TREMONTI: TRA FALLIMENTO DELL’UE, I POSSIBILI RAPPORTI CON LA CINA E POLITICA INTERNA

L'ex ministro dell'economia descrive quello che vede come uno scenario di declino dell'attuale visione di Unione Europea e analizzando gli ipotetiche future relazioni con la Cina. Il tutto gettando uno sguardo sulla situazione politica nazionale.

A margine della conferenza da lei tenuta nell’Università LUISS sull’Europa.

ANDREA. Stati uniti d’Europa? Crede sia raggiungibile come obiettivo alle condizioni politiche,economiche, sociali e culturali presenti nell’Unione Europea attualmente? Se no, quale sarebbe l’alternativa per il futuro dell’Unione Europea ?

TREMONTI. Si confrontano oggi tre diverse idee d’Europa: quella di Ventotene, quella di Bruxelles e quella tradita: l’idea di Roma.
Partiamo dall’idea di Ventotene, prima anche in ordine cronologico: l’idea «federalista».
Il Manifesto di Ventotene (1942), certo nobile, pur se iperbolico, era tutto basato sulla «linea di divisione» tracciata tra «reazionari» e «progressisti».
Questi, i progressisti, schierati contro gli Stati nazionali per realizzare il disegno federalista l’unico ritenuto capace di garantire la libertà, la democrazia e la giustizia, altrimenti minacciate proprio dalla permanenza degli Stati nazionali.
La storia e la realtà dei successivi decenni hanno tuttavia e a lungo dimostrato il contrario. Almeno fino a che in Europa gli Stati nazionali hanno conservato le loro caratteristiche tradizionali, come contenitori e garanti di una vera e piena democrazia.
La seconda idea di Europa, quella praticata oggi a Bruxelles, è quella che si è sviluppata tra la fine degli anni Ottanta e il principio degli anni Novanata, ribaltando l’architettura di base che era stata disegnata nel Trattato di Roma (1957).
Il Trattato di Roma era infatti un trattato tra Stati sovrani che conservavano la loro sovranità, devolvendo verso l’alto (verso Bruxelles) solo quanto era necessario per realizzare il “Mercato comune europeo”: libertà di circolazione di beni e persone, eliminazione dei dazi interni, etc.
L’effetto fu straordinariamente positivo e diede all’Europa decenni di prosperità.
Non è esattamente così oggi.
Quella di Roma era una piramide (Δ), quella che si è poi costruita a Bruxelles è certo ancora una piramide, ma una piramide rovesciata ( ): tutto sopra, quasi niente sotto!
E tutto sopra vuole in specie dire più di 10 kilometri lineari di nuove regole europee…all’anno. Volete una prova? Il 7 maggio prossimo la Camera dei Deputati italiana è convocata per approvare regole europee in materia di inseminazione animale!
Passando da questa agli umani, è evidente che l’Europa di Bruxelles non è amata perché non fa quello che dovrebbe fare (ad esempio, la difesa), mentre fa quello che non dovrebbe fare, paralizzando con le sue regole a volte demenziali, a volte regressive, perché pesano di più sui piccoli, la vita dei cittadini e delle imprese.
Per effetto di quale logica o di quale dinamica politica è stato operato questo ribaltamento? Non è difficile comprenderlo.
Dopo la fine del comunismo (il pericolo esterno) e al principio della globalizzazione (la nuova era che si apriva), l’Europa di Bruxelles si presentava (amava presentarsi) come la macchina politica capace di portare il continente nel nuovo mondo.
Data questa “missione”, l’Europa di Bruxelles ha preso a ruotare intorno al cosiddetto «Atto unico», assumendo appunto la forma innaturale di una piramide rovesciata. Ciò è stato in applicazione di due tecniche, entrambe paracostituzionali: la tecnica dell’eccesso di potere unita ad un palese deficit di democrazia.
È così che il voto dei popoli è stato via via sostituito con il voto indiretto espresso dai Parlamenti, così che l’Europa di oggi non si basa su di una Costituzione votata dai popoli, ma su di un network di «Trattati-Costituzionali», dove l’aggettivo è stato aggiunto al sostantivo, ma solo per tentare di nobilitarne il senso.
Ed è stato proprio questo aggiramento che ha reso possibile l’attivazione di un meccanismo non propriamente democratico che, aspirandolo verso l’alto, ha via via destrutturato e sostituito tanto il potere dei governi quanto la volontà dei popoli.
Oggi non vedo dunque alternative, rispetto al ritorno al «Trattato» del 1957: che gli Stati lo aggiornino, lo estendano alla difesa, soprattutto che lo facciano scrivendo su questa base nuovi essenziali “Articoli di Confederazione

