FLORENCE WELCH E LA MAGIA DI ALESSANDRO MICHELE PER GUCCI

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Alessandro Michele, l’eccentrico direttore creativo di Gucci ha scelto Florence Welch, leader di the Florence + the Machine come brand ambassador per Gucci Timepieces & Jewelry, la collezione di gioielli in oro 18 carati del brand fiorentino. La collaborazione tra il direttore creativo e la cantante non ha stupito il fashion system: il loro senso estetico è davvero molto simile, come racconta Michele: “Florence ed io siamo diventati buoni amici, ma ho voluto collaborare con lei principalmente perché è un’artista entusiasmante. Le sue canzoni dark e romantiche sono pezzi senza tempo, carichi di passione e sentimento; sotto molti aspetti richiamano lo spirito di Gucci”. Non a caso il designer ha realizzato la sua collezione di debutto per Gucci mentre ascoltava “How big, how blue, how beautiful”, l’ultimo album della cantante britannica e inoltre ha disegnato i costumi per il suo tour mondiale.
Anche Florence Welch era entusiasta della collaborazione con Michele: “Sono una specie di gazza ladra e quando Alessandro ed io ci siamo conosciuti, ciò che ci ha subito accomunato, è stato il nostro amore per i gioielli. Credo fermamente che quello che sta creando con Gucci sia qualcosa di magico e sono entusiasta di farne parte. Non sono stata realmente un ambasciatore per qualcosa prima d’ora, e ad essere onesti non credo che sia qualcosa che avrei nemmeno preso in considerazione se non fosse stato per Alessandro”. Michele, che – con la sua barba shakespeariana – sembra essere uscito da un’altra epoca, fa dei gioielli il punto centrale del suo look e per la nuova collezione si è ispirato alla natura e agli animali, come conferma lui stesso: “Le api che penso siano davvero interessanti, venivano usate come messaggeri tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Poi ci sono i serpenti, che rappresentano, ovviamente la tentazione e fiori che chiaramente sono romantici ma con un’idea di decadenza”.

L’ascesa di Alessandro Michele è stata completamente rivoluzionaria. Quando, nel gennaio 2015, è diventato direttore creativo di Gucci, il suo nome non diceva niente neanche agli addetti ai lavori; invece Michele lavorava già per il marchio con la doppia GG da 13 anni, essendo entrato sotto la direzione creativa di Tom Ford e avendo lavorato al fianco di Frida Giannini fino alla sua uscita di scena nel dicembre 2014. Michele, una volta assunta la posizione di direttore del marchio con responsabilità di tutte le collezioni e dell’immagine del brand, ha modificando totalmente lo stesso, rendendolo irriconoscibile rispetto a quella che era l’immagine della donna e dell’uomo Gucci creata dai suoi predecessori. Con Frida Giannini e Tom Ford la donna Gucci era sensuale, forte, persino sfacciata: con Michele, invece, è stata trasformata in una nerd androgina, bohemienne-intellettuale un’artista, curiosa e sempre alla ricerca del dettaglio. Questa ricerca parte spesso dal vintage, dall’antico che sapientemente viene reinterpretato attraverso il filtro della modernità. Il designer, infatti, è un grande collezionista. Lui stesso si definisce “un accumulatore a cui piace collezionare piccole cose, appliqué, stoffe preziose che sembrano provenire da un altro tempo”. Un amante dell’arte e della bellezza imperfetta: “nella mia prospettiva l’errore aggiunge bellezza. È come il vintage che io uso come linguaggio per dare prospettiva al nuovo e al bello. Chi l’ha detto che per essere moderni bisogna cancellare tutto? Il fattore inquinante per me è fondamentale”.

In molti si sono chiesti come abbia fatto a rivoluzionare il brand, da dove abbia preso il coraggio di esporsi così tanto una volta nominato direttore creativo. Durante gli anni trascorsi lavorando accanto a Frida Giannini, la sua visione estetica non è mai fuoriuscita e poi improvvisamente un vortice di colori, stampe, fantasie vintage che sembrano uscite da un film di Wes Anderson e stranezze quali i mocassini tagliati sul retro con pelliccia, sono stati creati da Michele e apprezzati sia dalla critica che l’ha premiato come International Fashion Designer of the Year ai British fashion awards del 2015, sia dal pubblico, tanto che il fatturato dell’azienda è cresciuto con il suo arrivo. Spontaneamente, allora, ci si chiede com’è possibile che un estro creativo così eccentrico sia rimasto nascosto per ben 13 anni e ancora come è possibile che chi è stato così tanto tempo vicino a Frida Giannini abbia uno stile così diverso. Michele, in un’intervista rilasciata a D La Repubblica, ha riposto cosi: “Non ho mai ridotto la mia vita al mio lavoro. Prima lavoravo per qualcuno che aveva un’estetica diversa dalla mia. E lo facevo bene, duramente, fino in fondo. Ma il mio privato è sempre stato ricchissimo. Il mio privato è sempre stato frutto della mia immaginazione e non l’ho mai donato al mio lavoro semplicemente perché non mi veniva richiesto. La mia ossessione per il collezionismo. La passione per il cinema, la letteratura, Firenze, Parigi, i luoghi dimenticati. Posso fare un’intera nottata a perdermi in queste ossessioni. Ho sempre vissuto la mia vita come se dovesse succedere qualcosa di meraviglioso. Fare qualcosa per me nasconde sempre la scusa di fare qualcosa di bello. Quando dico al mio fidanzato “vado in farmacia”, lui subito risponde “per favore non tornare dopo cena”. Perché sa che per me andare in un posto significa fermarmi in tutti gli altri posti belli che incontro per strada. Sento una profonda urgenza per la bellezza e per le cose che sono impossibili. E penso che questo sia quello che le persone oggi cercano dalla moda. Un frullato di bellezza. Perché la moda è il modo più semplice che abbiamo di ricollegarci alla bellezza. È questo che succede quanto ti metti un bel vestito. Io l’ho imparato da mia madre. Lavorava nel cinema e mi ha insegnato a vivere con la necessità di raccontare la bellezza. E di tamponare le cose brutte. Ecco, ho preso tutto questo e l’ho messo nella mia moda”.