Amarsi prima di amare – Intervista a Lucia Annibali

8 Marzo, Festa della Donna.
Non ho ricevuto mimose, né cioccolatini, solo qualche augurio, ma al di là di tutto questo, oggi ho fatto qualcosa di diverso: ho incontrato ed intervistato Lucia Annibali, una donna che dal suo dolore e dalla sua disavventura (un “non amore” che l’ha portata sull’orlo della morte) ha trovato nuova forza, nuova bellezza e voglia di vivere.
Il tutto condito da una buona dose di autoironia e buon gusto nel vestire.

Circondati da altri giornalisti -di testate più o meno importanti-, ci incontriamo nella Sala Consiglio della sede di Viale Pola della nostra università. Lucia sorride e mette tutti a proprio agio, rispondendo ad ogni nostra domanda con una delicatezza innata.

Le è risultato difficile parlare fin da subito della sua storia e di quello che le è successo? Perché immagino il suo sia stato un caso mediatico non di poco conto.

Inizialmente sì, avevo proprio un’avversione assoluta nei confronti dei giornalisti, volevo che nessuno sapesse qualcosa di me, ma questo era dovuto anche alle condizioni fisiche in cui mi trovavo, perché non mi piace assolutamente la morbosità che nasce in questi casi. È una cosa a cui mi sono sempre sottratta e ancora oggi lo faccio. Ad un certo punto però mi sono sentita abbastanza forte, anche fisicamente, per poter cominciare piano piano a condividere la mia esperienza. Alla fine si tratta di questo: condividere un’esperienza che forse può aiutare gli altri.

Continuando il discorso che lei ha introdotto, cosa ne pensa della spettacolarizzazione e strumentalizzazione della cronaca nera che si infiltra fino all’osso nella vita privata delle vittime?

Penso che sia una cosa abbastanza inutile perché porta a nessun tipo di utilità, anzi, diventa anche una mancanza di rispetto, nei confronti delle vittime soprattutto, perché non si può entrare nella sfera privata di una persona se non la conosci né tanto meno puoi permetterti di giudicarla. Si cade molto spesso nei luoghi comuni e diventa tutto un discorso banale che non è affatto costruttivo, dal mio punto di vista. Sarebbe meglio lasciare il lavoro a chi è unicamente titolato ad occuparsene, quindi magistrati, inquirenti e quant’altro. Non credo che i giornalisti abbiano la giusta preparazione per affrontare più di tanto certi argomenti.

Negli ultimi anni ha subito una quindicina di interventi chirurgici di ricostruzione. Com’è ogni volta guardarsi allo specchio e vedersi in continua evoluzione?

A dire il vero è una cosa molto emozionante, se ci pensi, perché sono partita da una situazione abbastanza brutta, ma piano piano vederti rifiorire come persona, come donna, vedere il tuo viso diventare sempre più armonioso ti dona non solo un nuovo volto, ma una nuova consapevolezza. Poi io scherzo spesso con le mie amiche, dico “beh, voi potete soltanto peggiorare da qui in avanti” invece io continuo a migliorare, è anche piuttosto divertente.

Dal punto di vista giudiziario, quanto ritiene che sia efficace oggi giorno la normativa sulla tutela delle donne? In particolare l’articolo 612 bis sullo stalking e i sistemi di denuncia?

E’ molto importante il fatto che queste modalità di comportamento siano state riconosciute interamente come reato, perché dallo stalking spesso si può arrivare ad omicidi, lesioni e quant’altro. Non dimentichiamoci che la denuncia soprattutto è fondamentale, sempre. È difficile arrivarci, perché i sentimenti sono una cosa, e l’intelligenza non sempre va di pari passo. Non è detto che se una donna vive una relazione sbagliata allora vuol dire che non capisce niente, bisogna un po’ sfatare quest’altro luogo comune. Tutto questo diventa un vero e proprio strumento di salvezza.

Secondo lei, cosa spinge gli uomini a compiere violenze così brutali nei confronti delle donne?

Io credo che ci sia una propensione vera e propria alla malvagità e crudeltà, penso che sia più banalmente una questione di male, che viene proprio scelto. Sicuramente c’è anche una forma di debolezza, modalità sbagliate o distorte di vivere i rapporti. Secondo me l’educazione influisce molto, certe scelte di vita possono portarti verso brutte strade, ma è qualcosa che comunque si ha già dentro, almeno in parte. È innata.

Esiste il perdono?

Può esistere, certo, ma non è detto che si debba sempre e per forza perdonare per vivere meglio. Però penso che la cosa più bella -in grado anche di aiutare ad affrontare queste situazioni- sia perdonare la vita, perché anche se ci ha dato un dolore, non significa che sia fine a se stesso. Potrebbe rivelarsi un’occasione per trovare risposte, nuove opportunità e nuova forza.