (tecnologie
abilitanti).
Lo sviluppo di strategie di PHM che adottano tecnologie innovative migliora l’esperienza di
tutti gli attori coinvolti nel percorso di salute e aumenta l’aderenza dei pazienti ai percorsi
terapeutici. E, contestualmente, migliora il coordinamento, l’efficienza, la condivisione di
informazioni e la capacità tempestiva di risposta dell’intero sistema sanitario.
La somma dei benefici aumenta sia la sostenibilità del sistema che i risultati positivi dei
percorsi individuali di cura.
Digital health, sostenibilità e qualità dell’assistenza
Abilitare le innovazioni in una
strategia sistemica significa trasferire l’offerta di salute a casa del paziente, riducendo in
maniera consistente i costi e consentendo la raccolta di informazioni per lo sviluppo di
algoritmi di intelligenza artificiale (AI) orientati alla predizione dell’evoluzione delle patologie
per ogni singolo paziente (i.e. telemedicina aumentata).
Riuscire ad addestrare sistemi di AI alla predizione consente infatti di passare dalla capacità
di mappare la domanda di salute, a quella di anticiparla.
Ma questo vantaggio non è il principale. La Digital Therapeutics, nuova frontiera dell’
eHealth, avrà la capacità di esprimere un grande potenziale per il futuro: il software come
principio attivo.

Care Manager: la figura chiave di collegamento
Sebbene quanto descritto riguardi
strumenti tecnologici innovativi, l’evoluzione del sistema sanitario non si può completare
senza lo sviluppo della componente più importante: le risorse umane.
Se infatti le interfacce tecnologiche si svilupperanno sempre più rendendo la patient/provider
experience più friendly e accessibile, è necessario formare e specializzare figure chiavi che
saranno sempre più centrali, come il Care Manager.
Per abilitare la strategia sistemica del PHM è infatti necessaria una figura capace di
coinvolgere, supportare, monitorare e interloquire sia con i pazienti che con i medici e gli
operatori sanitari.
Il Care Manager ha un ruolo di connessione tra gli attori della rete di
offerta sanitaria e, tramite competenze tecniche, psicologiche e mediche, riuscirà a
supportare la gestione delle relazioni e dell’aderenza ai percorsi di cura individuali.
Il futuro è già in atto
Il processo di evoluzione dei sistemi sanitari è già in atto, e
presuppone l’adozione di un approccio strategico che contempli tanto la visione d’insieme
che quella specifica legata alla medicina personalizzata d’iniziativa.
Rispondere a tali
necessità fondando le iniziative sul modello di PHM rappresenta la migliore opportunità per
assicurare sostenibilità, qualità e universalità ai sistemi sanitari.