È Brexit. La Gran Bretagna saluta l’Europa

Capovolgendo i risultati nell'arco di un'ora, vincono i sostenitori del "Leave" con il 51,9%

Gran Bretagna

Nella notte, fino a circa le ore 4:00, lo spoglio dava per favoriti il “Remain” e gli Europeisti, pur in un asfissiante testa a testa che ha dato il suo responso definitivo solo alle prime ore del mattino.
Agli elettori l’ardua sentenza. La Gran Bretagna dice “Leave” e il regno di sua Maestà Elisabetta II è pronto a lasciare gli altri 27 membri dell’Unione Europea.

Il primo ministro David Cameron ha annunciato di rimanere per circa tre mesi, almeno fino a ottobre, ma è certo di voler rispettare la volontà popolare e annunciare ufficialmente le dimissioni quanto prima.

51,9% Leave, 48,1% Remain. La Scozia, il Nord dell’Irlanda e Londra non riescono a far pesare le proprie scelte ai fini del risultato finale, dove vincono il patriottismo e le motivazioni delle vecchie generazioni sulle nuove. Sebbene i giovani abbiano votato per rimanere nell’Unione, il testa a testa è stato invece deciso dagli over 60.

Tutti i titoli dei giornali di oggi hanno quindi sbagliato le previsioni e il fronte indipendentista, tanto in Gran Bretagna, come nel resto del continente esulta nell’annunciare l’alba di una nuova era.

Nigel Farage, leader dell’UKIP (United Kingdom Independence Party) dichiara prontamente “che l’euroscetticismo non può essere ignorato, che le grandi banche e le multinazionali sono state vinte, che la gente vera abbia vinto ripudiando Bruxelles.”
Sulla stessa linea sia Marine Le Pen in Francia che Matteo Salvini in Italia, mentre in Germania si prova grande preoccupazione.

Lo sgomento è infatti grande non solo per le istituzioni europee che dovranno vedere presto come riformarsi, ma anche per tutti quei giovani che speravano in un futuro in Inghilterra o semplicemente erano convinti del sogno europeo.

Ad ogni modo, al di là di ogni giudizio affrettato, le pratiche conseguenze di questo voto sono ancora tutte da vedere e saranno vagliate nel corso dei prossimi due anni, all’interno di negoziati che posso dare ancora qualsiasi esito, in termini concreti per gli Europei in Gran Bretagna, oppure per gli Inglesi in Europa.

Economicamente le borse sono subito crollate insieme alla sterlina e anche le gerarchie finanziarie saranno costrette a un repentino cambiamento, senza escludere un possibile vantaggio per Piazza Affari a Milano o Francoforte in Germania, alla luce della probabile fuga di capitali dalla City.

Rimane certo che anche una vittoria del Remain avrebbe costretto l’Unione Europea a sostenere enormi sacrifici, viste le pretese di Londra in caso di permanenza, alimentando allo stesso modo il sentimento populista ed euroscettico.

Incertezza e paura in queste ore la fanno quindi da padrone, soprattutto di fronte ai quesiti dei prossimi mesi da risolvere.
Cameron continua a confermare la forza economica della Gran Bretagna, eppure Scozia e Nord dell’Irlanda sono già pronte ad impiegare ogni mezzo per rimanere nell’UE, anche a costo di una secessione.

Il risentimento degli Europei, soprattutto giovani, è grande, ma in fondo tutto ciò che era stato letto e percepito anche attraverso i social network non era niente di diverso dall’opinione di chi effettivamente non aveva diritto al voto, pur se direttamente coinvolto.
Così la rimonta, pur di misura, è stata devastante e con impatto schiacciante e decisivo.

Gli Inglesi sono sempre stati molto freddi verso le istituzioni europee, sin dai lontani anni 70, eppure la volontà politica di coinvolgerli oggi, ha dato il suo responso inesorabile.
Cameron sperava di uscirne rafforzato, l’esito è stato completamente opposto.

Pur in assenza di risultati immediati, ci saranno molte riflessioni politiche necessarie.
Primo, perché la Gran Bretagna potrebbe essere il primo di molti casi.
Secondo, perché un possibile effetto domino rimette in discussione l’esistenza stessa dell’Unione Europea, piegata dalle crisi migratorie, dal crescere dei nazionalismi, dalla leggera identità politica che nulla può fare di fronte al sentimento democratico avverso dei suoi cittadini.

Un giorno quindi storico se questo sarà l’inizio di un processo a ritroso nell’ormai irto percorso di integrazione europea.

Come detto però, solo i prossimi mesi e l’orientamento dei negoziati potranno dare la percezione tangibile di quel che è accaduto in questo 23 giugno.