ANDREA. Il ruolo dell’Italia nell’UE è quello di uno degli Stati membri più forti economicamente. Pensa che in relazione alla formazione del nuovo governo, sarebbe più coerente, visti i programmi elettorali di ognuno, relativamente alla prospettiva di futuro dell’UE, un’alleanza tra i componenti del centro destra con magari qualche fuoruscito di altri partiti o tra Lega, Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia ?

TREMONTI. È da un po’ di tempo, e non per caso, che non parlo di politica italiana. Ma qualcosa, più che sulla politica italiana, in generale sulla politica vorrei dire.
Anche se lo si ignora o si finge che non sia così, in realtà è entrato o sta entrando in crisi il modello politico (elettorale) che, in Europa, e per mezzo secolo, ha governato gli Stati e di riflesso l’Unione Europea.
In crisi, perchè la dimensione e l’origine dei problemi che oggi devono essere risolti, problemi enormi e nuovi, dalle migrazioni alla rivoluzione digitale, non può essere gestita con l’artificio di leggi elettorali che by magic trasformano in maggioranza parlamentare quella che nel paese è comunque e resta solo una minoranza reale. Non solo. Sono finite le vecchie ideologie unificanti: non ci sono più o sono in declino i partiti tradizionali. Infine, non si può più usare la spesa pubblica per acquistare il consenso popolare: si deve fare il contrario, si deve chiedere il consenso popolare per fare l’opposto!
L’Europa è giovane, ha solo 60 anni, ma i suoi governanti, anche se sembrano giovani, non somigliano neppure alla lontana ai vecchi politici che l’hanno fondata.
ANDREA. La Cina da alcuni anni sta espandendo i suoi rapporti commerciali verso ovest, nello specifico verso zone del mondo prima non coinvolte nei suoi traffici commerciali : in particolare Stati africani nei quali la Cina sta ponendo le basi per delle relazioni commerciali che comunque consentano anche uno sviluppo economico locale. Crede, nonostante le differenze economiche con tali Stati, che anche l’Unione Europea possa diventare uno stabile partner commerciale della Cina ? Se sì, con quali prospettive e con quali eventuali rischi?

TREMONTI. “Le frontiere non attraversate dalle merci sono attraversate dagli eserciti”, così nell’ 800 scriveva Bastiat.
Era vero allora ed è vero e soprattutto è vero anche oggi: meglio i commerci dei conflitti. Ma oggi c’è un punto essenziale, su cui riflettere: “Free trade” o “Fair Trade”?
Nella prima formula si riflette l’idea che il mercato sia solo il “luogo dello scambio”. Nella seconda formula si riflette invece l’idea che l’economia di mercato non possa essere limitata (a valle) al luogo dello scambio, ma che debba essere estesa (a monte) fino a comprendere anche il luogo della produzione.
Così che le condizioni di mercato non possono essere valutate limitandosi alla considerazione dei contratti che determinano il giusto prezzo tra le parti (“Free Trade”). Si devono infatti considerare anche la struttura della proprietà, le condizioni di lavoro, l’ambiente, etc..
Ad esempio, c’è reale parità di condizioni di mercato, se da un lato la proprietà è privata, mentre dall’altro è statale? O se, dall’altra parte, le condizioni sociali sono, come dire, trascurate?
O se dall’altra parte si produce senza regole, sfruttando l’ambiente?
Questo è oggi il problema del rapporto con la Cina. Chi parla è naturalmente a favore del “Fair Trade”!