Hammerstein: quando l’ostinazione diventa un pregio

essere ostinati: un pregio o un difetto?

ostinazione

Essere ostinati: un pregio o un difetto? Sebbene questa qualità, buona o negativa che sia, abbia assunto un’accezione negativa, presenta numerose controversie. Pochi giorni fa ricorreva un anniversario particolare e insolito. La nascita di un grande uomo politico e militare: Kurt Von Hammerstein, generale dell’esercito tedesco nel periodo imperiale, capo di stato maggiore sotto la repubblica di Weimar, uno dei simboli dell’opposizione al regime nazionalsocialista. Un personaggio non presente sui libri di Storia. Anche se, come si sa, la Storia la fanno i vincitori. L’unico riscontro che abbiamo, è una singolare ma divertente biografia di Enzesberger.

Hammerstein nasce a Hinrichshagen il 26 settembre del 1878 da una famiglia nobile, combatte durante la prima guerra mondiale e ne esce come esempio di patriottismo per il suo paese. Dopo un rapido ed eccelso cursus honorum bellico di trent’anni, diventa capo di stato maggiore. Uno che di comandi ne sa qualcosa (si autodefinisce, ironicamente, pigro e intelligente). Non vede di buon occhio da subito, già dal ’31, il giovane rampante führer, il quale, dopo il tentativo di accesso alla carica di cancelliere, gli dà il benservito. Alla faccia del nazionalismo. Dal famoso incontro con Hitler del ’33 fino alla morte avvenuta nel 1943, non mollerà mai l’idea del colpo di stato contro il Fuhrer; idea che trasmetterà ai due figli Ludwig e Kunrat, i quali parteciparono al famoso attentato del luglio 1944. Più volte spronò Hindemburg a non fidarsi di lui, né tantomeno di permettergli di diventare cancelliere. Da qui in poi Hitler sarà il pallino fisso di Hammerstein, il quale cercherà in tutti i modi di mettergli i bastoni fra le ruote, anche quando le acque erano mosse. Era, infatti, un periodo di arresti, uccisioni e persecuzioni contro tutti gli oppositori del reich, primi fra tutti le SA e il loro capo Roth. Ciononostante Hammerstein si salvò: la sua morte avrebbe fatto scalpore in tutta Europa. La collaborazione della Resistenza tedesca e dei servizi segreti con la Russia era strettissima. Si può dire che Hammerstein fosse ostinato a fare fuori Hitler a tutti i costi, o che giocasse col fuoco. Fatto sta che il destino ha voluto che morisse proprio quando il terreno era fertile per un colpo di stato, nel 1943. Significativo fu il momento del funerale del generale: la famiglia aveva richiesto per lui una bandiera repubblicana o militare, ma non nazista. La moglie Marie Luise insistette per non vedere una croce uncinata sulla bara del marito, ma alla fine si rassegnò a celebrare le esequie senza bandiera.

Ostinazione o determinazione? Due sinonimi, o due facce della stessa medaglia? Bisogna fare i conti, in prima istanza, con la nostra lingua che pone una barriera, almeno a livello semantico, fra i due termini. Ma, a mio avviso, ideologicamente sono sullo stesso piano. Esse, infatti, si intersecano fra loro, spinte dall’esasperazione della volontà di agire.

Andare contro chi comanda, spesso non conviene.

Forse il destino ha già scritto tutto e c’è poco da fare. Se è così, allora, solo chi non molla come Hammerstein percorre la strada più lunga, quella non battuta, giungendo all’obiettivo, con le dovute difficoltà.